Cogliete le noci quando non sono più grosse di un uovo di piccione (saranno al punto giusto quando, trapassandole con un ferro da calza, lasciano uscire ancora un po' di liquido verdastro), strofinatele con un tovagliolo, sforacchiatele in più parti, mettetele in una terrina coperte d'acqua fredda e lasciatevele quindici giorni rinnovando quotidianamente l'acqua. Cuocete poi le noci per due ore in acqua leggermente salata, pesatele, rimettetele nella terrina coperte con l'acqua della bollitura. Lasciate riposare 24 ore. Mettete poi al fuoco un egual peso di zucchero con un gocciolo d'acqua di macerazione delle noci che saranno state intanto sgocciolate; quando lo zucchero è sciolto e bollente versa telo sulle noci stesse, lasciate riposare altre 24 ore e ripetete questa operazione per sei giorni consecutivi. Il sesto giorno fate bollire per mezz'ora le noci nel loro sciroppo, poi collocatele nei vasi sul fondo dei quali avrete messo un sacchettino di garza contenente chiodi di garofano, cannella, zenzero, coriandoli; copritele dello sciroppo e lasciate raffreddare completamente prima di chiudere. (Se lo sciroppo diventasse troppo denso potrete aggiungere al terzo giorno un poco di acqua).
e lasciatevele quindici giorni rinnovando quotidianamente l'acqua. Cuocete poi le noci per due ore in acqua leggermente salata, pesatele, rimettetele
Bisogna sciegliere il Majale di una carne soda, e rossastra, che non abbia alcun cattivo gusto, e che non senta il riscaldato. Quello, la di cui carne ha delle picciole macchie bianche non è buono. Il majale di sei, o otto mesi è ottimo per fare arrosto, e salarne la ventresca; quello di un anno, o quindici mesi è migliore per il lardo, e la panna, ossia assogna. Il Porchetto da latte deve avere circa un mese. Bisogna ucciderlo, e sbullentarlo subito uscito di sotto la madre. Tutto ciò che impiegasi per Cervellate, Salciccie, Budini etc. deve essere fresco, e recente, imperocchè se si lascia qualche poco invecchiare è soggetto a prendere il riscaldato, e le budelle a creparsi. I Prosciutti di primo sale si deve procurare che siano di animale giovane, corti, e carnuti; mentre se sono di animale vecchio, la carne è dura, tigliosa, e difficile a digerirsi.
quindici mesi è migliore per il lardo, e la panna, ossia assogna. Il Porchetto da latte deve avere circa un mese. Bisogna ucciderlo, e sbullentarlo
Terrina = Fiambate, sventrate, e trussate sei Quaglie colle coscie dentro il corpo, fatele alquanto rosolare in una cazzarola sopra il fuoco con lardo rapato, indi levatele, e mettete nella cazzarola quindici cipollette imbianchite all'acqua bollente, fatele rosolare egualmente, e levatele, mettete nella cazzarola un buon pizzico di farina, fatela divenire color d'oro sopra un picciolo fuoco movendo sempre bagnate poscia con una bottiglia di vino rosso consumato per metà, e sugo di manzo, fate bollire dolcemente mezz'ora digrassando bene di tempo in tempo. Ponete le Quaglie in un'altra cazzarola con un pezzo di prosciutto, un mazzetto d'erbe diverse con mezza foglia di alloro, passateci dentro la Salsa col setaccio, fate cuocere a picciolo fuoco. Alla metà della cottura metteteci le cipollette, e a due terzi aggiungeteci sei rocchi d'anguilla, condite con sale, e pepe schiacciato; fate finire di cuocere a fuoco allegro, e consumare la Salsa al suo punto, quindi digrassate, metteteci un buon pizzico di capperi fini intieri, aggiustate l'anguilla, tramezzata colle Quaglie nella Terrina, guarnite sopra colle cipollette, e crostini di crosta di pane fritti nel butirro, levate dalla Salsa il prosciutto, e mazzetto, e servitela con un filetto d'aceto sopra la Matelotte. Con coscie di Pollanche, Piccioni etc., si apprestano nella stessa maniera.
lardo rapato, indi levatele, e mettete nella cazzarola quindici cipollette imbianchite all'acqua bollente, fatele rosolare egualmente, e levatele, mettete
Antrè = Imbianchite un quarto d'ora all'acqua bollente due animelle di mongana, e pulitele bene, tagliatele in pezzi, passatele in una cazzarola sopra il fuoco con quindici beccafichi, fiambati, sventrati, e trussati colle coscie nel corpo, qualche prugnuolo, e tartufo secco bene ammollato, e nettato, un pezzo di butirro, una fetta di prosciutto, un mazzetto d'erbe diverse, sale, pepe schiacciato; indi fate raffreddare. Stendete una sfoglia di pasta sfoglia, mettetela sopra il piatto, poneteci nel mezzo un dito di farsa di Gratino cruda, aggiustateci sopra i beccafichi colle animelle, e tutto il loro condimento, coprite con fette di lardo, e la solita pasta. Finite la Torta come quella di Beccacele pag. 245. Nel momento di servire scopritela, levate il lardo, prosciutto, mazzetto, digrassate bene, e serviteci sopra un picciolo Ragù di granelletti di pollastri, uovette nonnate, creste fegatini etc., che trovarete alla pag. 5. Gli ortolani in Torta si apprestano nella stessa guisa.
sopra il fuoco con quindici beccafichi, fiambati, sventrati, e trussati colle coscie nel corpo, qualche prugnuolo, e tartufo secco bene ammollato, e
Antremè Rifreddo = Dopo che averete tagliata la regalia, e sgorgate le Lingue come sopra, ponetele in una marmitta sopra il fuoco con acqua, movendole spesso, fino a tanto, che gli si leverà la pelle, passatele allora all'acqua fresca, e asciugatele bene, poscia strofinatele col nitro nello stesso modo, e mettetele in una concia come la precedente. In capo a quindici giorni levatele, prendete de' budelli di manzo ben puliti, e tenuti in infusione unitamente alle Lingue, asciugateli, poneteli sopra un piatto, conditeli con un poco di finocchio trito, o alloro, o basilico, o aglio, in guisa, che ponendoci le Lingue, e rivolgendo il budello, il finocchio, o altro, resti al di dentro, infilatele ne' budelli come se fossero salami; legate il budello dalla parte della regaglia, e sfumatele, e finitele come le altre.
modo, e mettetele in una concia come la precedente. In capo a quindici giorni levatele, prendete de' budelli di manzo ben puliti, e tenuti in
Bisogna sciegliere il Majale di una carne soda, e rossastra, che non abbia alcun cattivo gusto, e che non senta il riscaldato. Quello, la di cui carne ha delle picciole macchie bianche non è buono. Il majale di sei, o otto mesi è ottimo per fare arrosto, e salarne la ventresca; quello di un anno, o quindici mesi è migliore per il lardo, prosciutti, e panna, ossia assogna. Il Porchetto da latte deve avere circa un mese. Bisogna ucciderlo, e sbollentarlo subito uscito di sotto la madre. Tutto ciò che impiegasi per Cervellate, Salciccie, Budini ec. deve essere fresco, e recente, imperocchè se si lascia qualche poco invecchiare è soggetto a prendere il riscaldato, e le budelle a creparsi. I Prosciutti di primo sale si deve procurare che siano di animale giovane, corti, e carnuti; mentre se sono di animale vecchio, la carne è dura, tigliosa, e difficile a digerirsi.
quindici mesi è migliore per il lardo, prosciutti, e panna, ossia assogna. Il Porchetto da latte deve avere circa un mese. Bisogna ucciderlo, e
Fate una salimoja secondo la quantità dei prosciutti che volete salare in questa maniera. Mettete in un vaso tutta sorta d'erbe odorose, come timo, persa, erba pepe, basilico, alloro, menta, ginepro, finocchio, coriandoli anaci, molto sale, salnitro, e un poco di zucchero di Lisbona, metà acqua, e metà feccia di vino bianco; lasciate in infusione le erbe sudette per lo spazio di due giorni; poscia spremetele bene, e colate la salimoja dolcemente in un altro vaso, acciò divenga chiara, metteteci dentro i cosciotti tagliati coll'osso corto, e le spalle, lasciateli in questo stato per quindici giorni, poi tirateli fuori, scolateli, e fateli sfumare alla stufa o al cammino fino a tanto che saranno secchi. Alcuni fanno la salimoja coll'erbe sudette, acqua, sale, salnitro, e zucchero di Lisbona. Per ogni libbra di sale comune metteteci due oncie di nitro, e tre di zucchero; fatela bollire finchè un uovo venga sulla sua superfice. Segno che allora è giunta al suo punto. Allorchè sarà fredda colatela leggermente, poneteci dentro i prosciutti e le spalle, e finiteli come di sopra. Se volete servirvi di detta salimoja per una seconda volta, aggiungeteci un poco più di sale, nitro, e zucchero, fatela ribollire, schiumatela bene, e quando sarà fredda metteteci degli altri prosciutti.
in un altro vaso, acciò divenga chiara, metteteci dentro i cosciotti tagliati coll'osso corto, e le spalle, lasciateli in questo stato per quindici
Ciò fatto prendete farina d'orzo, o di miglio, o di fromento, componetene una pasta mescolata con latte caldo, formatene tanti piccioli bocconi a guisa di grosse olive, che gli farete inghiottire tre volte il giorno. Non bisogna dargliene nel principio, che poche per volta, ed aumentare di giorno in giorno questo nutrimento, fino al numero di quindici, o venti, e talvolta più a tenore della grandezza dell'animale, facendone poca per volta acciò non inacedisca. Potete intingere questi bocconi di pasta nei latte, o nell'acqua prima di fargli inghiottire al cappone, od altro volatile. In dieciotto, o venti giorni sarà ingrassato perfettamente. Le capponesse, le gallotte, ed i galiinaccietti, s'ingrassano nella stessa maniera; ma si crede che rieschino molto migliori imboccandoli con gnocchettì di riso cotto con latte, e tiepidi; e per il rimanente seguire il metodo, come si dirà in appresso.
in giorno questo nutrimento, fino al numero di quindici, o venti, e talvolta più a tenore della grandezza dell'animale, facendone poca per volta acciò
Per capponare i Galletti, bisogna sceglierli vigorosi, vivaci, e snelli, colla cresta di un rosso acre, le gambe lisce, è nati verso la fine di Maggio. La castrazione si eseguisce da una Madonna all'altra, cioè dalli quindici di Agosot, fino alli undici di Settembre. Si è osservato, che i Pollastri capponati, o prima, o dopo un tal tempo, o soggiacciono alla morte, perchè la ferita incancrenisce per il soverchio caldo, o per il soverchio freddo, oppure non divengono giammai nè belli, nè grassi nè delicati. Tutti i Pollastri sono buoni per capponare, ma l'esperienza ha fatto conoscere, che in Roma i Pollastri di Perugia Sono i soli, che divengono bellissimi Capponi, grossi, grassi, bianchi e di carne fina, e delicatissima; ed in Napoli quelli di Ottajano, e sue vicinanze. Si prendono ordinariamente i Galletti di tre mesi per castrarli.
Maggio. La castrazione si eseguisce da una Madonna all'altra, cioè dalli quindici di Agosot, fino alli undici di Settembre. Si è osservato, che i Pollastri
Questa sorta di volatile non avendo gozzo, e non potendosi governare con la Plomba, bisogna farlo a mano. Fate pertando una pasta alquanto soda, con acqua e farina di grano d'India, o sia granturco, alla quale averete levato la semola, cotta che sarà gettatela sopra una tavola, e quando è un poco raffreddata, fatene tanti gnocchetti, come piccioli dattili, poneteli sopra tavolette, e dopo sfornato il pane, metteteli nel forno a disseccare, che venghino duri, e se è possibile alquanto colorito.Ftene una quantità, che vi basti per quattro o cinque giorni. Imbonate le oche, e le Anitre tre volte al giorno, dandogli quindici o venti bocconi della pasta suddetta,ed anche più, secondo la loro grossezza; ma sempre più alle Oche, che alle Anitre. Oltrediciò tenetegli nelle mangiatoje delle gabbie del granturco cotto, mescolato con riso e miglio alquanto lento, se bramassero mangiare fra la giornata, e mai fategli mancare l'acqua da bere.
al giorno, dandogli quindici o venti bocconi della pasta suddetta,ed anche più, secondo la loro grossezza; ma sempre più alle Oche, che alle Anitre
Terrina = Fiambate, sventrate, e trussate sei Quaglie colle coscie dentro il corpo, fatele alquanto rosolare in una cazzarola sopra il fuoco con lardo rapato, indi levatele, e mettete nella cazzarola quindici cipollette imbianchite all'acqua bollente, fatele rosolare egualmente, e levatele, mettete nella cazzarola un buon pizzico di farina, fatela divenire color d'oro sopra un picciolo fuoco movendo sempre bagnate poscia con una bottiglia di vino rosso consumato per metà, e sugo di manzo, fate bollire dolcemente mezz'ora digrassando bene di tempo in tempo. Ponete le Quaglie in un'altra cazzarola con un pezzo di prosciutto, un mazzetto d'erbe diverse con mezza foglia di alloro, passateci dentro la Salsa col setaccio, fate cuocere a picciolo fuoco. Alla metà della cottura metteteci le cipollette, e a due terzi aggiungeteci sei rocchi d'anguilla, condite con sale, e pepe schiacciato; fate finire di cuocere a fuoco allegro, e consumare la Salsa al suo punto, quindi digrassate, metteteci un buon pizzico di capperi fini intieri, aggiustate l'anguilla, tramezzata colle Quaglie nella Terrina, guarnite sopra colle cipollette, e crostini di crosta di pane fritti nel butirro, levate dalla Salsa il prosciutto, e mazzetto, e servitela con un filetto d'aceto sopra la Matelotte. Con coscie di Pollanche, Piccioni ec., si apprestano nella stessa maniera. Si può fare a meno dell'anguilla.
lardo rapato, indi levatele, e mettete nella cazzarola quindici cipollette imbianchite all'acqua bollente, fatele rosolare egualmente, e levatele, mettete
Antrè = Imbianchite un quarto d'ora all'acqua bollente due animelle di mongana, e pulitele bene, tagliatele in pezzi, passatele in una cazzarola sopra il fuoco con quindici beccafichi, fiambati, sventrati, e trussati colle coscie nel corpo, qualche prugnuolo, e tartufo secco bene ammollato, e nettato, un pezzo di butirro, una fetta di prosciutto, un mazzetto d'erbe diverse, sale, pepe schiacciato; indi fate raffreddare. Stendete una sfoglia di pasta sfoglia, mettetela sopra il piatto, poneteci nel mezzo un dito di farsa di Gratino cruda, aggiustateci sopra i beccafichi colle animelle, e tutto il loro condimento, coprite con fette di lardo, e la solita pasta. Finite la Torta come quella di Beccacele pag. 268. Nel momento di servire scopritela, levate il lardo, prosciutto, mazzetto, digrassate bene, e serviteci sopra un picciolo Ragù di granelletti di pollastri, uovette nonnate, creste fegatini etc.., che trovarete alla pag. 8. Gli ortolani in Torta si apprestano nella stessa guisa.
sopra il fuoco con quindici beccafichi, fiambati, sventrati, e trussati colle coscie nel corpo, qualche prugnuolo, e tartufo secco bene ammollato, e
Antremè Rifreddo = Dopo che averete tagliata la regaglia, e sgorgate le Lingue come sopra, ponetele in una marmitta sopra il fuoco con acqua, movendole spesso, fino a tanto, che gli si leverà la pelle, passatele allora all'acqua fresca, e asciugatele bene, poscia strofinatele col salnitro nello stesso modo, e mettetele in una concia come la precedente. In capo a quindici giorni levatele, prendete de' budelli di manzo ben puliti, e tenuti in infusione unitamente alle Lingue, asciugateli, poneteli sopra un piatto, conditeli con un poco di finocchio trito, o alloro, o basilico, o aglio, in guisa, che ponendoci le Lingue, e rivolgendo il budello, il finocchio, o altro, resti al di dentro, infilatele ne' budelli come se fossero salami; legate il budello dalla parte della regaglia, e sfumatele, e finitele come le altre.
stesso modo, e mettetele in una concia come la precedente. In capo a quindici giorni levatele, prendete de' budelli di manzo ben puliti, e tenuti in
L'Italia ne alberga diverse specie, la più stimata delle quali, come cibo, è l'Acipenser sturio (storione comune); lo si riconosce pel muso acuto, pel labbro inferiore carnoso e nel mezzo diviso, non che pei cirri nasali semplici e tutti eguali tra loro. Frequenta a preferenza le foci del Ticino e del Po ove, non è gran tempo, ne fu pescato uno che pesava Kg. 215; ma la specie che prende maggior sviluppo è l'Acipenser huso, il quale raggiunge fino a due metri e più di lunghezza, con ovaia grandi un terzo dell'animale, ed è questa particolarmente che somministra il caviale e l'ittiocolla. Il primo è formato dalle uova crude degli storioni, passate per setaccio onde levarne i filamenti che le inviluppano, indi salate e fortemente compresse; la seconda preparasi sulle spiaggie del mar Caspio o sulle coste dei fiumi che vi sboccano, ma più che altrove ad Astrachan. Non farà maraviglia la quantità straordinaria che se ne trova in commercio (servendo l'ittiocolla a molti usi) se si considera che talvolta nel Volga si pescano da quindici a ventimila storioni al giorno; e di là, cioè dalle provincie meridionali della Russia, ci viene anche il caviale. Fu annunziato che dei pescatori del Danubio, presero, non ha guari, uno storione del peso di otto quintali e che la spoglia di questo enorme pesce, lungo metri 3,30, figura nel museo di Vienna.
quantità straordinaria che se ne trova in commercio (servendo l'ittiocolla a molti usi) se si considera che talvolta nel Volga si pescano da quindici a
Grattate in pari tempo la scorza dei limoni e tenetela infusa in due decilitri del detto spirito per otto giorni; per tre o quattro giorni rimescolatela spesso, e d'inverno serbatela in luogo riparato dal freddo. Dopo otto giorni passate l'infuso dei limoni da un pannolino bagnato, strizzatelo bene e l'estratto mescolatelo coi restanti sei decilitri di spirito e lasciatelo riposare per ventiquattr'ore. Il giorno appresso mescolate ogni cosa insieme, versate il liquido in un fiasco, che a quando a quando andrete scuotendo, e dopo quindici giorni passatelo per carta oppure più volte per cotone. Questo va messo in fondo all'imbuto e in mezzo ad esso fateci passare uno stecco di scopa a più rami nella parte superiore onde dia adito al liquido di passare.
insieme, versate il liquido in un fiasco, che a quando a quando andrete scuotendo, e dopo quindici giorni passatelo per carta oppure più volte per cotone
Pulite bene, aggiustate una bella trota, e fatela cuocere con una buona mirepoix che preparerete in questo modo: Tagliuzzate delle cipolle e delle carote con un po' di sedano, prezzemolo, cerfoglio e con una mezza foglia d'alloro; fate tostare il tutto con olio finissimo in una casseruola a fuoco moderato, versateci poi del vino bianco, un po' di sale, qualche granello di pepe bianco e fate ritirare a metà. Quindi lasciate raffreddare, e fredda che sia questa mirepoix, passatela sopra il pesce che avrete aggiustato in una navicella, aggiungendovi dell'acqua fredda, e fate cuocere a fuoco vivo fin che levi il bollore. Allora ritiratelo nell'angolo del fornello lasciandolo cuocere adagino. Per una trota di quattro chilogrammi occorrono non meno di quindici minuti di cottura.
Brodo economico di ossa. Non solo le ossa fresche, ma anche le bollite ed arrostite possono servire a dar brodo, giacchè queste ultime colla precedente cottura non hanno perduto che un trentaduesimo della loro parte nutritiva. Onde ottenere quindi tali brodi si procede come segue: si pestano le ossa fredde in un mortaio di ferro, bagnandole con due once d'acqua per ogni libbra, acciò non si riscaldino dopo ciò si mettono in un vaso bucherato a guisa di un colatoio, munito di un coperchio, parimenti bucherato. Questo vaso a cui qualcuno ha dato il nome di diaframma si pone sopra un tripiede in una marmitta provvista della quantità di acqua necessaria. Vi si aggiungono legumi e sale, si fa bollire la massa a fuoco lento, e si schiuma. Dopo 6 ore si sgrassa. Tre libbre di ossa così trattate danno sei once di grasso, e quindici libbre di brodo di facile digestione, e che rappigliasi su gelatina nel raffreddare.
ore si sgrassa. Tre libbre di ossa così trattate danno sei once di grasso, e quindici libbre di brodo di facile digestione, e che rappigliasi su
Si ripete l'operazione di sovrapporre sale a strati di cavoli e strati di cavoli a sale, sino a che il recipiente sia colmo. Ad ogni strato di cavoli si mescoli un cucchiaio di pepe in grani ed alcuni semi di ginepro. Lo strato ultimo, quello a contatto della luce e dell'aria ha da essere di sale, sul quale si appoggiano pesi atti a ben comprimere. Ogni quattro o cinque giorni, durante quindici o venti giorni, si tolga l'acqua che i cavoli producono e si sostituisca con salamoia. Il vaso si tenga in luogo caldo, perchè, se il liquido gela, bisogna gettar via ogni cosa. I cavoli così preparati si possono mangiare dopo due mesi dalla preparazione.
, sul quale si appoggiano pesi atti a ben comprimere. Ogni quattro o cinque giorni, durante quindici o venti giorni, si tolga l'acqua che i cavoli
Vi diamo qui la ricetta elementare per preparare il risotto, che vi potrà essere di guida per tutte le altre ricette di risotto. Affettate sottilmente la cipolla e fatela soffriggere nel burro. Quando è ben dorata, unitevi il riso (che avrete prima mondato dai sassolini e altre impurità che sempre contiene), salate, e lasciate insaporire un momento a fuoco ardente nella teglia scoperta, rimestando con un cucchiaio di legno. Unite poi adagio adagio del brodo bollente, lasciandolo consumare prima di aggiungerne altro. Rimestate di tanto in tanto in modo che non si attacchi sul fondo della pentola. Ricordatevi che il risotto va cotto a fuoco ardente e a pentola scoperta. Secondo la qualità e secondo i gusti il riso deve cuocere dai quindici ai venti minuti e non oltre, però. Ultimate il risotto con del parmigiano grattugiato e un pezzetto di burro fresco.
pentola. Ricordatevi che il risotto va cotto a fuoco ardente e a pentola scoperta. Secondo la qualità e secondo i gusti il riso deve cuocere dai quindici
Tagliate il cavolo a listerelle sottili e uguali e mettetelo in una ciotola di terra. Salatelo abbondantemente e lasciatelo in sale almeno 2 ore, possibilmente sotto pressione. Preparate poi un soffritto col burro, metà della pancetta tagliata a pezzettini e un cipolla tritata. Quando la cipolla è rosolata aggiungete il prezzemolo, poi l'aglio ritirando il tegame dal fuoco. Rimestate col cucchiaio di legno e aggiungete le cotenne e il resto della pancetta tagliato a pezzettini. Finalmente mettete al fuoco ancora e aggiungete il cavolo che avrete tolto dal sale e ben lavato e scolato. Condite con sale, pepe e fate cuocere per oltre un'ora. Quindici minuti prima di servire versate sui crauti l'aceto.
con sale, pepe e fate cuocere per oltre un'ora. Quindici minuti prima di servire versate sui crauti l'aceto.
524. Lardo. Spiccate il lardo del majale, lasciandovi attaccata meno carne che potrete; distendetelo su d'una tavola in luogo fresco; spargetevi sopra tanti ettogr. di sale quanti chilogr. peserà il lardo, e quando lo avrete sparso egualmente da per tutto, porrete le mezzine (ossia le due parti del lardo, che sarà diviso in mezzo della schiena per lo lungo) una sopra l'altra, carne contro carne, cioè colla cotenna dalla parte esterna; indi poserete un'altra tavola sopra il lardo, e sovra essa metterete dei sassi pesanti. Quindici giorni dopo toglierete i pesi e le tavole, praticherete un buco all'estremità d'ogni mezzina, onde farvi passare una cordicella a guisa di maglia, e per questa le appenderete in luogo asciutto e fresco per farle prosciugare.
poserete un'altra tavola sopra il lardo, e sovra essa metterete dei sassi pesanti. Quindici giorni dopo toglierete i pesi e le tavole, praticherete un buco
531. Bondiola. I Parmigiani chiamano così un salato loro speciale, che preparano nel seguente modo. Prendete della carne di majale, e precisamente i due pezzi muscolosi situati fra il lardo e la spalla, della lunghezza di circa 30 centimetri, ai quali lascerete attaccato anche un poco di grasso. Preparate un miscuglio di sale, cannella, garofani, noce moscata grattata, pepe, e un po' di nitro, il tutto ridotto in polvere e mescolato bene insieme; con questo stropicciate ben bene i due pezzi di carne, i quali porrete poi in un vaso di terra verniciato, cospargendovi sopra le droghe non incorporatesi colla carne, e spruzzatevi un poco di vino bianco; lasciate così la carne, ben pigiata e coperta per quindici giorni, avvertendo di rivoltarla a metà di tal periodo di tempo, indi ritiratela, fatela sgocciolare, sovrapponete uno sull'altro i due muscoli così conciati, ed insaccateli in un grosso budello di manzo, aggiungendo altra poca spezieria in polvere fra i due pezzi della carne, e legando poi strettamente con spago, che avvolgerete a spire poco distanti fra loro. Ultimata questa operazione, fate prosciugare per poco tempo la bondiola a moderato calore, e poi conservatela in luogo fresco, onde farla ben stagionare.
incorporatesi colla carne, e spruzzatevi un poco di vino bianco; lasciate così la carne, ben pigiata e coperta per quindici giorni, avvertendo di rivoltarla
L'Asparago, chiamato pure dagli Ateniesi Asparagus e dagli altri Greci Asparagon, trae il suo nome dalla parola greca sparasso (lacerare) stante che qualche specie è munita di spine laceranti. Il seme à virtù geminatrice per 5 anni. È pianta oleacera nota e gradita. Vuole esposizione di mezzodì. È spontanea nei terreni sabbiosi d'Europa. Tre le varietà principali: — il bianco, precoce e molto produttivo, verde all'estremità, che è quello d'Olanda e del Belgio — il violetto, più grosso di colore violetto o rossiccio all'estremità, che è quello di Ulma, Polonia-Darmstadt — e il verde, meno grosso del precedente, ma più saporito, verde e tenero in tutta la sua lunghezza, che è quello di Piemonte (celebri quelli di Cilavegna). L'asparago di Praga è il medesimo. Si moltiplica per mezzo delle radici, dette occhi, ma egualmente, e forse meglio, si ànno asparagiaie colla semina. Durano le radici dai 20 ai 30 anni e più. Se ne mangiano i talli in primavera. Gli asparagi, costituiscono una verdura saporitissima, di facile digestione, gradevole, ma poco nutritiva. Servono a moltissimi usi in cucina. Si fanno cocere senz'acqua in tegame di terra o fortiera, chiusi a foco lento, ove cocendo col proprio vapore, sono più saporiti, devono essere poco cotti altrimenti perdono del loro sapore, dieci o quindici minuti tutt' al più. Si condiscono con burro od olio. Si mangiano in insalata con olio, pepe e limone. Si friggono col pesce infarinati, s' accompagnano alle ova, al riso, agli stufati, nei ragouts e nei potaggi.
col proprio vapore, sono più saporiti, devono essere poco cotti altrimenti perdono del loro sapore, dieci o quindici minuti tutt' al più. Si condiscono
Versate queste droghe in una grossa bottiglia in cui avrete messo alcool a 90 grammi 600 e acqua grammi 350. Quest'aggiunta d'acqua è necessaria perche l' alcool dell'infusione deve avere soltanto 60°. Aggiugete e inoltre mezza stecca di vainiglia tagliata in pezzettini. Chiudete la bottiglia e agitate bene la miscela, lasciate così l'infusione per quindici giorni, agitando ogni giorno energicamente la bottiglia. Dopo questo tempo mettete in una terrina 600 grammi di zucchero con mezzo litro d'acqua, e quando lo zucchero sarà completamente sciolto aggiungetelo nell'alcool. Mescolate, lasciate in riposo per una giornata, poi, per mezzo dell'imbuto di vetro e un cono di carta da filtro, filtrate il vostro liquore al quale unirete infine un decilitro d'acqua di rose. Il macis per chi non lo sapesse è l'involucro della noce moscata ed ha lo stesso profumo di questa, ma più delicato. La cocciniglia costituisce la parte colorante; il cardamomo è una droga esotica formata come di tanti grossi pinoli nei quali sono dei semi bruni aromaticissimi. Di questi granelli potrete adoperarne circa una diecina.
agitate bene la miscela, lasciate così l'infusione per quindici giorni, agitando ogni giorno energicamente la bottiglia. Dopo questo tempo mettete in una
In una grande bottiglia versate gr. 300 di alcool a 90° e 100 grammi d'acqua, e in questo spirito mettete in infusione, per quindici giorni, 100 grammi di corteccia di china pestata nel mortaio e 10 grammi di scorza d'arancio. Scuotete energicamente l'infusione un paio di volte al giorno, e poi facendola colare attraverso una salviettina posta sopra un imbuto, raccogliete questa tintura di china. Diluitela con 850 grammi di alcool a 90° e in ultimo aggiungeteci uno sciroppo di zucchero fatto con 1200 grammi di zucchero e un litro d'acqua. Lasciate il tutto in riposo per un paio di giorni e poi filtrate l'elixir e imbottigliatelo. Lo sciroppo può essere preparato a freddo. Ma noi vi consigliamo di prepararlo a caldo nel modo descritto per lo sciroppo di granatina.
In una grande bottiglia versate gr. 300 di alcool a 90° e 100 grammi d'acqua, e in questo spirito mettete in infusione, per quindici giorni, 100
Fatto questo, chiudete il boccioncino con un tappo di sughero, calcate bene il tappo e lasciate il liquore così per quindici giorni, avendo l'avvertenza di scuoterlo energicamente almeno due volte al giorno. Trascorso il tempo stabilito, voi avrete ottenuto un liquore dall'aspetto torbido e bianchiccio. Non ve ne preoccupate. Preparate il vostro imbuto di vetro con la carta da filtro, e incominciate a filtrare. Sarete gradevolmente sorprese nel constatare che dal filtro colerà un liquido limpidissimo, di un pallido colore giallo ambrato, di profumo e di gusto deliziosi. Continuate a filtrare fino ad esaurimento del liquore e non abbiate fretta di ritirare l'imbuto. Infatti nella parete interna del filtro verrà a depositarsi tutta la parte caseosa del latte che conviene lasciar sgocciolare esaurientemente per non correre il rischio di buttar via qualche bicchierino di liquore che è contenuto in questa poltiglia biancastra. Quando il liquore sarà tutto passato imbottigliatelo. È un liquore veramente squisito, specialmente dedicato alle signore.
Fatto questo, chiudete il boccioncino con un tappo di sughero, calcate bene il tappo e lasciate il liquore così per quindici giorni, avendo l
Esempio : Per preparare la Beccaccia al Monterosa salsa Venere, prendete una bella beccaccia, pulitela, copritene lo stomaco con delle fette di prosciutto e lardo, mettetela in casseruola con burro, sale, pepe, ginepro, cuocetela in un forno molto caldo per quindici minuti innaffiandola di cognac. Appena tolta dalla casseruola posatela sopra un crostone di pane quadrato inzuppato di rhum e cognac e copritela con una pasta sfogliata. Rimettetela poi nel forno finchè la pasta è ben cotta. Servitela con questa salsa: un mezzo bicchiere di marsala e vino bianco, quattro cucchiai di mirtilli, della buccia di arancio tagliuzzata, il tutto bollito per 10 minuti. Ponete la salsa nella salsiera e servitela molto calda. (Formula di Bulgheroni, primo cuoco della Penna d'Oca).
prosciutto e lardo, mettetela in casseruola con burro, sale, pepe, ginepro, cuocetela in un forno molto caldo per quindici minuti innaffiandola di cognac
Frutta. Benchè le frutta non sieno considerate come alimento d'indispensabile necessità, sono per la maggior parte tanto salubri che gradevoli al palato, ed il consumo delle frutta, sia fresche che cotte, contribuisce a mantenere la salute, specialmente nel verno, quando l'insieme degli alimenti è meno refrigerante che durante la bella stagione. Per tal motivo, ogniqualvolta lo permettano le circostanze, è utilissimo di fare una buona provvisione di frutta che possano custodirsi, scegliendo le specie la cui conservazione riesce più facile. In questa provvisione quelle da preferirsi sono le pere e le mele. La buona conservazione di queste due qualità di frutta dipende in gran parte dal modo con cui se ne fa il raccolto. Per cui, non v'è cosa meno giudiziosa di quella di far raccogliere, come generalmente si usa, tutte le mele e le pera in uno stesso giorno. Non solo tutte le specie di queste due frutta, che sono presso a poco della medesima stagione, non maturano esattamente ed in pari tempo, ma benanche tutte le frutta di uno stesso albero non giungono nello stesso tempo a maturità, quelle che trovansi nei rami interni, avendo meno ricevuto l'aria ed il sole, non devono essere côlte che dieci o quindici giorni dopo le altre. L'indizio più certo che è giunto il momento di raccogliere la più gran parte di frutta da un albero, si è quello in cui, in un tempo calmo, alcune frutta perfettamente sane naturalmente cadono dall'albero.
côlte che dieci o quindici giorni dopo le altre. L'indizio più certo che è giunto il momento di raccogliere la più gran parte di frutta da un albero, si
Modo semplicissimo di salare il majale. Ponete sur una tavola la quantità di sale che vi è necessaria per le carni che volete salare (1). Strofinate accuratamente ogni pezzo in modo che il sale penetri per ogni parte. Abbiate presso di voi un carnajo portatile, od una specie di barilotto ben netto e solidamente incerchiato. Formate uno strato di sale, e collocatevi sopra regolarmente ogni pezzo che sia strofinato come si è detto; formato quel primo strato, aspergetelo copiosamente di sale; comprimete bene ogni pezzo per modo che non abbia a rimanere alcun vuoto; cuoprite con un'asse o tavola in maniera che pigli esattamente il contorno del recipiente; poneteci sopra pietre ben lavate o sassi mondi onde comprimano il tutto; cuoprite ogni cosa con un largo strofinaccio di bucato, e poi con un altro coperchio. Non bisogna che nella salamoja penetri aria. In capo a quindici giorni potete servirvi di questa salamoja avendo cura di ritirare con un coltello o forchetta i pezzi di cui abbisognate, poichè bisogna guardarsi bene dal por le mani nella salamoja che venne formata dalle carni e dal sale: la proprietà, ecco il gran secreto per la conservazione delle carni.
cosa con un largo strofinaccio di bucato, e poi con un altro coperchio. Non bisogna che nella salamoja penetri aria. In capo a quindici giorni potete
Dopo avere bene mondate e abbruciacchiate le oche destinate a tale uso, si fanno arrostire allo spiedo, ma in modo da non cuocerli che per due terzi, e si raccoglie accuratamente tutto il grasso che da essi cola. Si lasciano poi freddare e si staccano quindi acconciamente le ali e le coscie. Si può, volendo, riserbarsi le ale per approntarle e mangiarle, ovvero prepararle come le coscie. In quest'ultimo caso, non rimarrà che il carcame di cui si può trarre immediatamente profitto. Si schiera entro una terrina od un vase di terra le coscie o le ali le une sulle altre, senza troppo pigiarle, e gettandovi sopra ad intervalli sale trito e qualche foglia di lauro. Così si lasciano per dodici o quindici ore, affinchè convenientemente si asciughino. Si mescola poi il grasso che le oche colarono con del buon grasso bianco, e si fa colare versandolo sulle coscie e sulle ali, in modo che ne sieno coperte almeno per un pollice. Si lascia che il grasso si rapprenda, e cuopresi accuratamente la terrina od il vaso con pergamena bene assicurata e legata con ispago.
gettandovi sopra ad intervalli sale trito e qualche foglia di lauro. Così si lasciano per dodici o quindici ore, affinchè convenientemente si
Anguilla alla tartara. Mettete in casseruola un pezzo di burro fresco, carote tagliate in fette sottili, cipolle affettate, prezzemolo, e uno spicchio d'aglio stiacciato. Passate questi legumi al burro; aggiungetevi due bicchieri di vino bianco o rosso, a scelta; collocatevi allora dentro l'anguilla condendola di pepe, sale, una foglia di lauro e un poco di timo. Lasciatela cuocere in tal modo per quindici o venti minuti, e poi raffreddare nel suo liquido, che una volta freddata, deve formare una gelatina. Ritirate l'anguilla e aspergetela bene di pane grattugiato; immollatela in due o tre uova che avrete sbattute e miste con alquanto di quel liquido; incrostatela ancora di pane per ogni parte e con assai cura, indi con precauzione deponetela sopra un coperchio di casseruola. Abbiate in pronto uno sfritto d'olio che sia ben caldo, introducetevi l'anguilla, e invigilate che venga cotta fino a che assuma un bel colore dorato chiaro. Stillatela ben bene, indi ammannitela sur un tondo con una salsa nel mezzo. Così del pari si possono ammannire le anguille con pomidoro, mutando in questa l'antecedente salsa, oppure con salsa piccante o di acetosa, od anche si taglia l'anguilla in rocchî lunghi da dieci a dodici centimetri, e si serve con salsa piccante separata.
'anguilla condendola di pepe, sale, una foglia di lauro e un poco di timo. Lasciatela cuocere in tal modo per quindici o venti minuti, e poi raffreddare nel
Vivanda alla marinara. Prendete qualsiasi specie di pesce d'acqua dolce, come carpioni, anguille, barbî , tinche, luccî, ecc. ecc. Squaramate e sventrate, indi accuratamente lavate il detto pesce; tagliatelo in pezzi eguali e ponetelo in una casseruola con due cipolle tagliate a fette, un mazzolino di prezzemolo, due o tre foglie di lauro, del timo, una cipolla armata di due chiovi di garofano, quattro spicchi d'aglio stiacciati, sale e pepe; aspergete il tutto con due terzi di vino rosso ed un terzo di succo ristretto o di brodo, tanto che venga bagnato. Per quindici o venti minuti fatelo cuocere sopra un fuoco ardentissimo; poi passate il brodo per uno staccio di seta, e intanto che vi servirete di quel liquido per far la salsa, mantenete caldo il pesce nella casseruola dove fu cotto insieme agli aromi. Prendete un'altra casseruola, entro la quale porrete una mezza libbra di burro fresco; fatevi sfriggere una mezza dozzina di cipollette fino a che abbiano assunto un color d'oro; indi ritiratele, e allora, aggiungendo al burro due cucchiaî da tavola di farina, fatene un intriso rossiccio e versatelo sulla vivanda che avrete approntata. Aggiungetevi le cipollette e altrettanti funghi; finitene la completa cottura; consumate alquanto la salsa sopra un fuoco ardente, e digrassate. Servite il pesce in un tondo disponendolo a piramide, colle teste all'insù, e cuopritelo colla salsa. Guarnite questa pietanza con qualche gambero e croste di pane fritte e tagliate in sottilissime fette.
; aspergete il tutto con due terzi di vino rosso ed un terzo di succo ristretto o di brodo, tanto che venga bagnato. Per quindici o venti minuti fatelo
Frammessi inzuccherati di frutto. Charlotte di mele. Mondate e tagliate in quarto dodici o quindici mele, di cui leverete l'interno dove stanno i semi; poneteli così entro una casseruola con alquanto burro, cannella, e un bicchiere d'acqua. Cuoprite la casseruola, collocatela sopra un fuoco blando, e lasciate cuocere le mele senza muoverle. Quando saranno ridotte molliccie, rimescolate per formarne come una specie di purée: aggiungetevi zucchero in proporzione di mezza libbra ogni libbra di mele, fate ridurre rimescolando sempre, affinchè le mele non si attacchino al fondo della casseruola, e continuate sino a che questa pasta abbia assunta una certa consistenza. Tagliate mollica di pane in fette sottili due dita larghe e alte come il vostro stampo; guarnite il fondo ed il contorno dello stampo con queste fette di mele che avrete immollate nel burro stemperato. Ponete nell'interno di questa pasticceria le mele che frammischierete a qualche piccolo strato di sciloppo di albicocche onde la vostra vivanda riesca più delicata. Ripiena che sia la forma, cuopritela con fette di pane e collocatela per circa venti minuti sia sopra le cinigie, sia in forno debolmente riscaldato, per far assumere colore alla charlotte. Rovesciate quindi lo stampo e servite caldo.
Frammessi inzuccherati di frutto. Charlotte di mele. Mondate e tagliate in quarto dodici o quindici mele, di cui leverete l'interno dove stanno i
Pasta per biscottini. Rompete quindici uova, ponendone l'albume entro una terrina e il tuorlo in un'altra; con questo amalgamate 500 grammi di zucchero in polvere fina, aggiungendovi un po' di fior d'arancio, alquanta corteccia di limone tagliata assai fina, o qualsiasi altro aroma che giudicate conveniente; sbattete quindi li tuorli d'uovo e lo zucchero con una spatola o un cucchiaio di legno; allorchè l'apparecchio abbia assunto un colore bianco, sbattete anche l'albume che avrete deposto nell'altra terrina con una spazzola di bosso; tostocbè siasi condensato in guisa da formare quasi una pasta, aggiungetevi anco i tuorli sbattuti. Se trattasi di comporre assai biscotti, potete aggiungere 500 grammi di farina; se per pochi, basteranno 375 grammi; mescolando poco a poco all'apparecchio delle uova sbattute; quando la pasta sarà ben bene amalgamata, versatela entro una forma apposita che sia spalmata generosamente di burro: aspergetene l'esterno con zucchero in polvere.
Pasta per biscottini. Rompete quindici uova, ponendone l'albume entro una terrina e il tuorlo in un'altra; con questo amalgamate 500 grammi di
Biscotti di mandorle. Prendete 250 grammi di mandorle dolci, altrettante di amare, quindici albumi d'uovo, otto tuorli, 60 grammi di bella farina e un chilogrammo di zucchero fino in polvere; versate acqua bollente sulle mandorle, e un momento dopo sostituitene di fresca, levatene la pelle, e mano a mano ponetele in una salvietta; pestatele in un mortaio di marmo, aggiungendovi per due volte due albumi d'uovo, oltre la dose prescritta, affinchè le mandorle non emettano olio quando saranno interamente ridotte in pasta; sbattete gli albumi in guisa che giungano ad imitare le uova, e i tuorli in disparte colla metà dello zucchero; mescolate i tuorli e gli albumi bene sbattuti, con pasta di mandorle: ponete il di più dello zucchero che avanza entro un bacino, e aspergete il tutto con fior di farina posto in uno staccio che agiterete onde farla cadere, in pari tempo mescolate continuamente l'apparecchio affinchè sia ben bene incorporato. Abbiate in pronto preventivamente stampi o cassette, come dicono, di carta, cui darete la forma che meglio vi aggrada; le empirete colla pasta e le spalmerete con zucchero in polvere e con fiore di farina mescolati insieme e posti in uno staccio che agiterete facendo cadere la farina e lo zucchero sopra le forme riempite. Attenderete perchè il forno abbia ad essere moderatamente caldo.
Biscotti di mandorle. Prendete 250 grammi di mandorle dolci, altrettante di amare, quindici albumi d'uovo, otto tuorli, 60 grammi di bella farina e
Anguilla alla tartara. — Primieramente devesi porre nella casseruola un pezzo di burro fresco, delle carote sottilmente tagliate, cipolle affettate, prezzemolo ed uno spicchio d'aglio stiacciato. Questi legumi devono essere passati al burro, aggiungendovi poi due bicchieri di vino rosso o bianco; si collochi allora nel mezzo l'anguilla condendola di pepe, sale, foglie di lauro e qualche po' di timo. Dopo quindici o venti minuti di cuocitura, la si deve lasciar raffreddare nel liquido, onde possa formare una gelatina. È allora che devesi ritirare l'anguilla per aspergerla ben bene di pane grattugiato, immolandola in due o tre uova sbattute e miste con un po' del liquido sopra indicato, ed incrostandola ancora di pane, ponendola colla massima precauzione sopra un coperchio di casseruola. Durante le operazioni sopra indicate devesi tener in pronto uno sfritto d'olio molto caldo, onde introdurvi l'anguilla affinchè abbia a cuocere.
; si collochi allora nel mezzo l'anguilla condendola di pepe, sale, foglie di lauro e qualche po' di timo. Dopo quindici o venti minuti di cuocitura, la
Biscotti di famiglia. — È una composizione questa facilissima ad ottenere, ma che esige grandissime cure. Il processo per ottenerla è il seguente: per ogni mezzo chilogrammo di farina, si adoperino grammi trecento di burro fresco, e, secondo i gusti quindici o venticinque grammi di sale. Il burro deve essere steso sulla tavola dove intendesi impastare, in uno strato non troppo denso, e strofinato leggermente fra due pannilini, onde togliergli tutte quelle parti di latte che vi possono rimanere. Si mescoli poscia colla farina del sale bianco in polvere, formando del tutto una pasta alquanto densa, mescolandola con acqua. Eseguito ciò si abbia cura di dividere il burro in tre parti eguali, dividendo ognuna in tre altri piccoli pezzi. Sulla pasta distesa a distanze eguali por devonsi i pezzi di burro, piegando poscia la pasta in sè medesima a tre o quattro doppi, cospargendola di farina. Dopo averla nuovamente ridotta in uno strato finissimo, piegar devonsi i lati verso il centro, impastando di nuovo, onde distendere la pasta per la terza volta. Si ripartisca poi la porzione di burro in piccoli pezzi e si eseguisca l'operazione siccome si è già detto per la prima dose. Eseguito così un secondo lavoro affatto simile al primo, incorporare devesi la terza porzione del burro, formando la pasta in guisa di focaccia ro-tonda, oppure in oblunghi quadrati, o se piace, in rotoli dello spessore d'un dito, facendoli incrociare trasversalmente, a modo di un quadrilatero. È necessario che il biscotto abbia un bel colore, e quindi spalmar devesi la pasta nel porla in forno con delle barbe d'una penna immerse in tuorlo d'uovo freschissimo, stemperato in molto latte alquanto dolce.
: per ogni mezzo chilogrammo di farina, si adoperino grammi trecento di burro fresco, e, secondo i gusti quindici o venticinque grammi di sale. Il burro
Biscotto senza burro. — Il suo vero nome sarebbe quello di biscotto di Savoja; lo si può preparare facilmente ed ha il vantaggio di conservarsi fresco per moltissimi giorni. Si pesino dodici uova fresche, e si equilibri il peso con altrettanto zucchero a pezzetti. Questi devono essere strofinati con una corteccia di limone finissimo e levigato, fino a che essi abbiano assorbito tutta l'essenza oleosa. Ridotto in polvere lo zucchero si adopera nel modo seguente: rotte le uova e separato il rosso dal bianco, si deve sbattere il primo per dieci minuti, aggiungendovi in piccolissime porzioni lo zucchero polverizzato, quindi della farina bianca oppure fecole di patate, sempre però nella proporzione di metà peso dello zucchero adoperato. Gli albumi delle uova devono poi essere sbattuti separatamente onde ridurli in consistente spuma, onde incorporarli al miscuglio senza punto mischiarlo. Lavorata così la pasta versar la si deve in una forma internamente spalmata di burro, ponendola in seguito in un forno riscaldato con moderazione, per quindici minuti circa. Mancando il forno la si faccia riscaldare in mezzo alle ceneri caldissime, coprendola con coperchio di ferro sul quale si porranno alcune bragi e ceneri caldissime. Puotesi anche formare con questa pasta diversi biscotti piccolissimi, deponendoli in forme di carta unta di fresco burro e cotti per un'ora. Essi hanno la virtù di rimanere sempre freschi conservandoli pure lungamente.
quindici minuti circa. Mancando il forno la si faccia riscaldare in mezzo alle ceneri caldissime, coprendola con coperchio di ferro sul quale si porranno
Bove alla moda. — Condiscasi con pezzo di lardo, pepe, sale, timo, lauro e prezzemolo tritato, un bel pezzo di culaccio spalmandolo con poco olio. Si lardelli a pari distanza il detto pezzo, ponendolo poi in una marmitta, la quale contenga un po' di grasso, lasciandolo così per quindici minuti. Poscia lo si guarnisca di due o tre carote intere, sei cipolle, entro una delle quali pongansi tre chiovi di garofano, un mazzetto di erbe, diverse cotenne di lardo, due cucchiai di brodo, un bicchiere di vino bianco e due bicchierini d'acquavite. La marmitta dev'essere dopo coperta per bene, lasciando cuocere il tutto, in modo però che non abbia ad evaporare, per cinque o sei ore. Trascorse queste sei ore, si deve passare al digrassamento, riducendo i legumi e le erbe alla sola metà, aggiungendovi dopo un cucchiaio di salsa spa-gnuola. Questa vivanda la si può servire anche a freddo con parte degli ingredienti stessi, i quali formar devono una gelatina. Questa però dev'essere tolta prima d'aggiungervi la salsa spagnuola, la quale serve a fare la salsa del bove alla moda, quando vuolsi servire caldo.
lardelli a pari distanza il detto pezzo, ponendolo poi in una marmitta, la quale contenga un po' di grasso, lasciandolo così per quindici minuti
Biscotti di mandorle. — Per ottenere questo biscotto è necessario tenere il seguente processo: si provvedino duecentocinquanta grammi di mandorle dolci, altrettante d'amare, quindici albumi d'uovo, otto tuorli, sessanta grammi di fior di farina e un chilogrammo di zucchero finissimo in polvere. Dopo di che si versi dell'acqua bollente sulle mandorle sostituendovi subito dopo della fresca onde levar loro la pelle, ponendole mano mano in una salvietta, passandole poi, allorchè asciugate, in un mortaio di marmo, onde pestarle, aggiungendovi per due volte due albumi d'uovo, oltre la dose prescritta, affinchè le mandorle una volta peste non abbiano ad emettere olio. Sbatter si devono gli albumi da una parte, e i tuorli da un'altra con metà zucchero, riunendo dopo gli uni e gli altri sbattuti per bene alla pasta di mandorle. Pon-gasi lo zucchero avanzato entro un bacino, aspergendo il tutto con fior di farina che si farà cadere da uno staccio scosso, agitando nel medesimo tempo l'apparecchio, onde abbiasi ad incorporare per bene. Allora devesi tenere in pronto stampi o cassette per dare alla pasta la forma che meglio aggrada, spalmandola con zucchero in polvere e fior di farina, mescolati assieme e posti in uno staccio che si avrà cura di agitare, onde far cadere la farina e lo zuccaro sulle forme ripiene. — Si pongano poscia in forno ad un calore moderatissimo.
dolci, altrettante d'amare, quindici albumi d'uovo, otto tuorli, sessanta grammi di fior di farina e un chilogrammo di zucchero finissimo in polvere
Bocche di dama. —In centoventicinque grammi di zucchero in polvere, novanta di fecola di patate, un po' di sale, un pizzico di fiore d'arancio tostato, ponete sei uova, adoperate per tale uso una terrina; sbat-tete poscia il tutto nel modo stesso dei biscotti, quindi spalmate per bene una tortiera col burro, e versatevi l'apparecchio, ponendolo a fuoco moderato per circa quindici minuti. Trascorso questo tempo lo si ritiri, tagliando la pasta in parte eguali formandone tanti pezzetti larghi non oltre un pezzo di cinque lire. Finalmente intridete con pennello que'pezzi, sia con crema, sia con marmellata, sia con cioccolatta od altro liquido, con cui coprirete la superficie dell'oggetto, il quale dev'essere poi esposto alla bocca del forno affinchè si rappigli la spalmatura.
col burro, e versatevi l'apparecchio, ponendolo a fuoco moderato per circa quindici minuti. Trascorso questo tempo lo si ritiri, tagliando la pasta in
Caroli salati ossia crauti. — Con qualunque specie di cavoli cappucci si possono apparecchiare i cavoli; preferibili sono quelli bianchi. È precipua cura di tagliarli in striscie sottilissime, e poscia porli in fondo d'un gran vaso di terra o d'un piccolo barile, tenendo il sistema di mettervi uno strato di sale poi uno di cappucci dello spessore di centimetri quindici, comprimendoli mediante pestello di legno sino a che la loro altezza è ridotta quasi a metà: e così si continua l'operazione sino a che il vaso od il barile sia ripieno. Ad ogni strato è necessario mescolarvi del pepe in grani, semi di cardi o ginepro, conservando però l'ultimo strato di solo sale, coprendo il tutto con larghe foglie, e turando per bene, sovrapponendovi pesi o pietre affinchè nella fermentazione non abbiano i cappucci a sollevarsi. Ogni quattro o cinque giorni è necessario gettar via quell'acqua verdastra che formasi sopra, sostituendovi una certa quantità di salamoia, in maniera che i cappucci abbiano ad essere coperti per qualche centimetro. Devono però i cappucci essere conservati in luogo dove non possa penetrare il gelo, e se ne può far uso di essi dopo due mesi. — Per adoperarli è necessario lavarli prima in acqua fresca a più riprese, e se sono troppo salati passarli in acqua bollente. Si possono far cuocere col grasso d'arrosto, col lardo, con burro, con cervellate o grosse salsiccie, umettandoli con brodo o acqua calda. La loro cottura dev'essere di sei ad otto ore, a fuoco moderato.
strato di sale poi uno di cappucci dello spessore di centimetri quindici, comprimendoli mediante pestello di legno sino a che la loro altezza è
Vivanda alla marinara. — Prendete qualsiasi specie di pesci; carpioni, anguille, barbi, tinche, lucci, ecc. Questi li squamerete e li sventrerete, quindi li laverete; tagliateli poi a pezzi e poneteli in casseruola con due cipolle tagliuzzate, prezzemolo, lauro, timo, una cipolla armata di due chiodi di garofani, quattro spicchi d'aglio stiacciati, sale e pepe; aspergete poi il tutto con due terzi di vino rosso ed uno di succo o di brodo, tanto che venga bagnato. Fate cuocere il tutto sopra fuoco ardentissimo per quindici minuti, quindi passate il brodo per staccio di seta, servendovi di quel liquido per formare la salsa, e procurate di tener caldo frattanto il pesce nella casseruola coi rispettivi aromi. Prendete un'altra casseruola, ed entro ponetevi mezzo chilogrammo di burro, e dodici cipollette, facendole friggere sino a che abbiano assunto un bel color d'oro; indi ritiratele, e allora, aggiungete al burro un poco di farina, formando così un intriso rossiccio, per poi versarlo sulla vivanda appena che sia approntata. Terminate la completa cottura, coll'aggiunta di cipollette e funghi, sopra fuoco ardente e digrassando in seguito. l pesce di cui vuolsi far uso dev'essere servito sopra tondo in forma di piramide, colla testa all'insù e coperto di salsa. Questa vivanda si può benissimo guernire con gamberi e croste di pane fritto, e tagliate in fette sottilissime.
che venga bagnato. Fate cuocere il tutto sopra fuoco ardentissimo per quindici minuti, quindi passate il brodo per staccio di seta, servendovi di quel
100. a) Prendete della frutta fresca, cioè marene, levandoci le ossa, fambrose, magiostre, ribes in granelli, mettetele in infusione divise con poco zucchero, poco rosolio, cannella e rhum. Fate una geladina di once una e mezza di colla di pesce, un bicchiere e mezzo di maraschino, e quindici once di zucchero chiarificato insieme alla colla. Tenete separata un poco di colla liquefatta collo zucchero ed al rimanente della colla uniteci quattro bei limoni e se sono piccoli sei e coloritela col rosso d'amarante. Con la colla che avete tenuto in disparte fate un mezzo bicchiere di blan-mangé fatto con poche armandole, poco fior di latte e ben passato tenetelo in disparte. Colla stessa colla fate con i spinacci il color verde, caricate di color amarante un poco della geladina già rossa; indi prendete uno stampo canellato od in questo formate una rosa con una frascati ed uno o due bottoni se sarà possibile, untatelo superficialmente con olio d'armandole con un pennello, mettetelo nel ghiaccio, nella rosa metteteci il color rosso carico e nei bot-toni, quell'altro rosso meno carico ed il verde nelle foglie e gelatelo: indi i bottoni empiteli con colore ver-de, gelato questo gli farete un suolo di blan-mangé, e gelato esso pure gli farete un suolo di color rosso, poi asciugherete i frutti e ne formerete un suolo di questi ed un altro suolo di geladina rossa sino al coprimento del bonetto e la servirete senza farli toccare acqua calda ma la distaccherete con un dito all'intorno.
zucchero, poco rosolio, cannella e rhum. Fate una geladina di once una e mezza di colla di pesce, un bicchiere e mezzo di maraschino, e quindici once
109. Pelate, tagliate in quattro e levate il caruspio e la pelle dei pomi, poneteli in una cassarola con un boccale di vino bianco ed once quindici di zucchero per ogni due libbra di frutta ed una scorza di limone: indi mettetevi della cannella e quattro garofani involti e legati in un pannolino bianco, once tre di butirro fresco e fate il tutto cuocere, cotto levate il pannolino ove esiste la cannella e la scorza di limone, levatela e fatela ristringere al fuoco ardente. Untate di butirro abbondante una cassarola o bonetto liscio, copritela con fette sottili di pane francese senza crosta facendo montare una fetta sopra l'altra e sul fondo ponetevi poco zucchero: in seguito versate il composto, indi copritelo di fette di pane, sopra di questo mettete poco zucchero e butirro, fatela cuocere al forno o alla bornice con fuoco sotto e sopra, curate che il pane sii morbido e venga il tutto di buon colore e versatela sopra d'un piatto in modo che resti intero.
109. Pelate, tagliate in quattro e levate il caruspio e la pelle dei pomi, poneteli in una cassarola con un boccale di vino bianco ed once quindici
48. Coprite il forno d'una marmitta di rame ben stagnata, di cipolle, poco butirro e grasso di manzo tri-dato, indi fare un suolo di carne di manzo e di vitello tagliato a grosse fette, nel mezzo del fondo ponetevi gli ossi e dodici o quindici libbre di vitello e manzo, sei pollanche tagliate per metà, quattro cottornici tagliate pure per metà e fate il tutto tostare leggermente: fate bollire a parte gli ossi per fare un brodo da bagnare il consommé, mettendovi poco sale; formato il brodo bagnatelo unendovi le ossa, facendo in modo che il brodo stia a galla del composto, lasciatelo bollire al dolce fuoco per dodici ore, indi sgrassatelo bene e passate il consommé ad una salvietta; accendete un fornello ardente, ponete il consommé in una cassarola, fatelo ristringere all'ultimo grado più dell'aglasse, mescolatela con una spattola affine non si attacchi, levatela dal fuoco, ponetela al ghiaccio a fare raffreddare, indi tagliate delle tavolette ed incartatele o versatelo in un vaso e ve ne servirete in viaggio per zuppa, brodi e minestre.
di vitello tagliato a grosse fette, nel mezzo del fondo ponetevi gli ossi e dodici o quindici libbre di vitello e manzo, sei pollanche tagliate per
4. Prendete un vaso grande di terra, metteteci dentro otto boccali di vino bianco o anche feccia di detto vino ed altrettanta acqua, ventotto once di sale nostrano e fatelo bollire insieme; freddo che sia metteteci erbe d'odore cioè, timo, basilico, menta, stregone, ginepro, fenocchio, coriandro maccato, anici, pepe, garofani, cannella, salnitro, once tre zucchero di Lisbona e parate le coscie del majale lasciando corte le ossa, mettetele nel detto vaso, turatela e lasciatele in esso per quindici giorni, dopo levatele e fatele affumicare al cammino sino a che saranno secche. Indi coprite affatto le coscie con una pastella fatta con aceto, o feccia di vino bianco, pepe, cenere e poco quadrello pestato che così lo riparerete dalle fissure e dagli insetti, tenetelo all'asciutto e servitevene tanto cotte che crude. Questa operazione si deve fare all'inverno o alla fine d'autunno.
detto vaso, turatela e lasciatele in esso per quindici giorni, dopo levatele e fatele affumicare al cammino sino a che saranno secche. Indi coprite
Circa al pollame, questo dev'essere giovane, grasso e bianco e ben spennacchiato, e sbianchito nel brodo, untato di butirro e sugo di limone. Le qualità del pol-lame che sono proprie per i lessi, sono i capponi, e polli o pollanchette, i quali perchè siano ben cotti conviene all'autunno farli bollire un'ora e mezzo, all'inverno due ore, i pollastri d' autunno un'ora, d'inverno tre quarti d'ora, le anitre domestiche un'ora e mezza, i piccioni tre quarti d'ora, le galline faraone ed altre simili un'ora. Conviene però che siano ingrassate come segue, cioè con risina cotta facendo bollire insieme patate e verze, lasciate venir freddo questo nutrimento, e poi datelo ai pollami da mangiare che verranno belli, grassi e bianchi. Se poi desiderate che siano ben bianchi dovete dargli da bere del latte ed acqua misto insieme e somministrateli questa bibita per quindici giorni continui, che otterrete il vostro intento, e potrete servirvene come vi piacerà.
che siano ben bianchi dovete dargli da bere del latte ed acqua misto insieme e somministrateli questa bibita per quindici giorni continui, che
Prendi due libbra di crosta di pane, e fattala biscottate al forno, la pesterai per passarla poi per uno staccio. Sbatti quindi alla schiuma, una libbra di butirro ed otto uova; inoltre prepara una misura di crema, dieci uova, un quarto di libbra di zucchero, quindici once di mandorle dolci e un oncia di amare, e la scorza di un limone. Le mandorle amare le impasterai ben peste, con un pugno di pane ed un cucchiajo di crema. La zucchero unirai alle mandorle dolci, parimente ben peste, per aggiugnervi poi a poco a poco tutti gli altri ingredienti. Formata in tal modo una mistura ben uguale, la riporrai in un pannolino unto di butirro, die farai pescare in una pentola colma di acqua bollente, nella quale la lascerai per ben due ore, e finalmente formerai ad essa una salsa col vino; a preparar la quale ti servirai delle seguenti proporzioni. Messo a fuoco un boccale di vino generoso, in esso farai disciogliere un quarto di libbra di zucchero ed un pezzetto di burro, tenendovi infusa la scorza di un limone ed un poco di cannella intera: entrata la salsa in ebollizione, la condenserai con diciotto uova sbattute con qualche cucchiajo di vino caldo, non desistendo dal rimescolarla continuamente col frullo, infino a che acquisti la densità di una crema.
libbra di butirro ed otto uova; inoltre prepara una misura di crema, dieci uova, un quarto di libbra di zucchero, quindici once di mandorle dolci e un
Prendete 750 gramme di filetto di bue bastantemente frollato, nettatelo da tutte le sue pellicole e grassa, tagliatelo per traverso in sei bocconi, mettiteli sul ceppo, appiateli l'uno dopo l'altro col piatto del coltello da cucina fino a che sieno ridotti a quindici millimetri circa di spessore, se la carne è tenera naturalmente, va meglio non batterla e tagliare solo i vostri beefsteaks dello spessore da 12 a 15 millimetri. Mettete in un piatto un grosso pizzico di cipolline tagliuzzate, un cucchiajo da caffè di sale non pesto, un pizzico di pepe, tre cucchiai d'olio d'olivo, un po'd'aceto, sbattete il tutto, e voltate dentro tutte le vostre fette di bue, poi lasciate marinare per due ore.
, mettiteli sul ceppo, appiateli l'uno dopo l'altro col piatto del coltello da cucina fino a che sieno ridotti a quindici millimetri circa di spessore