Orduvre = Quando le code d'Agnello saranno cotte alla Bresa le potete servire con diverse salse; si possono anche servire alla Senteminult, ovvero dopo che sono ben asciugate le potete indorare con uovo sbattuto, panare di mollica di pane, e friggerle nello strutto; come anche fargli prender colore sulla gratella, mescolando allora un poco di grasso della Bresa nell' uovo, e servirle senza salsa, ma con una Remolada in una Salsiera. Potete ancora dopo che sono cotte alla Bresa servirle con qualunque Ragù, secondo la stagione, tanto glassare, che naturali. Le code d'Agnello, di Castrato, di Capretto, d'Abbacchio, si preparano nella stessa guisa. All'Articolo delle Terrine parlerò ancora qualche poco delle Code.
ancora dopo che sono cotte alla Bresa servirle con qualunque Ragù, secondo la stagione, tanto glassare, che naturali. Le code d'Agnello, di Castrato, di
Fate cuocere una libbra di zucchero alla plume; indi metteteci una libbra di mandorle dolci scelte, movetele colla cucchiaja sopra un fuoco leggiero, acciò il zucchero granisca e si attacchi tutto all'intorno delle mandorle. Quando crocchieranno sarà segno che sono cotte; levatele allora di sopra il fuoco copritele con un foglio di carta, e fatele raffreddare Si perlina nello stesso modo le nocchie o nocciole, e i pistacchi mondi, e naturali. Per farle rosse: subito che hanno preso il zucchero levatele di sopra il fuoco, crivellatele, il zucchero che code rimettetelo nel pozzonetto con tre oncie di zucchero fino, e un poco d'acqua acciò si squagli, fatelo cuocere alla palla, aggiungeteci allora tanto colore amarante di uvetta lacca, quanto è necessario per dare un bel colore al zucchero; fatelo ribollire di nuovo e tornare al grado di palla, metteteci le mandorle, tirate indietro dal fuoco, e movetele bene colla cucchiaja finchè saranno asciutte, e ben granite. Per farle bianche: sbollentate e pelate le mandorle, asciugatele alla stufa, mettetele nel zucchero cotto alla palla, fategli dare un bollo insieme; indi manegiatele colla cucchiaja, e finitele come le prime.
il fuoco copritele con un foglio di carta, e fatele raffreddare Si perlina nello stesso modo le nocchie o nocciole, e i pistacchi mondi, e naturali
Orduvre = Quando le code di agnello saranno cotte alla bresa le potete servire con diverse Salse; si possono anche servire alla Senteminult, ovvero dopo che sono ben asciugate le potete indorare con uovo sbattuto, panare di mollica di pane, e friggerle nello strutto; come anche fargli prender colore sulla gratella, mescolando allora un poco di grasso della Bresa nell'uovo, e servirle senza salsa, ma con una Remolada in una salsiera. Potete ancora dopo che sono cotte alla bresa servirle con qualunque Ragù, secondo la stagione, tanto glassare, che naturali. Le code di agnello, di castrato, di capretto, di abbacchio, si preparano nella stessa guisa. All'Articolo delle Terrine Tom. III. Cap. IV. parlerò ancora qualche poco delle Code.
ancora dopo che sono cotte alla bresa servirle con qualunque Ragù, secondo la stagione, tanto glassare, che naturali. Le code di agnello, di castrato, di
Guarnizioni = Fate cuocere una libbra di zucchero alla plume; indi metteteci una libbra di mandorle dolci scelte, movetele colla cucchiaja sopra un fuoco leggiero, acciò il zucchero granisca e si attacchi tutto all'intorno delle mandorle. Quando crocchieranno sarà segno che sono cotte; levatele allora di sopra il fuoco copritele con un foglio di carta, e fatele raffreddare Si perlina nello stesso modo le nocchie o nocciole, e i pistacchi mondi, e naturali. Per farle rosse: subito che hanno preso il zucchero levatele di sopra il fuoco, crivellatele, il zucchero che code rimettetelo nel pozzonetto con tre oncie di zucchero fino, e un poco d'acqua acciò si squagli, fatelo cuocere alla palla, aggiungeteci allora tanto colore amarante di uvetta lacca, quan- to è necessario per dare un bel colore al zucchero; fatelo ribollire di nuovo e tornare al grado di cassè, metteteci le mandorle, tirate indietro dal fuoco, e movetele bene colla cucchiaja finchè saranno asciutte, e ben granite. Per farle bianche: sbollentate e pelate le mandorle, asciugatele alla stufa, mettetele nel zucchero cotto alla palla, fategli dare un bollo insieme; indi manegiatele colla cucchiaja, e finitele come le prime.
, e naturali. Per farle rosse: subito che hanno preso il zucchero levatele di sopra il fuoco, crivellatele, il zucchero che code rimettetelo nel
Tagliate i petti a fette sottili quasi come la carta, date loro la miglior forma che sarà possibile e dei minuzzoli che ricavate nel ripulir bene lo sterno, formatene un intero pezzo, unendoli insieme e schiacciandoli. Poi conditeli con sale e pepe e metteteli in infusione nelle uova frullate. Dopo qualche ora passateli nel pangrattato fine e cuoceteli col burro nella sautè o in teglia. Se li aggradite naturali basta l'agro di limone; se poi li volete coi tartufi potete trattarli come le cotolette del N. 312, oppure nella maniera che segue:
qualche ora passateli nel pangrattato fine e cuoceteli col burro nella sautè o in teglia. Se li aggradite naturali basta l'agro di limone; se poi li
Prendete zucchini lunghi, non a piccola quantità perchè scemano molto, e tagliateli a fette rotonde della grossezza di uno scudo. Mettete al fuoco una sautè o una teglia di rame con olio a buona misura e quando comincia a bollire gettateci gli zucchini così naturali e, a fuoco ardente, rimuoveteli spesso. Conditeli a mezza cottura con sale e pepe e quando accennano a rosolare spargeteci sopra un buon pizzico di regamo e levateli subito colla mestola forata. Potranno servirsi soli o per contorno e piaceranno. Il regamo si presta a rendere odorose anche altre vivande, come i funghi in umido, le uova nel tegame, le acciughe, ecc.
una sautè o una teglia di rame con olio a buona misura e quando comincia a bollire gettateci gli zucchini così naturali e, a fuoco ardente, rimuoveteli
Dopo averne estratto l'intestino, con la punta di un coltello, dalle branchie, lavatele ed asciugatele e nel posto dov'era l'intestino collocate un pezzetto d'aglio. Conditele con sale, pepe, olio, foglie di ramerino e lasciatele così condite. Quando sarete per cuocerle involtatele nel pangrattato ed ungetele col condimento allorchè saranno sul fuoco. Oppure, dopo averle nettate, lavate ed asciugate, conditele con poco sale e pepe e cuocetele così naturali a fuoco ardente. Collocate poi sul vassoio, conditele solo allora con olio, un altro po' di sale e pepe.
così naturali a fuoco ardente. Collocate poi sul vassoio, conditele solo allora con olio, un altro po' di sale e pepe.
Le cicale mi rammentano le sparnocchie che, a prima vista, le rassomigliano; ma esaminato bene questo crostaceo ha la forma di un grosso gambero di mare del peso comunemente di 50 o 60 grammi. È di sapore più delicato dell'arigusta e, come questa, si usa mangiarlo lesso; ma perchè non perda sapore meglio è di arrostirlo in gratella, senza condimento alcuno, e dopo sgusciarlo e condirlo con olio, pepe, sale ed agro di limone. Le sparnocchie piccole si possono anche, come i gamberi, infarinare e friggerle così naturali, oppure nel modo indicato per le cicale.
piccole si possono anche, come i gamberi, infarinare e friggerle così naturali, oppure nel modo indicato per le cicale.
Le mandorle sbucciatele, asciugatele al sole o al fuoco e, sciegliendone un terzo delle più grosse, dividete queste in due parti nei due lobi naturali; le altre tagliatele in filetti sottili. Montate le uova e lo zucchero in una bacinella di rame o di ottone, sul fuoco, alla temperatura di 20 gradi, battendole con la frusta più di un quarto d'ora. Ritirato il composto dal fuoco uniteci la farina mescolando leggermente e versatelo in uno stampo liscio, tondo od ovale poco importa, che avrete prima imburrato e spolverizzato con un cucchiaino di zucchero a velo ed uno di farina uniti insieme; ma sarebbe bene che lo stampo fosse di grandezza tale che il dolce, quando è cotto, riuscisse alto quattro dita circa. Cuocetelo al forno o al forno da campagna a moderato calore e dopo cotto e ben diaccio tagliatelo all'ingiro a fette sottili un centimetro.
naturali; le altre tagliatele in filetti sottili. Montate le uova e lo zucchero in una bacinella di rame o di ottone, sul fuoco, alla temperatura di 20 gradi
MONTE-CARLO, celebre casa da giuoco nel Principato di Monaco. — Consommé à la Monte-Carlo, consumato con ritagli di carote, rape e sedani. - Homards à la Monte-Carlo, fette di gambero di mare saltate all'olio e cipolle con funghi e pomidoro, servite con riso ed ostriche fritte con salsa di gamberi di mare - Così pure: Langoustes à la Monte-Carlo. - Côtelettes de mouton à la Monte-Carlo, costolette di castrato con fagiolini verdi. - Sorbet à la Monte-Carlo, sorbetto rosa al Champagne, servito in bicchieri o coppe di ghiaccio naturali. - Petits fours à la Monte-Carlo, pasticceria da dessert con pasta all'amandorla, alternata con pasta al pistaccio.
Monte-Carlo, sorbetto rosa al Champagne, servito in bicchieri o coppe di ghiaccio naturali. - Petits fours à la Monte-Carlo, pasticceria da dessert con
PROVENÇALE (à la) alla provenzale, della Provenza, antica provincia nel mezzogiorno della Francia, rinomata per i suoi prodotti naturali. — Potage à la provençale, zuppa di pesci (specie di bouillabaisse) - Anguilles à la provençale, anguille affettate, cucinate al burro, verdure e cipolle, con salsa all'uovo e vino bianco - Cabillaud à la provençale, merluzzo affettato, saltato all'olio fine e cipolle, pepe, noce moscata, vino bianco e limone - Poulet à la provençale, fricassea di pollo con cipolle, aglio e verdure assortite.
PROVENÇALE (à la) alla provenzale, della Provenza, antica provincia nel mezzogiorno della Francia, rinomata per i suoi prodotti naturali. — Potage à
Avrete pronto il fusto in legno, che intonacherete di grasso più o meno alto a seconda del disegno. Mettetelo in luogo fresco fino a che il grasso siasi rassodato; allora con un profilo o sguscio di zoccolo fatto di legno e tuffato in acqua bollente andatevi all'ingiro, comprimendovi contro il grasso in modo che il profilo riesca ben netto e lo zoccolo comparisca regolare in tutte le sue parti. Lo zoccolo così preparato viene decorato a genio del cuoco, col cornetto riempito di grascia colorita, con che si fanno i più minuti e graziosi disegni, come pure con foglie o fiori naturali od anche artificiali, nel qual caso li farete con appositi stampi, tagliandoli da una pasta composta di farina ed egual quantità di zucchero, bagnata con albume d'uova e colorata, se in rosso, con carminio in polvere; violetto, con rosso e bleu; verde, con giallo cromo e bleu; arancio, con cinabro e giallo cromo. Egual decorazione può farsi con pastigliaggio parimenti di vari colori. In mancanza di fusto potrete servirvi di pane raffermo che tenete a posto con asticciuole.
del cuoco, col cornetto riempito di grascia colorita, con che si fanno i più minuti e graziosi disegni, come pure con foglie o fiori naturali od anche
Prendasi della coscia di lepre nella quantità necessaria, si pulisca bene, e se ne formino tante braciuole ben sottili: dippoi facciasi un battuto ben fino di prezzemolo, basilico, sedano, timo, ed un poco di cipolla; fatto che sia, prendasi una di dette braciuole, e sopra vi si distenda un poco del suddetto battuto, con poco sale, cannella, pepe pesto e noce moscata; dippoi vi si ponga sopra un'altra di dette braciuole, e vi si metta battuto e droghe come si è fatto alla prima seguitando così fino a che tutte saranno allo stesso modo confezionate, dando loro quella forma che più vi sarà di piacimento. Ciò fatto dispongansi delle fette di lardo o i prosciutto grasso colle quali si dovrà fasciare molto bene tutta la suddetta lepre già composta legandola GALANTINA DI FAGIANO ALLA PRINCIPESSA SU ZOCCOLO PER «BUFFET» (14) Prendete un bel fagiano, di cui serberete la testa con il collo, e tutto il ciuffo delle penne a questo aderenti. Conservatene pure le ali naturali, e la coda, distaccandola con un po' della polpa a cui è attaccata per mantenerla intiera. Disossate poi il fagiano accuratamente perchè non vi rimanga il benchè minimo osso, e dalla parte disossata toglietene alquanta polpa, alla quale aggiungerete quella di un altro fagiano disossato. Scegliete in questa carne quella tenera del petto, con la quale formerete tanti filoncini, che metterete da parte, ed il resto ne formerete una farcia, cioè un pisto nel mortaio con pochissime droghe e un poco di lardo. Passate il pisto allo staccio e mettetelo in una catinella dimenandolo bene con un mestolino, aggiungendogli nello stesso tempo un poco di marsala e di crema doppia. Tagliate dei filoncini di prosciutto grasso e magro, di lingua scarlatta e di tartufi neri, come quelli di polpa di fagiano che avete serbati. Distendete il fagiano disossato, metteteci una parte della farcia spianandola bene, disponete i filoncini variandone i colori, in tutta la loro lunghezza, in modo che nel tagliare la galantina dopa cotta, figuri un mosaico. Mettete il resto della farcia, chiudete la galantina, involgendola perfettamente in un pannolino e ben legata con lo spago dandogli la forma esatta e naturale. Fatela cuocere con brado fatto di carcami, uniti a qualche piede di vitello, facendola bollire almeno per due ore, togliendola poi dal fuoco per restringerla e farla freddare. Adagiatela poscia sul suo zoccolo, già preparato in antecedenza, fissate su di essa la testa, le ali e la coda, imitando il disegno qui unito: guarnite con piccoli timballetti (gobelotti) di purée di caccia, e terminate di guarnirla con gelatina e tartufi neri. Lo zoccolo dev'esser decorato con grasso, nel modo già descritto più innanzi. anche con uno spago perchè rimanga unita, e si collochi poi in una casseruola di proporzionata grandezza assieme ad un poco di sugo facendola cuocere con poco fuoco anche sul coperchio ma osservando di farla bollire adagino, e scandagliandone il giusto grado di cottura, col pungerla mediante la lama sottile di un'acuto coltello; e frattanto gli si preparerà la seguente salsa: — Si batta ben fina con un poco di cipolla, si metta in una casseruola da salse con un poco di burro ed una fetta di prosciutto magro, e facciasi così un poco soffriggere, dipoi vi si ponga un poco di fior di farina, un poco di sugo, e l'umido che sarà nel fondo della casseruola in cui è stata cotta la lepre, disgrassandolo prima molto bene, ed indi facendo così bollire il tutto per Io spazio di un'ora; dopo di che si leverà la fetta del presciutto, e vi si getterà un poco di vino di Cipro o di Malaga: quando si dovrà servire in tavola si tolgano dattorno alla lepre tutte le fette di lardo, si accomodi nel piatto diligentemente acciò non venga a disfarsi, sopra vi si versi la detta salsa, spremendovi prima dentro un poco di sugo di limone, e così si mandi in tavola.
tutto il ciuffo delle penne a questo aderenti. Conservatene pure le ali naturali, e la coda, distaccandola con un po' della polpa a cui è attaccata per
Passate mezza libra di fragole al setaccio, unitele a circa due once di colla di pesce ed aggiungetevi il sugo di due limoni, passate il tutto alla stamina e ripassatelo di nuovo, poi versatelo in un Bonetto e mettetelo a gelare come si è già indicato, adoperando alla stessa maniera per cavare la gelatina dallo stampo quando sarà fatta. Potrete levare il gusto delle fragole lasciandole in infusione con dello zucchero in polvere ed un poco di siroppo per due ore, e passandole quindi naturali alla salvietta, che così la gelatina resterà più chiara: così parimenti farete coi lamponi.
siroppo per due ore, e passandole quindi naturali alla salvietta, che così la gelatina resterà più chiara: così parimenti farete coi lamponi.
Occorre inoltre mangiare cibi naturali e sani: legumi verdi, latte puro, carni tenere, e frutta, molta frutta; specialmente banane ben mature, poichè esse favoriscono la secrezione dei succhi gastrici. Se il loro sapore vi stanca, schiacciatele nel latte e bevete questo miscuglio durante la giornata. Vi è poi la « miscela costruttrice » dello stesso dottor Gayelord, la quale si prepara così: sciogliete un tuorlo d'uovo in un bicchiere di succo d'arancia, aggiungete un cucchiaino di miele e sbattete finchè il miscuglio sia diventato schiumoso. Questa miscela si prende anch'essa durante la giornata, fra un pasto e l'altro.
Occorre inoltre mangiare cibi naturali e sani: legumi verdi, latte puro, carni tenere, e frutta, molta frutta; specialmente banane ben mature, poichè
84. Amaretti. Dimenate 3/4 d'ora 560 gr. di zucchero con 3 albumi naturali, unitevi 280 gr. di mandorle dolci e 280 gr. di mandorle amare mondate e grattate. Cuocete il composto sulla lamiera coperta da una carta unta, disponendovelo in forma di pallottole che poi s'allargano. Il calore del forno dev'essere moderato e durante i primi 12 m. di cottura non si può aprire lo sportello. Badate che le mandorle e lo zucchero siano perfettamente asciutti e che nell'albume non si veda traccia alcuna del tuorlo. Queste sono condizioni indispensabili per la buona riuscita degli amaretti.
84. Amaretti. Dimenate 3/4 d'ora 560 gr. di zucchero con 3 albumi naturali, unitevi 280 gr. di mandorle dolci e 280 gr. di mandorle amare mondate e
Il suo nome, da ros, rugiada, e marinus, marina — rugiada di mare — nascendo spontaneo sulle rive di questo in tutta l'Europa meridionale. Nel linguaggio dei fiori: La tua presenza mi consola. È la pianta aromatica di tutti i poeti provenzali. Lo rosmarino, o ramerino, è un arboscello perenne, indigeno, originario dell'Oriente. Ama essere addossato ad un muro ad esposizione di meriggio e levante, terra leggera, piuttosto sabbiosa. Teme i venti e massime il freddo. Si moltiplica per divisioni diradici, per getti ed anche per via di margote. Varietà: l'augustifolius, l'argenteus, l'auratus e il latifolius. Tutta la pianta à odore forte aromatico e balsamico, sapore acre, amaretto. Il rosmarino si adopera in cucina a dar sapore agli arrosti, e alle carni che si mettono in fusione. In medicina, è stimato come stomatico, stimolante, emmenagogo. Se ne cava un olio essenziale, che nelle farmacie chiamasi Oleum Anthos. Dai cauli fioriti si compone l'acqua così detta della Regina d' Ungheria, contro l'isterismo. Il suo infuso dissipa le vertigini e l'isteralgia. Il dottor Comi dice che il suo decotto guarisce i tumori e le piaghe delle gambe, e ch' egli, mercè certe sue fasciature, ne à guarito 70,000 con infiltramento a ristagni umorali di tutte le forme, non esclusa l'elefantiasi degli Arabi e dei Greci. Settantamila! ma vi pajono poche? quante gambe! nè pensate che le abbia guarite a quattro a quattro. — Questo, il dottor Comi, ma un proverbio dice: Acqua di ramerino al corpo del bambino. In profumeria entra quale componente di varie acque odorose, tra le altre della famosa Acqua di Colonia. Dai Greci veniva chiamato Libantide Coronaria perchè tramanda, bruciando specialmente le radici, odore d'incenso, e perchè serviva ad intessere corone. Oltre i soliti scrittori di cose naturali ne fa cenno Virgilio:
ed asciutti ed in terreni poco profondi. Il sesamo non reggerebbe nei paesi montuosi anche per i venti. Vuolsi originario dell'Asia Minore, e precisamente dalla Paflagonia, dove esisteva pure la città di Sesamon, chiamata poi Amastris, della quale parla Plinio. In Bologna se ne sono fatte molte esperienze, notate nel Giornale d'Italia di scienze naturali. Coi suoi semi, in Egitto, se ne fa una minestra saporita. In Sicilia lo si metteva nel pane. Oggi ancora si mangiano arrostiti e cotti come quelli del riso e dell'orzo, e macinati forniscono una farina grossolana, ma di cui i pasticcieri si servono assai. Era conosciuto il sesamo in Oriente sino dai tempi più remoti. Da Plinio fu messo il sesemo fra i cereali, da Columella fra i legumi, da Teofrasto fra i grani che non ànno nome. Ateneo, nel libro XVI, dice che i Greci lo mangiavano torrefatto col miele. Galeno, che lo si metteva nel pane, ma che era di sua natura calido. In Egitto i semi del sesamo servono a preparare una pasta biancastra che si usa per mantenere la freschezza e la bellezza della pelle.
esperienze, notate nel Giornale d'Italia di scienze naturali. Coi suoi semi, in Egitto, se ne fa una minestra saporita. In Sicilia lo si metteva nel pane
Per giustificare l'opportunità di tanta circospezione non mancherebbero certo, esempi da citare sugli effetti tristissimi del mal uso degli alcoolici nelle truppe; non mancherebbero fatti da ricordare di somma previdenza adoprata a tal proposito da illuminati condottieri di truppe. Ma enumerando di tali casi andremmo troppo per le lunghe: tornerà invece più opportuno riportare sul soggetto che ne occupa il parere dell'Arnould tanto competente in proposito. «Quanto noi siamo sembrati disposti, dice l'eminente igienista francese, a riconoscere l'esistenza di una reale risorsa nelle bevande alcooliche naturali, la birra di buona qualità, il sidro ben fatto e soprattutto il vino non rimaneggiato, altrettanto incliniamo verso la condanna, pressochè assoluta, di tutti i prodotti di distillazione, vale a dire di tutto ciò che merita più specialmente il nome di alcool. Su questo terreno noi non vediamo distinzione da introdurre fra l'uso e l'abuso.
alcooliche naturali, la birra di buona qualità, il sidro ben fatto e soprattutto il vino non rimaneggiato, altrettanto incliniamo verso la condanna
Però, secondo gli studi accuratissimi del Pollacci, questo metodo dell'alcool suggerito dalla Istruzione non sarebbe esatto, poichè tutti i vini, anche i più genuini (molto più poi gli ingessati), conterrebbero del bisolfato di potassio che cede all'alcool dell'acido solforico libero; ciò che potrebbe indurre in inganno, e far giudicare per acido solforico libero aggiunto al vino, quello derivante dai suoi sali naturali. Ed è per questa ragione appunto che il ricordato chimico propone di sostituire, nella prova sopraccennata, all'alcool assoluto l'etere puro ed anidro, il quale non toglie traccia alcuna di acido solforico al bisolfato di potassio.
potrebbe indurre in inganno, e far giudicare per acido solforico libero aggiunto al vino, quello derivante dai suoi sali naturali. Ed è per questa ragione
Il suo nome da ros, rugiada e marinus marina, - rugiada di mare, - nascendo spontaneo sulle rive di questo in tutta l'Europa Meridionale. Nel linguaggio dei fiori : La tua presenza mi consola. Lo Rosmarino o Ramerino è un arboscello perenne, indigeno, originario dell'Oriente. Ama essere addossato ad un muro ad esposizione di meriggio e levante, terra leggera, piuttosto sabbiosa. Teme i venti e massime il freddo. Si moltiplica per divisioni di radici, per getti ed anche per via di margote. Varietà: l'augusti folius, l'argenteus, l'auratus e il latifolius. Tutta la pianta à odore forte aromatico e balsamico. Sapore acre, amaretto. Il rosmarino si adopera in cucina a dar sapore agli arrosti, e alle carni che si mettono in infusione. In medicina è stimato come stomachevole, stimolante, emmenagogo. Se ne cava un olio essenziale, che nelle spezierie chiamasi Oleum Anthos. Dai cauli fioriti si compone l'acqua così detta della Regina d'Ungheria contro l'isterismo, ecc. In profumeria entra quale componente di varie acque odorose tra le altre della famosa Acqua di Colonia. Dai Greci veniva chiamato Libantide Coronaria, perchè serviva ad intessere corone. Oltre i soliti scrittori di cose naturali ne fà cenno Virgilio:
Il sesamo detto anche giuggiolena è pianticella annuale. Si propaga per semi, vuol terra sciolta e pingue e viene sotto l'azione del gran caldo e dell'umido. Ve ne sono 5 varietà. L'orientale, cresce spontaneamente nei terreni secchi ed aridi dell'India, del Ceylan, del Malabar, e s'accomoda facilmente nei suoli fertili. Fornisce un fusto alto un metro, diritto, erbaceo, quasi cilindrico, assai ramoso, foglie verdi, fiori bianchi o color rosa in Giugno. I semi di esso col calore e colla pressione forniscono il 48% di olio che è così limpido e gustoso da rivaleggiare colle migliori qualità dell'olivo, per le quali viene sovente venduto, essendo 1'olio di sesamo riconoscibile solo per contenere meno sostanza. Inoltre l'olio di sesamo à il merito di non mai irrancidire. Il vantaggio dell'olivo su questa pianta è quello di poter allignare anche in luoghi erti ed asciutti ed in terreni poco profondi. Il sesamo non reggerebbe nei paesi montuosi anche per i venti. Vuolsi originario dell'Asia Minore e precisamente dalla Paflagonia, dove esisteva pure la città di Sesamon chiamata poi Amastris, della quale parla Plinio. In Bologna se ne sono fatte molte esperienze notate nel Giornale d'Italia di scienze naturali. Coi suoi semi in Egitto se ne fà una minestra saporita. In Sicilia lo si metteva nel pane. Oggi ancora si mangiano arrostiti e cotti come quelli del riso e dell'orzo, e macinati forniscono una farina grossolana, ma di cui i pasticcieri si servono assai. Era conosciuto il sesamo in Oriente sino dai tempi più remoti. Da Plinio fu messo il sesamo fra i cereali, da Columella fra i legumi, da Teofrasto fra i grani che non ànno nome. Ateneo nel libro XVI dice che i Greci lo mangiavano torrefatto col miele. Galeno che lo si metteva nel pane, ma che era di sua natura calido. In Egitto i semi del sesamo servono a preparare una pasta biancastra, che si usa per mantenere la freschezza e la bellezza della pelle.
'Italia di scienze naturali. Coi suoi semi in Egitto se ne fà una minestra saporita. In Sicilia lo si metteva nel pane. Oggi ancora si mangiano arrostiti e
Approntate due fagiani come per galantina; marinateli con vino, erbe odorifere, sale, pepe e noce moscada, e coprite la terrina o il vaso dove li avrete posti. Mettete in una casseruola le minuzie e i carcami, meno le testoline, bagnateli con tre litri di buon consumato, aggiungendovi il solito mazzetto, delle fette di giambone e due piedi di vitello o di maiale; dopo quattro ore di lentissima ebollizione, passate alla salvietta. Prendete 4 ettogrammi di lardo fino non spugnoso, altrettanto giambone fino e morbido, 4 ettogrammi di lingua di manzo scarlatta a mezza cottura, 4 ettogrammi di lombata di maiale, 4 ettogrammi di polpa di pollo spoglia della pelle, 8 ettogrammi di tartufi neri, il tutto tagliato a dadi di mediocre grandezza; riponete questi ingredienti in un vaso di terra con sale, pepe, noce moscada e due bicchieri di Madera fino, procurando che la carne assorbisca l'infusione. Mettete nel mortaio un pezzo di lombata di maiale piuttosto grassa, oppure 4 ettogrammi di pollo crudo con 4 ettogrammi degli ingredienti posti nella terrina e, se ne avete, qualche fegato di pollo cotto nel burro; pestate e passate allo staccio per poi unirlo al composto; lavorate in modo che il tutto riesca ben amalgamato, aggiungendovi da ultimo un po' di pistacchi verdi. Dividete in due il composto e riempite i fagiani; cucite l'apertura, copriteli con fette di lardo e ravvolgeteli ciascuno in un pannolino, oppure in una vescica, legateli e metteteli in una casseruola adatta, sicchè restino piuttosto stretti; bagnateli colla gelatina preparata come si disse e fateli cuocere a fuoco lento lento non meno di quattro ore, osservando di tenerli sempre coperti di consumato; lasciateli venir freddi nella loro cozione, la quale poi passerete allo staccio, digrasserete e chiarificherete come di pratica; badate che vada bene di sale, unite un poco di vino Madera, qualche goccia di sugo di limone e un poco di serpentaria; avrete così una eccellente gelatina, che ultimerete come si è detto più volte. Preparate uno zoccolo di grasso a forma di piramide sopra un piatto ovale e grande; tagliate a fette le galantine ed adagiatele una per parte all'estremità del piatto; ornate la sommità dello zoccolo con una cestella ovale, che guarnirete di fiorellini naturali da cui sboccieranno le due teste di fagiano, il becco delle quali rivolgerete verso le galantine; impiantate al centro della cestella un'asticciuola guarnita di un tartufo brillantato di gelatina trita e una bella cresta con un crostone di gelatina sostenuto dallo stesso turtufo; decorate i fianchi della cestella di un rosone di grasso in mezzo al quale porrete un bel tartufo ben glassato; fate una doppia bordura di crostoni di gelatina intrecciata di gelatina trita. Glassate a perfezione le galantine; decoratele al cornetto con gelatina. All'estremità del piatto, per tenere in posto le galantine, collo stesso grasso dello zoccolo od anche con pane fritto, disponetevi un semicerchio simile ad una fascia di cestella. Qualora preferiste il pane fritto, avvertite di coprire la fascia con una salsa molto densa di colla, che poscia spolverizzerete di gelatina trita, con che otterrete un effetto veramente brillante.
guarnirete di fiorellini naturali da cui sboccieranno le due teste di fagiano, il becco delle quali rivolgerete verso le galantine; impiantate al centro della
Questa galantina può servirsi in differenti modi, cioè sopra zoccoli in grasso ornati di fiori naturali a piccoli mazzolini, come sopra zoccoli a forma di nave entro cui la galantina presenti la forma d'una botte. Uno dei metodi a noi meglio graditi è il seguente: — Tagliate la galantina pel traverso in due parti e collocate una di esse su uno zoccolo elegante, e con burro fate le due ali e la testa; quanto alla testa potrete anche attaccarvi quella dello stesso dindo, imitando i coralli col burro verde e rosso e gli occhi con tartufi neri e farcia; le ali dovranno quasi interamente coprirlo. Decorate lo zoccolo con burro rosso e crostoni di gelatina. Tagliate l'altra mezza galantina in bell'ordine e disponetela all'ingiro del piatto, che guarnirete di crostoni di gelatina. Il dindo così predisposto si presenta come fosse ritto in piedi, mentre se lo voleste accovacciato taglierete la galantina pel lungo; adagiatelo su uno zoccolo formando un pratellino verde con burro; mettete a suo posto la testa, la coda e le ali fatte di burro, e la rimanente galantina disponetela all'ingiro come già si disse.
Questa galantina può servirsi in differenti modi, cioè sopra zoccoli in grasso ornati di fiori naturali a piccoli mazzolini, come sopra zoccoli a
Tagliate i petti a fette sottili quasi come la carta, date loro la miglior forma che sarà possibile e dei minuzzoli che ricavate nel ripulir bene lo sterno, formatene un intero pezzo, unendoli insieme e schiacciandoli. Poi conditeli con sale e pepe e metteteli in infusione nelle uova frullate. Dopo qualche ora passateli nel pangrattato fine e cuoceteli col burro nella sauté o in teglia. Se li aggradite naturali basta l'agro di limone; se poi li volete co' tartufi potete trattarli come le costolette del N. 191, oppure nella maniera che segue: Prendete un tegamino di metallo, versate nel medesimo tant'olio che appena ne ricopra il fondo, distendete un suolo di fettine di tartufi, spargendovi sopra pochissimo parmigiano grattato e una presa di pangrattato. Ripetete la stessa operazione per tre o quattro volte, secondo la quantità e per ultimo condite con olio, sale, pepe e qualche pezzettino di burro, il tutto a piccole dosi perchè non nausei. Mettete il tegame al fuoco e quando avrà alzato il bollore annaffiate con un ramaiuolino di sugo di carne o di brodo e un po' di agro di limone. Ritirate presto dal fuoco questo intingolo e versatelo sopra i petti già rosolati nel modo anzidetto.
qualche ora passateli nel pangrattato fine e cuoceteli col burro nella sauté o in teglia. Se li aggradite naturali basta l'agro di limone; se poi li
24. Fiori di burro fresco. — Se avete qualche abilità nelle mani, foggiate il burro in forma di fiori, tenendolo nell'acqua tiepida l'inverno, nell'acqua fredda l'estate. Si prestano specialmente a questo scopo le rose thea che con qualche po' di pazienza si modellano, ottenendo un bellissimo effetto. Per costruire una rosa, formerete prima di tutto una specie di bocciuolo grossetto e lungo, poi lo verrete contornando di petali adattandoveli ad uno ad uno, tenendo gli ultimi sempre più discosti dal bocciuolo. Al burro si può dare un po' di colore con la cocciniglia o coli'alchermes. Preparate le rose le disporrete in un piatto e le circonderete di foglie verdi naturali a meno che non preferiate fare anche le foglie con un burro verde cioè colorito cogli spinacci. [immagine e didascalia: Mortajo di marmo]
le rose le disporrete in un piatto e le circonderete di foglie verdi naturali a meno che non preferiate fare anche le foglie con un burro verde cioè
10. Sformatini di midollo. — Macinate e poi pestate un buon pugno di mandorle senza buccia aggiungendovi un po' d'acqua perchè non facciano l'olio, pestate poi insieme alle mandorle un pezzo di midollo di bue grosso come un ovo e ben depurato, altrettanto burro e 30 gr. di midolla di pane bagnata nella panna. Unite quindi al composto 8 albumi naturali e 6 rossi, sale e pepe e lavoratelo per lo meno un'ora. Versatelo quindi in piccoli stampi unti e infarinati (come quelli degli sformatini da minestra) riempiendoli fino alla metà e cuocete 30 m. circa al forno entro una cazzarola piena d'acqua calda. Devono gonfiarsi molto.
nella panna. Unite quindi al composto 8 albumi naturali e 6 rossi, sale e pepe e lavoratelo per lo meno un'ora. Versatelo quindi in piccoli stampi unti
34. Cornetti. — Sbattete 4 albumi ma non a densa neve, soltanto a schiuma. Unitevi 340 gr. di farina e 340 gr. di zucchero e lavorate bene. La pasta deve riescire colante. Se non lo fosse, aggiungetevi un altro piccolo albume o un po' di maraschino di Zara. Mettete il composto a cucchiajate sulla lamiera unta con burro e bene asciugata e, appena i pasticcini sono cotti, affrettatevi a rotolarli a guisa di cornetti colle mani. Questi cornetti si possono empire con una crema o colla panna montata,35. Cornetti Con le mandorle. — Pestate nel mortajo con qualche goccia d'acqua o con dell'albume 300 gr. di mandorle mondate e asciugate; quando sono ridotte a fina poltiglia unitevi 300 gr. di zucchero, un pizzico di vaniglina, e tanti albumi naturali da ottenerne una pasta colante. Dimenatela lungamente, poi mettetela a piccole cucchiajate sulla lamiera cerata. Essa si stenderà molto e appena sarà cotta v'affretterete a piegarla a foggia di cornetto per servirvene poi come sopra si è detto.
naturali da ottenerne una pasta colante. Dimenatela lungamente, poi mettetela a piccole cucchiajate sulla lamiera cerata. Essa si stenderà molto e appena
[immagine e didascalia: Forma delle ciambellette] staccio dev'essere di ferro o di crini e non d'ottone o rame perchè l'ammoniaca si decompone), mettete la farina sulla spianatoja, aggiungetevi 70 gr. di burro fresco a fettoline, 60 gr. di zucchero, un pizzico di vaniglina, 2 albumi naturali, un po' di panna dolce, impastate tutto in fretta e con destrezza, poi dividete il pastone in tanti rotoli del diametro di cent. 2 o 2 1/2. Con un coltello infarinato tagliate questi rotoli in tanti pezzi eguali come panettini e metteteli subito al forno sulla lamiera unta e infarinata. Il calore dev'essere piuttosto forte e i panettini devono prendere un color d'oro come il pane.
), mettete la farina sulla spianatoja, aggiungetevi 70 gr. di burro fresco a fettoline, 60 gr. di zucchero, un pizzico di vaniglina, 2 albumi naturali, un po
25. Pasticcini della principessa. — Dimenate mezz'ora, sempre da una parte, 5 albumi naturali con 500 gr. di zucchero ; aggiungetevi la scorza trita finissima d'un grosso limone, 120 gr. di mandorle mondate e pestate nel mortajo di pietra con un po' d'albume, 70 gr. d'arancetti e 30 gr. di cedro confettato, tutto trito finissimo, altri 5 albumi (questi a neve) e 150 gr. di fecola di patate mista con una presa di carbonato d'ammoniaca in finissima polvere. Spalmate col composto delle cialde tagliate in forma quadrata o rotonda e cuocete i pasticcini a forno dolce.
25. Pasticcini della principessa. — Dimenate mezz'ora, sempre da una parte, 5 albumi naturali con 500 gr. di zucchero ; aggiungetevi la scorza trita
28. Amaretti soliti. -- Dimenate 3/4 d'ora 560 gr. di zucchero con 3 albumi naturali, unitevi 280 gr. di mandorle dolci e 280 gr. di mandorle amare mondate e grattate. Cuocete il composto sulla lamiera coperta da una carta unta, disponendovelo in forma di pallottole che poi s'allargano. Il calore del forno dev'essere moderato e durante i primi 12 m. di cottura non si può aprire lo sportello. Badate che le mandorle e lo zucchero siano perfettamente asciutti e che nell'albume non si veda traccia alcuna del tuorlo. Queste sono condizioni indispensabili per la buona riescita degli amaretti.
28. Amaretti soliti. -- Dimenate 3/4 d'ora 560 gr. di zucchero con 3 albumi naturali, unitevi 280 gr. di mandorle dolci e 280 gr. di mandorle amare
38. Mostazzini all'italiana. — Passate tre volte allo staccio 350 gr. di zucchero, 350 gr. di farina, 15 gr. di cannella, 7 gr. di garofani e una punta di coltello di bicarbonato d'ammoniaca pestato in finissima polvere (nel mortaio di porcellana). Impastate il composto sulla spianatoia, con due albumi naturali e con un po' d'acqua, se occorresse. Tirate una sfoglia dell'altezza di 1/4 di centim., tagliatela in tanti dischi del diametro d'un bicchiere solito, bagnate i mostazzini con dell'albume un po' sbattuto, cospargeteli di granelli di zucchero e cuoceteli a forno moderato. Omettendo l'ammoniaca vi riesciranno più duri e più compatti.
albumi naturali e con un po' d'acqua, se occorresse. Tirate una sfoglia dell'altezza di 1/4 di centim., tagliatela in tanti dischi del diametro d'un
40. Panforte bianco dì Bayreuth. — Lavorate un'ora 350 gr. di zucchero finissimo con 5 albumi naturali e la scorza dì un limone ridotta in polvere. Unitevi 300 gr. di mandorle mondate e tagliate a filetti, 40 gr. di candito di cedro tagliato a dadolini, 40 gr. di arancetti pestati, un pugnetto (50 gr.) di pistacchi dimezzati, due pizzichi di cannella, un pizzico di garofani, una presina di pepe garofanato in polvere, altrettanto di cardamomi, uno scrupolo di noce moscata. Rimestate ogni cosa, stendete il composto su alcune cialde rotonde del diametro d'un bicchiere, guernite i panforti con un frutto candito, cuoceteli a forno mitissimo. Potete anche velarli colla crosta di cioccolata.
40. Panforte bianco dì Bayreuth. — Lavorate un'ora 350 gr. di zucchero finissimo con 5 albumi naturali e la scorza dì un limone ridotta in polvere
20. Prendete un bel caré di vitello, pulitelo, tagliate una per una, battetele involte in un panno bagnato, piccatele con minuto lardo come avete fatto col fricandò, fate l'egual letto in una tortiera, poneteci le dette cotelette, fatele cuocere nel modo istesso come avete fatto il fricandò, osservate però che la sua cottura sarà poco più d'un'ora; cotte levate il suo fondo, sgrassatelo, ristringetelo se occorra, montate sul piatto le cotelette e versateci sopra il suo fondo, glassatele e servitele così naturali; e se volete le potrete guarnire con una guarnizione a vostro piacere, ma sarebbe più confacente le triffole, o i funghi o le ballette di canef od altro.
e versateci sopra il suo fondo, glassatele e servitele così naturali; e se volete le potrete guarnire con una guarnizione a vostro piacere, ma sarebbe
159. Fate una pasta di marzapane come qui sotto al n. 160, prendete un bonetto di rame con buco grande nel mezzo, untatelo di butirro purgato, impanatelo con pane trito e fino passato al sedaccio, mettete nel bonetto la detta pasta di marzapane, fatelo cuocere al forno dolce, cotto ponetelo sul piatto versando nel buco del bonetto o frutti ziroppati come al n. 107 di questo capitolo, o lattemiele con magiostre naturali: se sarà d'inverno fate le magiostre d'armandole o sabajone come al n. 66 di questo capitolo e seguenti.
piatto versando nel buco del bonetto o frutti ziroppati come al n. 107 di questo capitolo, o lattemiele con magiostre naturali: se sarà d'inverno fate le
Per quanto siamo tenuti alla natura peri suoi varj prodotti utili alla nostra sussistenza, la loro utilità o sarebbe negletta o troppo scarsa, se l'arte non sapesse dar nuove forme alle materie prime da rendercele insieme più comode e più piacevoli. Questa è la differenza che passa tra i popoli selvaggi ed i colti; che ove i primi fanno uso di poche produzioni della natura, e non conoscono che pochi comodi della vita, i secondi modificando i naturali prodotti sanno far uso ancor di quelli che presso i selvaggi restano inutili. e formano di tutti tali combinazioni, deposizioni e composti, che pare che la natura stessa diventi più bella e sia stata più benefica e liberale a pro degli uomini.
naturali prodotti sanno far uso ancor di quelli che presso i selvaggi restano inutili. e formano di tutti tali combinazioni, deposizioni e composti, che