Raccontavano i nostri nonni che quando, sullo scorcio del XVIII secolo, i Tedeschi invasero l'Italia, avevano nei loro costumi qualche cosa del bruto; e facevano inorridire a vederli preparare, ad esempio, un brodo colle candele di sego che tuffavano in una pentola d'acqua a bollore, strizzandone i lucignoli; ma quando nel 1849 sfortunatamente ci ricascarono addosso, furono trovati assai rinciviliti e il sego non era visibile che ne' grandi baffi delle milizie croate col quale li inzafardavano, facendoli spuntare di qua e di là dalle gote, lunghi un dito e ritti interiti. Però, a quanto dicono i viaggiatori, una predilezione al sego predomina ancora nella loro cucina, la quale dagl'Italiani è trovata di pessimo gusto e nauseabonda per untumi di grasso d'ogni specie e per certe minestre sbrodolone che non sanno di nulla. Al contrario tutti convengono che i dolci in Germania si sanno fare squisiti e voi stessi potrete, così alto alto, giudicare del vero, da questo che vi descrivo e dagli altri del presente trattato che portano il battesimo di quella nazione.
baffi delle milizie croate col quale li inzafardavano, facendoli spuntare di qua e di là dalle gote, lunghi un dito e ritti interiti. Però, a quanto
I malfattini più semplici sono di farina. Intridetela colle uova e lavoratela colle mani sulla spianatoia per formarne un pane ben sodo: tagliatelo a fette grosse mezzo dito e lasciatele esposte all'aria perchè si rasciughino. Tritatele colla lunetta fino a ridurle in minuzzoli minuti quanto la metà di un chicco di riso, facendoli passare da un vagliettino onde ottenerli eguali, oppure grattateli dal pane intero; ma non imitate coloro che li lasciano grossi come il becco dei passerotti se non volete che vi riescano di difficile digestione; anzi, per questo motivo, invece di farina si possono fare di pangrattato semplice, oppure aggraziato con un pizzico di parmigiano e l'odore di spezie. In tutte le maniere, al tempo dei piselli potete, piacendovi, unirli con quelli della ricetta N. 427, oppure colla bietola tritata minuta o cogli uni o coll'altra insieme. A proposito di quest'ortaggio ho notato che, in Firenze, dove si fa grande uso di erbe aromatiche nella cucina, non si conosce l'aneto, che mescolato alla bietola, come si fa in altri paesi, le dà molta grazia. Anzi l'aneto, pel suo grato odore, tentai diverse volte d'introdurlo a Firenze, ma non vi riuscii forse perchè la bietola si vende a mazzetti mentre in Romagna si porta sciolta al mercato e già frammista all'aneto.
metà di un chicco di riso, facendoli passare da un vagliettino onde ottenerli eguali, oppure grattateli dal pane intero; ma non imitate coloro che li
Prendasi quella quantità che si vorrà fare, si scelgano di buona qualità, non amari, si puliscano e si sbuccino bene, se ne tagli due dita per parte e con un coltello od altro utensile adatto si levi ai medesimi tutta la parte molle con semi che hanno al di dentro, osservando che non si rompano; poi si mettano in acqua fresca, e posta al fuoco una casseruola con acqua e poco sale, allorchè levasi il bollo, vi si gettino dentro i cetriuoli già bene vuotati, facendoli bollire per dieci minuti, di poi tolti fuori, si pongano in acqua fresca lasciandoveli per una mezz'ora, dopo di che si porranno sopra di un panno ben pulito ad asciugare da tutto l'umido. Frattanto si prenda del fegato di vitello di buona qualità, si ponga sopra un tagliere ben netto, ed unitovi un poco di grasso di prosciutto, un poco di prezzemolo, basilico, una foglia d'alloro, un poco di pepe e noce moscata grattata, un poco di sale, un rosso d'uovo ed una proporzionata midolla di pane inzuppata in sugo o brodo, il tutto si batta e trituri bene, finamente con coltello, avvertendo che la mollica di pane non sia troppo inzuppata acciò il ripieno non venga troppo tenero; fatto che sia tale battuto, si riempiano bene i cetriuoli ad uno alla volta poi si prenda una casseruola in cui possano stare ben distesi serrati assieme, e poste nel fondo della medesima delle fette di prosciutto ben distese, sopra ci si accomodano i cetriuoli sovrapponendovi altre fette di prosciutto ed aggiuntovi il solito sugo, ma grasso si metta su di un treppiede con fuoco sotto per farli cuocere; cotti che siano si lasciano raffreddare nel suo umido; dipoi si levino e si pongano sopra ad un tagliere ben pulito, e nel fondo del piatto in cui dovranno essere serviti in tavola, vi si sparga un poco di parmigiano grattato; si affettino i cetriuoli alla grossezza di un dito si accomodino a strati regolari, e con buon garbo nel piatto, mettendo ad ogni strato dell'altro formaggio grattato ed un poco di sugo, di poi si mettano nel forno facendogli prendere un bel colere di nocciuola, e quando saranno in ordine, si mandino in tavola ben caldi.
bene vuotati, facendoli bollire per dieci minuti, di poi tolti fuori, si pongano in acqua fresca lasciandoveli per una mezz'ora, dopo di che si porranno
Levate tutte le foglie verdi, o dure o bucate a sei piante grosse di sedani, e mondatone il torsolo a ciascuna, le taglierete della lunghezza di un'asparagio piuttosto corto, e le farete imbianchire nell'acqua salata bollente, poi le collocherete sopra di un panno pulito ad asciugare. Intanto fate un composto di tettina cotta, grasso, un poco di cipolletta, fegato di pollo o di vitello, ovvero cervella, ed un poco di prezzemolo, le quali cose tutte vorranno essere prima ben tritate colla mezzaluna; poi vi unirete uova, formaggio trito, ed in allora prese le piante di sedani già disposte come sopra, ne dividerete le foglie, e toltovi il germoglio di mezzo, le empirete formando tanti rotoli del composto suddetto perchè facile vi riesca di adattarvi all'intorno le foglie che all'estremità allaccerete con filo. Fatto prendere quindi il color d'oro a del burro in una tortiera, vi collocherete le piante riempite di sedani, infarinandole prima, e le farete prendere bel colore da ogni parte rivolgendole spesso, poi vi aggiungerete o brodo sgrassato o sugo se ne avete, terminando QUAGLIE ALLA CAVOUR SU CROSTATA. 28) Nettate bene le quaglie, calcolandone almeno una per ogni persona, appuntatele per dargli un bel garbo. Adagiatele poscia in un santè (casseruola bassa) con cipolla, carote, un mazzetto di erbe (bouquet) un po' di burro, e coprirete il petto delle quaglie con delle fette di prosciutto. Fatele cuocere sul fuoco vivace, facendo attenzione che non brucino, fategli prendere un bel color biondo, spruzzategli su del vino di Marsala, consumato il quale aggiungerete un po' di brodo, e fatele glassare, cioè a dire ridurre a secco, badando di non prolungamela cottura oltre ai quaranta minuti. Preparate una guarnizione detta alla Bourguignotte composta nel modo seguente: Cuocete separatamente, e secondo le regole consuete, delle piccole carote gialle tornite, dei funghi di eguale grossezza, delle cipolline, delle olive verdi (alle quali si deve togliere l'osso ed infarcirle), qualche pallottolina di farcia di pollo (quenelles), dei fegati, […]c.; riunite poscia tutti questi ingredienti in un Santé dopo averli ben sgocciolati, riscaldateli facendoli saltare al burro, ed aggiungendovi un poco di sugo di carne. Al momento amalgamate il tutto con buona salsa spagnola, e versate nel centro della crostata (che avrete già preparata con pasta e pane intagliato e poi fritto) e vi disporrete intorno le quaglie come lo indica il disegno. Infilzate nel mezzo della crostata uno spiedino guernito con una cresta ed un tartufo, e gratterete sulle quaglie dei tartufi bianchi del Piemonte. Salsate bene il piatto con una salsa spagnola unita alla sostanza delle quaglie, ed inviate a parte il rimanente in una salsiera. così la cottura, e presentandole a suo tempo in tavola col loro brodino per salsa.
questi ingredienti in un Santé dopo averli ben sgocciolati, riscaldateli facendoli saltare al burro, ed aggiungendovi un poco di sugo di carne. Al
Prendasi un pezzo di majale fresco dalla parte della schiena vicino alle cosce, gli si levino tutte le ossa, e se ne formino tante braciuoline larghe quanto una mano, e lunghe circa otto dita, facendone quel numero che possa servire al bisogno. Di poi si faccia un battuto con un poco di finocchio forte, un poco di prezzemolo, quattro spicchi d'aglio, poco sale e pepe pesto le quali cose tutte si battano ben fine con un coltello. Dopo si prendano le dette braciuole, si distendano sopra di un panno ben pulito, e sopra le medesime si distribuisca un poco di quel battuto per ognuna, le quali poi si arrotoleranno ben serrate, e si legheranno con un pezzo di filo, quindi poste in un piatto con entro olio vergine, si saleranno, spremendovi sopra un limone, tenendole poi in questa infusione per due ore. Dippoi infilzate i detti rotoletti in uno spiedo, facendoli cuocere a buon fuoco per un'ora e mezzo, servendosi per ungerli dell'olio medesimo in cui furono infusi. Un'ora avanti di darli in tavola, ovvero meglio un quarto d'ora, si gratti della corteccia di pane mescolandola con un poco di finocchio forte, ed un poco di prezzemolo battuto ben fino, si ungano per tre volte i rotoletti e ad ogni volta si spolverizzano col finocchio e prezzemolo, facendo prender loro un color di nocciuola; cotti che siano, si levano dallo spiedo, si toglie il filo con cui sono legati, si accomodano nel piatto con simmetria, e spremendovi sopra un limone, si recano in tavola ben caldi.
un limone, tenendole poi in questa infusione per due ore. Dippoi infilzate i detti rotoletti in uno spiedo, facendoli cuocere a buon fuoco per un'ora
Prescindendo anche dal servirsi della pastella si fanno le frittelle di frutti con pomi, e meglio con pesche, tagliando questi frutti in quattro parti, e levando loro la pelle, nonchè i granelli se fossero pomi, quindi marinandoli come si è detto or ora, e quando ne siano bene inzuppati, levandoli e lasciandoli sgocciolare; dopo di che posti in un canavaccio di bucato con farina, e ben dimenati perchè se ne aspergano intieramente, si friggono di bel colore, e si lucidano collo zucchero passandovi sopra la paletta rovente. Dirò finalmente, che anche cogli aranci si fanno eccellenti frittelle, levando ad essi la scorza, dividendone poscia ognuno in quattro parti, e ponendoli a cuocere con un poco di zucchero; dopo di che formando la pasta come è stato indicato in principio di questa ricetta, aggiungendovi anche un cucchiaio di buon olio d'olivo, ed immergendo quindi gli spicchi d'arancio, facendoli friggere di bel colore e recandoli poi in tavola lucidi con zucchero fino, datavi sopra la paletta rovente. Avvertite che la pastella non deve essere nè troppo liquida, nè troppo densa, ma che scorra versandola col cucchiaio.
, facendoli friggere di bel colore e recandoli poi in tavola lucidi con zucchero fino, datavi sopra la paletta rovente. Avvertite che la pastella non
Facciasi cuocere dure quella quantità d'uova che si vorranno fare, si sguscino poscia, si aprano nel mezzo per il lungo, e gli si levino tutti i tuorli ponendoli da parte. Si prendano quindi dei funghi freschi in quantità proporzionata alle uova già assodate, si puliscano e si lavino assai bene, facendone poscia tanti pezzetti della grossezza di un pisello: si pongano in una casseruola con un buon pezzo di burro ed un battuto ben fino di prezzemolo e basilico, quindi sopra al fuoco si facciano soffriggere, rivoltandole spesso con mestolo di legno. Quando saranno un poco soffritti, vi si getti dentro un poco di sugo di magro, facendoli così terminare di cuocere, e prosciugare più della metà dell'umido che vi sarà, allora vi si metterà dentro un poco di pane grattato, un poco di formaggio e parmigiano pure grattato, una acciuga ben pulita dalle spine, lavata e trinciata molto fina, un poco di pepe pesto, e finalmente i rossi di uova suddetti. Il tutto si mescoli assai bene, avvertendo che i rossi debbono essere amalgamati perfettamente nel composto, col quale poscia empirete diligentemente i bianchi delle uova indurite come sopra e li accomoderete in una tortiera, spargendo sopra a ciascun pezzo un poco di pane grattato, ed un poco di burro e farete prendere loro un bel color biondo scuro nel forno o nel testo con fuoco sotto e sopra e così calde le servirete sulla tavola accomodate nel piatto.
dentro un poco di sugo di magro, facendoli così terminare di cuocere, e prosciugare più della metà dell'umido che vi sarà, allora vi si metterà
Mettete in una casseruola del riso ben lavato quanto può contenere una tazza da caffè, e versatevi sopra un litro di latte con un poco di cannella e zucchero. Fate cuocere una buona ora senza coprire la casseruola. Quando il riso sarà divenuto denso aggiungetevi un pizzico di sale, ed una cucchiaiata di farina, tre rossi di uovo, e rimettete la composizione al fuoco sinchè siasi formata una pasta ben legata e perfettamente compatta. Se essa fosse riuscita troppo liquida aggiungetevi un poco di farina, indi raffreddata che sia, versatela sopra di un piatto, e formatene dei pezzetti grossi quanto una noce, che poi rinvolgerete in un uovo sbattuto, quindi nella farina, e che farete friggere di bel colore, facendoli finalmente sgocciolare dall'unto prima di servirli, inviandoli caldi in tavola spolverizzati di zucchero. S'intende che devono friggersi se di grasso nello strutto, o in abbondante burro depurato, e se di magro in olio fino.
quanto una noce, che poi rinvolgerete in un uovo sbattuto, quindi nella farina, e che farete friggere di bel colore, facendoli finalmente sgocciolare dall
Si dirà in primo luogo la maniera di ben cuocerli: si prenda dunque dei ceci di buona qualità, si pongano la sera in bagno con acqua tiepida, sale a proporzione della quantità che sono i ceci, avvertendo che devono essere un poco più salati di quello che si fa per una minestra, e così si tengano tutta la notte intorno alla cenere calda del focolare; la mattina si metta a bollire dell'acqua di pozzo, e quando bolle, si scolino bene i ceci dall'acqua in cui sono stati la notte, e si pongano a cuocere in detta acqua, mettendo intanto a bollire l'altra acqua salata in cui sono stati scolati, per servirsene da aggiungere a quella in cui bollano, a misura che questa si sarà consumata, così seguitando fino a tanto che saranno cotti; ed intanto si faccia un battuto fino di aglio e rosmarino, ponendo questo a soffriggere in olio vergine, ovvero burro, avvertendo che l'aglio non prenda che un semplice color d'oro: si dosi la quantità di minestra che dovrà farsi, prendendo per fare ciò tutto il brodo ove sono stati cotti, col porvi i ceci proporzionati al gusto di chi dovrà mangiarli, facendoli nuovamente bollire per tre quarti d'ora, gettandovi dentro il suddetto fritto, regolandovi a farlo secondo il vostro piacere. Si arrostiranno da ambedue i lati delle fette di pane, oppure tagliati a dadi e poi fritti nel burro, e si accomoderanno quindi nella zuppiera, versandovi poi sopra i ceci col loro brodo un poco prima di doverli servire in tavola.
proporzionati al gusto di chi dovrà mangiarli, facendoli nuovamente bollire per tre quarti d'ora, gettandovi dentro il suddetto fritto, regolandovi a farlo
Fatti cuocere nel brodo, o meglio in brascera ma in modo che quasi si disfaccino, alcuni piedi di porco, si spolpino, e collocati poscia in un recipiente, si bagnino con vino generoso, unendovi polvere di droghe ed erbe aromatiche, e si lascino così per qualche tempo in infusione: poi levati ed asciugati, si passino alla pastina fatta col vino bianco, che è quanto far liquefare poco butirro, mettervi della farina fioretto o di semola, sale, e bagnarla col vino bianco, incorporando bene il tutto, a freddo s'intende, ed unirvi altresì un rosso d'uovo, nonchè il suo chiaro sbattuto alla fiocca, bene manipolando la pasta, nella quale si involgono i suddetti pieduzzi di porco, e si friggono al burro abbondante misto con strutto, a fuoco vivo, facendoli quindi sgocciolare prima di servirli in tavola, allorchè avranno preso un bel colore d'oro.
, facendoli quindi sgocciolare prima di servirli in tavola, allorchè avranno preso un bel colore d'oro.
Tagliate due polli novelli, fateli rinvenire nel burro facendo loro prender colore; spolverizzateli con due cucchiai da tavola di polvere di Lary; alcuni minuti dopo bagnateli con un po' di brodo; ultimatene la cottura lentamente, scolateli per riordinarli come di pratica e accomodarli PICCIONI ALLA GIARDINIERA. (55) Pulite 6 giovani piccioni, disossate lo stomaco, e riempite il vuoto con una farcia cruda; imbrigliateli colle zampe rientrate nel corpo, lardellateli, metteteli in una casseruola, con fondo di prosciutto, cipolla, carote, e poco sellero, il tutto sminuzzato ed un mazzetto di erbe odorose. Fate gratinare a fuoco vivace e adagiatevi i piccioni, bagnateli con burro fondo, facendoli cuocere in ristretto. Ungete di burro uno stampo da bordura, decorate le pareti, con legumi cotti a vari calori; riempite il vuoto della bordura con una farcia di pollo come pure si può riempire di un preparato di patate, terminato con burro e tuorli d'uovo. Fate rassodare la bordura a bagno-maria per rovesciarla poi sopra un piatto in mezzo al quale avrete messo un sostegno di pane fritto. Quando i piccioni sono pronti, e disimballati, tagliate, in modo da rimetterli al naturale, disponeteli sulla bordura colle zampe in alto, appoggiandoli contro il sostegno. Guernite all'intorno della bordura con mazzolini di legumi, mascherate leggermente i piccioni con un po' di besciamella bene ridotta con il sugo dei piccioni; servite una salsiera a parte con la medesima salsa. nella zuppiera; mescolate la loro cozione col brodo, disgrassatelo, legatelo con 4 o 5 torli d'uova sciolti con crema cruda; passatelo alla stamigna per versarlo nella zuppiera. Servite a parte un piatto di riso cotto all'indiana.
erbe odorose. Fate gratinare a fuoco vivace e adagiatevi i piccioni, bagnateli con burro fondo, facendoli cuocere in ristretto. Ungete di burro uno
Prendete un bel merluzzo di circa 6 chilogrammi, PLUN-PUDDING (O BUDINO ALL'INGLESE) AL PUNCH. (61) Proporzioni: — Grammi 650 di grasso di rognonata di marzo, grammi 650 di uva di Corinto, Smirne e Malaga, grammi 300 di cedrato e scorza di arancio sciroppate, grammi 500 di zucchero grasso, grammi 700 di mollica di pane, fresca, 2 cucchiai di farina, 14 uova, 5 decilitri di cognac e un po' di rhum, 1 decilitro di panna doppia, una presa di sale, di noce moscata e di zenzero in polvere. La buccia di due limoni tritata (senza la parte bianca). N. B. — Questa dose è sufficiente per 2 budini. Procedimento: — Mondate e lavate in acqua tiepida le uve e collocatele in una terrina insieme alle scorze di arancio e cedrato tagliate in dadolini, e fatele macerare in un poco di cognac. Ripulite il grasso dalle pellicole, tritatelo fine assieme alla farina, e mettetelo in un gran recipiente con la mollica di pane, lo zuccaro e le uova. Mischiate bene ogni cosa ed aggiungete le uva, il candito, il rimanente del cognac, il sale, la noce moscata, lo zenzero, la buccia di limone e la panna, e così manipolerete bene formandone una massa compatta. Prendete due salviette e spalmatene il centro di burro, poscia infarinatele, e posate sul centro imburrato di ciascuna di esse la metà del composto, legatelo bene con lo spago, dandogli la forma arrotondata di una pagnotta. Avrete in pronto una marmitta o una grossa pentola di acqua bollente, mettete nel fondo di questa un piatto e quattr'ore prima di servire i plum-puddings immergeteli in essa facendoli bollire fino all'ultimo istante. Quando è il momento, tirate fuori le due salviette, fatele sgocciolare sopra uno staccio, scioglietele, toglietene con precauzione il contenuto in modo da non scrostarli. Adagiateli ciascuno nel suo piatto, toglietene un tassello sulla parte superiore, riempitelo di buon rhum zuccherato, accendete il rhum, e servite subito inviando da parte una salsiera di zabaione al rhum. Avvertenze. L'accensione bisogna farla nel momento che il piatto si porta nella sala da pranzo. Il rimanente del plum-puddings si utilizza l'indomani, tagliandolo in fette, e spolverizzato di zucchero si fa scaldare nel forno oppure sulla graticola, e poi si dispone su una salvietta, inviando a parte. passategli la lama del coltello nel mezzo, per dividerlo in due parti, dalle quali taglierete da 16 a 18 filetti tagliati per il loro verso in pezzi quadrilunghi; marinateli con del succo di limone, sale, cipolline e gambi di prezzemolo. Al momento di servire sgocciolateli ed asciugateli, poneteli in un tegame imburrato, fateli cuocere su fuoco vivo, rivoltateli quando son cotti da una parte, lasciateli finir di cuocere, e metteteli in corona su d'un bordo di farcia con molta precauzione per non spezzarli; guarnite con ragout d'ostriche e code di gamberi, e salsateli con una salsa alla veneziana ed un po' di burro di gamberi. Servite a parte un po' della stessa salsa.
servire i plum-puddings immergeteli in essa facendoli bollire fino all'ultimo istante. Quando è il momento, tirate fuori le due salviette, fatele
Prima di tutto si puliscano bene i piccioni, che si vogliono cuocere, si taglino loro le gambe fino al ginocchio, si accomodino le coscie nel corpo, e si tagli loro il collo, poi si mettano in una casseruola con un buon pezzo di burro ed una fetta di prosciutto magro, facendoli soffriggere un poco al fuoco, e quando avranno principiato ad arrostire, mettetevi una mezza cipolla tagliata fina rivoltandoli spesso, e quando la cipolla prende colore, mettetevi metà sugo e metà salsa ricuoprendoli colla medesima, e fateli poi cuocere a fuoco lento. Intanto prenderete dei fagiuoli teneri che pulirete bene, e farete bollire in una casseruola con un pezzo di burro, facendoli soffriggere al fuoco con aggiungervi un poco di farina e li rivolterete spesso. Allorchè saranno cotti i piccioni, si levino e si accomodino nel piatto; e levato bene tutto il grasso dall'umido in cui sono stati cotti, vi si pongano FRITTO ALL'ITALIANA. (9) Il fritto all'italiana è il piatto prediletto dai romani, i quali sanno apprestarlo con molta cura ed arte. Esso si compone di cervella, animelle, fegato, granelli d'agnello, crocchettine di varie specie, supplis di riso, cavolfiori, broccoli, carcioffi, filetti di zucche, cuscinetti di provature o di prosciutto, infine si varia a seconda della stagione, ed il gusto dei romani è di friggerlo con tutto strutto di maiale, a padella ben calda e servito bollente. Montatelo come indica il disegno che noi vi presentiamo, i crostoni di pane fritto servono per dividere e varie qualità; il zoccolo è a forma di scodella, o tazza, e viene fatto con pasta da taglierini. Mettete sulla sommità un ciuffo di prezzemolo fritto. dentro i fagiuoli onde perfezionare la loro cottura. Preso che avranno così un buon gusto vi spremerete dentro un po' di sugo di limone, poi verserete questa salsa sopra i piccioni, e così caldi serviteli in tavola.
, e si tagli loro il collo, poi si mettano in una casseruola con un buon pezzo di burro ed una fetta di prosciutto magro, facendoli soffriggere un poco
Si prenda una coscia d'agnello ben grossa, grassa e di buona qualità, gli si tagli lo stinco, due dita distante dalla prima giuntura, si lavi e si pulisca ben bene: dippoi si ponga in una casseruola di grandezza proporzionata con un poco di sale, quattro foglie di alloro, una mezza cipolla fettata, una fetta di presciutto, ed un pezzo di burro, mettendola sopra ad un treppiede con un poco di fuoco sotto, ed un poco sopra al coperchio, facendogli così prendere un colore di nocciuola, spesso si rivolti, si bagni con del sugo buono, e per tre volte si lasci consumare il detto sugo: fatto ciò, col sugo medesimo si copre la coscia suddetta per metà, poichè con questo deve cuocersi, e quando sia cotto, del che potrete convinvervi col pungere il cosciotto con uno spiedino o forchettone, gli si levi tutto l'umido, e dal detto umido si cavi tutto l'unto che vi sarà, con rimettere tale unto nell'agnello per conservarlo morbido, e si tenga in caldo: dippoi si prendano dei piselli freschi, si pongano al fuoco in una casseruola con un buon pezzo di burro rivoltandoli spesso col mestolo, facendoli così un poco rosolare, ponendovi pure un poco di farina, mescolandolo bene coi piselli, e poi ci si getti dentro l'umido, in cui è stato cotto l'agnello, ponendovi anche un'altro poco di sugo, e così si facciano ben cocere; cotti che siano si leva l'agnello, si acccomoda nel piatto quando si è per servirlo in tavola, e vi si versano sopra i piselli, presentandolo ben caldo.
di burro rivoltandoli spesso col mestolo, facendoli così un poco rosolare, ponendovi pure un poco di farina, mescolandolo bene coi piselli, e poi ci
Prendete quella quantità di lepre che vi abbisogna, la quale pulirete bene e la ridurrete poi a pezzi esatti e non tanto piccoli che metterete in una casseruola con burro liquefatto ed alcuni pezzi di prosciutto di montagna, facendoli soffriggere a fuoco vivace, aggiungete una mezza cipolla tagliata fina, ed allorchè questa avrà preso il color d'oro, vi metterete un poco di farina, mescolando ben bene il tutto insieme; poi vi porrete un poco di sugo di vitello o d'altra carne lasciandola cuocere a fuoco lento e molto adagio. Quando sia a mezza cottura vi metterete alquanti funghi secchi tagliati fini, che tirerete a cottura colla salsa in proporzione della quantità, indi accomodata la lepre nel piatto con simmetria, quando siete per servirla tirate su i pezzi della lepre con un forchettone, disponeteli simetricamente sopra una fiamminga o piatto fondo, sgrassate la salsa, versatela sul lepre spremendovi sopra il succo di mezzo limone.
casseruola con burro liquefatto ed alcuni pezzi di prosciutto di montagna, facendoli soffriggere a fuoco vivace, aggiungete una mezza cipolla
Tre beccacce sono d'ordinario sufficenti per un pasticcio di 12 persone. A quelle si leveranno le interiora ed a riserva del ventricolo, si netteranno e si batteranno con del prosciutto magro e grasso, quattro scalogne, uno spicchio d'aglio, un poco di prezzemolo, alcuni prugnuoli secchi, tartufi, sale pepe e noce moscata. Il tutto finamente tritato, se ne formi un impasto, e se ne riempiano le beccacce, riservando l'avanzo per altro uso. Preparata poi la pasta e formatone il pasticcio come si è detto alla ricetta precedente, vi porrete sul fondo, il ripieno avanzatovi, adatterete sopra di questo le beccacce, le quali coprirete pure del detto battuto, e poi con fette al disopra di prosciutto grasso e magro aggiungendone poscia colla pasta che vi è rimasta, il coperchio al pasticcio che lavorerete a piacere. Doratelo quindi coll'uovo, e mettetelo a cuocere in un forno temperato, di modo che la pasta non prenda troppo colore. Dopo un'ora circa incomincerà a bollire, ed in allora tenetecelo per altri dieci minuti. Allorchè lo avrete cavato dal forno, gli alzerete il coperchio per levargli le fette di prosciutto, scolerete quel grasso, e gli farete una salsa di tartufi come segue: Prendete quattro tartufi, tagliateli a fette sottilissime e li porrete in una casseruola con burro e prosciutto, lasciandoli soffrigere per tre minuti; conditeli con pepe e noce moscata, bagnateli con un mezzo bicchiere di buon sugo, facendoli poi bollire per altri cinque minuti. Dippoi levate il prosciutto e spremutovi un mezzo limone, voterete questa salsa nel detto pasticcio, ricoprendolo col suo coperchio di pasta che avrete tagliato all'ingiro, e servitelo quindi in tavola caldo, avvertendo che se ne avanza freddo sarà ancora migliore.
; conditeli con pepe e noce moscata, bagnateli con un mezzo bicchiere di buon sugo, facendoli poi bollire per altri cinque minuti. Dippoi levate il
188. Purea di ceci (Pois chiche). — Sono gustosi i ceci; ma non si confanno allo stomaco di tutti, anche se ridotti in poltiglia, o purea, che dir si voglia, che si ottiene mettendo i ceci a rinvenire in lisciva tiepida durante una nottata e facendoli bollire all'indomani per alcune ore in acqua salata, e si lasciano sul fuoco lento, fino a tanto che la buccia non si rompa e il cece non si disfaccia sotto la pressione delle dita. In allora si passano al setaccio, e quel che si ottiene, si condisce e si mescola a un po' di panna e a latte, e a un pizzico o due di cannella. Ciò fatto, la purea si distende per lo spessore di un dito in una teglia unta di burro, che si colloca nel forno molto caldo, onde la pasta abbia a rosolare. Al momento di servire si spolverizza con zucchero.
voglia, che si ottiene mettendo i ceci a rinvenire in lisciva tiepida durante una nottata e facendoli bollire all'indomani per alcune ore in acqua
Prendete degli sgombri freschi di media grandezza, e tagliateli nel senso della lunghezza, avendo cura di aprirli senza staccare le due metà; levate la spina centrale e le altre. Poi metteteli in un piatto versandovi sopra dell'aceto bollente che ha lo scopo di sbianchirli e levare loro quel gusto particolare poco piacevole, e lasciateli marinare per circa una mezz'ora. Tritate intanto uno spicchio di aglio col prezzemolo e con la mollica di pane, e bagnate questo composto con il sugo di un limone e un cucchiaio di olio, insaporendo con sale e pepe. Poi asciugate gli sgombri, apriteli in metà, riempiteli col composto preparato e richiudeteli, infarinateli e friggeteli nell'olio facendoli dorare. A parte preparate una salsa di pomidoro densa, mettete il pesce fritto in questa salsa versando tutto in una pirofila e fate cuocere a fuoco moderato in modo che insaporisca bene senza cuocere troppo. Servite caldo.
, riempiteli col composto preparato e richiudeteli, infarinateli e friggeteli nell'olio facendoli dorare. A parte preparate una salsa di pomidoro
Prima di tutto preparate i funghi, facendoli soffriggere, dopo averli fatti rinvenire nell'acqua tiepida, in un po' di olio, con un pizzico di sale e pepe,un poco di prezzemolo tritato, e allungate con qualche cucchiaio di acqua, lasciandoli poi cuocere. Poi, quando si saranno raffreddati, vi aggiungerete delle fette di prosciutto tagliato a dadetti. Intanto pulite e lavate le triglie, e asciugatele in un panno. Poi ungete dei fogli di carta bianca pesante (uno per ogni triglia) con un po' di olio e burro, e in ognuno mettetevi un po' di funghi, e pezzetti di prosciutto, e sopra le triglie pure unte di olio, poi ancora un po' di funghi e prosciutto, richiudete i fogli, e fate cuocere in una teglia unta a fuoco non troppo forte per circa un quarto d'ora. Servitele caldissime, lasciandole nei loro cartocci che verranno poi disfatti dai commensali.
Prima di tutto preparate i funghi, facendoli soffriggere, dopo averli fatti rinvenire nell'acqua tiepida, in un po' di olio, con un pizzico di sale e
Raschiate molto leggermente gli zucchini e tagliateli in mezzo per il lungo. Col coltellino levate a ciascuna parte un poco del midollo coi semi. Tagliate allora gli zucchini a spicchi larghi non più di un dito, metteteli in un recipiente di terra con sale abbastanza abbondante per un paio d'ore almeno. Dopo di che lavateli e scolateli, indi asciugateli con una salviettina e infarinateli. Togliete l'eccesso di farina facendoli saltare in uno staccio di ferro e buttateli in una padella in cui avrete preparato l'olio o lo strutto abbondante con lo spicchio di aglio che avrete tolto non appena fritto. Farete friggere gli zucchini in diverse riprese poichè per riuscire bene devono galleggiare comodamente. Quando sono ben rosati da tutti i lati, con la mestola bucata li deporrete su di una carta assorbente. Nell'ultima padellata mettete il prezzemolo che vi servirà per guarnire il piatto al momento di servire gli zucchini caldi.
almeno. Dopo di che lavateli e scolateli, indi asciugateli con una salviettina e infarinateli. Togliete l'eccesso di farina facendoli saltare in uno
31. Briozzi (brioches) al lievito di birra. - Dose: farina bianca di semola fina 4 ettogrammi, burro fresco 2 ettogrammi e 60 grammi, uova intere 6, latte 2 cucchiai a bocca, sale 6 grammi, zucchero pesto 10 grammi, buon lievito di birra asciutto e passato al setaccio 25 grammi. Prendete il quarto della farina, formatene una pasta molle sciogliendo in essa il lievito con mezzo bicchiere d'acqua tiepida, fatta a pallottola spolverizzata di farina, tagliatela un po' sopra a forma di croce, ponetela in un tegame infarinato, posto in luogo tiepido e lasciatela a levare finchè sia cresciuta del doppio. Formate intanto una pasta col resto della farina, burro, uova, ben sbattuta sul tavolo da pasta o terrina affinchè riesca ben unita e legata in corpo, aggiungete la pasta lievitata, ben unita, riponetela sopra un piattello o coppa di legno infarinata e lasciatela così a fermentare in luogo tiepido per 3 o 4 ore più o meno secondo il grado di calore e la forza del lievito; cresciuta quasi del doppio, rimpastatela piegandola adagio 2 o 3 volte su se stessa, lasciatela ancora levare un'ora incirca ed otterrete così una pasta spugnosa elastica da potervene servire per molte cose. Quindi formate i briozzi ponendo la pasta sul tavolo infarinato e dividendola in 10 pezzi, levatene un terzo da ciascheduna parte, formate tante pallottole del resto, ponetele nei piccoli stampi unti, di rame o di latta detti a briozzi (Vedi disegno, tav. 7, fig. 1), indoratele con uova sbattuto, fatele un buco sopra col dito, riponete il terzo che avete levato, fatelo a pallottole, indorate d'uovo per tutte fateli cuocere a forno piuttosto caldo, cotti raffermi nel mezzo, d'un bel color dorato, serviteli caldi spolverizzati di zucchero. Invece di porli negli stampi potete farli su carta unta dando loro la forma d'una mela, pera, ovvero un sol pane lungo e dopo tagliarlo a fette, quindi ghiacciarle con zucchero bianco unito a bianco d'uova ed un po' di rhum (Vedi N. 17, pasta genovese), oppure date loro la forma di bastoncini per bagnare nel caffè. Con questa pasta potete fare dei saverins facendoli cuocere in piccoli stampi unti e quindi servirli con sciroppo fatto con due parti zucchero, una d'acqua ed un'altra di rhum ed una scorza di limone grattugiata in cui dovranno essere intinti, ossia umiditi d'esso.
facendoli cuocere in piccoli stampi unti e quindi servirli con sciroppo fatto con due parti zucchero, una d'acqua ed un'altra di rhum ed una scorza di limone
418. Indivia ai crostini. Prendete alquanti cesti d'indivia, tagliate loro il capo, lavateli a due acque e lessateli facendoli ben cuocere; gettateli dipoi in acqua fresca per un quarto d'ora scolateli e trinciateli sottilmente: poneteli in una piccola casseruola con un pezzo di butirro sopra un fuoco gagliardo; lasciateli soffriggere per dieci minuti e conditeli con sale, pepe e cannella pesta a proporzione della quantità dell'erba; aggiungete 2 ettogr. di parmigiano grattato e due tuorli di uova; unite il tutto e lasciate freddare. Tagliate quindi alquanto pane in fette; levate la crosta da ogni parte e fatene tanti pezzi quadrati, su ciascuno dei quali distenderete una piccola porzione dell'erba come sopra preparata. Ciò fatto, prendete uno alla volta questi mostacciuoli ripieni, avvolgeteli delicatamente in uova sbattute a parte, indi spolverizzateli tutti intorno di pan grattato misto ad un poco di parmigiano pure grattato, e così preparati friggeteli nell'olio o nello strutto, come meglio vi aggrada.
418. Indivia ai crostini. Prendete alquanti cesti d'indivia, tagliate loro il capo, lavateli a due acque e lessateli facendoli ben cuocere; gettateli
Ecco un altro metodo. Prendi funghi morecci o porcini sani e giovani; nettali bene dalla terra separando il cappello dal gambo; metti al fuoco una pignatta con acqua e aceto, due terzi dell'una e un terzo dell'altro; condisci con un poco di sale, e quando bolle mettici i funghi: dopo un bollore levali, e falli sgocciolare. Abbi allora un vaso di terra verniciato; colloca in fondo al medesimo un testo, e sopra questo disponi a suoli i funghi, spruzzandoli via via con sale comune. Quando il vaso è quasi pieno, poni sopra i funghi un peso, che li tenga pressati, e copri il vaso. In questo modo si conservano anche un anno; nè ti prender pensiero se l'acqua che fanno i funghi è nera ed anche d'ingrato odore: quest'acqua è quella che li mantiene. Quando vuoi servirtene togline dal vaso quella quantità di cui hai bisogno, lavali in due acque molto calde, tenendoli nella seconda almeno dieci minuti; poi cambia quest'acqua con altra acqua fredda, nella quale lascerai i funghi 4 ore; tornerai allora nuovamente a cambiar l'acqua sempre fredda, lascerai i funghi circa un'altr'ora, e togliendoli da questa, e facendoli sgocciolare, potrai poi friggerli in pezzi, infarinandoli e indorandoli con uovo sbattuto, per servirli.
, lascerai i funghi circa un'altr'ora, e togliendoli da questa, e facendoli sgocciolare, potrai poi friggerli in pezzi, infarinandoli e indorandoli con
Il Pomo, o Mela, è albero indigeno europeo, a foglia caduca, ama clima temperato — preferisce terreno sabbioso-argilloso. È fecondissimo. Si propaga per semi, barbatelle, innesto. À vita lunga, resiste al freddo, fiorisce tardi, chè soffre la brina pe' suoi frutti. Se ne contano più di 2000 varietà; fra queste le più apprezzate sono l'Azzeruola (pomm pomell), la Pupina (popin), od Appia — la Ruggine toscana, o Borda. Da noi tranne la varietà S. Peder e l'altra detta Pomm ravas, il pomo è frutto d'inverno. Nel linguaggio delle piante: Golosità. Può considerarsi maturo, quando incomincia a tingersi in giallo, mandare un po' della sua fragranza, e a cadere spontaneamente — indizio più sicuro è il colore nero de' suoi acini. Il raccolto è da farsi in giorno sereno, quando sia scomparsa la rugiada. Quelli che cadono avanti tempo, bisogna consumarli subito, facendoli cocere. Per conservarli freschi importa raccoglierli a mano, senza strapparli. Importa pure separare i frutti, che casualmente cadessero sul terreno, perchè presto si guasterebbero e guasterebbero gli altri. Nell'inverno gelano facilmente. Se le disgelate al fuoco, perdono: lasciate che disgelino con comodo o ponetele nell'acqua molto fredda, ma non ghiacciata; facendola intepidire a poco a poco anche il gelo della mela si rimette senza danno dell'organizzazione, così pure d'ogni altro frutto e delle ova. La mela, quando sia matura, è il più digeribile dei frutti, è simpatica, profumata, saporita, durevole, è l'amore dei bambini. Si mangia cruda, cotta, secca e confettata. I cuochi ne fanno fritture, charlottes, marmellate, la uniscono alle paste (lacciadin). In alcune contrade settentrionali, meno predilette dal Cielo, dove il sole non matura i pampini, la mela aquista molta importanza economica per la fabbricazione del Sidro, celebre quello di Normandia. È bevanda che può supplire il vino, e, al pari di questo, contiene dell'alcool, ma giammai del tartaro. Se ne fabbrica anche da noi a sofisticare o simulare il vino bianco, massime quello d'Asti. Riesce meno spiritoso e spesso incomodo, perchè genera flatulenze. Il sugo delle mele agre, serve a far aceto, che si conserva molto tempo. Le agre fanno perdere la memoria, dice il Pisanelli. Galeno parla pure di un succo liquore, delle mele, che sarebbe il sidro, che si vuole inventato da Publio Negro, che lo fabbricavano pure i Mormoni e lo trasportavano in Brittannia. In medicina, sono rinfrescative, lassative, pettorali. Se ne fa decozione e sciroppo nelle tossi catarrali. La polpa cotta, onde il nome di pomata, fu usata come emolliente nelle flogosi oculari, e fa parte della pomata del Rosenstein, contro le regadi delle labbra e de' capezzoli. La poma selvatica à virtù astringenti, detersive. Il legno del pomo è di grana fina, prende facilmente la pulitura, è uno dei migliori da fuoco. Il pomo è frutto cosmopolita e vanta la più antica delle prosapie. Iddio dopo aver creato la luce e divise le acque dalla terra, creò il pomo. Eva lo trovò bello e saporito e lo mangiò e lo fece mangiare ad Adamo, e da quel pomo l'origine e la serie d'ogni disgrazia. Mala mali malo mala contulit omnia mundo. Vero è che col nome di pomo, non solo la Bibbia, ma tutti gli scrittori designarono le frutta in genere, ma se ciò avvenne era perchè il pomo era il re, il capostipite di tutti i frutti e si prese il nome suo ad indicare tutto ciò che il regno vegetale produceva di bello e di bono a mangiarsi. Così tutti i barbari che calavano da noi, chiamavano l'Italia la terra delle dolci poma, così il frutteto fu chiamato pomarium. A Roma il Dio del pomo, era detto Falacer e vi aveva un apposito sacerdote col relativo santuario. I romani li facevano cocere nel vapore dell'acqua o sotto la cenere. L'arte di conservare le poma, era all'apogeo presso i Romani. Pollione dice di Gallieno: — Uvas triennio servavit, hyeme summa, melones exibuit: mustum quemadmodum toto anno haberetur docuit: ficos virides et poma ex arboribus recentia semper alienis mensibus prœbuit (Plinio, lib. 14). I Greci raccontano del pomo cose orribili. Giove unì in nozze un bel giorno la dea dei mari, Teti, con Peleo, dal quale matrimonio nacque poi il bollente Achille. Quelle nozze furono celebrate con gran pompa e alla presenza di tutto l'olimpo au complet. Tutte le divinità infernali, aquatiche e terrestri ebbero, non solo il faire-part, ma officiale invito d'intervenire. Una Dea sola fu esclusa: la Dea Discordia. E questa per vendicarsi, al momento dei brindisi, comparve nella sala del banchetto e buttò sulla tavola un bellissimo pomo dicendo: «Alla più bella di voi» e sparì. Giunone, Pallade e Venere, ch' erano diffatti le più belle, si guardarono per traverso, e ognuna di loro pretendeva quel pomo. Giove, che in quel giorno non voleva seccature, mandò a chiamare Paride, un bel giovinotto, e lo fece arbitro della bellezza di quelle concorrenti. Tutte e tre fecero gli occhietti a quel giovinotto, ma egli consegnò il pomo a Venere, lasciando le altre due con tanto di naso. Venere ebbe il pomo, ma Giunone e Pallade lo conciarono poi per le feste, e tanto fecero che andò a finir male. Rubò Elena, fu assediato e vinto a Troja, e ferito da Pirro, andò a morire sul monte Ida. Tutto per quel pomo che dappoi fu chiamato il pomo della Discordia. Nè qui finisce la storia di quel pomo. Venere in quel giorno, almeno per galanteria, doveva cederlo a Teti, che sedeva in capo tavola, sposa festeggiata, ma fe' la sorda e se la mise in saccoccia. Naturalmente Teti l'ebbe a male alla sua volta, e se la legò anch'essa al dito. Avvenne, che Venere discese un giorno sulle rive delle Gallie a raccogliere perle e un tritone le rubò il pomo, che aveva deposto su di un sasso e lo portò a Teti. Questa lo prese, lo mangiò e buttò i semi in quella campagna a perpetuare il ricordo della sua vendetta e del suo trionfo. Ecco perchè, dicono i Galli-celti, sono tante mele nel nostro paese, e perchè le nostre fanciulle sono così belle! Questa seconda parte l'aggiunge Bernardin de S. Pierre, magnificando le bellissime mele della Normandia. Al pomo i nostri fratelli Svizzeri attaccano la storiella di Guglielmo Tell, e al pomo che cadde sul naso a Newton mentre riposava in giardino dobbiamo la scoperta dell'attrazione. Il nostro popolo prende il pomo come il tipo della rotondità (rotond come un pomm), della somiglianza (vess un pomm tajaa in duu), del vino fatto colle mani (vin de pomm), della paura (pomm-pomm), degli avvenimenti necessarii (el pomm quand l'è madur, bisogna ch'el croda); infine dell'arma più pacifica per sbarazzarsi da un seccatore (fà côrr a pomm).
farsi in giorno sereno, quando sia scomparsa la rugiada. Quelli che cadono avanti tempo, bisogna consumarli subito, facendoli cocere. Per conservarli
5. Pasta reale in altro modo per diversi usi. — Dose: un ettogramma di farina bianca stacciata fina, un bicchiere di latte, 30 grammi di burro, 30 grammi di zucchero, 2 uova intiere e 3 rossi, un po' di cannella, un pizzico di sale. Fate cuocere e formate una pasta in ogni modo come sopra N. 4. Aggiungetevi l'uova dopo cotta, che resti ben liscia e molletta che s'attacchi appena alle dita toccandola. — Con questa pasta potete fare dei bastoncini o grissini lunghi un decimetro, rotolarli prima nella farina poi nello zucchero, quindi, posti su tortiera unta e ben spolverizzati di zucchero, farli cuocere al forno non troppo caldo, e di color dorato; oppure potete fare dei piccoli pani alla duchessa (petits pains à la duchesse) facendo i bastoncini, quindi tagliandoli non più grossi d'una ghianda e facendoli cuocere come i primi, serviteli caldi farciti di crema o di marmellata di albicocche.
bastoncini, quindi tagliandoli non più grossi d'una ghianda e facendoli cuocere come i primi, serviteli caldi farciti di crema o di marmellata di
Preparata e spezzata fa lepre come precedentemente, si fa una marinata nel modo seguente. Prendete una casseruola dove metterete due o tre cucchiaiate d'olio, una cipolla tritata, uno spicchio d'aglio intiero, una carota gialla in pezzetti, un po' di sedano tagliuzzato, due o tre chiodi di garofani, due foglie di salvia, una foglia d'alloro, un ramoscello di timo, un pizzico di rosmarino, un paio di foglie di basilico. Una buona pizzicata di maggiorana e una diecina di grani di ginepro. Voi direte che è molta roba; ma noi vi risponderemo che solamente dalla unione di tutti questi ingredienti potrete ottenere una marinata che profumerà la cucina prima, il lepre poi e sarà il degno preludio di codesta vostra preparazione culinaria. Mettete la casseruola su fuoco debolissimo e lasciate appassire (non rosolare!) le erbe e i legumi per circa un quarto d'ora mescolando di quando in quando; aggiungete del sale a sufficienza e una forte pizzicata di pepe e poi bagnate con un bicchiere di vino rosso di buona qualità e un dito di aceto. Mescolate ancora, fate levare il bollore, togliete la casseruola dal fuoco e quando la marinata sarà tiepida versatela con tutte le erbe sui pezzi del lepre, che avrete intanto risciacquato in molta acqua, asciugato in un pannolino e accomodato in una insalatiera. Lasciate stare così fino al giorno dopo. Il giorno dopo preparate una casseruola piuttosto grandetta con un pochino di strutto o d'olio, estraete i pezzi del lepre dalla marinata e passateli in casseruola, facendoli andare a fuoco brillante, allo scopo di asciugarli subito e di farli ben rosolare. Quando la casseruola incomincerà a friggere aggiungete, un po' per volta, i legumi e le erbe della marinata, che tirerete su con una cucchiaia bucata. Quando i vari pezzi saranno rosolati ben scuri spolverizzateli con una cucchiaiata di farina; mescolate e dopo un minuto versate nella casseruola, a cucchiaiate, il liquido della marinata. Il profumo incomincerà a sprigionarsi dalla cassemola, invaderà la cucina, si propagherà per la casa, si diffonderà dalle finestre, susciterà languori negli stomachi dei vicini e degli eventuali passanti... Non ci badate e continuate ad esaurire tutto il liquido. E quando questo, simile alle illusioni degli umani, se ne sarà andato in fumo e il lepre sarà rimasto all'asciutto, bagnatelo con un ramaiolo o due di acqua, coprite la casseruola, diminuite il fuoco e lasciate finir di cuocere dolcemente. Una mezz'ora prima di servire il lepre estraete i pezzi dalla casseruola e con un cucchiaio staccate il fondo della cottura, aggiungendo un pochino d'acqua.. Se ci fosse molto grasso galleggiante, cosa improbabile, lo toglierete con un cucchiaio inclinando leggermente la casseruola. Passate la salsa da un colabrodo e con un mestolo di legno pigiate i legumi per estrarne tutto il sugo. Rimettete la salsa passata nella casseruola, aggiungete una cucchiaiata di gelatina di ribes e una pizzicata di filettini di scorza d'arancio ottenuti tagliando un pezzo di corteccia d'arancio senza portar via la parte bianca, e ritagliando questa buccia in listelline sottilissime. Fate sciogliere la gelatina di ribes, rimettete nella casseruola i pezzi della lepre, mescolate, e fate riscaldare su fuoco leggero fino al momento di mandare in tavola.
in casseruola, facendoli andare a fuoco brillante, allo scopo di asciugarli subito e di farli ben rosolare. Quando la casseruola incomincerà a
Bisogna pigliare dei funghi molto giovani e sani, uovoli o porcini non importa; si nettano dalla terra stropicciandoli con una tela ruvida; poi si lavano con acqua fresca facendoli sgocciolare, e mettendoli al fuoco in una pentola con una quantità di buon aceto bianco sufficiente per coprirli, aggiungendo 120 grammi di sale per ogni litro d'aceto impiegato. Si lasciano così bollire per 3 o 4 minuti, e prima di ritirarli dal fuoco si uniscano alcune droghe, come pepe in grani, noce moscata soppesta, cannella in pezzi, garofani, qualche spicchio a aglio, rosmarino, e poche foglie d'alloro. Ritirata la pentola dal fuoco, si versi il contenuto in uno staccio, per far scolare bene tutto l'aceto; accomodando dopo di ciò i funghi in vaso di vetro disponendoveli a strati, levandoveli l'aglio, il rosmarino e l'alloro, e lasciandovi soltanto le droghe: infine vi si versi sopra nuovo aceto in quantità da ricoprirli, e turato il recipiente si ponga in luogo fresco.
lavano con acqua fresca facendoli sgocciolare, e mettendoli al fuoco in una pentola con una quantità di buon aceto bianco sufficiente per coprirli
Posta una piccola casseruola al fuoco con un quarto di litro d'acqua, una piccola buccia di limone ed un pizzico di sale, fate bollire il tutto. Allora fate cadere nella casseruola 150 grammi circa di farina di semola bianca passata allo staccio, tramenatela bene in modo da farne una polenta piuttosto densa e ben cotta, versatela in una terrina e copritela con una tela, lasciandola intiepidire, amalgamatevi 4 o 5 uova intere, una per volta, sino a che avrete formata una pasta, piuttosto morbida, sbattendola bene con una spatola. Posta poi la padella dello strutto od olio sul fuoco, fate intiepidire, facendo passare la composizione da una siringa a stella, mano mano che esce tagliate bene tanti bocconcini, lunghi 4 centimetri circa, facendoli cadere nella padella; mano mano che lo strutto si scalderà si gonfieranno, con la paletta forata li rivolgerete sino a che hanno preso un bel colore biondo oscuro, levatele allora e ponetele su di un piatto in piramide con tovagliolo ben polverizzate di zuccaro fino misto con un po' di vaniglia in polvere.
, facendoli cadere nella padella; mano mano che lo strutto si scalderà si gonfieranno, con la paletta forata li rivolgerete sino a che hanno preso un bel
Fatta la pasta lievitata come al n. 438, unitevi mezzo quintino circa di latte od acqua tiepidissima secondo la dose su descritta e sbattetela bene, secondo la regola. Polverizzate la tavola, rotolatevi sopra la pasta e tagliatene 15 pezzi circa di 60 grammi ciascuno; formate indi sotto la mano delle pallottole della forma d'uova, ponetele su d'una lastra unta di burro, polverizzata di farina, distanti 6 centimetri l'una dall'altra, col palmo della mano schiacciatele alquanto rendendole eguali fra loro dell'altezza d'un centimetro circa e fatele lievitare come si disse sopra del panettone. — Se poi vorreste fare dei bastoni, fatene 24 pezzi colla stessa pasta delle ciambelle, rotolateli sotto le mani in modo di formare dei bastoncini grossi mezzo centimetro circa, metteteli tutti in linea retta sulla lastra bisunta, distanti l'un dall'altro 4 centimetri, fateli lievitare secondo la regola suddetta, e poi pennellate tanto le ciambelle che i bastoni con 2 chiara d'uova sbattute con 2 cucchiai da bocca di acqua; polverizzateli bene col polverino dello zuccaro passato al velo e fateli cuocere a forno allegro Essi non devono essere troppo coloriti alla superficie; perciò, attenzione al forno, lasciandone le bocchette aperte superiori. Questi servono assai per dejeuner, pel caffè alla crema o colle bibite dolci. — Finalmente, colla stessa pasta delle ciambelle, allestirete varie pasticcerie, come coroncini, bastoncini, ecc., tagliando tanti pezzetti di 6 grammi ciascuno facendoli lievitare e pennellandoli come le ciambelle solo che li farete cuocere a forno moderato.
stessa pasta delle ciambelle, allestirete varie pasticcerie, come coroncini, bastoncini, ecc., tagliando tanti pezzetti di 6 grammi ciascuno facendoli
Posta una piccola casseruola al fuoco con un quarto di litro d'acqua, una piccola buccia di limone ed un pizzico di sale, fate bollire e allora farete cadere nella casseruola 150 grammi circa di farina di semola bianca passata allo staccio, tramenatela bene in modo da farne una polenta piuttosto dura e ben cotta, versatela in una terrina e copritela con un lino, lasciandola intiepidire, e allora amalgamatevi 4 o 5 uovi intieri, uno per volta, finchè avrete formato una pasta piuttosto morbida, sbattendola bene con una spatola. Posta poi la padella dello strutto od olio sul fuoco, fatelo intiepidire; allora, facendo passare la composizione da una siringa a stella, di mano in mano che esce, tagliatene tanti bocconcini lunghi 4 centimetri circa, facendoli cadere nella padella; di mano in mano che lo strutto si riscalderà, essi si gonfieranno, colla paletta forata li rivolgerete finchè abbiano preso un bel colore biondo oscuro. Levatele allora e ponetele su d'un piatto in piramide con tovagliolo, ben polverizzato di zuccaro finissimo, misto con un pizzico di vaniglia in polvere. 612. Crema fritta, cromescini e rizzole di crema.
circa, facendoli cadere nella padella; di mano in mano che lo strutto si riscalderà, essi si gonfieranno, colla paletta forata li rivolgerete finchè
Nella stagione in cui si hanno i pomodori freschi, debbonsi, pei bisogni della cucina, preferir questi alla conserva, la quale si suol preparare soltanto per farne uso nell'inverno ed in quei mesi in cui i pomodori non si trovano che a caro prezzo. Se ne ottiene il sugo semplice facendoli bollire per circa mezz'ora in pochissima acqua (e magari punta se fossero molto maturi) e passandoli poscia per lo staccio; al qual'uopo adoprerete un mestolo di legno, con cui si premono ripetutamente finché non rimangano sullo staccio che le bucce ed i semi. Se si vuole che il sugo riesca denso, bisogna gettar via la parte acquosa che passa per la prima. Si può rendere più saporito questo sugo unendo ai pomodori qualche pezzetto di sedano e qualche foglia di prezzemolo e di basilico.
soltanto per farne uso nell'inverno ed in quei mesi in cui i pomodori non si trovano che a caro prezzo. Se ne ottiene il sugo semplice facendoli bollire
Pomodoro. Si può semplicemente conservare i pomidoro nella salamoja. Bisogna coglierli nella loro perfetta, maturità, collocarli interi e senza premerli entro vasi di terra, che si empiono interamente di salamoja, in modo che i pomidoro vi sieno totalmente immersi, e si mantengono in tal guisa mediante un piccolo scodellino che entri agevolmente nel vaso che sarà poi tappato con un largo turacciolo di sughero. Del resto poi i pomidoro si riducono più abitualmente a conserva secondo il noto metodo Appert. Si riducono in succo ben denso, facendoli prima cuocere e passandoli per uno staccio; poi quel succo viene versato in bottiglie che debbono venire empiute sino a 4 centimetri dall'estremità del collo, poscia turate e poste all'azione del bagno-maria durante il tempo necessario perchè il calore si alzi dagli 80 agli 85 gradi: l'operazione esige presso a poco dai 20 ai 25 minuti.
riducono più abitualmente a conserva secondo il noto metodo Appert. Si riducono in succo ben denso, facendoli prima cuocere e passandoli per uno staccio; poi
I malfattini più semplici sono di farina. Intridetela colle uova e lavoratela colle mani sulla spianatoia per formarne un pane ben sodo: tagliatelo a strati grossi mezzo dito e lasciateli esposti all'aria perchè si rasciughino. Tritateli colla lunetta fino a ridurli in minuzzoli minuti quanto la metà di un chicco di riso, facendoli passare da un vagliettino, oppure grattateli dal pane intero; ma non imitate coloro che li lasciano grossi come il becco dei passerotti se non volete che vi riescano di difficile digestione; anzi, per questo motivo, invece di farina si possono fare di pangrattato semplice, oppure aggraziato con un pizzico di parmigiano e l'odore di spezie. In tutte le maniere al tempo dei piselli potete, piacendovi, unirli con quelli della ricetta N. 267, oppure colla bietola pestata minuta o cogli uni e coll'altra insieme. Anzi, a proposito di quest'ortaggio ho notato che, in Firenze, dove si fa grande uso di erbe aromatiche nella cucina, non si conosce l'aneto, che mescolato alla bietola, come si fa in altri paesi, le dà molta grazia.
metà di un chicco di riso, facendoli passare da un vagliettino, oppure grattateli dal pane intero; ma non imitate coloro che li lasciano grossi come il
Raccontavano i nostri nonni che quando, sullo scorcio del secolo passato, i Tedeschi invasero l'Italia avevano nei loro costumi qualche cosa del bruto; e facevano inorridire a vederli preparare, ad esempio, un brodo colle candele di sego che tuffavano in una pentola d'acqua a bollore, strizzandone i lucignoli; ma quando nel 1849 sfortunatamente ci ricascarono addosso, furono trovati assai rinciviliti e il sego non era visibile che ne' grandi baffi delle milizie Croate col quale li inzafardavano, facendoli spuntare di qua e di là dalle gote, lunghi un dito e ritti interiti. Però, a quanto dicono i viaggiatori, una predilezione al sego predomina ancora nella loro cucina, la quale dagl'Italiani è trovata di pessimo gusto e nauseabonda per untumi di grasso d'ogni specie e per certe minestre sbrodolone che non sanno di nulla. Al contrario tutti convengono che i dolci in Germania si sanno fare squisiti e voi stessi potrete, così alto alto, giudicare del vero, da questo che vi descrivo e dagli altri del presente trattato che portano il battesimo di quella nazione.
baffi delle milizie Croate col quale li inzafardavano, facendoli spuntare di qua e di là dalle gote, lunghi un dito e ritti interiti. Però, a quanto
Riducete intanto a bozzoletti sulla spianatoia, facendoli scorrere fra le mani, 250 gr. di farina e 150 gr. di burro, unitevi due tuorli d'uovo, 2 cucchiai di zucchero vanigliato, un po' di scorza d'arancio, una presa di sale, il lievito fermentato e, ove occorresse, un pochino di panna per ridurre il composto ad un pastone omogeneo e maneggiabile. Amalgamate tutto con forza e destrezza, tirate una sfoglia, ripiegatela come la pasta sfoglia, e ripetete ancora tre volte questa operazione; poi riponetela piegata sulla spianatoia infarinata sotto una catinella calda e lasciatela riposare un'ora circa. Spianatela quindi per l'ultima volta della grossezza di una moneta da cinque lire circa, tagliatela a rettangoli larghi 7 cent, e lunghi 9, spalmate questi con un ripieno a scelta, di noci, di mandorle, di papaveri o di marmellata (vedi pag. 143-144), rotolateli, ripiegate un pochino la pasta dalle parti, collocateli sulla lamiera unta e infarinata, lasciateli fermentare qualche minuto, indorateli e cuoceteli a forno caldo.
Riducete intanto a bozzoletti sulla spianatoia, facendoli scorrere fra le mani, 250 gr. di farina e 150 gr. di burro, unitevi due tuorli d'uovo, 2
Biscotti di famiglia. — È una composizione questa facilissima ad ottenere, ma che esige grandissime cure. Il processo per ottenerla è il seguente: per ogni mezzo chilogrammo di farina, si adoperino grammi trecento di burro fresco, e, secondo i gusti quindici o venticinque grammi di sale. Il burro deve essere steso sulla tavola dove intendesi impastare, in uno strato non troppo denso, e strofinato leggermente fra due pannilini, onde togliergli tutte quelle parti di latte che vi possono rimanere. Si mescoli poscia colla farina del sale bianco in polvere, formando del tutto una pasta alquanto densa, mescolandola con acqua. Eseguito ciò si abbia cura di dividere il burro in tre parti eguali, dividendo ognuna in tre altri piccoli pezzi. Sulla pasta distesa a distanze eguali por devonsi i pezzi di burro, piegando poscia la pasta in sè medesima a tre o quattro doppi, cospargendola di farina. Dopo averla nuovamente ridotta in uno strato finissimo, piegar devonsi i lati verso il centro, impastando di nuovo, onde distendere la pasta per la terza volta. Si ripartisca poi la porzione di burro in piccoli pezzi e si eseguisca l'operazione siccome si è già detto per la prima dose. Eseguito così un secondo lavoro affatto simile al primo, incorporare devesi la terza porzione del burro, formando la pasta in guisa di focaccia ro-tonda, oppure in oblunghi quadrati, o se piace, in rotoli dello spessore d'un dito, facendoli incrociare trasversalmente, a modo di un quadrilatero. È necessario che il biscotto abbia un bel colore, e quindi spalmar devesi la pasta nel porla in forno con delle barbe d'una penna immerse in tuorlo d'uovo freschissimo, stemperato in molto latte alquanto dolce.
oblunghi quadrati, o se piace, in rotoli dello spessore d'un dito, facendoli incrociare trasversalmente, a modo di un quadrilatero. È necessario che
9. Prendete once quattordici di pane, grattatelo, passatelo al crivello e mettetelo in una cassarola unendovi un mezzo di fior di latte, formate una papina, fatela bollire e quando è ben dura, fate cuocere once dodici di riso nel latte, e ben cotto, denso e venuto freddo pestatelo al mortajo in modo che venga come una pasta, aggiungete in allora la papina anche fredda, seguitate a pestarla insieme, metteteci un buon pugno di formaggio ed un altro pezzo di butirro, pestate il tutto con poco sale, poco noce moscata, poco cannella e dodici rossi d'uova, incorporate bene il tutto, versate questo impasto sopra un coperchio senza sponda, abbiate pronta una cassarola d'acqua salata bollente, o mezzo brodo pure bollente, con il manico di una paletta fateli ad uno ad uno cascare nel mezzo brodo bollente, curate che non passino la cottura, levateli con paletta forata, fateli colare, accomodateli con butirro purgato e formaggio, serviteli con poca sostanza e se volete versateli in una cassarola o fiamminga o in un piatto con brodo di pasta a piacere. Meglio però sarà accomodarli con formaggio nella fiamminga e versargli sopra il butirro purgato, acciò non si rompino facendoli saltare nella cassarola.
piacere. Meglio però sarà accomodarli con formaggio nella fiamminga e versargli sopra il butirro purgato, acciò non si rompino facendoli saltare nella
38. Fate bollire un mezzo di latte, indi ponetevi un quartino di farina di castagno e formate una polentina cotta in modo che non vi rimanghino granelli, lasciatela venir fredda ed unitevi una quarta di grassa di vi-tello tridato fino alla mezzaluna, sei rossi d'uova, once tre di zucchero, poco cannella e poca noce moscata, poca corteccia di arancio tridato, un poco di cedrato trido sciogliete il tutto con poca panna, indi unitevi un mezzo di sangue di majale o di agnello che sia gelato, facendolo passare al sedaccio, mischiate il tutto, mettetelo al fornello onde s'incorpora. Empite i budelli di bodeno dividendoli con un laccio, lasciandoli lun-ghi due once circa, in seguito fateli imbianchire nell'acqua bollente, tagliateli nel laccio, facendoli scaldare alla bornice sopra un foglio di carta disteso sulla graticola, potete farli cuocere al forno mettendoli in una tortiera con carta imburrata sotto e sopra, serviteli sopra d'una salvietta o carta stratagliata.
, facendoli scaldare alla bornice sopra un foglio di carta disteso sulla graticola, potete farli cuocere al forno mettendoli in una tortiera con carta
56. Allestiti i pollastri o pivioni si taglieranno a pezzi e si porranno in una cassarola con un pezzo di butirro facendoli a lento fuoco stramortire, spolverizzandovi sopra un poco fior di farina, e mescolando il tutto si bagnerà con brodo liscio in modo che i pollastri o i pivioni restino coperti, vi si metterà una cipolla intiera unendovi due o tre garofani lasciando il tutto cuocere a dolce fuoco. Alla sua cottura si leverà la cipolla, e vi si porrà un liaison di due rossi d'uova, poco presemolo o sugo di mezzo limone. Lasciate il tutto venir freddo si impaneranno nel pane tritolato i pezzi involti nella stessa salsa, sbattuti due uova vi si pas-seranno i detti pezzi, indi si leveranno e si faranno ripassare nel pane, si faranno friggere nel grasso bianco bollente in modo che prendino bel colore, vi si porrà sopra delle foglie di presemolo fritto e si serviranno sopra d'una salvietta, o carta stratagliata.
56. Allestiti i pollastri o pivioni si taglieranno a pezzi e si porranno in una cassarola con un pezzo di butirro facendoli a lento fuoco stramortire