A dirti il vero, io che conosco il gusto de' miei invitati, ne avrei qualche altra su cui metterti in guardia. So che qualcuno di loro fa eccezione alla carne di castrato e dice che sa di sego, altri che l'agnello non è di facile digestione; diversi poi mi asserirono, accademicamente parlando, che quando mangiano cavolo o patate sono presi da timpanite, cioè portano il corpo gonfio tutta la notte e fanno sognacci; ma per questi tiriamo via, passiamoci sopra.
A dirti il vero, io che conosco il gusto de' miei invitati, ne avrei qualche altra su cui metterti in guardia. So che qualcuno di loro fa eccezione
Il vino da pasteggiare più confacente agli stomachi deboli ritengo sia il bianco asciutto e stimo ottimo, per la sua piacevolezza al gusto e perchè molto digeribile, quello di Orvieto, che può servire anche al dessert e per quest'uso avete il vin santo, il vino d'Asti spumante, la malaga ed altri simili che sono in commercio; ma di questi chi se ne fida? In quanto ai liquori farete bene ad escluderne l'uso dal vostro regime anche perchè dall'uso si può passare all'abuso che sarebbe fatale; si può fare soltanto un'eccezione pel cognac, senza abusarne però, ma di quello che non costa meno di sei o sette lire la bottiglia.
si può passare all'abuso che sarebbe fatale; si può fare soltanto un'eccezione pel cognac, senza abusarne però, ma di quello che non costa meno di
Queste considerazioni, che non sapremo mai abbastanza rammentare tanto agli anfitrioni quanto a cucinieri, penetrano già in più d'una mente osservatrice, ma se un'eccezione, un fatto accidentale possono qui valere come insegnamento noi dobbiamo aggiungere che i calcoli parsimoniosi non sono proprii de' veri gastronomi: essi sanno troppo bene che la buona cucina è incompatibile con la scarsità dei mezzi. Noi non abbiamo descritto in questo capitolo che le salse destinate alle entrèes calde, ai relevès, ai legumi ed agli arrosti; le salse fredde, quelle per arrosti per gli entramets, trovansi classificati ai ai rispettivi capitoli.
osservatrice, ma se un'eccezione, un fatto accidentale possono qui valere come insegnamento noi dobbiamo aggiungere che i calcoli parsimoniosi non sono proprii
Prendete una coscia di castrato, di buona qualità, ciò che vi sarà facile di riconoscere dalla bianchezza del grasso, e che sia ben frolla disossatela interamente ad eccezione dello stinco, poscia vi farete dei buchi dappertutto al di dentro per porvi una gustosa imbottitura composta in questa guisa: tagliate a pezzetti del lardo, un poco di prosciutto, dei funghi e cetrioli, che condirete con sale, droghe, prezzemolo, cipolla tritata, timo, basilico, ed una foglia d'alloro. Mischiate bene queste cose, e riempitene la coscia, legandola quindi con spago, e collocata in una casseruola di forma ovale della grandezza del cosciotto, aggiungete un poco di brodo, un bicchier di vino bianco, una carota, e quindi ponete la coscia a cuocere a fuoco lento: dopo ciò sgrassate la bagna che rimarrà dopo tolto il cosciotto, e passata per setaccio la farete condensare al fuoco e se fosse troppo liquida, vi aggiungerete un poco di fecola diluita, e verserete poi questa salsa sulla coscia servendola subito in tavola.
disossatela interamente ad eccezione dello stinco, poscia vi farete dei buchi dappertutto al di dentro per porvi una gustosa imbottitura composta in questa
I broccoli, i cavoli neri, i cavolfiori, la cicoria, ossia il radicchio, le bietole, gli spinaci, i talli di rape, i fagiolini in erba, le zucchine, i carciofi, i cardoni, l'indivia, ecc., sono tutti ortaggi che si mangiano lessi, conditi ad uso insalata, o diversamente. In generale, dopo averli mondati secondo la loro specie e lavati, si mettono a cuocere in acqua bollente: solo fanno eccezione gli spinaci e le bietole, che possono mettersi al fuoco anche senza acqua, bastando quella che fanno l'erbe stesse cuocendo, purchè tengasi coperta la pentola onde impedire un'abbondante evaporazione.
mondati secondo la loro specie e lavati, si mettono a cuocere in acqua bollente: solo fanno eccezione gli spinaci e le bietole, che possono mettersi al
Prendete poi un piatto profondo, od una insalatiera, e, cominciando dai biscotti che avrete messi a rinvenire, come sopra è detto, formatene un suolo sul fondo di questo recipiente; spargetevi indi sopra un poco d'olio, distribuite qua e là le fette del mosciame, e poi condite con la suddetta salsa; proseguite a stendere, ed a condire suolo per suolo con la stessa salsa tutti gl'ingredienti descritti, ad eccezione però delle ostriche, dei gamberi e delle olive, disponendo tutto in bell'ordine, e venite su su accumulando ogni cosa, mettendo alla sommità il pesce e l'arigusta.
; proseguite a stendere, ed a condire suolo per suolo con la stessa salsa tutti gl'ingredienti descritti, ad eccezione però delle ostriche, dei
La margarina o oleomargarina è il grasso più simile al burro; viene fabbricata mediante lo stesso sistema di lavorazione del burro, con olii vegetali oppure con un miscuglio di olii vegetali e grassi animali (che non siano il burro), a cui si aggiunge del latte. Poichè la percentuale di grasso animale contenuto nella margarina è piuttosto forte, il prefisso «oleo » è stato a poco a poco abbandonato. La margarina contiene gli stessi valori nutritivi del burro, fatta eccezione per la vitamina A. Tuttavia, praticamente oggi tutte le qualità di margarina vengono « rafforzate » con vitamina A; ciò significa che questa importante vitamina viene aggiunta in quantitativi uguali, e in certi casi superiori, a quelli che si trovano nel burro naturale.
nutritivi del burro, fatta eccezione per la vitamina A. Tuttavia, praticamente oggi tutte le qualità di margarina vengono « rafforzate » con vitamina A; ciò
18 Qualsiasi cosa debba essere tolta dalla bocca e riportata sul piatto, si dovrà seguire questa regola molto semplice. Ciò che venne portato alla bocca con un cucchiaio verrà riportato sul piatto col cucchiaio. Ciò che vi è stato portato con la mano con la mano verrà riportato sul piatto. Per esempio, per i noccioli di prugna o di altre frutta nella composta si userà il cucchiaio. Per i semi delle arance, i noccioli delle olive, si useranno le dita. Si fa eccezione a questa regola quando si tratta di piccole cose pulite come lische di pesce o pallini di schioppo che si trovano a volte nella selvaggina. In questo caso, sia pure avendo portato il cibo alla bocca con una forchetta, ci si servirà della mano per riportarli sul piatto. In ogni modo, si deve sempre cercare di evitare questa eventualità, scartando ogni corpo estraneo prima di portare il cibo alla bocca, per quanto è possibile. Quando si debba riportare sul piatto qualcosa che non si può ingoiare bisogna farlo con la massima disinvoltura. È assolutamente scorretto nascondere questo semplice gesto servendosi del tovagliolo, mostrando così un imbarazzo sproporzionato.
dita. Si fa eccezione a questa regola quando si tratta di piccole cose pulite come lische di pesce o pallini di schioppo che si trovano a volte nella
Olive: le olive, specie se sono un po' grandi, non dovrebbero mai essere messe in bocca intere. Si tengono con due dita e se ne mangia la polpa un po' alla volta, fino a che rimane il nocciolo. La ragione di questo modo di procedere è che la polpa dell'oliva non si stacca facilmente dal nocciolo come quella di una ciliegia. Fanno eccezione le olive ripiene e le olive nere in cui il nocciolo non aderisce alla polpa.
come quella di una ciliegia. Fanno eccezione le olive ripiene e le olive nere in cui il nocciolo non aderisce alla polpa.
200. Lesso di legumi secchi. I fagiuoli bianchi e coll'occhio, i piselli, le lenti ed i ceci sono i soli legumi che si possono mangiar lessi: hanno bisogno di molta cottura, e particolarmente i ceci, pel sicuro buon esito dei quali, dopo averli ammollati per ventiquattro ore, si mettono ad acqua bollente. Dopo cotta, qualunque civaia si scola e si serve in un piatto con olio, pepe, sale e sugo di limoni, ad eccezione de' fagiuoli coll'occhio che si condiscono di preferenza con aceto in luogo di limone.
bollente. Dopo cotta, qualunque civaia si scola e si serve in un piatto con olio, pepe, sale e sugo di limoni, ad eccezione de' fagiuoli coll'occhio che
I broccoli, i cavoli neri, i cavolfiori, la cicoria o radicchio, le bietole, gli spinaci, i talli di rape, i fagiuolini in erba, le zucchine, i carciofi, gli sparagi, i cardoni, le radici di scorzonera, l'indivia, ecc. sono tutti ortaggi che mangiansi anche a lesso, conditi a uso insalata o diversamente. In generale, dopo averli mondati secondo la loro specie e lavati, si mettono a cuocere in acqua bollente: solo fanno eccezione gli spinaci e le bietole, che possono mettersi al fuoco anche senz'acqua, bastando quella che le erbe stesse abbandonano cuocendo, purchè tengasi coperta la pentola onde impedire un'abbondante evaporazione.
diversamente. In generale, dopo averli mondati secondo la loro specie e lavati, si mettono a cuocere in acqua bollente: solo fanno eccezione gli spinaci e le
Dopo aver preparate tutte le cose suddette, fate una salsa piccante (V. num. 127); prendete poi un piatto profondo, od un'insalatiera, e cominciando dai biscotti che avete messi a rinvenire, come sopra è detto, formatene un suolo sul fondo di questo recipiente; spargetevi indi sopra un poco d'olio, distribuite qua e là le fette del mosciame, e poi condite colla suddetta salsa (num. 127); proseguite a stendere inoltre, ed a condire suolo per suolo colla stessa salsa, tutti gl'ingredienti descritti (ad eccezione però delle ostriche, dei gamberi e delle olive) disponeteli in bell'ordine, e venite su su accumulandoli, mettendo alla sommità il pesce e l'arigusta. Allorchè il tutto sarà al suo posto, ed avrete quindi formato ciò che i Genovesi chiamano capponmagro, bagnatene la superficie colla salsa che vi sarà rimasta; mettete in giro sull'orlo del piatto le ostriche; indi infilzale ad uno ad uno in piccoli stecchi i gamberi fritti, le olive e 24 fette rotonde di carote tagliuzzate a smerlo intorno, e collocateli simmetricamente e vagamente per guarnizione, alternando i colori, sui lati e verso la sommità del capponmagro, il quale così ammansito sarà in ordine per essere servito.
suolo colla stessa salsa, tutti gl'ingredienti descritti (ad eccezione però delle ostriche, dei gamberi e delle olive) disponeteli in bell'ordine, e
Preparati in tal modo gli elementi della torta, cominciate a prendere uno dei pezzetti di pasta serbati sulla madia, e col matterello tiratene una sfoglia sottilissima, che renderete poi della massima sottigliezza rovesciandola sui vostri pugni e dolcemente tirandola in tutti i versi. Mettete questa sfoglia in una teglia, che avrete prima unta con olio servendovi d'una penna, e distendetevela bene fino all'orlo, usando molta attenzione per non lacerarla; poscia ungetene la superficie colla suddetta penna intinta nell'olio, e proseguite a formare nello stesso modo le altre sfoglie sino al numero di 12 o 15, sovrapponendole una all'altra nella medesima teglia, ed avvertendo di ungerle tutte come la prima, ad eccezione dell'ultima: distendetevi le bietole preparate, spargete su questo strato un poco d'olio; stendetevi sopra uniformemente il composto di ricotta e fior di latte, servendovi del dorso d'un cucchiajo, e, preso un ettogr. di burro, dividetelo in 12 parti eguali e distribuitelo simmetricamente su questo nuovo strato, nel quale avrete all'uopo fatte col cucchiajo altrettante fossettine. Allora scocciate entro ognuna di queste fossette un uovo fresco, e sovra essi spargete un po' di parmigiano grattato, pepe ed una presina di sale. Poscia proseguite a tirare col matterello le altre sfoglie finchè vi rimangono pezzetti di pasta, e ad una ad una distendetele sulla torta alla stessa maniera delle prime, ungendole egualmente cella penna intinta nell'olio. Tagliate finalmente i lembi delle sfoglie che sopravanzeranno all'orlo della teglia, formate coi ritagli medesimi l'orliccio alla torta a guisa d'un cordone, intaccandolo tutto intorno e per traverso colla costa d'un coltello, ed unta la superficie della torta, fatela cuocere al forno per un'ora circa.
numero di 12 o 15, sovrapponendole una all'altra nella medesima teglia, ed avvertendo di ungerle tutte come la prima, ad eccezione dell'ultima
Non volendo comprare il pesce potete procurarvi da qualche pescivendolo delle teste di merluzzo, di spigola o di altro pesce adatto (fatto eccezione del cefalo il cui brodo è indigesto) e con questo farete il brodo. Intanto avrete preparato un battutino di prosciutto grasso e magro, ridotto finissimo come una manteca, tritate anche separatamente una cipolla mezzana (1), e tenete anche pronto del prezzemolo lavato e tagliuzzato, Fatto ciò mettete il grasso in una casseruolina o in un tegamino insieme ad un cucchiaio d'olio, e fate rosolare bene, aggiungete la cipolla e fate rosolare insieme finchè questa sarà cotta e bionda senza farla però bruciar troppo.
Non volendo comprare il pesce potete procurarvi da qualche pescivendolo delle teste di merluzzo, di spigola o di altro pesce adatto (fatto eccezione
I fagiuoli bianchi e coll'occhio i piselli, le lenti ed i ceci, sono i soli legumi che si possono mangiar lessi: hanno bisogno di molta cottura, e particolarmente i ceci, pel sicuro buon esito dei quali, dopo averli ammollati per ventiquattro ore, si mettono ad aqua bollente. Dopo cotta qualunque civaia si scola e si serve in un piatto con olio, pepe, sale e sugo di limone, ad eccezione de' fagiuoli coll'occhio che si condiscono di preferenza con aceto in luogo di limone.
civaia si scola e si serve in un piatto con olio, pepe, sale e sugo di limone, ad eccezione de' fagiuoli coll'occhio che si condiscono di preferenza
I libri di cucina pubblicati fino ad oggi ammontano, senza dubbio, ad alcune centinaia. Ma chi volesse tra questa sovrabbondanza di pubblicazioni cercare il «vero» libro di cucina forse non lo troverebbe. Una sola grande eccezione: la «Guide culinaire», di Augusto Escoffier. Il Maestro ha edificato con questa opera un insigne monumento all'arte gastronomica, raccogliendone le più pure tradizioni e coordinandole con grandiosità di linee, demolendo inesorabilmente tutto il vecchiume per gettare le basi di una tecnica moderna perfetta, armoniosa e rispondente alla evoluzione del tempo e alle conquiste che, anche nel vastissimo campo avente con la cucina immediati o mediati riferimenti, si sono verificate. Questa mirabile opera è in lingua francese; ma se la questione della lingua può essere cosa trascurabile, un'altra e più seria difficoltà è presentata dal fatto che la «Guide culinaire» è scritta esclusivamente per i professionisti; e quindi in forma sintetica e con la speciale terminologia tecnica dell'alta cucina. Cosicchè questo trattato, di una preziosa utilità per chi è iniziato alla grande scuola non potrebbe essere consultato con eguale profitto ai fini della cucina domestica. Tra i libri italiani moderni sarebbe vano ricercare qualcosa di simile — un tentativo in grande stile fatto anni addietro dal dott. Cougnet con la collaborazione di professionisti ebbe esito infelicissimo — e d'altra parte è risaputo che i trattati professionali hanno sempre un interesse assai relativo per la limitata cerchia di persone alle quali necessariamente si rivolgono. Una vera pletora c'è invece in quel che riguarda la letteratura gastronomica ad uso delle famiglie. Se volessimo semplicemente enumerare i libri italiani di cucina antichi e moderni del genere, potremmo comporre un interminabile indice bibliografico. Non lo faremo, che è nostra consuetudine non perdere del tempo nè farlo perdere ad altri. Dai librai di lusso alle più modeste cartolerie, dai chioschi delle stazioni ferroviarie ai banchetti volanti che nelle strade o nelle piazze offrono libri d'occasione, troverete volumetti e volumi di cucina dai titoli più promettenti: Re dei cuochi, vero Re dei cuochi, Re dei Re dei cuochi, ecc.: una tale dovizia di cuochi coronati da permettere di estendere il regime monarchico su tutta la superficie di questo nostro vecchio pianeta. Ebbene, in così lussureggiante fiorire di pubblicazioni, non una che insegni a cucinare, perchè o compilate a scopo di bassa speculazione da empirici, che si sono accontentati di ritagliare con le forbici delle ricette senza avere la capacità di esercitare su esse il minimo controllo — vediamo infatti che questo genere di libri non porta quasi mai il nome dell'autore — o, nella migliore delle ipotesi, dovute a professionisti, i quali però avendo non solamente poca pratica con la grammatica e la sintassi, ma nessuna comunicativa, non sono riusciti a farsi comprendere e hanno avvolto le loro ricette in una fitta rete di spropositata nebulosità. Facendo un'accurata selezione di tutta la letteratura gastronomica italiana, rimangono quattro autori degni di considerazione: due antichi e due più vicini ai nostri tempi. I grandi trattati che portano ancora attorno la loro decrepita fastosità sono quelli del Vialardi, cuoco di Carlo Alberto e di Vittorio Emanuele II, e l'altro, di cui fu principale collaboratore il Nelli. Ambedue di ampia mole e dovuti a persone di indiscutibile competenza, poterono forse rappresentare al loro tempo una notevole affermazione. Ma purtroppo essi non rispondono più sia alla evoluzione della cucina, sia a quei principi di economia e di semplicità che, per forza di cose, si sono imposti alla mensa famigliare. Scorrendo le vecchie pagine, dove si parla di petti di fagiani o di pernici, di salse a base di tartufi, di leccornie d'ogni specie presentate su zoccoli monumentali o con difficoltose e dispendiosissime decorazioni, non si può a meno di sorridere, pensando che una sola di queste pietanze assorbirebbe tutto ciò che una famiglia di media fortuna spende in una settimana ed anche più. Rimangono dunque, questi trattati, semplice documentazione di un ciclo culinario esageratamente fastoso, ma oramai conchiuso per sempre. In tempi più recenti, gli autori che si sono divisi principalmente il favore del pubblico sono: Adolfo Giaquinto e Pellegrino Artusi. Il Giaquinto, reputato gastronomo, ha portato con le sue varie pubblicazioni un salutare risveglio nella pratica culinaria, ed è stato un fecondo volgarizzatore della gaia scienza nelle famiglie. Queste pubblicazioni però non sono recentissime, e risalgono ad epoche se non troppo lontane certo più fortunate, quando le famiglie non erano assillate dal problema del caro viveri; ed anche allora, dagli stessi suoi ammiratori, fu rimproverato all'autore una sensibile ed evidente tendenza alla ricchezza di preparazioni che caratterizzava appunto quella cucina di cui il Giaquinto è stato, senza dubbio, apprezzato campione. L'autore che riuscì invece a vendere stracci e orpelli per sete rare e oro fu Pellegrino Artusi, nume custode di tutte le famiglie dove non si sa cucinare. Per taluni tutto ciò che dice l'Artusi è vangelo, anche quando questo ineffabile autore scrive con olimpica indifferenza le sciocchezze più madornali. Anzitutto egli dichiara di essere un dilettante e di aver provato le sue ricette alla sazietà, fino a che gli riuscirono bene, o meglio sembrò a lui che riuscissero tali. Egli fa un edificante preambolo che suona presso a poco così: Guardate, io non so cucinare, tanto vero che i cuochi preparano le ricette che io insegno in un modo completamente diverso. Però dopo una serie di tentativi sono riuscito ad ottenere qualche risultato, ed anche voi, un po' con la mia guida (!), un po' con la vostra pazienza, può darsi che riusciate «ad annaspar qualche cosa». Ed allora vien voglia di chiedere a questo signor Artusi perchè mai, stan[...]
cercare il «vero» libro di cucina forse non lo troverebbe. Una sola grande eccezione: la «Guide culinaire», di Augusto Escoffier. Il Maestro ha edificato
Il tonno, il pesce spada, la palamida, questi grossi pesci che vengono generalmente pescati nell'Italia Meridionale, debbono essere di una freschezza addirittura esagerata, poiché passano facilissimamente, e possono arrecare allora i più gravi inconvenienti. Del resto questi pesci a carne rossa sono non facilmente digeribili e possono piuttosto rappresentare l'eccezione nell'alimentazione quotidiana che la regola. Anche le alici e le sarde, benchè molto appetitose non costituiscono certo un cibo raccomandabile a stomachi delicati o a convalescenti. Le sarde e le alici quando sono fresche debbono sembrare assolutamente vive, debbono essere lucentissime e sode e non debbono avere segni rossi intorno agli occhi o alle branchie.
sono non facilmente digeribili e possono piuttosto rappresentare l'eccezione nell'alimentazione quotidiana che la regola. Anche le alici e le sarde
Dopo che avrete sciolto nuovamente il semolino e dopo aver rifuso del brodo nella pentola, mettete nuovamente il semolino nel mezzo della salvietta, copritelo di nuovo col coperchio e riannodate le cocche come la prima volta. Rimettete il coperchio col semolino pendente di sotto, stuccate un'altra volta la pentola e lasciate bollire per altre tre ore. Chi vi dirà che il cuscussù esige una fatica enorme e una perdita di tempo considerevole, esagera certamente, poichè eccezione fatta per la prima lavorazione del semolino e la preparazione dei legumi, non ci si dovrà avvicinare alla pentola che dopo le prime 3 ore, per poi lasciare bollire ancora senza preoccupazioni. Trascorse altre due ore e mezzo o tre ore, togliete il semolino dalla salvietta, lavoratelo un'ultima volta con le mani aggiungendoci pian piano un mezzo ramaiolo della sgrassatura del brodo dei legumi e un mezzo ramaiolo della sgrassatura del brodo di carne. Assaggiate il semolino per verificarne la sapidità, poi mettetelo in caldo in una stufa tiepida mescolandolo di quando in quando con un cucchiaio ed aggiungendoci a intervalli un pochino di sgrassatura delle due pentole. Prendete adesso un centinaio di grammi di carne magra di vitello, tritatela finemente o passatela alla macchinetta, aggiungeteci una metà del suo volume di mollica di pane, bagnata nell'acqua e spremuta, un rosso d'uovo, un mezzo cucchiaino d'olio, un pizzico di sale, e impastate il tutto. Con le mani leggermente unte d'olio foggiate da questo impasto delle polpettine grosse un poco più di una nocciola. Mettete un po' d'olio in una padellina e fate cuocere in essa le polpettine. Quando saranno rassodate aggiungete nella padella tre o quattro fegatini di pollo, divisi in due pezzi ognuno, fate rosolare ancora un momento, e poi bagnate polpettine e fegatini di pollo con mezzo ramaiolo di brodo. Mettete la padella sull'angolo del fornello e lasciate bollire piano piano per mezz'ora. Compiute tutte le operazioni, se nella pentola del brodo di carne ce n'è rimasto ancora, travasatelo nella pentola dei legumi e preparatevi per servire il cuscussù. Prendete un piatto grande, accomodate nel mezzo il semolino, disponendolo a cupola alta e intorno disponete dei bouquets alternati di legumi scolati e varietà di bollito. Il bue e il vitello li ritaglierete in fette, e il pollame in pezzi regolari. Se avrete impiegato anche il salame di bue, affettate anche questo facendone un bouquet separato, come separati devono essere il bue, il vitello e il pollame. Ai due lati del piatto accomodate in due piccole piramidi le polpettine e i fegatini, e fate portare in tavola insieme con una zuppiera contenente il brodo, il quale viene servito in tazze e serve anche per allungare un pochino il cuscussù se qualche commensale ama di mangiarlo più sciolto. Un'ultima cosa. Il cuscussù comporterebbe un'ultima guarnizione, quella delle uova sode, cotte però alla maniera araba e cioè bollite per 24 ore in una pentolina contenente acqua, un po' di grasso o di olio, e qualche legume. Le uova, per questa cottura prolungatissima, acquistano un colore nerastro che a qualcuno di noi non potrà piacere, senza contare il disturbo di tenere una pentola sull'angolo del fornello a bollicchiare per 24 ore. Si può rinunziare a queste uova, che del resto vengono abitualmente servite nei caffè e nelle trattorie arabe, e rimpiazzarle con delle uova sode, cotte pochi minuti com'è nostra consuetudine, sgusciate e ritagliate in spicchi. L'importante è di comporre con il semolino, le uova, le carni, i legumi e le polpettine una decorazione attraente che rallegri anche la vista. Ed ora, signore mie, al termine di questo lungo discorso confidiamo di essere riusciti a spiegarci chiaramente, come sempre; non solo, ma di avervi fatto nascere il desiderio di esperimentare questa pietanza che nella cucina ebraica e in quella araba costituisce il non plus ultra delle preparazioni tipiche e desiderate. L'Artusi sopracitato asserisce che tutto questo «impazzamento» non è giustificato per il cuscussù. Ma egli evidentemente non lo conosceva e non lo sapeva fare.
, esagera certamente, poichè eccezione fatta per la prima lavorazione del semolino e la preparazione dei legumi, non ci si dovrà avvicinare alla pentola che
Questa pietanza elegante è conosciuta nella cucina napolitana col nome di «sartù» e costituisce un magnifico inizio di colazione. Qualcuna fra le nostre lettrici potrà obiettare che qualche cosa di simile si fa anche in altre cucine, ed è anche vero. Ma sia la sua origine napolitana o no, poco importa. Quel che conta è che questo timballo è squisito. Avendo qualcuno a colazione, invece degli eterni maccheroni o risotto, provate ad eseguire il «sartù» e ne rimarrete veramente soddisfatte, come soddisfatti resteranno anche gli ospiti. Prima di preparare il riso, che dovrà in un certo modo formare l'ossatura del timballo, è bene preparare il ripieno, il quale potrà essere più ricco o meno ricco, a seconda dei casi e della spesa che si vuol fare. Noi fissiamo le dosi per quattro persone. Il ripieno si comporrà essenzialmente di polpettine di carne, salsiccie, mozzarella, regagli, funghi. Per quattro persone prendete una fetta magra di manzo, del peso di un ettogrammo, pestatela e impastatela con un pezzettino di burro e un pezzo di mollica di pane che avrete tenuta in bagno nell'acqua e poi spremuta. Questa mollica dovrà avere la grandezza di una grossa noce. Condite l'impasto con sale e pepe e foggiatene delle polpettine piccolissime, non più grandi di una nocciola, che passerete nella farina, e friggerete nell'olio o nello strutto, badando di non farle inseccolire. In quanto ai funghi secchi ne basteranno un buon pizzico. Li terrete prima una mezz'ora in acqua fresca per farli rinvenire, poi, dopo averli nettati, li cuocerete con un pochino di burro e qualche cucchiaiata di brodo o d'acqua, sale e pepe. E così farete anche per le regaglie di pollo che dividerete in pezzi non tanto piccoli. A Napoli si adoperano per questo ripieno, salsiccie speciali, dette cervellatine. Potranno usarsi, invece di queste, comuni salsiccie di carne, cotte in una padellina e poi tagliate in fettine. In primavera sarà ottima cosa preparare anche tre o quattro cucchiaiate di pisellini al prosciutto, i quali figurano assai bene nel ripieno. Tagliate inoltre in dadini un ettogrammo, di mozzarella o un paio delle nostre provature romane. E finalmente, dato che disponeste di un pezzo di tartufo non dimenticate di tenerne pronta qualche fettina. L'aggiunta del tartufo non è di rigore, ma il «diamante della cucina» ha libero accesso da per tutto. Quando avrete preparato tutti i vari ingredienti per il ripieno, pensate al sugo per condire il timballo. Questo sugo potrà essere o un sugo d'umido col pomodoro o più semplicemente un buon sugo finto, fatto in una casseruola con un po' di cipolla, burro, grasso di prosciutto tritato e un chilogrammo scarso di pomodori. Badate che il sugo risulti molto denso. Quando' anche il sugo sarà fatto mettetene qualche cucchiaiata da parte e poi versate nella casseruola trecento grammi di riso, ben mondato, che cuocerete nel sugo, come un risotto, aggiungendo man mano dell'acqua o del brodo. Tenetelo molto scarso di cottura — quasi a tre quarti — poi conditelo con tre o quattro cucchiaiate di parmigiano e un uovo intero, verificando nello stesso tempo se sta bene di sale. Versate questo risotto in un piatto e aspettate che si freddi. Radunate in un'altra casseruolina tutti gli ingredienti preparati per il ripieno, cioè: polpettine, funghi, salsicce, regaglie, ecc., eccezione fatta per la mozzarella o provatura, conditeli col sugo che avrete tenuto in serbo e fate dare un bollo affinchè il ripieno possa insaporirsi perfettamente. Mettete intanto in una casseruolina un pezzo di burro grosso come una noce, e appena sarà liquefatto, aggiungetegli un cucchiaio scarso di farina, fate cuocere un paio di minuti, mescolando, e poi diluite l'impasto con mezzo bicchiere di latte. Quando la salsa si sarà addensata, levatela dal fuoco, conditela con sale, un nonnulla di noce moscata e un rosso d'ovo. Un'ora prima del pranzo cominciate la costruzione del timballo. Prendete una stampa liscia da budino, ma senza buco in mezzo, o in mancanza di questa, una casseruola. Così la stampa come la casseruola dovranno avere la capacità di un litro e mezzo. Imburrate abbondantemente l'interno della stampa e spolverizzatela di pane pesto finissimo; girate la stampa in tutti i sensi affinchè il pane aderisca dappertutto e poi capovolgetela per far cadere l'eccesso del pane. Per mezzo di un cucchiaio disponete sul fondo e intomo alle pareti della stampa il ri otto, avvertendo di lasciarne quattro o cinque cucchiaiate da parte. Pigiando col cucchiaio fate che il riso aderisca bene alle pareti e sul fondo formando in mezzo un vuoto come una scatola. In questo vuoto mettete il ripieno preparato, intramezzandolo con le fettine di mozzarella e con la salsa di latte e uovo preparata. Aggiungete anche una cucchiaiata di parmigiano, qualche pezzetto di burro, come nocciole; poi col riso lasciato da parte, fate il coperchio alla scatola. Pareggiate il riso del coperchio con una larga lama di coltello, spolverizzatelo di pane pesto e disponeteci sopra qualche altro pezzettino di burro. Mettete il timballo in forno di moderato calore e lasciatecelo per una mezz'ora abbondante, affinchè il pane dell'involucro abbia il tempo di fare una bella crosta color d'oro. Estraete allora il timballo dal forno, ma non lo sformate subito: aspettate una diecina di minuti affinchè il timballo possa consolidarsi, e non giocarvi un brutto tiro al momento del suo capovolgimento. Per eccesso di precauzione, passate con delicatezza una lama di coltello tra la stampa e il timballo in modo da staccarlo e poi capovolgetelo su un piatto rotondo, preferibilmente di metallo argentato. Mandatelo in tavola affinchè venga mangiato caldo e filante. Nella cucina napolitana si abbonda in strutto anzichè in burro. Abbiamo creduto di sostituire allo strutto il burro, che ha un uso più universale.
, funghi, salsicce, regaglie, ecc., eccezione fatta per la mozzarella o provatura, conditeli col sugo che avrete tenuto in serbo e fate dare un bollo
Eccezione fatta per qualche albergo, il montone viene raramente usato, perchè per questo come per tanti altri alimenti ci sono non poche prevenzioni. Molti, infatti, lo ritengono coriaceo, disgustoso, nauseabondo, indigesto e chi più ne ha ne metta: e al solito sono calunnie, che il mansueto animale non merita davvero... Le più importanti razze e varietà di ovini esteri sono: la Razza Leicester, detta Razza Dishley, la Razza New Kent, la Razza Southdown, la Razza Cottswold, la Razza Francese, la Razza Savojarda, la Razza Danese, la Razza Cheviot, la Razza del bacino della Loira, la Razza dei Pirenei, la Razza Merinos, la Razza della Barberia o Barbaresca e la Razza del Sudan. Gli ovini italiani hanno pure grande rinomanza. Le principali razze nazionali sono: la Razza Piemontese, ottima, la Razza Biellese, la Razza Canavese, la Razza di Pinerolo, la Razza Bergamasca, la Razza Siciliana, la Razza gentile delle Puglie, la Tuscolana, oltre importanti varietà come quella di Ormea e della Valle d'Aosta, della Lomellina, Padovana e Romagnola, Romana e Napolitana. Il montone di buona qualità ha la carne di un rosso leggermente biancastro, grasso bianco e duro che forma degli strati più o meno spessi alla superficie e nei principali interstizi muscolari. I migliori tagli del montone sono: il coscetto (gigot), la sella, e le oostolette. I tagli più scadenti: la spalla, il petto e il collo.
Eccezione fatta per qualche albergo, il montone viene raramente usato, perchè per questo come per tanti altri alimenti ci sono non poche prevenzioni
Tutti sanno che «menu» — parola esotica, ma entrata, come tante nella lingua dell'uso: nè ce n'è un'altra che possa efficacemente sostituirla — significa cosi l'insieme dei cibi e dei vini che compongono un pranzo, come, in senso traslato, quel foglietto di carta, di cartoncino, di pergamena ecc., che si mette dinanzi a ciascun convitato, e dove è trascritto l'ordine e la specie delle vivande. Usanza codesta, relativamente recente, e che data dalla seconda metà del secolo scorso, quando all'antico servizio detto «alla francese» venne più opportunamente sostituito il servizio «alla russa» più rapido e più razionale, che segnò l'abolizione delle interminabili serie di piatti, delle barocche montature su zoccoli di grasso o di cera, e delle pietanze mantenute calde sulla tavola da appositi fornelletti (rechauds). La composizione di un «menu» è sottoposta a delle regole, che è opportuno ricordare brevemente. Anzitutto il «menu» deve essere adattato alla circostanza per cui si dà il pranzo. È chiaro che il «menu» d'un pranzo di cerimonia dovrà essere differente da quello per una comunione, allo stesso modo che il «menu» per un pranzo dove predominano le signore dovrà essere assai più ricercato di quello per una riunione di uomini soli, e così di seguito. Uno degli aforismi più giusti di Brillat-Savarin, dice: «L'ordine delle vivande in un pranzo è dalle più sostanziose alle più leggere». Il proverbio «l'appetito viene mangiando» è falso, e man mano che lo stomaco si riempie, si richiedono dei cibi di più in più leggeri e stuzzicanti. Gli antipasti e la minestra — nei grandi pranzi si usano preparare due minestre, una cosidetta «chiara» e una «legata» — rappresentano gli aperitivi. Alcuni vorrebbero abolire anche gli antipasti, eccezione fatta per il caviale e le ostriche, poichè servendosi in genere, secondo la moda russa, dei pesci affumicati, delle insalate piccanti, ecc., il palato non si trova più in grado di apprezzare degnamente il sapore della minestra.
«chiara» e una «legata» — rappresentano gli aperitivi. Alcuni vorrebbero abolire anche gli antipasti, eccezione fatta per il caviale e le ostriche
— Formaggio e frutta. Quello che si deve evitare con ogni cura sono le ripetizioni. Molti, invitandovi a pranzo, vi offrono ad esempio: polli lessati e polli arrostiti, o filetto di bue in casseruola e bistecche. E questo non va. Nella composizione di un «menu», anche il più semplice, si deve ricercare la maggior varietà, evitando di ripetersi non solo nelle qualità delle pietanze, ma nelle salse, nel loro colore, nel modo di presentare i piatti ecc. Se dunque il piatto forte è di carne di bue, fate che quello di mezzo sia di caccia, e l'arrosto di pollame, e viceversa. Evitate così due pietanze preparate allo stesso modo — ad esempio polli spezzati col sugo e budino con finanziera e sugo — come pure due contorni composti degli stessi elementi, siano pure cotti in modo diverso. I soli tartufi fanno eccezione alla regola e possono essere presentati parecchie volte in tavola.
elementi, siano pure cotti in modo diverso. I soli tartufi fanno eccezione alla regola e possono essere presentati parecchie volte in tavola.
Gli asparagi, i fagiuoli, le zucche, i broccoli, i cavoli neri, i cavolfiori, la cicoria o radicchio, le bietole, gli spinaci, i talli di rape, i fagiuolini in erba, i cardoni, le radici di scorzonera, l'indivia, ecc. sono tutti ortaggi che si mangiano anche a lesso, conditi ad uso insalata o diversamente. Generalmente dopo averli mondati secondo la loro specie e lavati, si fanno cuocere nell'acqua bollente, fanno solo eccezione gli spinaci e le bietole, che si possono mettere al fuoco anche senz'acqua, bastando quella che le erbe stesse abbandonano cuocendo, purchè tengasi coperta la pentola per impedire un abbondante evaporazione.
diversamente. Generalmente dopo averli mondati secondo la loro specie e lavati, si fanno cuocere nell'acqua bollente, fanno solo eccezione gli spinaci e le
Dopo aver preparate tutte le cose suddette, fate una salsa piccante, prendete poi un piatto profondo, od un insalatiera, e cominciando dai biscotti che avrete messi a rinvenire, come sopra è detto, formatene un suolo sul fondo di questo recipiente; spargetevi sopra un poco d'olio, distribuite qua e là le fette del mosciame, e poi condite colla suddetta salsa; proseguite a stendere, ed a condire suolo per suolo colla stessa salsa, tutti gli ingredienti descritti (ad eccezione però delle ostriche, dei gamberi e delle olive) disponeteli in bell'ordine, e venite su su accuminandoli, mettendo alla sommità il pesce e l'arigusta. Quando il tutto sarà al suo posto, ed avrete quindi formato ciò che i Genovesi chiamano cappon-magro, bagnatene la superficie colla salsa che vi sarà rimasta; mettete in giro sull'orlo del piatto le ostriche; infilzate ad uno ad uno in piccoli stecchi i gamberi fritti, le olive e 24 fette rotonde di carote tagliuzzate a smerlo intorno e collocateli simmetricamente e vagamente per guarnizione, alternando i colori, sui lati verso la sommità del cappon-magro, che così preparato si serve.
ingredienti descritti (ad eccezione però delle ostriche, dei gamberi e delle olive) disponeteli in bell'ordine, e venite su su accuminandoli, mettendo alla
Preparati in tal modo gli elementi della torta, cominciate a prendere uno dei pezzetti di pasta serbati sulla madia, e col matterello tiratene una sfoglia sottilissima che renderete poi della massima sottigliezza rovesciandola sui pugni e tirandola in tutti i versi. Mettete questa sfoglia in una tegghia già unta con olio e distendetevela bene fino all'orlo, usando molta precauzione per non lacerarla; ungetene la superficie con una penna intinta nell'olio, e continuate a formare nello stesso modo le altre sfoglie sino al numero di 12 o 15, sovrapponendole un'altra nella stessa tegghia badando di ungerle tutte come la prima, ad eccezione dell'ultima; distendetevi le bietole preparate, spargete su questo strato un poco d'olio; stendetevi sopra uniformemente il composto di ricotta e fior di latte, servendovi del dorso del cucchiaio, e preso un etto di burro, dividetelo in 12 parti eguali e distribuitelo simmetricamente su questo nuovo strato, nel quale avrete fatte col cucchiaio altrettante fossettine. Allora rompete entro ognuna di queste fossette un uovo fresco, e sovra essi spargete un poco di parmigiano grattugiato, ed una presina di sale. Proseguite a tirare col matterello le altre sfoglie finchè vi rimangono pezzetti di pasta, e ad una ad una distendetele sulla torta alla stessa maniera delle prime, ungendole egualmente, colla penna intinta nell'olio. Tagliate infine i lembi delle foglie che sopravanzeranno all'orlo della tegghia, formate coi ritagli medesimi l'orliccio alla torta a guisa d'un cordone, intaccandolo tutto intorno e per traverso colla costa di un coltello, ed unta la superficie della torta, fatela cuocere al forno per un'ora circa.
di ungerle tutte come la prima, ad eccezione dell'ultima; distendetevi le bietole preparate, spargete su questo strato un poco d'olio; stendetevi
I grani nostrali si distinguono dai grani esteri, ed essenzialmente quelli teneri, pel colore e per le dimensioni dei chicchi. Fatta eccezione del grano di Polonia, di Salonicco e del Banato (Ungheria), tutti gli altri grani esteri sono di colore più rossiccio dei nostrali. In generale tutti i frumenti provenienti dal Mar Nero e dal Mar d'Azoff sono di grano più piccolo dei nazionali e quelli di Ghirka, Berdianska e Marianopoli sono di chicco piccolissimo. Inoltre quasi tutti questi grani esteri sono sempre più o meno abbondantemente misti a Cosso (gittone), mentre questa mondiglia, o seme estraneo al frumento, si ritrova più di rado ed in minor abbondanza nei grani nostrali. Di più il Cosso e la veccia dei grani esteri sono più minuti di quelli che si possono trovare frammisti ai frumenti nostrali.
I grani nostrali si distinguono dai grani esteri, ed essenzialmente quelli teneri, pel colore e per le dimensioni dei chicchi. Fatta eccezione del
Malgrado questo, detto così in tesi generale, a riguardo della carne essiccata occorre fare un'eccezione in favore della polvere di carne. Ricordata anche da qualche scrittore greco e latino come alimento di guerra adottato dagli antichi soldati greci e romani, la polvere di carne si vorrebbe destinata a riprendere una gran parte nella costituzione dei viveri di riserva per gli eserciti in un prossimo avvenire, inquantochè radunerebbe, meglio di ogni altro alimento conservato, le prerogative più importanti che debbono avere le conserve alimentari da adibirsi ud uso militare, e che sono:
Malgrado questo, detto così in tesi generale, a riguardo della carne essiccata occorre fare un'eccezione in favore della polvere di carne. Ricordata
1° Ebullizione protraila per alquanti minuti. È mezzo efficace di depurazione dell'acqua; ne espelle i gas nocivi che può contenere in dissoluzione, in specie l'idrogeno solforato; decompone in parte il carbonato d'ammoniaca di cui l'acqua può essere impura; precipita gran parte dei suoi sali (carbonati) terrosi, attenuandone cosi la durezza; coagula l'albumina delle materie organiche; uccide i microrganismi che possono contaminarla, ad eccezione forse dei vibrioni e di vari bacteri che possono resistere a tem-perature superiori a + 100° e fino a +110° C.
eccezione forse dei vibrioni e di vari bacteri che possono resistere a tem-perature superiori a + 100° e fino a +110° C.
Mettete la suddetta sfoglia in una teglia, che avrete prima unta con olio, servendovi d'una penna, e distendetevela bene fino all'orlo, usando molta attenzione per non lacerarla; poscia ungetene la superfice colla suddetta penna intinta nell'olio, e proseguite a formare nello stesso modo le altre sfoglie sino al numero di 12 o 15, sovrapponendole una all'altra nella medesima teglia, avvertendo però di ungerle tutte come la prima, ad eccezione dell'ultima.
sfoglie sino al numero di 12 o 15, sovrapponendole una all'altra nella medesima teglia, avvertendo però di ungerle tutte come la prima, ad eccezione
I broccoli, i cavoli neri, i cavolfiori, la « cicoria », ossia radicchio, le bietole, gli spinaci, i talli di rape, i fagiolini in erba, le zucchine, i carciofi, i cardoni, l'indivia, ecc., sono tutti ortaggi che si mangiano lessi, conditi ad uso insalata, o diversamente. In generale, dopo averli mondati secondo la loro specie e lavati, si mettono a cuocere in acqua bollente: solo fanno eccezione gli spinaci e le bietole, che possono mettersi al fuoco anche senza acqua, bastando quella che fanno l'erbe stesse cuocendo, purché tengasi coperta la pentola, onde impedire un'abbondante evaporazione.
mondati secondo la loro specie e lavati, si mettono a cuocere in acqua bollente: solo fanno eccezione gli spinaci e le bietole, che possono mettersi al
I broccoli, i cavoli neri, i cavolfiori, la cicoria o radicchio, le bietole, gli spinaci, i talli di rape, i fagiuolini in erba, le zucchine, i carciofi, gli sparagi, i cardoni, le radici di scorzonera, l'invidia, ecc., sono tutti ortaggi che mangiatisi anche a lesso, conditi a uso insalata o diversamente. In generale dopo averli mondati secondo la loro specie e lavati, si mettono a cuocere in acqua bollente: solo fanno eccezione gli spinaci e le bietole, che possono mettersi al fuoco anche senz'acqua, bastando quella che le erbe stesse abbandonano cuocendo, purchè tengasi coperta la pentola, onde impedire un'abbondante evaporazione.
diversamente. In generale dopo averli mondati secondo la loro specie e lavati, si mettono a cuocere in acqua bollente: solo fanno eccezione gli spinaci e
Di cappone e dindio. Dalla carne, ad eccezione dei pezzi di petto nonchè del fegato, e carne di maiale e vitello si prepara un farcito, che steso sulla pelle si ricopre con lingua, lardo e la carne del petto tagliata a striscie; si può anche spargervi sopra dei tartufi a quadrelli e pistacchi interi. Poi si stende di nuovo del farcito su tutto questo, alternando sempre finchè la pelle sarà ricolma; questa va quindi cucita insieme. Fasciata nel lardo e ravvolta in un lino, la galantina si mette a stufare, ciocchè esige per un tacchino 2 ore.
Di cappone e dindio. Dalla carne, ad eccezione dei pezzi di petto nonchè del fegato, e carne di maiale e vitello si prepara un farcito, che steso
Di pesci di mare si adattano per essere arrostiti di preferenza il pesce tonno, l'orata, lo scombro, i barboni le sogliole ed altri. Vengono scagliati, sventrati e salati, ad eccezione dei barboni, che rimangono intatti e perciò salati soltanto esternamente, e delle sardelle, che, dopo averle arrostite sulla graticola da ambe le parti, si pelano e si toglie loro la testa ancor calde; ammannite su d'un piatto, si cospargono con prezzemolo ed aglio triti e si condiscono con olio. Si mangiano calde o fredde a piacere con o senza succo di limone.
scagliati, sventrati e salati, ad eccezione dei barboni, che rimangono intatti e perciò salati soltanto esternamente, e delle sardelle, che, dopo averle
Le teste dei volatili selvatici, ad eccezione degli uccelletti piccini, dei tordi, delle cesene, delle quaglie ecc. ecc. non si pelano ma s'involgono in diversi strati di carta a ciò non si ungano nè si sciupino durante la cottura e possano venir messe al loro posto, nel piatto da portata come vi si collocano le zampe. Le ali e le code dei fagiani si adoperano per ornare l'uccello cotto, del gallo di montagna serve anche la pelle (essa si deve levare in ogni modo per ottenere maggior morbidezza nella carne) colle belle piume. Questo sistema è però andato alquanto in disuso nella moderna cucina. A tutte le teste dei volatili prima di metterli al fuoco vanno estratti gli occhi, a quelle dei più grandi anche gli orecchi. Le zampe dei gallinacei e degli uccellini vanno tagliate presso la seconda falange, mentre quelle della selvaggina si portano come già dissi in tavola ; le ali dei piccioni, degli uccelli e della selvaggina si lasciano intere, quelle del pollame si mozzano nella parte inferiore, quelle delle anitre e delle oche si asportano per unirle ai fegatini, quelle del tacchino per cuocerle a lesso, badando però sempre che resti un pezzo di pelle per coprirne il taglio onde non si vegga un brutto moncherino.
Le teste dei volatili selvatici, ad eccezione degli uccelletti piccini, dei tordi, delle cesene, delle quaglie ecc. ecc. non si pelano ma s'involgono
Bifteks all'inglese. — Per ottenere il vero bifteks, lo si deve togliere dalle costole o dal filetto di bove. Ciò ottenuto levar devesi la parte grassa e nervosa, facendone porzioni in forma rotonda, e stiacciandole in seguito. — Il biftkes dev'essere immollato nell'olio d'oliva, onde ridurlo più tenero, oppure spalmato di burro dapprima liquefatto e salato. Pronto che sia un bel fuoco di brage, vi si collochi sopra la graticola sulla quale si troverà il bifteks, che non dev'essere toccato se non al momento di rivoltarlo, momento che si conosce essere giunto per certe bollicine che si manifestano nella parte superiore della vivanda. Una volta rivoltato non lo si deve più toccare, sintantochè deposto sul tondo abbiasi a servirlo in tavola. — Prima però lo si condisce di sale, pepe e salsa composta di burro mescolato con prezzemolo tritato e succo di limone. — Si può benissimo guarnirlo di patate fritte e tagliate in minuzzoli quadrati della lunghezza del dito mignolo, condite leggermente di sale. — I bifteks col burro d'acciuga o con pomidoro si apparecchiano nel modo stesso sopra indicato, eccezione fatta che invece del burro e prezzemolo vi si deve sovrapporre il burro di acciughe e pomi d'oro in salsa. — Alle patate puotesi sostituire del crescione, ovvero grossi cetrioli tagliati a fette oblunghi condite con un poco di sale e aceto.
pomidoro si apparecchiano nel modo stesso sopra indicato, eccezione fatta che invece del burro e prezzemolo vi si deve sovrapporre il burro di