Mais o granturco. — Questo cereale, per quanto ci sorrida dalle sue pannocchie d'oro, chiude nel suo battesimo europeo una bugia e nelle sue viscere il peccato originale di dar la pellagra a tanti poveri contadini, che lo mangiano mal maturo e ammuffito. Il mais non è punto turco, ma americano e dall'America ce l'ha proprio portato lo stesso Colombo nel 1493. Pare che mais derivi dalla parola haitiana mahiz. Gli Indiani Susquehama hanno sul mais una tradizione poetica e mitologica. «Una volta i nostri padri non avevano per cibarsi che la carne degli animali e quando la caccia non era fortunata, erano in pericolo di morir di fame. Ora avvenne un giorno che due giovani cacciatori, avendo ucciso un cervo, accendessero un fuoco per farlo arrostire. Mentre essi erano intenti a saziare la loro fame, videro scendere dalle nubi una donna bella e giovane e posarsi sopra un colle. Quei giovani dissero: Ecco uno spirito, che fu invitato dal buon odore del nostro arrosto, offriamone ad esso un pochino. E apprestarono alla bella fanciulla la lingua, che è nel cervo la parte migliore di tutto il corpo. La donna ne mangiò, e trovatala di suo gusto, disse: La vostra bontà sarà premiata; ritornate in questo luogo fra 13 mesi e vi troverete cosa che darà nutrimento a voi e ai vostri figli per tutte le future generazioni. Così fecero, e ritornati trovarono piante, che prima d'allora non avevano mai avute nel loro paese. Dove la divina fanciulla aveva toccato la terra colla mano destra erano cresciute piante di mais; dove essa aveva toccato il suolo colla mano sinistra, trovarono fagiuoli bianchi, e dove essa si era seduta, era cresciuta la pianta del tabacco.»
una tradizione poetica e mitologica. «Una volta i nostri padri non avevano per cibarsi che la carne degli animali e quando la caccia non era
Se poi vi fosse alcuno, che in genere di Brodi, Zuppe, Salse, Brese, Voele, o altro non volesse porvi quella Carne, Polleria, e Caccia, che prescrivo, ciò non impedirà, che il Cuoco possa fare tutto egualmente bene, basta, che sappia con economia combinare, e manipolare le dosi, imperocchè si può benissimo lavorare con poco, ma questo poco dev' essere sufficiente. Per esempio un brodo scarso di carne sarà chiaro, di ottimo colore, biondo come l'oro, ma non avrà gusto, nè sostanza.
Se poi vi fosse alcuno, che in genere di Brodi, Zuppe, Salse, Brese, Voele, o altro non volesse porvi quella Carne, Polleria, e Caccia, che prescrivo
Noi qui non siamo, che all'oggetto principale cioè di usare la maggiore parsimonia nei Condimenti, poichè i Polli, la Caccia, la Carne di Macello, i Pesci, sono sempre le basi fondamentali di ogni vivanda; circa i Piatti composti, questi gli annovero in un certo modo fra i Condimenti, mentre molte cose unite insieme ne formano una sola; ma queste molte cose, unite insieme con parsimonia, e precisione, formano la massima economia di una buona Cucina, e l'ottima vivanda. Questo è lo scopo di quest'opera; imperocchè la maggior cognizione di un Cuoco, anche del più. semplice privato, è quella di non comprare, ed impiegare nella Composizione delle Vivande, più di quello che porta seco il bisogno; mentre il più delle volte accade, che credendo di farle più esquesite col prodigargli i condimenti, le alterano in guisa, che perdono il loro vero sapore, e spesso sono nel caso di non potersi servire.
Noi qui non siamo, che all'oggetto principale cioè di usare la maggiore parsimonia nei Condimenti, poichè i Polli, la Caccia, la Carne di Macello, i
Antrè = Flambate, spilluccate, e sventrate un bel tocchino che sia carnuto, grasso, e bianco, nè tanto picciolo, nè tanto grosso, farsitelo del suo fegato trito, mescolato con scalogna, cipolletta, tartufi, prugnoli, una punta d'aglio, il tutto trito fino, sale, pepe schiacciato, noce moscata, lardo rapato, ed un poco di butirro, trussatelo propriamente colle zampe rivoltate sulle coscie, mettetelo in una cazzarola con sotto qualche fetta di lardo, sul petto due fette di limone senza scorza, e fette di lardo, un mazzetto d'erbe diverse, due scalogne, una fetta di prosciutto, sei foglie di dragoncello, la quarta parte di una foglia di alloro, un'idea di basilico, poco sale, pepe schiacciato, copritelo con un foglio di carta; fatelo cuocere con fuoco sotto, e sopra. Quando sarà cotto, scolatelo dal grasso, che sia bianchissimo, e servitelo con sugo di limone, e sotto una Salsa alla Sassone che trovarete nel Tom.I. pag. 75. Avverto qui per sempre come tutta la Polleria, che sarà un Articolo molto lungo, bisogna osservare che non passi mai di cottura; ma bensì sia sugosa, e cotta al suo punto; cognizione infinitamente importante, essendo la base fondamentale di un ottimo Cuoco il conoscere le diverse cotture di tutto ciò che pone in opera, tanto in carne di Macello, Polleria, e Caccia.
conoscere le diverse cotture di tutto ciò che pone in opera, tanto in carne di Macello, Polleria, e Caccia.
Il Tordo viene servito sopra le mense più delicate per il buon gusto, e sapore della sua carne, ed inoltre per esser d'un leggiero e sano alimento. II migliore è quello che ha mangiate le bacche di ginepro, ovvero le olive, Questo uccello principia a farsi vedere fra noi nel principio d'Ottobre, o fine di Settembre, devesi scegliere grosso, grasso, carnuto, e di buon odore, quello preso alla caccia in tempo assai freddo è di un sapore più esquisito.
fine di Settembre, devesi scegliere grosso, grasso, carnuto, e di buon odore, quello preso alla caccia in tempo assai freddo è di un sapore più
Antremè Rifreddo = Dissossate del tutto una bella culatta di manzo, e levategli circa un palmo di carne verso la punta, essendo questa parte assai più dura dell'altra; lardatela di grossi lardelli di lardo conditi con sale, spezie fine, ed erbe odorifere in polvere, quindi ponetela in una marmitta giusta alla sua grandezza con fette di lardo sotto e sopra, due fette di prosciutto, un grosso mazzetto d'erbe diverse e odorifere, due cipolle con otto garofani, due carote, una panè, sale, pepe schiacciato, mezza bottiglia di vino di Sciampagna, o altro vino bianco consumato un terzo; fate cuocere in prima dolcemente, e poscia aumentate il fuocd a misura, che la carne caccia fuori il suo sugo; dopo due ore levatela da! fuoco, osservando, che siavi poca Salsa, che non sia salata, e che non abbia preso colore. Quando sarà fredda, dirizzate il Pasticcio di pasta Brisè. Vedetela nel Tom, IV. pag. 225. poneteci nel fondo tre dita di lardo pesto nel mortaio, con qualche fegatino di pollo, e condito con sale, petrosemolo trito, una punta d'aglio, erbe odorifere in polvere, spezie fine, tartufi e prugnoli triti, midollo di manzo ben nettato e tagliato in fette. Questo apparecchio vi servirà per porre sotto a tutte le carni, che vorrete mettere in Pasticcio rifreddo; quindi aggiustateci sopra la carne, aggiungeteci il fondo della sua cottura passato al setaccio, e rifreddo, coprite con fette di lardo, pezzi di butirro, e fette di midollo di manzo, il tutto a proporzione, onde il Pasticcio sia ben nutrito; copritelo, decoratelo bene esternamente, indoratelo con uovo sbattuto, e fatelo cuocere ad un forno temperato circa quattro in cinque ore, e servitelo di bel colore, allorchè sarà del tutto rifreddo sopra una salvietta. Se volete servire questo Pasticcio caldo, quando sarà cotto scopritelo, levategli le fette di lardo, digrassatelo, e servitelo con quella Salsa, o Ragù che vorrete. Devesi osservare che tutti i Pasticci rifreddi debbono essere conditi di gusto più rilevato, che i caldi, e turargli il caminetto subito levati dal forno.
in prima dolcemente, e poscia aumentate il fuocd a misura, che la carne caccia fuori il suo sugo; dopo due ore levatela da! fuoco, osservando, che
Se poi vi fosse qualche Maestro di Casa, che in genere di Brodi, Zuppe, Salse, Brese, Poele, o altro non volesse porvi quella Carne, Polleria, e Caccia, che prescrivo, ciò non impedirà, che il Cuoco possa fare tutto egualmente bene, basta, che sappia con economia combinare, e manipolare le dosi, imperocchè si può benissimo lavorare con poco, ma questo poco dev' essere sufficiente. Per esempio un brodo scarso di carne sarà chiaro, di ottimo colore, biondo come l'oro, ma non avrà gusto, nè sostanza.
Caccia, che prescrivo, ciò non impedirà, che il Cuoco possa fare tutto egualmente bene, basta, che sappia con economia combinare, e manipolare le dosi
Noi qui non siamo, che all'oggetto principale cioè di usare la maggiore parsimonia nei Condimenti, poichè i Polli, la Caccia, la Carne di Macello, i Pesci, sono sempre le basi fondamentali di ogni vivanda; circa i Piatti composti, questi gli annovero in un certo modo fra i Condimenti, mentre molte cose unite insieme ne formano una sola; ma queste molte cose, unite insieme con parsimonia, e precisione, formano la massima economia di una buona Cucina, e l'ottima Vivanda. Questo è lo scopo di quest'opera; imperocchè la maggior cognizione di un Cuoco, anche del più semplice privato, è quella di non comprare, ed impiegare nella Composizione delle Vivande, più di quello che porta seco il bisogno; mentre il più delle volte accade, che credendo di farle più esquesite col prodigargli i condimenti, le alterano in guisa, che perdono il loro vero sapore, e spesso sono nel caso di non potersi mangiare.
Noi qui non siamo, che all'oggetto principale cioè di usare la maggiore parsimonia nei Condimenti, poichè i Polli, la Caccia, la Carne di Macello, i
pag. 75. Avverto qui per sempre come tutta la Polleria, che sarà un Articolo molto lungo, bisogna osservare che non passi mai di cottura; ma bensì sia sugosa, e cotta al suo punto; cognizione infinitamente importante, essendo la base fondamentale di un ottimo Cuoco il conoscere le diverse cotture di tutto ciò che pone in opera, tanto in carne di Macello, Polleria, e Caccia.
di tutto ciò che pone in opera, tanto in carne di Macello, Polleria, e Caccia.
Il Tordo viene servito sopra le mense più delicate per il buon gusto, e sapore della sua carne, ed inoltre per esser d'un leggiero e sano alimento. II migliore è quello che ha mangiate le bacche di ginepro, ovvero le olive, Questo uccello principia a farsi vedere fra noi nel principio d'Ottobre, o fine di Settembre, devesi scegliere grosso, grasso, carnuto, e di buon odore, quello preso alla caccia in tempo assai freddo è di un sapore più esquisito.
fine di Settembre, devesi scegliere grosso, grasso, carnuto, e di buon odore, quello preso alla caccia in tempo assai freddo è di un sapore più
Comprende questo nome tutta la famiglia de' Pesci Cani, i quali sono di una mole prodigiosa, conosciuti volgarmente fra noi sotto i Nomi di Smeriglio, Squadrolino, Caniega, Palombo ec. Il Cane marino è il nemico di tutti gli altri pesci, coi quali si batte, e che cedono a suoi colpi; esso dà loro la caccia, soffia orribilmente, ed attende la sua preda fra luoghi stretti, e scogli, ove la divora. Tutti questi pesci amano con passione la carne umana.
la caccia, soffia orribilmente, ed attende la sua preda fra luoghi stretti, e scogli, ove la divora. Tutti questi pesci amano con passione la carne
Antremè Rifreddo = Dissossate del tutto una bella culatta di manzo, e levategli circa un palmo di carne verso la punta, essendo questa parte assai più dura dell'altra; lardatela di grossi lardelli di lardo conditi con sale, spezie fine, ed erbe odorifere in polvere, quindi ponetela in una marmitta giusta alla sua grandezza con fette di lardo sotto e sopra, due fette di prosciutto, un grosso mazzetto d'erbe diverse e odorifere, due cipolle con otto garofani, due carote, una panè, sale, pepe schiacciato, mezza bottiglia di vino di Sciampagna, o altro vino bianco consumato un terzo; fate cuocere in prima dolcemente, e poscia aumentate il fuoco a misura, che la carne caccia fuori il suo sugo; dopo due ore levatela dal fuoco, osservando, che siavi poca Salsa, che non sia salata, e che non abbia preso colore. Quando sarà fredda, dirizzate il Pasticcio di pasta Brisè. Vedetela nel Tom, IV, poneteci nel fondo tre dita di lardo pesto nel mortaio, con qualche fegatino di pollo, e condito con sale, petrosemolo trito, una punta d'aglio, erbe odorifere in polvere, spezie fine, tartufi e prugnoli triti, midollo di manzo ben nettato e tagliato in fette. Questo apparecchio vi servirà per porre sotto a tutte le carni, che vorrete mettere in Pasticcio rifreddo; quindi aggiustateci sopra la carne, aggiungeteci il fondo della sua cottura passato al setaccio, e rifreddo, coprite con fette di lardo, pezzi di butirro, e fette di midollo di manzo, il tutto a proporzione, onde il Pasticcio sia ben nutrito; copritelo, decoratelo bene esternamente, indoratelo con uovo sbattuto, e fatelo cuocere ad un forno temperato circa quattro in cinque ore, e servitelo di bel colore, allorchè sarà del tutto rifreddo sopra una salvietta. Se volete servire questo Pasticcio caldo, quando sarà cotto scopritelo, levategli le fette di lardo, digrassatelo, e servitelo con quella Salsa, o Ragù che vorrete. Devesi osservare che tutti i Pasticci rifreddi debbono essere conditi di gusto più rilevato, che i caldi, e turargli il caminetto subito levati dal forno.
in prima dolcemente, e poscia aumentate il fuoco a misura, che la carne caccia fuori il suo sugo; dopo due ore levatela dal fuoco, osservando, che
La folaga (Fulica Atra) si potrebbe chiamare uccellopesce, visto che la Chiesa permette di cibarsene ne' giorni magri senza infrangere il precetto. La sua patria sono i paesi temperati e caldi dell'Europa e dell'Africa settentrionale, e come uccello anche migratorio viaggia di notte. Abita i paduli e i laghi, è nuotatore, nutrendosi di piante acquatiche, d'insetti e di piccoli molluschi. Due sole specie trovansi in Europa. Fuori del tempo della cova le folaghe stanno unite in branchi numerosissimi, il che dà luogo a cacce divertenti e micidiali. È assai cognita quella con barchetti, chiamata la tela, nelle vicinanze di Pisa sul lago di Massaciuccoli, di proprietà del marchese GinoriLisci, che ha luogo diverse volte nell'autunno inoltrato e nell'inverno. Nella caccia del novembre 1903, alla quale presero parte con cento barche cacciatori di ogni parte d'Italia, furono abbattute circa seimila folaghe; così riferirono i giornali.
nell'inverno. Nella caccia del novembre 1903, alla quale presero parte con cento barche cacciatori di ogni parte d'Italia, furono abbattute circa
— Oh! cavallo di ritorno, esclama il babbo, cos'è stato? — È stato, risponde Carlino, che il marcire sui libri non è affare per me e che mi farò tagliare a pezzi piuttosto che ritornare in quella galera. — La buona mamma gongolante di gioia corse ad abbracciare il figliuolo e rivolta al marito: — Lascialo fare, disse, meglio un asino vivo che un dottore morto; avrà abbastanza di che occuparsi co' suoi interessi. — Infatti, d'allora in poi gl'interessi di Carlino furono un fucile e un cane, da caccia, un focoso cavallo attaccato a un bel baroccino e continui assalti alle giovani contadine.
'interessi di Carlino furono un fucile e un cane, da caccia, un focoso cavallo attaccato a un bel baroccino e continui assalti alle giovani contadine.
di riso, 208. Fegato d'oca I, 209; II, 376. Folaghe in umido, 209. Piccioni in umido, 210. Piccione all'inglese, 211. Manicaretto di piccioni, 213. Timballo di piccioni, 213. Tordi colle olive, 214. Tordi finti, 215. Storni in istufa, 216. Uccelli in salmì, 217. Stufato di lepre, 217. Cignale dolce-forte, 218. Cignale fra due fuochi, 219. Costolette di daino alla caccia tora, 219. Coniglio in umido, 219. Lingua dolce-forte, 220.
-forte, 218. Cignale fra due fuochi, 219. Costolette di daino alla caccia tora, 219. Coniglio in umido, 219. Lingua dolce-forte, 220.
Animale conosciutissimo, che può essere considerato come il tipo dei carnivori. Non è usato come il nostro abitual alimento, ma alcuni, non avendo ribrezzo della sua carne lo tengono aggradevole quanto il coniglio, ne fanno una spietata caccia specialmente nell'inverno. Se è maschio ben nutrito e lasciato infrollire per qualche giorno sotto la neve, o esposto al gelo, privo della pelle e della testa, diviene saporito e può subire tutte le cotture; della lepre in special modo, arrostito e ben condito con lardo, aglio e rosmarino, arrosato con del buon vino.
ribrezzo della sua carne lo tengono aggradevole quanto il coniglio, ne fanno una spietata caccia specialmente nell'inverno. Se è maschio ben nutrito e
Gli Anfibi hanno le proprietà di vivere sia nell'acqua che sulla terra; il loro corpo è coperto di pelo più o meno fìtto, il corpo è protetto da uno strato di grasso che li protegge dall'intenso freddo. Se ne fa un'attiva caccia pel loro avorio, pelle, olio, ecc. Appartengono a questa famiglia le foche, i trichecchi detti vitelli, cavalli e vacche marine, suddivisi in molti altri nomi secondo le varietà.
strato di grasso che li protegge dall'intenso freddo. Se ne fa un'attiva caccia pel loro avorio, pelle, olio, ecc. Appartengono a questa famiglia le
Cetacei sono quegli animali acquatici che hanno la struttura dei pesci; la loro pelle è sprovvista di peli ed ampia la bocca, benchè la loro vita sia esclusivamente acquatica appartengono all'ordine dei mammiferi assomigliandosi sia pel sangue caldo che per la loro respirazione polmonare, per cui sono forzati di venire alla superficie dell'acqua a respirare, quanto per mettere alla luce figli vivi allattandoli come gli altri mammiferi. Questi animali sono oggetto di gran commercio e se ne fa una attivissima caccia sia pel loro olio, il loro avorio, ed i loro fannoni, così detti ossi di balena.
animali sono oggetto di gran commercio e se ne fa una attivissima caccia sia pel loro olio, il loro avorio, ed i loro fannoni, così detti ossi di balena.
Animale comunissimo, se ne fa un'attiva caccia, non per la sua carne che esala un nauseante odore che ripugna o per la sua pelle, ma per le sue rapine ed è considerato come nocivo. Da alcuni la volpe vien mangiata purchè sia giovine e ben in carne, massimamente nell'inverno in cui il gelo e la neve la privano un po' delle sue cattive qualità. Si nutre di uccelli e mammiferi e non sdegna se ha fame di mangiar rane, lucertole ed altri batraci, è molto golosa dell'uva e del miele. Abita in tane che si scava vivendo solitaria od accoppiata.
Animale comunissimo, se ne fa un'attiva caccia, non per la sua carne che esala un nauseante odore che ripugna o per la sua pelle, ma per le sue
Prendasi della coscia di lepre nella quantità necessaria, si pulisca bene, e se ne formino tante braciuole ben sottili: dippoi facciasi un battuto ben fino di prezzemolo, basilico, sedano, timo, ed un poco di cipolla; fatto che sia, prendasi una di dette braciuole, e sopra vi si distenda un poco del suddetto battuto, con poco sale, cannella, pepe pesto e noce moscata; dippoi vi si ponga sopra un'altra di dette braciuole, e vi si metta battuto e droghe come si è fatto alla prima seguitando così fino a che tutte saranno allo stesso modo confezionate, dando loro quella forma che più vi sarà di piacimento. Ciò fatto dispongansi delle fette di lardo o i prosciutto grasso colle quali si dovrà fasciare molto bene tutta la suddetta lepre già composta legandola GALANTINA DI FAGIANO ALLA PRINCIPESSA SU ZOCCOLO PER «BUFFET» (14) Prendete un bel fagiano, di cui serberete la testa con il collo, e tutto il ciuffo delle penne a questo aderenti. Conservatene pure le ali naturali, e la coda, distaccandola con un po' della polpa a cui è attaccata per mantenerla intiera. Disossate poi il fagiano accuratamente perchè non vi rimanga il benchè minimo osso, e dalla parte disossata toglietene alquanta polpa, alla quale aggiungerete quella di un altro fagiano disossato. Scegliete in questa carne quella tenera del petto, con la quale formerete tanti filoncini, che metterete da parte, ed il resto ne formerete una farcia, cioè un pisto nel mortaio con pochissime droghe e un poco di lardo. Passate il pisto allo staccio e mettetelo in una catinella dimenandolo bene con un mestolino, aggiungendogli nello stesso tempo un poco di marsala e di crema doppia. Tagliate dei filoncini di prosciutto grasso e magro, di lingua scarlatta e di tartufi neri, come quelli di polpa di fagiano che avete serbati. Distendete il fagiano disossato, metteteci una parte della farcia spianandola bene, disponete i filoncini variandone i colori, in tutta la loro lunghezza, in modo che nel tagliare la galantina dopa cotta, figuri un mosaico. Mettete il resto della farcia, chiudete la galantina, involgendola perfettamente in un pannolino e ben legata con lo spago dandogli la forma esatta e naturale. Fatela cuocere con brado fatto di carcami, uniti a qualche piede di vitello, facendola bollire almeno per due ore, togliendola poi dal fuoco per restringerla e farla freddare. Adagiatela poscia sul suo zoccolo, già preparato in antecedenza, fissate su di essa la testa, le ali e la coda, imitando il disegno qui unito: guarnite con piccoli timballetti (gobelotti) di purée di caccia, e terminate di guarnirla con gelatina e tartufi neri. Lo zoccolo dev'esser decorato con grasso, nel modo già descritto più innanzi. anche con uno spago perchè rimanga unita, e si collochi poi in una casseruola di proporzionata grandezza assieme ad un poco di sugo facendola cuocere con poco fuoco anche sul coperchio ma osservando di farla bollire adagino, e scandagliandone il giusto grado di cottura, col pungerla mediante la lama sottile di un'acuto coltello; e frattanto gli si preparerà la seguente salsa: — Si batta ben fina con un poco di cipolla, si metta in una casseruola da salse con un poco di burro ed una fetta di prosciutto magro, e facciasi così un poco soffriggere, dipoi vi si ponga un poco di fior di farina, un poco di sugo, e l'umido che sarà nel fondo della casseruola in cui è stata cotta la lepre, disgrassandolo prima molto bene, ed indi facendo così bollire il tutto per Io spazio di un'ora; dopo di che si leverà la fetta del presciutto, e vi si getterà un poco di vino di Cipro o di Malaga: quando si dovrà servire in tavola si tolgano dattorno alla lepre tutte le fette di lardo, si accomodi nel piatto diligentemente acciò non venga a disfarsi, sopra vi si versi la detta salsa, spremendovi prima dentro un poco di sugo di limone, e così si mandi in tavola.
purée di caccia, e terminate di guarnirla con gelatina e tartufi neri. Lo zoccolo dev'esser decorato con grasso, nel modo già descritto più innanzi
Dessa prestasi a molti usi; in generale quasi tutte le vivande stufate, le animelle di vitello in una salsa di funghi, i fegati dei volatili, palato e la mammella di vitello, le creste di pollame, le code dei gamberi, i pesci fini, alcune PANE DI CACCIA IN BELLA VISTA PER «BUFFETS» […] Formate il vostro pane di caccia, (veramente sarebbe più adatto il farlo con carne di lepre) che […] gli ossi tenendo da parte il sangue; […] tanti piccoli filetti di questa carne, e con l'altre parti ne farete una buona farcia, cioè la pesterete […] mortaio con del lardo, qualche tartufo nero, sale, […] un po' di burro e qualche uovo. Passate il […] allo staccio, mettetelo in una catinella, lavorandolo col mestolo di legno, facendogli assorbire il sangue che avete messo in disparte, ed un po' di crema doppia e marsala. Unite poscia i filetti ed i […] Prendete uno stampo liscio da timballo che ungerete di burro e fodererete di piccole fettine di lardo, versate in esso il composto, facendolo cuocere a forno temperato. Dopo freddato gli farete imbeverare della buona gelatina che avrete fatta con ossa e rimasugli di caccia, quando è ben raffermo, lo leverete dallo stampo e ne farete tante fette ben fatte ed uguali. Disponetele sullo zoccolo, guarnitele con gelatina e tartufi, come dal disegno che noi presentiamo, infilzandoci sopra dei hatelets (spiedini) guarniti in bella vista. creme, le composte dei frutti, le torte e quasi tutti i piatti dolci vengono nobilitati, racchiudendoli in una cassa di questa pasta.
e la mammella di vitello, le creste di pollame, le code dei gamberi, i pesci fini, alcune PANE DI CACCIA IN BELLA VISTA PER «BUFFETS» […] Formate il
Gli igienisti consigliano il riso come uno degli alimenti più sani e sostanziosi che crescono sotto il bel sole d'Italia: di facile e rapida assimilazione, di alto valore nutritivo per le sue qualità energetiche, il riso è certamente l'alimento più indicato per i bambini, per i convalescenti, per i lavoratori. Esso può essere presentato sulla nostra mensa, sotto forme svariatissime: come minestra, come pietanza, come dolce. Dal risotto coi piselli, coi funghi, con le vongole, col pomodoro fresco, con le uova ed i tartufi, agli sformati cotti al forno o a bagno maria con contorno di rigaglie o di bracioline o di caccia, dalle saporite frittelle, gioia dei nostri bimbi, ai budini svariati guarniti con marmellate, crema e cioccolata, è tutta una varietà di preparazioni in cui la massaia italiana può fare sfoggio della sua abilità culinaria.
di bracioline o di caccia, dalle saporite frittelle, gioia dei nostri bimbi, ai budini svariati guarniti con marmellate, crema e cioccolata, è tutta
Ne à però di straforo anche per la noce, pel faggio, la betulla, il cedro, ginepro, rosa, pino silvestre, pescia, (Abies), per il pruno, il bianco spino, il sorbo, il carpine (Carpinus betula) e raramente pel castano. Due sorta di tartufi si ànno, l'oscuro ed il bianco. Il primo si vuole sia l'unico vero tartufo, l'altro il falso tartufo delle sabbie e del deserto. Si vuole ancora che il tartufo sia sempre bianco allorchè non à raggiunto la sua maturanza, e che raggiungendola diventi oscuro. Pare invece sia questione di terreno e di alimentazione — come pure da ciò dipende l'abbondanza o deficienza del suo aroma, che da noi sono più saporiti e delicati i bianchi, degli oscuri. Non abbiamo note sul modo con cui gli antichi dessero la caccia al tartufo. Fu nel medio Evo e in Italia, che si incominciò a impiegarvi il porco. Il Platina del secolo XVI nel suo libro De honesta Voluptate dice, che niente raggiunge l'istinto della scrofa di Norcia per scoprire i tartufi sotto terra. Dall'Italia questo modo passò in Francia dove il porco venne chiamato con stile poetico porc de course, couchon levrier, e il porco è ancora il principale agente di questa caccia. Un altro ausiliario del ricercatore dei tartufi è il cane. L'uso del cane è antichissimo, e naque pure in Italia. L'Inghilterra, dove il tartufo è poco comune, la Germania stessa, la Francia, ànno avuto da noi i barbini, come maestri modelli nell'arte. Nel 1724 il Conte di Wakkerbart li portò in Sassonia a farne la caccia a Sedlitz. Augusto II Re di Polonia, nel 1720 ne fece venire dall'Italia 10 che costarono 100 talleri ciascuno. Fu pure un italiano, Bernardo Vanini, che ottenne il monopolio dei tartufi nel Brandeburgo, coll'obbligo di fornirne la cucina di Corte. Anche il Würtenberg ebbe due barboni dalla corte di Torino e in Germania vennero di moda e si chiamavano trüffel-hunde, e canes tuberario-venatici. Anche altre razze di cani sono suscettibili di questa educazione. L'uomo pure di fine odorato può fare questa caccia. La terra sollevata in certi punti, o presentante una fenditura, tradisce la presenza del tartufo più vicino al suolo e più precoce. Provatevi e se non troverete il tubero troverete certamente... un sasso. Altra spia del tartufo è una certa specie di mosca detta helomyza (da helmius, verme) tuberivora, più lunga delle mosche comuni, d'un colore giallo rosso, colle ali color fumo e macchiate di nero e che à il volo lento e permette di seguirla. La si vede quasi sempre solitaria survolare sul punto che cela il tartufo maturo, e del quale è ghiotta. È questa mosca ed altre sue parenti prossime che diedero ad intendere per molto tempo, essere i tartufi una particolare loro produzione, mentre invece ne erano le consumatrici. Fra questi segnali il più conosciuto, è l'ingiallimento, lo stato morboso ed anche la morte delle piante erbacee, e dei piccoli arboscelli che vegetano sul luogo del tartufo. L'epoca della raccolta del tartufo in Francia è da Novembre a Marzo, ma sopratutto nel periodo di Natale. In Piemonte i più precoci maturano alla fine di Giugno e li chiamano fioroni, e viene quasi sempre a' piedi dei salici e dei pioppi in terreno argilloso, ma la raccolta incomincia in Agosto. In Francia ne sono ricche la Provenza, la Linguadoca, il Querey, il Pèrigord ed il Poitou. Il tartufo nero o la melanospora è comune in Italia, Francia, Spagna, va fino in Inghilterra a Rudloe nel Wiltshire, nella Sassonia e nell'Austria. Ne sono abbondanti da noi le montagne della Sabina e sopratutto Norcia. Il sapore l'aroma ed il colore variano a seconda dei paesi. Quella di Piemonte è bianca e sarebbe il tuber hyemalbum. Pare che la bianca sia più propria dei paesi del Nord, o per lo meno la vi si trova più frequente. Avvi anche il tartufo rosso (tuber rufum) che in Provenza si chiama mourre de chin (muso di cane) che per il suo odore speciale è rigettata dal commercio. V'à il falso tartufo, la genea verrucosa detta in Piemonte cappello di prete, il melanogaster variagatus, o muscato, la balsamia vulgaris, detta rosetta da noi. Si mangiano dai pochi intelligenti. Il solo tartufo falso che sempre si mangiò e si mangia ancora dagli Arabi è la terfezia leonis, o tartufo del deserto e delle sabbie. Dev'essere di quest'ultima specie il tartufo cucinato dai Romani che serviva a dar sapore alla salamoja e ad altre irritamenta gutœ. Gli Ateniesi concedettero ai figli di Cherippo la cittadinanza per avere introdotto un nuovo modo di cucinare i tartufi. L'Archistrato, o capo-cuoco in Atene faceva servire alla fine del pranzo dei tartufi cotti col grasso, sale, ginepro e canella. Cecilio Apicio il celebre cuoco che viveva sotto Trajano, ci à lasciato varie ricette dei tartufi nella sua De Re culinaria. Avicenna, oracolo della medicina d'allora, raccomanda di pelare i tartufi e di tagliarli a pezzi, farli bollire con aqua e sale poi farli cocere con erbe aromatiche e servirli colla carne salata. Marziale antepone i funghi ai tartufi dicendo:
deficienza del suo aroma, che da noi sono più saporiti e delicati i bianchi, degli oscuri. Non abbiamo note sul modo con cui gli antichi dessero la caccia
Il Melagrano è un alberetto originario dall'Africa, a foglia caduca, indigeno in Italia. Viene in piena terra, ma meglio adossato ai muri, ama esposizione soleggiata, calda, difesa dai venti. Teme l'umidità ed il gelo. Si propaga per seme, margotte, talloni. Se ne annoverano dal sapore dei frutti tre varietà, dolce, acido, ed agro dolce. Si coltiva molto in Spagna dove i frutti vengono grossissimi ed aromatici. Fiorisce in Giugno e Luglio, si raccolgono i frutti immaturi alla fine di Settembre, perchè aspettando più tardi la corteccia si apre per eccessiva umidità. Il vocabolo punica è da punicus, rosso scarlatto, il colore de' suoi fiori — e granatum dalla quantità dei grani. Onde da noi è detto melagranata e à dato pure il nome al rosso-violetto che si chiama pure granato. Nel linguaggio delle piante significa: Fatuità. Il pomo granato si conserva fresco e sano sino a metà inverno, cogliendolo in giornata serena, ed esponendolo al sole per due giorni. Poi si colloca, involto con carta, in qualche recipiente i cui vani si riempiono con sabbia ben asciutta e se ne tura l'orifizio con bon coperchio. Così conservato aquista anche maggior grado di maturanza. Questo frutto sferoideo, bellicato, è rivestito di scorza coriacea prima verde, poi rosso scuro che raccoglie in segmenti divisionali semi numerosi, involti in una polpa rosea, pelucida, succosa, gradevole, pochissimo nutriente, ma rinfrescante e salubre. Punica sub lento cortice grana rubent, dice Ovidio (Egl. 15). È frutto cercato ghiottamente, dalle signorine e dei ragazzi. Serve al dessert. I grani somigliante ai rubini, nettano i denti e movono l'appetito. Dal succo, espresso e fermentato, se ne fà una specie di vino che una volta si chiamava: vino del Palladio. Se ne compongono più comunemente sciroppi e conserve deliziose, confetture delicatissime, ghiotti giulebbi e gelati. I fiori del melagrano si usavano come astringenti in polvere e decotto — oggi macerati con allume nell'aqua danno un bell'inchiostro rosso, come la buccia, macerata con allume pure lo dà nero. La buccia o pericarpio detta malicorion, ricca di principio amaro, contiene moltissimo tannino e viene utilmente impiegata nella concia delle pelli. A Tunisi serve a tingere in giallo i così detti marocchini. In medicina viene somministrata per uso sì interno che esterno, come astringente e dei più energici. Arago, nella sua Promenade autour du monde, dice, che a Timor si usa nella dissenteria. In Persia al Thibet, nella China, fra gli Arabi ed anche in Russia al dire del Rehmann viene adoperata come succedaneo al chinino. Il seme risulta d'una buccia cartilaginea e di un mandorlo bianco, dolce da cui si può spremere olio. La radice, e precisamente la corteccia della radice, gialla all'interno, bigio-cenericcia all'esterno, à sempre goduto dall'antichità fino a' giorni nostri fama di tenifuga quando è fresca e caccia pure le ascaridi.
di tenifuga quando è fresca e caccia pure le ascaridi.
23. Risotto coi gamberi. — In certi luoghi abbondano i gamberi e la caccia di questi crostacei serve di trastullo ai fanciulli. Se volete farne uso, ricordatevi ch'è cosa pericolosa il mangiare un gambero che non si abbia visto vivo. Siccome necessità e igiene vogliono che si cuociano vivi, badate almeno di gettarli nell'acqua bollente e sempre colla testa in giù, affinchè muoiano immediatamente. I gamberi sono cotti quando appaiono d'un bel rosso vivo. Se invece di gustarli soli volete adoperarli come condimento del riso, sgusciateli con diligenza raccogliendo tutta la polpa e sopprimendo l'intestino nero che si trova nella coda e i reni verdicci nel corsaletto, poi fate soffriggere con un po' di prezzemolo e di burro, sale e pepe questa polpa per unirla, come condimento, al risotto preparato colla ricetta N. 17. Per 6 persone vi occorreranno 25-30 gamberi secondo la loro grandezza.
23. Risotto coi gamberi. — In certi luoghi abbondano i gamberi e la caccia di questi crostacei serve di trastullo ai fanciulli. Se volete farne uso
, dice Ovidio (Egl., 15). È frutto cercato ghiottamente, dalle signorine e dei ragazzi. Serve al dessert. I grani, somiglianti ai rubini, nettano i denti e movono l'appetito. Dal succo, espresso e fermentato, se ne fa una specie di vino che una volta si chiamava: vino del Palladio. Se ne compongono più comunemente sciroppi e conserve deliziose, confetture delicatissime, ghiotti giulebbi e gelati. I fiori del melagrano si usavano come astringenti in polvere e decotto — oggi macerati con allume nell'acqua danno un bell'inchiostro rosso, come la buccia, macerata con allume pure lo dà nero. La buccia, o perpicarpio, detta malicorion, ricca di principio amaro, contiene moltissimo tannino e viene utilmente impiegata nella concia delle pelli. A Tunisi serve a tingere in giallo i così detti Marocchini. In medicina viene somministrata per uso sì interno che esterno, come astringente e dei più energici. Arago, nella sua Promenade autour du bionde, dice, che a Timor si usa nella dissenteria. In Persia al Thibet, nella China, fra gli Arabi ed anche in Russia al dire del Rehmann viene adoperata come succedaneo al chinino. Il seme risulta di una buccia cartilaginea e di un màndorlo bianco, dolce, da cui si può spremere olio. La radice, e precisamente la corteccia della radice, gialla all'interno, bigio-cenericcia all'esterno, à sempre goduto dall'antichità fino a' giorni nostri fama di tenifuga quando è fresca e caccia pure le ascaridi.
dall'antichità fino a' giorni nostri fama di tenifuga quando è fresca e caccia pure le ascaridi.
Se ne fa farina e pane misto a frumento. La si mangia sola, lessata, o cotta sotto la cenere. La patata si coce in mezz'ora. Non lasciarla, lavandola, molto nell'acqua, altrimenti diviene molle e pesante, e perde la farinosità. Meglio cocerla a vapore in 35 o 40 minuti, pelarla subito e servirla in piatto scoperto. Si deve sempre farla cocere nella sua pelle onde conservi il suo sale di potassa e tutto il suo sapore, nè dovrebbesi tagliarla con lama di ferro. In cucina serve in mille modi, a tavola fa capolino in tutte le vivande, in tutti i piatti; caccia il naso persino nella pasticceria. La patata è il pane degli Inglesi. Non si può immaginare Svizzera senza kartoffeln. La cucina tedesca è basata sulla patata. Non c'è brodo, minestra, intingolo o vivanda ove la patata non ne sia il principale costituente. Ogni città, ogni borgata le dà nomignoli particolari di tenerezza: Tüfken, Töffelken, Toffein, Tartuffein, Erdtuffeln, Erdäppel, Erdbirnen, Grundbirnen, Erdboknen, Batalen, Patatos, Potatos, Kartoffeln, Oebiswarzel, ecc. Se non ci fosse la patata bisognerebbe inventarla per loro.
lama di ferro. In cucina serve in mille modi, a tavola fa capolino in tutte le vivande, in tutti i piatti; caccia il naso persino nella pasticceria
Nel linguaggio dei fiori: rabbia.È detto peperone quasi pepe grande. Ve ne sono dieci varietà, tra queste: il comune, lo storto, a ciliegia, dolce del Brasile, tondo, di Spagna, di Voghera detto capsicum grossum, carnoso corto ed altre. Quello di Cajenna è piccolo e più forte di tutti. È il capsicum fructescens, di Linneo. In Francia lo chiamano: corail de jardin, perchè, dal color verde lucido, passa nella sua maturità ad acquistare il rosso vivo del corallo, senza perdere della sua lucentezza. È di questo che si fa la famosa paprika in Ungheria. Tutta la pianta à sapore acre, piccante, calido, ma principalmente i frutti, e del frutto i semi sono più piccanti ed acri del pericarpio. I frutti verdi ed immaturi si conservano per uso di tavola nell'aceto, che ne mitiga l'acredine. Rossi, maturi, essiccati e ridotti in polvere costituiscono ciò che si chiama pimento, o pepe di Cajenna, che à pur esso i suoi usi culinari come la più piccante delle droghe indigene. Il peperone vuolsi originario dell'Africa intertropicale, donde fu portato dai negri in America e poi in Europa. I primi che l'introdussero furono i Portoghesi che le chiamavano pimenta del rabo, cioè pepe colla coda. Ma visto che il peperone faceva concorrenza al pepe e temendo di danneggiare il commercio del vero pepe il re del Portogallo ne proibì l'importazione. Tale peripezia del peperone ce la racconta Carlo Clusio in certe sue annotazioni dell'anno 1582. Comunque sia è certo che a noi pervenne dall'America e che prima era sconosciuto. Si chiama capsicum dal vocabolo greco che significa mordere, per indicare il suo sapore caustico. Il pimento, è uno degli stimolanti più attivi del ventricolo, risveglia l'appetito, corregge il languore e l'atonia intestinale, sopprime le flattuosità ed è rimedio infallibile contro le coliche prodotte da carne di pesce. Caccia le ascaridi, giova contro le emorroidi, secondo l'Accademia di Parigi. Eccellente il pimento per condire verdure, pesci e in certe salse. Il capsicum grossum di Voghera si mangia verde all'olio, e scottato nell'acqua bollente e diviso in quattro parti, toltine i semi si possono imboraggiare e farli fritti. I milanesi dicono anche peveron un naso rosso, grosso e bernoccoluto.
contro le coliche prodotte da carne di pesce. Caccia le ascaridi, giova contro le emorroidi, secondo l'Accademia di Parigi. Eccellente il pimento per
Fu nel Medio Evo e in Italia che si incominciò a impiegarvi il porco. Il Platina, del secolo XVI, nel suo libro De honesta uoluptate dice, che niente raggiunge l'istinto della scrofa di Norcia per scoprire i tartufi sotto terra. Dall'Italia questo modo passò in Francia dove il porco venne chiamato, con stile poetico, porc de course, couchon levrier, e il porco è ancora il principale agente di questa caccia. Un altro ausiliario del ricercatore dei tartufi è il cane. L'uso del cane è antichissimo, e naque pure in Italia. L'Inghilterra, dove il tartufo è poco comune, la Germania stessa, la Francia, ànno avuto da noi i barbini, come maestri modelli nell'arte. Nel 1724 il conte di Wakkerbart li portò in Sassonia a farne la caccia a Sedlitz. Augusto II re di Polonia, nel 1720 ne fece venire dall'Italia dieci che costarono cento talleri ciascuno. Fu pure un italiano, Bernardo Vanini, che ottenne il monopolio dei tartufi nel Brandeburgo, coll'obbligo di fornirne la cucina di Corte. Anche il Würtenberg ebbe due barboni dalla corte di Torino e in Germania vennero di moda e si chiamavano truffel-hunde, e canes tuberario venatici. Anche altre razze di cani sono suscettibili di questa educazione. L'uomo pure, di fine odorato, può fare questa caccia. La terra sollevata in certi punti, o presentante una fenditura, tradisce la presenza del tartufo più vicino al suolo e più precoce. Provatevi, e se non troverete il tubero, troverete certamente.... un sasso. Altra spia del tartufo è una certa specie di mosca detta helomyza (da helmius, verme) tuberivora, più lunga delle mosche comuni, d'un colore giallo-rosso, colle ali color fumo e macchiate di nero e che à il volo lento e permette di seguirla. La si vede quasi sempre solitaria sorvolare sul punto che cela il tartufo maturo, e del quale è ghiotta. È questa mosca, ed altre sue parenti prossime, che diedero ad intendere per molto tempo, essere i tartufi una particolare loro produzione, mentre invece ne erano le divoratrici. Fra questi segnali, il più conosciuto è l'ingiallimento, lo stato morboso ed anche la morte delle piante erbacee e dei piccoli arboscelli che vegetano sul luogo del tartufo. L'epoca della raccolta del tartufo in Francia è da novembre a marzo, ma sopratutto nel periodo di Natale. Ne sono ricche la Provenza, la Linguadoca, il Querey, il Pèrigord ed il Poitu. Il tartufo nero, o la melanospora è comune in Italia, Francia, Spagna, va fino in Inghilterra, a Rudloe nel Wiltshire, nella Sassonia e nell'Austria. Ne sono abbondanti da noi le montagne della Sabina e sopratutto Norcia. Il sapore, l'aroma ed il colore variano a seconda dei paesi. Quella di Piemonte è bianca e sarebbe il tuber hyemalbum. Pare che la bianca sia più propria dei paesi del Nord, o per lo meno la vi si trova più frequente. Avvi anche il tartufo rosso (tuber rufum) che in Provenza si chiama mourre de chin (muso di cane) che per il suo odore speciale è rigettato dal commercio. Vi à il falso tartufo, la genea verrucosa detta in Piemonte cappello di prete, il melanogaster variagatus, o muscato, la balsamia vulgaris, detta rosetta da noi. Si mangiano dai pochi intelligenti. Il solo tartufo falso che sempre si mangiò e si mangia ancora dagli Arabi è la terfezia leonis, o tartufo del deserto e delle sabbie. Dev'essere di quest'ultima specie il tartufo cucinato dai Romani che serviva a dar sapore alla salamoja e ad altre irritamenta gulae. Gli Ateniesi concedettero ai figli di Cherippo la cittadinanza, per avere introdotto un nuovo modo di cucinare i tartufi. L'Archistrato, o capo-cuoco in Atene, faceva servire alla fine del pranzo dei tartufi cotti col grasso, sale, ginepro e canella, e spruzzati di vino del Chjo. Cecilio Apicio, il celebre cuoco che viveva sotto Trajano, ci à lasciato varie ricette dei tartufi nella sua De re culinaria. Avicenna, oracolo della medicina d'allora, raccomanda di pelare i tartufi e di tagliarli a pezzi, farli bollire con aqua e sale, poi farli cocere con erbe aromatiche e servirli colla carne salata. Marziale antepone i funghi ai tartufi dicendo:
, con stile poetico, porc de course, couchon levrier, e il porco è ancora il principale agente di questa caccia. Un altro ausiliario del ricercatore
Clemente Rossi, nella sua Gastromicologia (Giacomo Agnelli, 1888, Milano) distingue quattro varietà di tartufo: 1.° Il grigio (hjcoperdon tuber cibarium Peder montanum), indigeno del Piemonte, che preferisce le ombre rivose dei fossi, i prati ombreggiati dagli alberi. Abbonda specialmente in Asti, Acqui, Alba, Mondovì e Casale. È grigiastro o giallastro di colore, avente spesso qualche macchietta rossiccia nella sua polpa, e da piccolo come una nocciola, può giungere fino alla grossezza d'un formaggio d'Olanda. Quando è maturo esala un gratissimo, soave e penetrante odore, e, fra tutte le varietà, è il più prezioso e ricercato per il delicatissimo suo sapore: comincia a comparire in luglio ed agosto, ma soltanto in settembre ed ottobre aquista la sua preziosa qualità, perchè soltanto allora à la sua perfetta maturanza. 2.° Il nero (lycoperdon cibarium niger), venato, macchiato all'interno, non raggiunge la grossezza del grigio, abbonda nell'inverno. 3.° Il bianco (lycop. tub. cib. album), quasi sempre piccolissimo, di color bianco-pallido, sbiadito, rotondo, di odore agliaceo. È poco gustato, ed ancor meno stimato del nero, è pure invernale. 4.° Viene per ultimo il rosso (ycop. tub. cib. Rubicundum), di odore forte, acuto e spiacevole e di pochissimo sapore. Non gode stima e nasce in sul finire dell'autunno. In Sicilia nasce un tartufo bianco-niveo, assai ricercato e delicatissimo, classificato lycop. tub. cib. niveum. Non abbiamo note sul modo con cui gli antichi dessero la caccia al tartufo.
Gli antipasti caldi sono piccole preparazioni, le quali, in un pranzo, seguono immediatamente le minestre e servono di transizione tra queste e i grossi pezzi. La caratteristica assoluta di queste preparazioni deve essere la leggerezza. Come ebbe a dire il Maestro Escoffier, gli antipasti caldi, dal punto di vista della logica gastronomica, sono un pleonasmo e nulla, se non l'abitudine, ne ha giustificato l'uso. Non debbono quindi essere considerati che come una specie di piacevole intermezzo. Bisogna dunque studiarsi di fare delle preparazioni minuscole e graziose, qualche cosa come uno speciale petit-four, che, in un certo modo, possa solleticare gradevolmente l'appetito del convitato senza aggravarne lo stomaco. Infinite le preparazioni che possono figurare negli antipasti caldi, purchè si tenga presente quanto abbiamo già esposto nei riguardi della leggerezza, della grazia e della esattezza. La cucina moderna accoglie di preferenza tra gli antipasti caldi le barchette, riservate generalmente a guarniture di pesci, molluschi e crostacei, le tartelette, impiegate di preferenza per preparazioni a base di pollame, di caccia, ecc., le bouchées, più conosciute da noi col nome di petitspatés — ricordando che quando debbono servire per antipasti queste bouchées si faranno di misura assai più piccola dei soliti petits-patés — e i cannelloni, specie di cannoncini di pasta sfogliata, di cui le lettrici, come per le bouchées, troveranno il modo di esecuzione nel capitolo dei dolci.
crostacei, le tartelette, impiegate di preferenza per preparazioni a base di pollame, di caccia, ecc., le bouchées, più conosciute da noi col nome di
Si prende un pezzo di milza di bue — tre ettogrammi — e si taglia aprendola come un libro, in modo che la pelle rimanga tutta al disotto, poi con la lama di un coltello si raschia per separare la polpa dai nervi e dalla pelle. In una casseruolina si mette un pesto ottenuto con una fetta di prosciutto, un'alice lavata e spinata, e una puntina d'aglio, e si fa scaldare con la terza parte di un panino di burro. Si unisce allora la milza raschiata, sale, pepe, due o tre cucchiaiate di brodo o d'acqua, si mescola e si fa cuocere per tre o quattro minuti. Si preparano intanto dei crostini di pane e si fanno abbrustolire. Su ogni crostino, si spalma un po' di milza dando una forma leggermente bombata, si accomodano in un piatto e prima di mandarli in tavola si spruzzano con un po' di sugo di limone. Questi crostini mangiati caldi sono appetitosi, e ricordano un poco i crostini di caccia.
mandarli in tavola si spruzzano con un po' di sugo di limone. Questi crostini mangiati caldi sono appetitosi, e ricordano un poco i crostini di caccia.
— Formaggio e frutta. Quello che si deve evitare con ogni cura sono le ripetizioni. Molti, invitandovi a pranzo, vi offrono ad esempio: polli lessati e polli arrostiti, o filetto di bue in casseruola e bistecche. E questo non va. Nella composizione di un «menu», anche il più semplice, si deve ricercare la maggior varietà, evitando di ripetersi non solo nelle qualità delle pietanze, ma nelle salse, nel loro colore, nel modo di presentare i piatti ecc. Se dunque il piatto forte è di carne di bue, fate che quello di mezzo sia di caccia, e l'arrosto di pollame, e viceversa. Evitate così due pietanze preparate allo stesso modo — ad esempio polli spezzati col sugo e budino con finanziera e sugo — come pure due contorni composti degli stessi elementi, siano pure cotti in modo diverso. I soli tartufi fanno eccezione alla regola e possono essere presentati parecchie volte in tavola.
ecc. Se dunque il piatto forte è di carne di bue, fate che quello di mezzo sia di caccia, e l'arrosto di pollame, e viceversa. Evitate così due
Vediamo ora la composizione del «menu» per colazione e per cena. Il «dejeuner» differisce dal «diner» anzitutto per la quantità delle pietanze che si servono, e, — elemento non trascurabile — per la qualità delle pietanze stesse. In una colazione sono adattatissimi gli antipasti freddi assortiti, poichè non essendoci minestra non si corre il rischio di sciuparsi il palato con i vari cibi piccanti che compongono generalmente l'antipasto, e che, secondo alcuni impediscono di apprezzare la finezza del brodo o della zuppa. Troverà qui la migliore applicazione tutto quel complesso di ghiottonerie che va sotto il nome di «Antipasti alla russa». Dopo gli antipasti si serve generalmente un piatto d'uova — caratteristica della colazione. — Ma si possono servire anche risotto, maccheroni, gnocchi di semolino, ecc. C'è poi un piatto forte, un altro piatto con accompagno di verdura o di legumi, dolce, formaggio e frutta. Questo per una colazione fine, di tipo classico. Volendo un «dejeuner» ancora più ricco si potranno introdurre nel «menu» due piatti di carne e uno di pesce. Ma è bene mantenere la colazione su queste basi: Antipasto freddo — uova o farinacei — due piatti di carne oppure uno di carne e uno di pesce — verdura o legumi — dolce — formaggio e frutta. Essendoci due piatti di carne, il secondo piatto potrà essere freddo; vitello, roast-beef, pasticci, galantine, ecc. Anche nella colazione bisogna evitare di ripetersi. Quindi se uno dei due piatti sarà di manzo, o vitello, o agnello, o montone, l'altro sarà di pollame, o di caccia e viceversa. Per dolce si servono di preferenza composte di frutta accompagnate da pasticceria leggera. Il «menu» per una cena è uguale per quantità e disposizione di piatti a quello di una colazione. Soltanto si sostituisce alle uova una tazza di buon brodo ristretto, caldo o freddo. Il «consommé» freddo per una cena deve essere leggermente gelatinoso. Così per i cibi come per la preparazione si procurerà che il «menu» offra un insieme di finezza e di leggerezza, come ad un pasto serale si conviene, Ecco qualche tipo di «menu»:
agnello, o montone, l'altro sarà di pollame, o di caccia e viceversa. Per dolce si servono di preferenza composte di frutta accompagnate da pasticceria
Fatta la pasta sfogliata colla regola suddescritta ed assottigliata dello spessore di un centimetro circa, fate un rotondo di carta da 15 a 20 centimetri circa di diametro ed appoggiatelo sopra la pasta; colla punta di un coltellino fatela girare attorno in modo da levargli la forma, ponetela su di una lastra da forno, indi fatevi un'incisione leggiera, rotonda, da 6 a 8 centimetri, sulla superficie della pasta colla punta di un coltello, penellatela leggermente con un tuorlo d'uovo sbattuto assieme ad un cucchiaio d'aqua, mettendola dopo nel forno a calor moderato e chiudendolo. Essa si alzerà sette volte e più del suo volume. Quando la sfogliata sarà allestita e preso un bel colore, levatela dal forno; colla punta d'un coltellino, lederete il coperchio, vuotando la mollica interna, ciò vi darà un vuoto che potrete empire tanto con generi di cucina, she di dolci; per esempio: d'una finanziera, d'una fricassea di pollame o di animelle con tartufi o funghi salati colla vellutata o salsa spagnuola, ridotta con un pochino di vin Marsala, di quenelle di pollo o di vitello o di caccia, rivolte in una salsa italiana o bianca legata con 2 tuorli d'uova ed il sugo di un limone, ecc.; ovvero con delle composte di pesche, pere, di mele o d'un zabaione o crema, pasticcieria o vergata aromatizzata o d'una plombiera o sorbetto.
, di quenelle di pollo o di vitello o di caccia, rivolte in una salsa italiana o bianca legata con 2 tuorli d'uova ed il sugo di un limone, ecc
Scarnate bene gli avanzi, siano lessati che arrostiti, o meglio tanto degli uni quanto degli altri, gettando le parti dure o cartilaginose e pestate con diligenza. Potete unire anche alquanta carne diversa, come vitello, caccia ecc., ma che sia tenera e non troppo seccata dalla cottura. Amalgamate con mollica di pane inzuppata nella panna indi strizzata, torli d'uovo secondo la quantità della carne, scorza di limone grattata con un vetro, sale e spezie di vostro gradimento. Empitene i budelli ammanniti con scrupolosa pulizia, legateli ai capi cercando che non contengano aria, cuocete in graticola con carta imburrata sotto e servite con qualche contorno.
con diligenza. Potete unire anche alquanta carne diversa, come vitello, caccia ecc., ma che sia tenera e non troppo seccata dalla cottura. Amalgamate
Tutti gli avanzi di arrosto possono servire e, meglio, quelli di pollame o di caccia, o un miscuglio di tutti, cui aggiungerete un quarto del peso di prosciutto crudo o lingua salata. Passate al tritacarne, indi al mortaio amalgamando con uno o due rossi d'uova a seconda della quantità, aggiungendo una buona cucchiaiata di prezzemolo trito. Fate ora una sfoglia, anzi una sfogliata con farina, burro, uova e sale, tiratela bene e con un tagliapasta levatene tanti dischetti nel centro dei quali porrete una pallottola di ripieno, ripiegandoli poi come i tortellini, o a mezza luna o come preferite, badando a bagnare i lembi perchè il ripieno, alla cottura, non se ne vada. Passate nell'uovo sbattuto, indi nel pangrattato, friggete a color dorato e servite o soli con contorno di prezzemolo, o mescolati ad altri fritti.
Tutti gli avanzi di arrosto possono servire e, meglio, quelli di pollame o di caccia, o un miscuglio di tutti, cui aggiungerete un quarto del peso di
I quadrupedi i quali ci offrono la caccia da pelo, come cignale, camoscio, lepre ecc. vivendo allo stato selvatico, di rado sono grassi e le loro carni nere, benchè saporite, sono fibrose e stoppose. Di qui la necessità di lardellarle e rimarinarle se avanzate, specialmente se arrostite. Se invece, come spesso il camoscio, furono cucinate in civiero (civet) o in qualche modo simile, basterà riscaldarle e andranno bene. In questo caso la polenta rosolata è un buon accompagnamento. Del resto, il camoscio, il capriolo, cervo ecc. essendo imparentati colla famiglia ovina, preferiscono che i loro avanzi siano trattati come quelli del castrato e simili.
I quadrupedi i quali ci offrono la caccia da pelo, come cignale, camoscio, lepre ecc. vivendo allo stato selvatico, di rado sono grassi e le loro
Colla pasta frolla foderate uno stampo unto col burro internamente. Pestate nel mortaio avanzi di carne cotta più fina che potete, come pollo, caccia ecc. amalgamandola con un uovo e un poco di brodo. Sbucciate e levate le code ai gamberi e mettetele a marinare con sale, pepe e sugo di limone e pestate il resto delle polpa colla carne e un poco di burro. Allora riempirete lo stampo, prima con uno strato di carne pestata, poi con alcuni filetti delle stesse carni che avrete serbato interi, indi con uno strato di code di gamberi e così di seguito alternando fin che lo stampo sia pieno. Collocatevi sopra uno strato di fettoline di lardone, chiudete con un coperchio di pasta e cuocete al forno.
Colla pasta frolla foderate uno stampo unto col burro internamente. Pestate nel mortaio avanzi di carne cotta più fina che potete, come pollo, caccia
È un piatto inglese (sweet meat) che non so se vi piacerà. Occorrono avanzi di carne nera (manzo, castrato, maiale, caccia ecc.) e si triturano ben fini. Si impastano con uva passa senza semi e conserva di ribes, lamponi od altra a vostro gusto. Legate con un uovo, drogate generosamente e stendete l'impasto sopra un foglio di pasta sfogliata che ricoprirete con un altro simile, dorando con uovo il foglio superiore. Cuocete a fuoco abbastanza vivace.
È un piatto inglese (sweet meat) che non so se vi piacerà. Occorrono avanzi di carne nera (manzo, castrato, maiale, caccia ecc.) e si triturano ben
Disossate con diligenza avanzi di pollo, di caccia o di altri animali pennuti, tritate e pestate nel mortaio con brodo ed uovo in modo da farne una pasta che passerete per staccio. Cuocete in ottimo brodo una minestra minuta e, quando è cotta, mescolatela col passato, legatela con uovo in modo che questo non si coaguli, cioè lasciando alquanto raffreddare, aggiungete un pizzico di noce moscata se vi piace, parmigiano grattato, riscaldate ancora, sempre rimescolando e servite.
Disossate con diligenza avanzi di pollo, di caccia o di altri animali pennuti, tritate e pestate nel mortaio con brodo ed uovo in modo da farne una
Ed ora la patata è l'amica del povero e del ricco, del medico e del prete. Certamente la patata non è squisita come la pesca, nè nutriente come un beeftek ma è sana e saporita anch'essa, e anch'essa sazia la fame del povero. Se ne fà farina e pane mista a frumento. La si mangia sola, lessata, cotta sotto la cenere. In cucina serve in mille modi, a tavola fà capolino in tutte le vivande, in tutti i piatti; caccia il naso perfino nella pasticceria. La patata è il pane degli Inglesi. Non si può immaginare Svizzera senza kartoffeln. La cucina tedesca è basata sulla patata. Non c'è brodo, minestra, intingolo o vivanda ove la patata non ne sia il principale costituente. Ogni città, ogni borgata le dà nomignoli particolari di tenerezza: Tüfken, Töffelken, Toffeln, Tartuffeln, Tartoffeln, Erdtuffeln, Erdäppel, Erdbirnen, Grundbirnen, Erdbohnen, Bataten, Patatos, Potatos, Kartoffeln, ecc. Se non ci fosse la patata bisognerebbe inventarla per loro. Dalla sua fermentazione se ne cava un' acquavite nociva che ubbriaca ed abbrutisce i poveri Irlandesi e gli schiavi dell'America. Colla patata si fà birra e carta. Raschiata e scaldata lentamente nell'acqua forma una specie di saponata che dà lucentezza e bianchezza alle lingerie. Serve di foraggio ai quadrupedi, di cibo ingrassante al pollajo. Sotto l'aspetto medico; Redi scriveva: « Hanno le patate nome d'essere un po' ventose, a me però non è paruto, ch'abbiano questo difetto, ma può essere che lo abbiano se sieno mangiate soverchiamente. » Sono un antiscorbutico, servono crude raschiate come cataplasma nelle piaghe cancrenose, sono rimedio volgare nelle scottature. Gordon in China viveva giorni e giorni di sole patate. Ma se la patata è sanissima quando è sana, quando incomincia a germogliare, si spoglia della fecola e allora è nociva, sviluppandosi pure la solanina che è veleno. Vi sono stati casi di avvelenamento di patata che si manifesta coll'idrope e piaghe cancrenose all'estremità.
sotto la cenere. In cucina serve in mille modi, a tavola fà capolino in tutte le vivande, in tutti i piatti; caccia il naso perfino nella pasticceria
Pianticella annua indigena originaria delle Antille, del Brasile e Messico. Si semina in primavera a tutto Maggio, ama gran sole e terreno ricco, fiorisce in estate. Nel linguaggio dei fiori : rabbia. È detto peperone quasi pepe grande. Ve ne sono 10 varietà, tra queste: il comune, lo storto, a ciliegia, dolce del Brasile, tondo, di Spagna, di Voghera detto capsicum grossum, carnoso corto ed altre. Quello di Cajenne è piccolo e più forte di tutti. Tutta la pianta à sapore acre, piccante, calido, ma principalmente i frutti, e del frutto i semi sono più piccanti ed acri del pericarpio. I frutti verdi ed immaturi si conservano per uso di tavola nell'aceto, che ne mitiga l'acredine. Rossi, maturi, essicati e ridotti in polvere, costituiscono ciò che si chiama pimento, o pepe di Cajenne, che à pur esso i suoi usi culinari come la più piccante delle droghe indigene. Altri lo vogliono originario dell'Africa intertropicale, donde fu portato dai negri in America e poi in Europa. I primi che l'introdussero furono i Portoghesi che lo chiamavano pimenta del rabo cioè pepe colla coda. Ma visto che il peperone faceva concorrenza al pepe e temendo di danneggiare il commercio del vero pepe, il re di Portogallo ne proibì l'importazione. Tale peripezia del peperone ce la racconta Carlo Clusio in certe sue annotazioni dell'anno 1582. Comunque sia è certo che a noi pervenne dall'America e che prima era sconosciuto. Si chiama capsicum dal vocabolo greco che significa mordere, per indicare il suo sapore caustico. Il pimento, è uno degli slimolanti più attivi del ventricolo, risveglia l'appetito, corregge il languore e l'atonia intestinale, sopprime le flattuosità ed è rimedio infallibile contro le coliche prodotte da carne di pesce. Caccia le ascaridi, giova contro le emorroidi, secondo l'Accademia di Parigi. Eccellente il pimento per condire verdure, pesci e in certe salse. Il capsicum grossum di Voghera si mangia verde all'olio, e scottato nell'aqua bollente e diviso in quattro parti, toltine i semi si possono imboraggiare e farli fritti. I milanesi dicono anche peveron un naso rosso, grosso e bernoccoluto.
, sopprime le flattuosità ed è rimedio infallibile contro le coliche prodotte da carne di pesce. Caccia le ascaridi, giova contro le emorroidi, secondo l
Pelate i tordi, o qualsiasi altra specie di caccia minuta; abbruciacchiatene la peluria alla fiamma, tagliate loro le zampe all'estremità ed incrociatele, bucando una di esse e infilzandovi l'altra, per porre poi nell'incrociatura 2 foglie di salvia; rovesciate loro le ali sul dorso di modo che anche ognuna di esse tenga ferma una foglia di salvia, quindi infilzateli allo spiede, alternandoli con pezzetti di lardo e crostini di pane, avvertendo però di collocare gli uccelli più grossi nel mezzo. Indi fateli girare al fuoco, ungeteli più volte con olio, e, cospargendoli di sale, lasciateli cuocere finché abbiano preso un bel colore: cotti che siano, serviteli ben caldi.
Pelate i tordi, o qualsiasi altra specie di caccia minuta; abbruciacchiatene la peluria alla fiamma, tagliate loro le zampe all'estremità ed
Aggiungeremo ora qualche cosa anche in proposito delle lumache e rane, benchè non appartengano propriamente alla famiglia dei pesci, nè siano in generale una vivanda di cui si faccia grande uso. Tuttavia, in alcune città e contrade si fa grande commercio di lumache e se ne mangiano molte, e v'hanno amatori, i quali, a colazione, ne divorano cento, duecento (bene inteso, senza il guscio), con tanto piacere quanto altri si caccia giù sette od otto dozzine di ostriche. Anche la rana ha i suoi partigiani, e, checchè ne sia, dobbiamo pur anche convenire che talora alcune coscie di rana bene ammannite sono buone tanto quanto dei polli.
amatori, i quali, a colazione, ne divorano cento, duecento (bene inteso, senza il guscio), con tanto piacere quanto altri si caccia giù sette od otto
— Oh! cavallo di ritorno, esclama il babbo, cos'è stato? — È stato, risponde Carlino, che il marcire sui libri non è affare per me e che mi farò tagliare a pezzi piuttosto che ritornare in quella galera. — La buona mamma gongolante di gioia corse ad abbracciare il figliuolo e rivolta al marito: — Lascialo fare, disse, meglio un asino vivo che un dottor morto; avrà abbastanza di che occuparsi co' suoi interessi. — In fatti d'allora in poi gl'interessi di Carlino furono un fucile e un cane da caccia, un focoso cavallo attaccato a un bel barroccino e continui assalti alle giovani contadine.
'interessi di Carlino furono un fucile e un cane da caccia, un focoso cavallo attaccato a un bel barroccino e continui assalti alle giovani contadine.
78. Uccellini allo spiedo. — I migliori uccellini sono il codibianco (Saxicola oenanthe), la monachina (Saxícola stapazina), il pettirosso (Erithacus rubecola), il codirosso (Ruticilla foeniculus), l'ortolano (Emberizia hortolana), il lucarino (Fringilla spinus), la peppola (Fringilla montifringilla), il fringuello (Fringilla coelebs) ecc. ecc. Gli uccelli devono essere assolutamente freschi e ammazzati colla franca caccia dello schioppo. I lacci, le reti e gli altri mezzi crudeli di pigliare gli uccelli li fanno penare e ne rendono le carni meno gustose.
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