In questo stato potrete lasciarle anche per delle ore se vi fa comodo. Friggetele con molto unto, lardo od olio che sia, a fuoco lento, dimenando spesso la padella; se saranno venute bene le vedrete crescere a un volume straordinario, restando asciutte. Calde ancora, ma non bollenti, spolverizzatele di zucchero a velo e servitele, augurandosi lo scrivente che esse, per la loro bontà ed eleganza di forma, siano gustate da bocche gentili e da belle e giovani signore; e così sia.
, spolverizzatele di zucchero a velo e servitele, augurandosi lo scrivente che esse, per la loro bontà ed eleganza di forma, siano gustate da bocche gentili e da
Fate una pasta sfoglia, N. 154, proporzionata alla quantità delle costolette e colla medesima avvolgetele una per una, lasciando fuori l'osso della costola, ma prima spalmatele da una parte e dall'altra abbondantemente col detto composto. Quando le avrete chiuse doratele col rosso d'uovo, collocatele ritte intorno all'orlo di una teglia, cuocetele nel forno da campagna e servitele calde. Saranno generalmente aggradite e tenute in conto di piatto fine. La pasta sfoglia potrete tagliarla con un modellino di carta, che così l'involucro vi verrà più preciso; per più pulizia ed eleganza, prima di mandarle in tavola, fasciate l'estremità di ogni costola con carta bianca smerlata.
fine. La pasta sfoglia potrete tagliarla con un modellino di carta, che così l'involucro vi verrà più preciso; per più pulizia ed eleganza, prima di
Nelle grandi città un bravo cuoco è, a male agguagliare, come un generale d'armata in un vasto campo ben trincerato con numerose ed agguerrite legioni ove può far valere tutte le sue prodezze. Le grandi città oltre all'esser sempre ben provvedute d'ogni grazia di Dio, hanno chi pensa a fornirvi anche le più piccole cose, le quali, benchè di poca importanza, contribuiscono alla varietà, all'eleganza e alla precisione de' vostri lavori. Così, come vi si trovano bastoncini di pane che, tagliati a fette, s'infilano nello spiedo cogli uccelli, vi si fabbricano pagnottelle della grandezza di una mela comune per farle ripiene.
anche le più piccole cose, le quali, benchè di poca importanza, contribuiscono alla varietà, all'eleganza e alla precisione de' vostri lavori. Così, come
Prendete carne magra di bestia grossa, nettatela dai tendini e dalle pelletiche e, se non avete il tritacarne, tritatela ben fine prima col coltello poi colla lunetta. Conditela con sale, pepe e parmigiano grattato; aggiungete l'odore delle spezie, piacendovi, ma c'è il caso allora che sappia di piatto rimpolpettato. Mescolate bene e date alla carne la forma di una palla; poi con pangrattato sotto e sopra, onde non s'attacchi, tiratela col matterello sulla spianatoia, rimuovendola spesso per farne una stiacciata sottile poco più di uno scudo. Tagliatela a pezzi quadri e larghi quanto la palma di una mano e cuoceteli in una teglia col burro. Quando le scaloppine avran preso colore, annaffiatele con sugo di pomodoro o conserva diluita nel brodo o nell'acqua e servitele. Potete anche, senza far uso del matterello, stiacciarle colle mani e dar loro, per più eleganza, la forma di un cuore.
brodo o nell'acqua e servitele. Potete anche, senza far uso del matterello, stiacciarle colle mani e dar loro, per più eleganza, la forma di un cuore.
Colla farina indicata, col resto del burro e col latte fate una balsamella e quando sarà diaccia frullate bene i rossi d'uovo e mescolate ogni cosa insieme. Mettete il composto in uno stampo liscio con una carta imburrata nel fondo e cuocetelo a bagno-maria. Servitelo freddo, contornato e coperto di gelatina; ma poichè oggigiorno nei pranzi si cerca molto la bellezza e l'eleganza nei piatti, ed anche qualche grata sorpresa, meglio sarebbe in questo caso che il pan di lepre fosse coperto da una veste tutta unita di gelatina, il che si ottiene facilmente. Si prende uno stampo più grande di quello che ha servito al pan di lepre, se ne copre il fondo di gelatina e quando questa è rappresa vi si colloca il rifreddo in mezzo e si riempie con altra gelatina liquida il vuoto all'intorno.
di gelatina; ma poichè oggigiorno nei pranzi si cerca molto la bellezza e l'eleganza nei piatti, ed anche qualche grata sorpresa, meglio sarebbe in
Ad onore forse di Brillat-Savarin fu applicato a questo dolce un tal nome. Contentiamoci dunque di chiamarlo alla francese, e di raccomandarlo per la sua bontà ed eleganza di forma, ad ottenere la quale occorre uno stampo a forma rotonda, col buco in mezzo, convesso alla parte esterna e di capacità doppia del composto che deve entrarvi.
sua bontà ed eleganza di forma, ad ottenere la quale occorre uno stampo a forma rotonda, col buco in mezzo, convesso alla parte esterna e di capacità
Quanto agli zoccoli, la cui presenza imprime tanta distinzione ad un gran pranzo o ad un buffet, non sono certamente d'obbligo, ma diventano in certa guisa indispensabili sulle tavole signorili e di coloro che vogliono seguire le buone tradizioni, facendo camminare di conserva il buono, il lusso e l'eleganza. In simil genere di lavori non è soltanto per l'abbondanza e la varietà delle vivande che i pratici devono cercare di brillare, ma eziandio coi lavori d'arte, per la magnificenza di quegli ornamenti che tanto bene si collegano colle produzioni della cucina.
l'eleganza. In simil genere di lavori non è soltanto per l'abbondanza e la varietà delle vivande che i pratici devono cercare di brillare, ma eziandio
Nelle guarnizioni di grossi pezzi freddi non havvi di obbligatorio che la gelatina in crostoni, in bordura, o semplicemente tritata. Le asticciole così vantaggiose per dare eleganza ad un grosso pezzo freddo, devono piuttosto essere considerate come ornamento che come guarnizione effettiva. I pezzi freddi rappresentati dai nostri disegni sono per la maggior parte tagliati, noi raccomandiamo questo metodo ogni volta che nulla si opponga alla sua applicazione siccome quello più praticabilmente accettabile; inoltre i pezzi freddi, meglio degli altri si prestano ad essere tagliati senza inconvenienti; insomma è piuttosto un affare di pratica e di tempo che una difficoltà.
così vantaggiose per dare eleganza ad un grosso pezzo freddo, devono piuttosto essere considerate come ornamento che come guarnizione effettiva. I pezzi
Queste tazze si confezionano con pane, riso od anche con grosse rape bianche. Si tagliano ovali, rotonde o diversamente, secondo il genere e il volume del rilievo. Si preparano precisamente come le crostate, dando loro la maggior eleganza possibile. Le tazze fatte di pane si colorano friggendole, dopo di che si vuotano; quelle di riso o di rape si conservano bianche; a tal uopo quest'ultime non appena tagliate debbono gettarsi nell'acqua, sicchè l'aria non ne alteri la bianchezza.
volume del rilievo. Si preparano precisamente come le crostate, dando loro la maggior eleganza possibile. Le tazze fatte di pane si colorano friggendole
Gli arabi dicono che il piviere possiede l'eleganza e i vizi di un cortigiano: perchè da vivo è vanitoso, e da morto non lascia che le penne. Gli arabi del resto, non sono famosi per la loro cucina, e perciò le loro sentenze culinarie devono essere accettate con beneficio d'inventario.
Gli arabi dicono che il piviere possiede l'eleganza e i vizi di un cortigiano: perchè da vivo è vanitoso, e da morto non lascia che le penne. Gli
Non parleremo dell'antico focolare ormai riservato alle ampie cucine delle case di campagna, e ormai inconciliabile con le nostre case moderne, sia per lo spazio limitato che offrono, sia per le nuove esigenze di comodità e di eleganza che esse richiedono.
per lo spazio limitato che offrono, sia per le nuove esigenze di comodità e di eleganza che esse richiedono.
INTRODUZIONE. - I freddi sono quei piatti in cui brilla l'intelligenza, il buon gusto e l'eleganza d'un abile cuoco: questa abilità si acquista facilmente, mediante buona volontà, nettezza, puntualità e diligenza nell'eseguire ogni cosa e applicandosi un po' al disegno.
INTRODUZIONE. - I freddi sono quei piatti in cui brilla l'intelligenza, il buon gusto e l'eleganza d'un abile cuoco: questa abilità si acquista
INTRODUZIONE. — I freddi sono quei piatti in cui brilla l'intelligenza, il buon gusto e l'eleganza d'un abile cuoco. Questa abilità si acquista facilmente, mediante buona volontà, nettezza, puntualità e diligenza nell'eseguire ogni cosa e applicandosi un po' al disegno.
INTRODUZIONE. — I freddi sono quei piatti in cui brilla l'intelligenza, il buon gusto e l'eleganza d'un abile cuoco. Questa abilità si acquista
Salvia è dal latino salvare per le grandi virtù che possiede. Salvia salva, diceva un proverbio romano. È pianta erbacea perenne, indigena, originaria dell'Armenia, si moltiplica per getti, per divisione di radici ed anche per semi: questi germinano fino a tre anni. Brama terra sostanziosa ma piuttosto leggera, vuol essere di preferenza addossata al muro, ama il sole, porta fiori dal giugno al luglio. Nel linguaggio dei fiori: ambizione, stima. Ve ne sono più di 80 varietà, gran parte delle quali si distinguono pel loro grato odore e per l'eleganza. L'officinalis, che è quella comunemente conosciuta, si coltiva negli orti per la cucina e la medicina. La parte usata sono le foglie e le cime fiorite, à forte odore aromatico, sapore caldo amaro piccante. La salvia mescolata con cipolla in insalata eccita l'appetito, massime posta sopra le alici. Se ne veste ogni arrosto, in ispecial modo gli uccelletti e i pesci, ai quali dà bonissimo odore e sapore. Pesta e stemperata con aceto, mista con zucchero ed aglio fa una salsa non isgradevole. Le minestre di legumi (e più quella di ceci) prendono sapore dalla salvia. Involta nelle frittelle, massime se di farina di castagne, dicono sia ghiotta. Cotta con aceto, olio, zafferano e poco zuccaro fa un ottimo marinato per il pesce. Friggesi la salvia con olio, burro, strutto, se ne regalano tutti i fritti. La salvia sta bene per tutto, fuori che nei lessi, a' quali non s' addice per la sua amarezza. Attiva le funzioni digerenti e circolatorie, aumenta il calore animale, modifica l'influenza nervosa. La farmacia ne estrae un olio essenziale e ne fa una infusione della quale la medicina si serve ad eccitare i sudori e a rianimare le forze vitali, perchè la salvia è tenuta come un bon stimolante. Il decotto di salvia è giudicato volgarmente come un febbrifugo e in primavera come un depurativo del sangue. Gli antichi ne facevano molto uso. Tutti l'ànno lodata. Da Agrippa veniva chiamata herba nobilis, herba sacra. Era tanto comune il suo uso presso i latini che inventarono perfino il verbo salutare, dare una porzione di salvia, condire con la salvia. E la Salernitana si meraviglia come possa morire un uomo che abbia nel suo orto la salvia:
. Ve ne sono più di 80 varietà, gran parte delle quali si distinguono pel loro grato odore e per l'eleganza. L'officinalis, che è quella comunemente
E sopratutto non temete di degradarvi cingendo il bianco grembiule di cuoca, nè di menomare le vostre grazie manipolando degli intingoli. A vostra consolazione e a vostro incoraggiamento potremmo citarvi migliaia di nomi di sovrani, di artisti, di poeti o di dame elettissime il cui ricordo è legato a bellezza incantevole o a severe opere dell'ingegno, che non solo non sdegnarono di coltivare l'arte gastronomica, ma che questa loro conoscenza a buon diritto vantarono. Il volume che vi presentiamo è tale da spronarvi nella via che vi indichiamo. Per la insolita ricchezza dell'edizione e per la forma chiara e signorile della trattazione, Voi potrete accogliere liberamente il presente libro nella vostra biblioteca e nei giorni di ricevimento mostrarlo senza dovere arrossire a tutte le vostre amiche, siano esse, come Voi, dame di fine eleganza e di impeccabile buon gusto. Il volume è edito sotto gli auspici della rivista «Preziosa», quella rivista che da quattordici anni si è imposta in tutte le famiglie per la praticità dei suoi insegnamenti e per il modo veramente unico con cui le varie ricette vengono esposte, modo che permette anche alla persona che non ha mai messo piede in cucina di portare a termine con pieno onore i manicaretti più complicati. Accade sovente anche nelle pubblicazioni fatte con una certa cura che a un dato momento l'autore o per incapacità tecnica o perchè non riesce a farsi comprendere lascia nel dubbio il lettore, il quale non sapendo come procedere nel suo lavoro chiude il libro e rinunzia alla progettata preparazione gastronomica. Tutto questo non avverrà consultando il nostro volume, che in esso portammo gli stessi intendimenti che ci guidarono sempre nella compilazione della nostra rivista, e che hanno avuto — perchè non dirlo?
mostrarlo senza dovere arrossire a tutte le vostre amiche, siano esse, come Voi, dame di fine eleganza e di impeccabile buon gusto. Il volume è edito
Ci resta a fare un piccolo cenno delle bordure di farcia. Queste bordure si adoperano generalmente come elemento decorativo nella montatura di qualche piatto della cucina di lusso. Preparata una farcia in uno dei modi descritti più sopra, si prende una stampa da bordura liscia o lavorata e si imburra abbondantemente. Si riempie di farcia la bordura, battendo un poco la stampa affinchè non restino vuoti nell'interno, si liscia la superficie con una lama di coltello e si fa rapprendere la farcia a bagno-maria o in forno. Si sforma poi questa bordura sul piatto di servizio e sulla bordura si dispongono in corona delle costolettine, dei medaglioni ecc. Generalmente si riempie poi il vuoto della bordura con una guarnizione, in modo da dare al piatto la maggiore eleganza possibile.
Da un pane a cassetta o da altro pane che abbia la mollica senza buchi, tagliate dei rettangoli, grandi circa come una carta da giuoco — meglio meno che più — e abbrustoliteli leggermente. Prendete adesso, ad esempio, un panino di burro e con una lama di coltello impastatelo in un piatto con quattro o cinque alici, lavate, spinate e fatte a pezzetti. Per avere un risultato anche migliore, potreste passare il burro e le alici dal setaccio. Spalmate di burro tutti i «canapés», e poi con dei filettini di acciuga fateci sopra un largo reticolato. Avrete intanto lessato un uovo. Sgusciatelo e tritate separatamente il rosso e la chiara. Mettete in ogni quadratino del reticolato una piccola pizzicata di bianco tritato e di rosso tritato, alternando i colori. Il burro che vi sarà rimasto lo metterete in un piccolo cartoccio di carta pesante, chiuderete il cartoccio e ne spunterete leggermente l'estremità inferiore in modo da lasciare un'apertura di pochi millimetri. Premendo sul cartoccio, fate intorno ai «canapés» un sottile cordoncino di burro, che li completerà con molta eleganza. Oppure, preparate del burro di Montpellier, raccoglietelo, in una terrinetta, copritelo con un foglio di carta pergamena e tenetelo sul ghiaccio. Preparate anche dei crostini di forma ovale o rettangolare, dello spessore di mezzo centimetro, e leggermente abbrustoliti sul fuoco o — se credete meglio — fritti nel burro, nell'olio o nello strutto. I crostini vanno preparati prima affinchè abbiano il tempo di freddarsi; altrimenti adoperandoli caldi il burro si liquefarebbe. Spalmate su ogni crostino uno strato abbondante del burro preparato, disponete intorno intorno un cordoncino di torlo d'uovo sodo tritato, e finite i «canapés» mettendo in mezzo ad ognuno qualche fogliettina di crescione. Come facilmente comprenderete potrete utilizzare olive farcite, capperi, cetriolini, gamberetti, ecc., purché ricordiate l'avvertimento di montare i «canapés» con ogni cura.
burro, che li completerà con molta eleganza. Oppure, preparate del burro di Montpellier, raccoglietelo, in una terrinetta, copritelo con un foglio di
Mettete sulla tavola cinque cucchiaiate colme (150 grammi) di farina, un pezzo di burro come una grossa noce, un pizzico di sale, e impastate con un po' d'acqua tiepida, così da avere una pasta di giusta consistenza. Fatene una palla, copritela con un tovagliolo infarinato e lasciatela riposare per un'oretta. Poi stendetela piuttosto sottile e dividetela in tanti rettangoli di circa 12 centimetri per 6. In ogni rettangolo mettete mezza cucchiaiata di ricotta impastata con uovo e parmigiano, poi inumidite i bordi con uovo sbattuto o con acqua, e ripiegate ogni rettangolo in due, racchiudendo nell'interno la ricotta. Se avete il taglia paste a rotella passatelo sugli orli; oltre ad assicurare meglio la chiusura darete uria maggiore eleganza ai cuscinetti. Friggeteli nell'olio o nello strutto fino a che avranno preso un bel color d'oro e poi accomodateli m un piatto con salvietta. Se volete fare una cosa ancora più elegante, invece di friggere i cuscinetti così, immergeteli prima nell'uovo sbattuto e poi passateli nel pane pesto o, meglio ancora, nella mollica di pane fresca, grattata finissima.
nell'interno la ricotta. Se avete il taglia paste a rotella passatelo sugli orli; oltre ad assicurare meglio la chiusura darete uria maggiore eleganza
Allora estraete la stampa, lasciate riposare il budino per tre o quattro minuti vicino al fuoco e poi sformatelo sul piatto. Mentre il budino riposa sciogliete una noce di burro in un tegamino e uniteci mezzo cucchiaino di estratto di carne in vasetti. Bagnate con una cucchiaiata d'acqua, mescolate, e versate questa poca salsetta sul budino sformato, che, per maggiore eleganza potrete circondare con crostini a forma di triangolo, fritti nel burro.
, e versate questa poca salsetta sul budino sformato, che, per maggiore eleganza potrete circondare con crostini a forma di triangolo, fritti nel
Prendete un piatto piuttosto profondo e versateci della gelatina di carne liquefatta, che farete scorrere sul fondo in modo da avere uno strato regolare. Fate rapprendere la gelatina. Intanto preparate il numero occorrente di uova affogate che terrete però un pochino più cotte delle consuete uova. Lasciate freddare queste uova, e con la punta di un coltellino o con un tagliapasta togliete via quelle sbavature che eventualmente si fossero formate. Ponete ogni uovo sopra una fetta di prosciutto cotto tagliata in forma circolare, ma un po' più grande dell'uovo e, procedendo con garbo, allineate le varie uova sul piatto, disponendole sullo strato di gelatina rappresa. Su ogni uovo mettete una fettina di tartufo nero, e poi, sempre procedendo con attenzione, versate nel piatto altra gelatina fusa, tanta da ricoprire le uova. Mettete il piatto sul ghiaccio o in luogo freddo e lasciate rapprendere. Specialmente opportuno è in questo caso, servirsi di un piatto d'argento, che comunica una maggiore distinzione alla preparazione. Abbiamo detto di guarnire ogni uovo con una fettina di tartufo. È una aggiunta che sta molto bene, ma di cui, volendo, si può fare anche a meno. Il merito di questa pietanzina consiste sopratutto nella sua eleganza. Quindi è bene servirsi di due tagliapaste rotondi: uno di cinque centimetri per pareggiare le uova e uno di sette per ritagliare i dischi di prosciutto cotto.
questa pietanzina consiste sopratutto nella sua eleganza. Quindi è bene servirsi di due tagliapaste rotondi: uno di cinque centimetri per pareggiare le
Con cinque cucchiaiate di farina, quattro cucchiaiate di acqua, un pizzico di sale e un pezzo di strutto o di burro come una grossa noce, fate una pasta ben lavorata. Foggiatene una palla e lasciatela riposare per una mezz'ora coperta con una salviettina. Mentre la pasta riposa lessate due uova, mettendole sul fuoco come più volte è stato detto, in una casseruolina con acqua fredda, e contando sette minuti dal momento che l'ebollizione si produce. Rinfrescatele in acqua fredda, sbucciatele e tritatele col coltello in modo che vi risultino dei dadini piccolissimi. Mettete poi in una casseruola una noce di burro e quando il burro si è liquefatto aggiungete mezza cucchiaiata di farina, fate cuocere un momento, bagnate con mezzo bicchiere di latte, e quando la salsa, dopo pochi minuti, sarà un po' addensata, conditela con sale, un po' di noce moscata e, fuori del fuoco, mischiateci le uova tritate e una pizzicata di prezzemolo trito. Amalgamate bene il tutto con un cucchiaio e lasciate freddare. Mettete la pasta sul tavolo e con il rullo di legno spianatela all'altezza di due soldi. È necessario che la pasta si sia riposata per poterla stendere bene. Se stendeste la pasta appena fatta vi cimentereste in una noiosissima battaglia con questa pasta irrequieta che per l'elasticità acquistata nella lavorazione tende sempre a ritirarsi. Quando avrete ben steso la pasta tagliatela con la punta di un coltellino in tante striscie verticali della larghezza di circa tre dita e poi ritagliate queste striscie in senso orizzontale con altri tagli larghi sei dita in modo che otterrete un certo numero di rettangoletti di pasta. I ritagli che non saranno venuti tagliati a rettangolo li rimpasterete e li ristenderete fino ad utilizzare completamente tutta la pasta. Otterrete circa una ventina di rettangoletti. Nel mezzo di ogni rettangolo ponete una mezza cucchiaiata del composto di uova e crema, in modo da distribuire l'impasto in parti eguali su tutti i rettangoli. Bagnate con un pennellino o con un dito intriso di acqua gli orli di questi rettangolini e poi ripiegateli su se stessi pigiando con le dita intorno intorno affinchè il composto rimanga ben chiuso nell'interno. Se avete un taglia-paste con la rotella spizzata potrete passarlo in giro sui tre lati riuniti del fagottino ciò che conferirà un aspetto di maggiore eleganza alla vostra preparazione. Quando avrete ultimato tutti > i fagottini friggetene pochi alla volta nello strutto o nell'olio, con fuoco piuttosto moderato affinchè la pasta prenda un bel colore d'oro chiaro e diventi rigonfia e leggera. Accomodateli in un piatto guarnito con una salviettina e mangiateli caldi.
passarlo in giro sui tre lati riuniti del fagottino ciò che conferirà un aspetto di maggiore eleganza alla vostra preparazione. Quando avrete ultimato
Nonostante i pareri discordi, il brodo è un alimento di cui molti non sanno privarsi. Ma c'è una grave questione: quella del bollito. Passi per il brodo, ma rimane poi quell'ingombrante pezzo di manzo lesso che raccoglie, sia pure ingiustamente, un suffragio cordialissimo di antipatie. Vi insegneremo un nuovo modo di utilizzarlo, il quale, oltre ad essere assai sbrigativo, vi permetterà di presentare una pietanzina che ha anche essa una certa sua particolare eleganza. Questa ricetta sarà specialmente utilizzabile nelle famiglie un po' numerose, in cui, dovendo fare il brodo, si usa una notevole quantità di carne. Mettete in una casseruola un paio di cipolle affettate sottilmente, con un dito d'olio e fate soffriggere adagio adagio, fino a che le cipolle siano leggermente imbiondite. Aggiungete allora un paio di bicchieri di aceto, un cucchiaino di zucchero, due spicchi d'aglio, una foglia di alloro, un ciuffo di prezzemolo tritato, un pizzico di rosmarino, una foglia o due di salvia, un po' di pepe e lasciate bollire pian piano sull'angolo del fornello, fino a che l'aceto sia quasi completamente evaporato. Bagnate allora con un bicchiere di vino bianco e due bicchieri di brodo o acqua. Affettate il manzo bollito in fette regolari, accomodatele in una terrinetta e versateci sopra la marinata calda con tutti gli aromi. Mettete la terrina in un luogo fresco e lasciate ogni cosa fino al giorno dopo. Il giorno dopo estraete le fette dal bagno, liberandole dagli aromi, e disponetele una sull'altra su un piatto lungo. Intorno intorno mettete dei piccoli monticelli di cetriolini in aceto affettati, olive conciate, peperoncini sotto aceto tagliati in listerelle, funghi sott'olio, carciofini e patate condite in fettine. Alternate con buon gusto i varii monticelli, dividendoli con dei ciuffetti di prezzemolo trito, e per ultimo fate sgocciolare su tutto un leggerissimo filo d'olio.
sua particolare eleganza. Questa ricetta sarà specialmente utilizzabile nelle famiglie un po' numerose, in cui, dovendo fare il brodo, si usa una
La cima è una famosa specialità della cucina genovese e costituisce un ottimo piatto di carne il quale non solo può tornare utilissimo nei pasti quotidiani, ma, per l'eleganza della sua confezione può servire anche come pietanza raffinata in occasione di qualche pranzo d'impegno. La sua esecuzione non presenta alcuna difficoltà. Bisogna provvedersi di uno speciale taglio di carne, cioè un pezzo di ventre di bue scelto vicino al petto, o anche di un pezzo di petto sottile. Notiamo qui che la vera cima genovese si fa col ventre, che però non offre altro che della pelle. Adoperando il petto si può utilizzare anche un po' di carne. Comunque, in possesso del pezzo di carne (ce ne vorrà circa mezzo chilogrammo) stendetelo sulla tavola e con un coltello ben tagliente apritelo in due senza però intaccare gli orli che dovranno rimanere di circa due centimetri. Per intenderci meglio, voi dovrete ottenere una specie di tasca aperta da un solo lato. Questo forma l'involucro destinato ad accogliere il ripieno. Il quale ripieno si fa così: prendete una animella di vitello, scottatela un istante in acqua bollente, liberatela da qualche pellicola e poi mettetela in una padellina con un pochino d'olio e di burro, un pezzettino d'aglio e poca cipolla. Fate cuocere piano per pochi minuti senza far rosolare l'animella, e poi toglietela dal fuoco e ritagliatela in dadini assai piccoli. Mettete in bagno 100 grammi di mollica di pane, spremetela e mettetela sul tagliere con 200 grammi di magro di maiale e 50 grammi di lardo. Tritate tutto assai fino, condite con sale e pepe, una buona pizzicata di foglie di maggiorana un uovo e un pugno di parmigiano grattato e in questo trito amalgamate l'animella in dadini e 100 grammi di pisellini sgranati. Nella stagione in cui non ci sono i piselli freschi si supplisce efficacemente e in modo assai sbrigativo con piselli in scatola. Ottenuto questo impasto, mettetelo dentro la tasca preparata, pigiate bene affinchè non restino vuoti e procurate di dare all'insieme una forma rotonda. Con un ago grosso e del filo forte cucite l'apertura della tasca, cucendo anche qualche eventuale strappo che si fosse fatto durante l'operazione. Fate due o tre legature con dello spago per mantenere in forma la cima e poi mettetela a cuocere in acqua, preferibilmente calda, nella quale aggiungerete una mezza cipolla, una costolina di sedano, un pezzo di carota gialla e un pezzetto di foglia di lauro. Trascorse un paio d'ore estraete la cima, mettetela in un piatto, copritela con una tavoletta e sulla tavoletta appoggiate un paio di ferri da stiro, affinchè l'interno possa ben pressarsi. Questa squisita pietanza si può mangiare calda o fredda. Se volete mangiarla calda tenetela a riposare vicino al fuoco. In questo caso, giunta l'ora del pranzo, l'affetterete con un coltello ben tagliente e la servirete con un piatto di verdura cotta, a vostra scelta. Se volete invece mangiarla fredda, lasciatela riposare più a lungo in un ambiente fresco, poi affettatela e servitela con accompagnamento di gelatina o di insalata russa o anche di verdura all'agro. Il brodo che avrete ottenuto dalla cottura della cima, è ottimo e potrà essere utilizzato per delle eccellenti minestre. La vera ricetta, quella che abbiamo descritta, vuole l'impiego di una animella di vitello. Volendo fare le cose in via più economica, potrete sopprimerla ed otterrete ugualmente un piatto di carne squisito e raccomandabilissimo per famiglia.
quotidiani, ma, per l'eleganza della sua confezione può servire anche come pietanza raffinata in occasione di qualche pranzo d'impegno. La sua esecuzione
Questa schiuma potrete mangiarla così o accompagnandola in diversi modi. Avere, in altre parole, un tema fondamentale e le sue variazioni. Esaminiamo qualcuna di queste... variazioni, procedendo dal facile al difficile. Voi dunque potrete presentare la schiuma di tonno come si trova, senza nessuna guarnizione; oppure: Accompagnarla con una salsiera di salsa maionese. Circondarla di spicchi d'uova sode. Circondarla con delle mezze uova sode, composte. Circondarla di fondi di carciofi ripieni di insalata russa in piccolissimi pezzettini. E finalmente farne una ricca pietanza in questo modo: piazzare la piccola schiuma di tonno nel mezzo, circondarla di uova composte, come si è detto più sopra, intramezzando ogni uovo con un ciuffetto di prezzemolo; tagliare poi in fettine rotonde la coda di una aragosta e disporre questi dischi intorno intorno sulla cupola della schiuma; preparare delle acciughe lavate, spinate e divise in due e con ogni filetto di alice fare un anello da piazzare sopra ogni fetta di aragosta. E finalmente in ogni anello porre una oliva verde farcita. In questo caso, come in tutti i precedenti, farete accompagnare la schiuma da una salsiera con salsa maionese. I piatti freddi sono quelli in cui maggiormente si rivela il buon gusto di chi li decora. Rammentatevi però che le decorazioni più eleganti sono le più sobrie. Se possedete dei piatti d'argento o di metallo bianco servitevene per le vivande fredde, che acquisteranno un maggior rilievo e una maggiore eleganza.
Quando la terrina sarà cotta toglietela dal forno e appoggiate sopra la carta oleata una tavoletta di legno della stessa sagoma della terrina, mettendo su questa tavoletta un peso (ad esempio un ferro da stiro) affinchè il composto possa ben pressarsi. Lasciate freddare così e dopo qualche ora passando una lama di coltello intorno alla parete interna della terrina staccate il composto di carne e capovolgetelo sopra un piatto. Affettatelo allora con un coltello ben tagliente e trasportate queste fette sul piatto di servizio, sovrapponendole a scalini, in modo che appaia il mosaico di cui sono costituite le varie fette. Contornate il piatto con bei crostoni di gelatina, ottenuta col nostro sistema sbrigativo; e qualora in occasione di una cena o di un pranzo elegante voleste presentare questa magnifica pietanza con una eleganza anche maggiore, alternate i crostoni di gelatina con delle piccole tartelette di pasta non dolce, riempite all'ultimo momento con un'insalata russa, ottenuta con legumi tagliati in dadini piccolissimi.
cena o di un pranzo elegante voleste presentare questa magnifica pietanza con una eleganza anche maggiore, alternate i crostoni di gelatina con delle
Con la pasta brioche potrete, anche eseguire quel dolce notissimo, specialmente usato per il tè: il «pain brioche». Veramente per ottenere un bel «pane» sarebbe necessario raddoppiare le dosi della pasta; ma anche con la dose più modesta, limitando le proporzioni, potrete ottenere un risultato soddisfacente. Dopo che la pasta sarà lievitata, rovesciatela sulla tavola infarinata, battetela con la mano, ripiegatela come si disse, unendo poi alla pasta un paio di cucchiaiate di uvetta sultanina e di scorzetta di arancio e di cedro candite, tagliate in pezzetti. Dividete la pasta in tre pezzi uguali e rotolate ognuno di questi pezzi in modo da formare tre salsicciotti. Foggiate con questi tre pezzi una treccia, regolate le due estremità e aspettate che questa treccia di pasta, lieviti; per la qual cosa occorrerà circa mezz'ora. Dorate con uovo sbattuto la superficie della treccia, cospargetela di filettini di mandorle e pezzetti di candito e cuocetela a forno piuttosto vivace finchè abbia preso un color biondo scuro. Per darle maggior apparenza potrete, pochi minuti prima di estrarla dal forno, inzuccherarla abbondantemente di zucchero al velo il quale, fondendosi, dà al dolce una caratteristica eleganza.
La qualità migliore di mele da usare è la ranetta. Calcolate, a vostro piacimento, una o due mele a persona, e con un coltellino tagliente sbucciatele. Adoperando lo stesso coltellino o un vuota zucchine, asportate la parte centrale che contiene i semi. Disponetele in una teglia imburrata, spolverizzatele di zucchero, aggiungete nella teglia una cucchiaiata d'acqua e fate cuocere le mele in forno per pochi minuti, in modo che la loro cottura non sia completa, ma arrivi appena ai tre quarti. Sarebbe molto meglio per presentare il piatto con maggiore eleganza, usare invece della teglia, un tegame di porcellana resistente al fuoco. Estratte le mele dal forno riempite il vuoto di ognuna con qualche pezzetto di frutta candita mescolata con un po' di marmellata d'albicocca e ricoprite intieramente le mele con una crema pasticcera piuttosto liquida. Sulla crema spolverizzate un po' di bricioline di biscotti e di amaretti, che otterrete pestando amaretti e biscotti e poi passandoli da un setaccio. Ponete qua e là qualche pezzetto di burro e mettete a gratinare in forno per cinque o sei minuti. Fate portare subito in tavola e mangiatele calde.
sia completa, ma arrivi appena ai tre quarti. Sarebbe molto meglio per presentare il piatto con maggiore eleganza, usare invece della teglia, un
lo zucchero si alteri, quando farete bollire lo sciroppo per la terza volta, metteteci un paio di cucchiaiate di glucosio. Le castagne così preparate si conservano assai lungamente. Però se desiderate avere proprio i cosidetti «marrons glacés» occorre un piccolo lavoro supplementare. Vi avvertiamo però che le castagne «tirate in secco» non si conservano così a lungo come le prime. Se volete «ghiacciare» tutte le castagne già candite potrete servirvi dello stesso sciroppo, oppure se volete ghiacciarne una piccola quantità preparate uno sciroppo nuovo, ciò che è anche meglio. Estraete delicatamente le castagne dal vaso di vetro e lasciatele sgocciolare bene, esponendole magari in una stufa appena tiepida, affinchè possano asciugarsi. Se usate lo sciroppo delle castagne, metteteci qualche altra cucchiaiata di zucchero e ponetelo al fuoco in un recipiente largo e basso (una piccola teglia di rame potrà servire convenientemente). Se adoperate dello sciroppo nuovo ponete dello zucchero nel recipiente, inumiditelo con un pochino d'acqua e mettetelo a cuocere ugualmente. Regolatevi che in un caso o nell'altro, Io sciroppo sia in tale quantità da poter ricoprire le castagne. Questo sciroppo va cotto fino a 38° o 39° che verificherete col pesa-sciroppi. Prendendo un poco di questo sciroppo tra il pollice e l'indice della mano e aprendo le due dita, dovrà formarsi un filo lungo e resistente. A questo punto tirate indietro il recipiente, poneteci le castagne, coprite e lasciate così vicino al fuoco per un quarto d'ora circa, affinchè le castagne sentano pian piano il calore. Rimettete quindi la teglia sul fuoco, e scaldate nuovamente lo sciroppo senza però lasciarlo bollire. Mentre lo sciroppo si riscalda, immergeteci una cucchiaiata di ferro a buchi larghi o una forchetta e con essa girate intorno intorno alle pareti della teglia. Vedrete che poco dopo, per effetto di questo sfregamento, lo zucchero incomincerà a imbianchirsi leggermente e a fare una velatura lattiginosa. Levate la teglia dal fuoco ed estraete ad una ad una le castagne, che porrete a sgocciolare su una griglia di ferro. Le castagne si asciugheranno presto e rimarrà su esse quel lieve strato di zucchero che costituisce appunto il «glaçage». Le castagne così ultimate possono essere messe nelle cestelline di carta, che danno loro una maggiore eleganza.
così ultimate possono essere messe nelle cestelline di carta, che danno loro una maggiore eleganza.
Un dolce squisito e di raffinata eleganza. Prendete 200 gr. di fragole piccole, mondatele accuratamente e passatele dal setaccio. Aggiungete poi alla purè ottenuta, una cucchiaiata di zucchero (non di più). Montate in neve quattro bianchi d'uovo e uniteli con delicatezza alla purè di fragole. Ungete leggermente di burro e spolverate di zucchero una stampa da soufflé, che come sapete è una specie di casseruola con due piccoli manici laterali e può essere in argento, in metallo argentato o anche in porcellana resistente al fuoco. Metteteci il composto in modo che non superi i due terzi della stampa, lisciatelo con una larga lama di coltello e passatelo in forno leggero per una ventina di minuti. Quando il soufflé sarà ben rigonfio mettetelo sollecitamente su un piatto senza naturalmente toglierlo dalla stampa e fatelo inviare subito in tavola poichè come tutti i soufflé, aspettando, si sgonfierebbe rapidamente. A parte si può far servire una salsiera con della panna di latte densa ma non montata, riscaldata a bagno-maria, addolcita con dello zucchero e finita con un nonnulla di vainiglina.
Un dolce squisito e di raffinata eleganza. Prendete 200 gr. di fragole piccole, mondatele accuratamente e passatele dal setaccio. Aggiungete poi alla
Per le famiglie sono consigliabili gli utensili di alluminio e più ancora quelli in porcellana resistente al fuoco i quali, oltre ai pregi tecnici e costruttivi, hanno anche una speciale eleganza che consente di presentarli in tavola. Sono poi indispensabili una scolamaccheroni, un ramaiolo, una cucchiaia bucata e un forchettone.
costruttivi, hanno anche una speciale eleganza che consente di presentarli in tavola. Sono poi indispensabili una scolamaccheroni, un ramaiolo, una
Salvia è dal latino salvare per le grandi virtù che possiede. È pianta erbacea perenne, originaria dell'Armenia, si moltiplica per getti, per divisione di radici ed anche per semi. Brama terra sostanziosa ma piuttosto leggera, vuol essere di preferenza addossata al muro, ama il sole, porta fiori dal Giugno al Luglio. Nel linguaggio dei fiori: Ambizione, stima. Ve ne sono più di 80 varietà, gran parte delle quali si distinguono, per loro grato odore e per l'eleganza. L'Officinalis che è quella comunemente conosciuta si coltiva negli orti per la cucina e la medicina. La parte usata sono le foglie e le cime fiorite, à forte odore aromatico, sapore caldo amaro piccante. La salvia cruda mescolata con cipolla in insalata eccita l'appetito, massime posta sopra le alici. Se ne veste ogni arrosto in special modo gli uccelletti e i pesci, ai quali dà bonissimo odore e sapore. Pesta e stemperata con aceto, mista con zucchero ed aglio fà una salsa non isgradevole. Le minestre di legumi (e più quella di ceci) prendono sapore dalla salvia. Involta nelle frittelle massime se di farina di castagne, dicono sia ghiotta. Cotta con aceto olio, zafferano e poco zuccaro fà un'ottimo marinato per il pesce. Friggcsi la salvia con olio, burro, strutto, se ne regalano tutti i fritti. La salvia sta bene per tutto, fuori che nei lessi a' quali non s'addice per la sua amarezza. Attiva le funzioni digerenti e circolatorie, aumenta il calore animale, modifica l'influenza nervosa. La farmacia ne estrae un'olio essenziale, e ne fa un'infusione della quale la medicina si serve ad eccitare i sudori e a rianimare le forze vitali, perchè la salvia è tenuta come un buon stimolante. Il decotto di salvia è giudicato volgarmente come un febbrifugo e in primavera come un depurativo del sangue. Gli antichi ne facevano molto caso. Tutti l'ànno lodata. Da Agrippa veniva chiamata herba nobilis, herba sacra. Era tanto comune il suo uso presso i latini che inventarono perfino il verbo salviare, dare una porzione di salvia, condire colla salvia. E la Salernitana si meraviglia come possa morire un'uomo che abbia nel suo orto la salvia: - Cur moriatur homo cui salvia crescit in horto? - I medici francesi la battezzarono Teriaca naturale. La salvia veniva creduta donare l'immortalità e serviva per imbalsamare i corpi e si portava addosso e si mangiava nelle battaglie. Servio ci tramanda che il cuoco di Mecenate, faceva arrostire gli uccelletti colla salvia. La salvia è un cibo graditissimo alle api che dai di lei fiori cavano un miele saporito. Le sue foglie servono a pulire i denti. Frate Anselmo da Busto suggeriva ai predicatori e agli avvocati, di tenere una foglia verde di salvia sotto la lingua, che la rende più agile e sciolta. Guardatevi dal suggerire tale segreto alla vostra domestica. Coi fiori della salvia si prepara una conserva deliziosa. Le foglie secche si fumano come tabacco, quale rimedio antispasmodico contro la cefalalgia nervosa e l'asma. I Chinesi ne sono ghiottissimi e si stupiscono come gli Europei vadino a cercare il the nei loro paesi, mentre possedono una pianta così eccellente e che trovano preferibile al medesimo. E gli Olandesi facevano incetta in Europa della salvia per venderla carissima ai Chinesi e Giapponesi. La specie sclarea si adopera per dare il sapore moscato agresto ai gelati e ad alcuni vini.
odore e per l'eleganza. L'Officinalis che è quella comunemente conosciuta si coltiva negli orti per la cucina e la medicina. La parte usata sono le
Diguazzate e imbianchite sei animelle di vitello; lardellatele su tutta la loro superficie e riponetele in una tortiera con sugo e fatele cuocere assai lentamente; passate e digrassate la cozione per ridurla a glacé assieme alle animelle; tagliatele per traverso dividendole in due o in tre pezzi, tenendole però riunite in modo che non si scorga il taglio. Disponetele in corona sul piatto, badando che la lardellatura sia ben glassatale guarnite il centro con una guarnitura di piselli, eitrioli, asparagi, ecc. Darete maggiore eleganza al piatto collocando le animelle su uno zoccolo di pane al cui centro porrete una tazza fatta similmente di pane fritto, la quale riempirete di purée di funghi, d'acetosella, di spinaci, d'indivia, di sedano, ecc., il che vi offrirà anche il mezzo di variare a seconda della guarnizione le indicazioni sulla distinta del pranzo.
il centro con una guarnitura di piselli, eitrioli, asparagi, ecc. Darete maggiore eleganza al piatto collocando le animelle su uno zoccolo di pane al
Dividete questo pastone in 16 o 18 parti formandone tante pallottole che riusciranno grosse poco più di una noce: poi ad ognuna di queste pallottole fate un buco in mezzo premendole con la punta di un dito contro la spianatoia e girandole sopra sè stesse; rivoltatele e fate altrettanto dalla parte opposta onde il buco diventi largo ed aggraziato e così queste pallottole prenderanno la forma di ciambelline. Ora mettete al fuoco un vaso d'acqua di bocca larga, e quando l'acqua sarà ben calda, ma non bollente, gettatevi le ciambelline a tre o quattro per volta. Se si attaccano al fondo sollevatele leggermente colla mestola forata, voltatele ed allorchè vengono a galla levatele asciutte e ponetele sopra un pannolino: poi colla punta di un coltello, fate ad ognuna giro giro un'incisione od anche due a una certa distanza, perchè il loro rigonfiamento in padella si svolga meglio. In questo stato potrete lasciarle anche per delle ore se vi fa comodo. Friggetele con molto unto, lardo od olio che sia, a fuoco lento, dimenando spesso la padella: se saranno venute bene le vedrete crescere a un volume straordinario, restando asciutte. Calde ancora, ma non bollenti, spolverizzatele di zucchero a velo e servitele, augurandosi lo scrivente che esse, per la loro bontà ed eleganza di forma, sieno gustate da bocche gentili e da belle e giovani signore; e così sia.
a velo e servitele, augurandosi lo scrivente che esse, per la loro bontà ed eleganza di forma, sieno gustate da bocche gentili e da belle e giovani
La pasta sfoglia potrete tagliarla con un modellino di carta, chè così l'involucro vi verrà più preciso; per più pulizia ed eleganza, prima di mandarle in tavola, fasciate l'estremità di ogni costola con carta bianca smerlata.
La pasta sfoglia potrete tagliarla con un modellino di carta, chè così l'involucro vi verrà più preciso; per più pulizia ed eleganza, prima di
Nelle grandi città un bravo cuoco è, a male agguagliare, come un generale d'armata in un vasto campo ben trincerato con numerose ed agguerrite legioni ove può far valere tutte le sue prodezze. Le grandi città, oltre all'esser sempre ben provvedute d'ogni grazia di Dio, hanno chi pensa a fornirvi anche le più piccole cose, le quali, benchè di poca importanza, contribuiscono alla varietà, all'eleganza e alla precisione de' vostri lavori. Così, come vi si trovano bastoncini di pane che, tagliati a fette, s'infilano nello spiedo cogli uccelli, vi si fabbricano pagnottelle della grandezza di una mela comune per farle ripiene.
anche le più piccole cose, le quali, benchè di poca importanza, contribuiscono alla varietà, all'eleganza e alla precisione de' vostri lavori. Così
Ad onore forse di Brillat-Savarin fu applicato a questo dolce un tal nome. Contentiamoci dunque di chiamarlo alla francese, e di raccomandarlo per la sua bontà ed eleganza di forma, ad ottenere la quale fa d'uopo di uno stampo a forma rotonda, col buco in mezzo, convesso alla parte esterna e di capacità doppia del composto che deve entrarvi.
sua bontà ed eleganza di forma, ad ottenere la quale fa d'uopo di uno stampo a forma rotonda, col buco in mezzo, convesso alla parte esterna e di
La massima eleganza per ornare le gelatine di carne consiste nel ben disporre i pezzi che servono a guarnire il primo strato sottile dell'aspic versato nella forma; si adoperano a ciò ravanelli tagliati a fettuccie e disposti in guisa di fiori, carote lesse, uova sode, cetriuolini in aceto, fagiuoletti verdi, prezzemolo, cavoli-fiori, tartufi cotti nel vino, lingua cotta ecc.
La massima eleganza per ornare le gelatine di carne consiste nel ben disporre i pezzi che servono a guarnire il primo strato sottile dell'aspic
Coperta che sia d'una tovaglia la tavola da mensa, si dispongono un numero di tondi lisci, in distanza di 60 centimetri uno dall'altro, ed alla destra, sopra a delle porta-posate di vetro od argento, i coltelli colla lama voltata verso il tondo, nonchè i cucchiai, a sinistra le forchette, e sul tondo in mezzo alla salvietta ripiegata con eleganza un panino. I calici si collocano un poco a sinistra dietro il piatto, cioè uno più grande ed uno meno grande, in aggiunta ai bicchieri per l'acqua e pel vino, quando, oltre al vino da pasto, va servita dopo la zuppa, la birra od un vino scelto. Le caraffine dell'acqua e vino si pongono in sottocoppe a destra presso i bicchieri, disponendo nei convitti più semplici che le caraffine dell'acqua, il porta sale e pepe si trovino in sufficiente numero alla portata dei commensali. Qualora per certe vivande occorresse dell'aceto, olio o dello zucchero in polvere, questi si presentano in apposito vasellame. I cestini col pane non devono mancare mai. Nei convitti festosi ogni salvietta contiene un cartoncino col nome della persona, e a diritta del piatto un'altra colla nota del pranzo (menu). Le frutta ed i dolci del dessert, le insalate composte si collocano in bella disposizione sul tavolo con in mezzo un pezzo dolce di gala od un vaso di fiori. In occasione festiva si mette tra ogni salvietta una rosa od un garofano. Anche nelle semplici mense di famiglia l'uso è lodevole di decorare la tavola con un mazzo di fiori, come in generale è indicato di dare un aspetto piacevole alla stanza da pranzo e di regolarne la temperatura, cosa che spesso si neglige, mentre la è di prima importanza pel benessere dei commensali. I piatti di cambio per le pietanze calde durante la stagione fredda devonsi prima scaldare in cucina (su scaldavivande o sulla stufa), però non tanto che il toccarli arrechi molestia, ciocchè vale pure per i piatti di portata. Se taluno poggia la sua posata sul piatto, la si toglie insieme a questo, colla mano destra, al lato destro della persona seduta, immergendone tosto le lame in un secchietto pieno d'acqua calda posto sulla credenza, e rasciugata, la si ripresenta nel medesimo modo sopra un piatto netto, nel caso sempre che in generale non si cambino le posate a tutta la comitiva.
tondo in mezzo alla salvietta ripiegata con eleganza un panino. I calici si collocano un poco a sinistra dietro il piatto, cioè uno più grande ed uno
La tavola pel tè viene coperta d'una tovaglia damascata bianca o colorita (le prime però sono più eleganti), oppure lo si serve su tavoli di marmo senza tovaglia; le posatine s'adagiano a dritta del piattino da dessert oppure sopra questo, con vicino un bicchiere per l'acqua, dispensando in sufficiente numero caraffine con acqua e rum, zuccheriere, lattiere ricolme di panna, nonché saliere, affinchè tutto sia disposto a comodità di ciascuno. Dipoi si mettono sul tavolo tutti gli accessori pel tè. Si serve la pasticceria dolce di diverse specie o soltanto dei biscotti, chifel minuti ed una qualità di buffetti, ammassati con garbo su sottocope coperte di salvietta o di carta a più doppi ripiegata e ricciata d'intorno. La pasticceria al sale s'imbandisce separatamente. I l burro fresco o quello all'acciughe foggiato a bella forma si può guarnire con acciughe dimezzate, sardine, piccoli ravanelli rossi o bianchi intagliati a fiori oppure con fiori impressi nel burro (pag. 157) e fogliame di prezzemolo; o si può dare al burro la forma d'un ananas accomodato sul piatto sopra ad una foglia di vite, od anche comprimere il burro dolce in apposito vaso di vetro. I canapées, sandwichs o le semplici tartoline al burro, nonchè il prosciutto si dispongono su recipiente di porcellana munito di manico con interne divisioni (cosidetto servizio per antipasto), la carne guarnita però su piatti di portata, ove la si può disporre con più eleganza. I pomi di terra e le castagne si mettono pelate fra la salvietta, od in una terrina coperta.
per antipasto), la carne guarnita però su piatti di portata, ove la si può disporre con più eleganza. I pomi di terra e le castagne si mettono pelate