Come è dunque che nella scala dei sensi i due più necessari alla vita ed alla sua trasmissione sono reputati più vili? Perchè quel che sodisfa gli altri sensi, pittura, musica, ecc., si dice arte, si ritiene cosa nobile, ed ignobile invece quel che sodisfa il gusto? Perchè chi gode vedendo un bel quadro o sentendo una bella sinfonia è reputato superiore a chi gode mangiando un'eccellente vivanda? Ci sono dunque tali ineguaglianze anche tra i sensi che chi lavora ha una camicia e chi non lavora ne ha due?
sensi che chi lavora ha una camicia e chi non lavora ne ha due?
A mezzogiorno: un uovo in camicia - 80 gr. di merluzzo con funghi - un mazzo di indivia cotta nella sua acqua e condita a tavola con una nocciolina di burro - due arance.
A mezzogiorno: un uovo in camicia - 80 gr. di merluzzo con funghi - un mazzo di indivia cotta nella sua acqua e condita a tavola con una nocciolina
La sera: succo di pomidoro freddo - fegato e prosciutto - patate in camicia - fagioli - lattuga condita con olio e limone - composta di mele con miele e crema - biscotti - mezza tazza di caffè.
La sera: succo di pomidoro freddo - fegato e prosciutto - patate in camicia - fagioli - lattuga condita con olio e limone - composta di mele con
270. Ciliegie od altri frutti in camiciuola. - Avrete qualunque dei suddetti frutti confettati al secco oppure delle more, lamponi, fragoloni, prugni, uva, raccolti di fresco ed al punto della lor maturità, ben asciutti, netti dai noccioli e picciuoli e l'uva fatta a grappolini. Sbattete quindi bene un po' di bianco d'uovo, immergetevi entro i frutti, ben spolverizzati di zucchero misto con un po' di cannella o limone, fateli seccare ad un dolce calore spolverizzandoli di zucchero bianco finchè ben coperti e come in una camicia; potete pur farli collo zucchero colorito.
calore spolverizzandoli di zucchero bianco finchè ben coperti e come in una camicia; potete pur farli collo zucchero colorito.
Conserva di grattaculi. — Prendete grattaculi maturi, metteteli al sole un pajo di giorni ad appassire. Indi poneteli in fusione per un pajo di giorni nel vino. Fateli bollire in caldaja nel medesimo vino a che siano disfatti. Se abbisogna aggiungetevi vino. Ridotti in poltiglia passateli allo staccio doppio, intanto che sono caldi. Mettete altrettanto peso di zuccaro in un padcllotto con un bicchiere d'aqua per chilo di zuccaro, e fate bollire. Purgate lo zuccaro con un chiaro d'ova e schiumate, e quando lo zuccaro è limpido e fila, unite la salsa, rimenate con spatula di legno incorporate il tutto a fuoco — fatene evaporare bene l'umido della pasta e versatela in un vaso di terra conservandola chiusa in luogo asciutto. Se amuffisce è segno che non è cotta abbastanza, rimettetela ancora sulla pentola. Si allunga, per gli usi, con vino, aceto, limone, tanto a freddo, come a caldo. È squisitissima col lesso, coll'arrosto e colle ova principalmente quelle in camicia. Nè voglio terminare senza suggerire; alle signorine, che anche colle altre rose, in ispecie quella comune (Rosa gallica, rosa fragrans), la rosa d'orto, la rosa rossa, quella di Maggio insomma della quale gli speziali fanno un'infusione per uso esterno nelle oftalmie principalmente, si fanno conserve e sciroppi. Ecco la ricetta. Prenda adunque la signorina dei bottoncini di detta rosa, li separi dal gambo, li ammacchi con pestello di legno in mortajo di marmo, finchè li riduca in massa molle e allora vi aggiunga due volte il loro peso, di zuccaro fino, polverizzato agitando e rimestando la massa onde formi un tutto omogeneo. Questa conserva à sapore dolce, ed odore di rose, è rinfrescante ed è leggermente astringente. Se invece dei bottoni di rosa si volessero adoperare per comporla le foglie fresche o secche, in allora invece di impastarla collo zuccaro, quale ò detto sopra, si userà lo zucchero stesso cotto a manuscristi, evaporando poscia la massa a lento calore fino a consistenza di conserva. Avvertite che le rose allora vanno colte prima che si aprano del tutto. Nel medesimo modo si prepara la conserva d'assenzio ecc.
squisitissima col lesso, coll'arrosto e colle ova principalmente quelle in camicia. Nè voglio terminare senza suggerire; alle signorine, che anche colle
Il Fico è albero a foglie caduche, che cresce spontaneo nel mezzodì d' Europa. Viene in tutti i terreni, desidera posizioni calde, soleggiate, asciutte, difese dai venti, teme sopratutto i balzi di temperatura. Si propaga per margotte, polloni, tallee. Non ama essere tagliato, perchè avendo tessuto a fibre rade, facilmente ne soffre per l'aqua che vi può penetrare, e quando è necessario bisogna ricoprire il taglio con mastice, catrame, ecc. Comincia a dar frutto il 3° anno. Se ne conoscono 62 varietà — tra le quali alcune non mangiabili e velenose. Il nome di Fico dal greco phyo, produrre; a cagione della sua fecondità e nei linguaggio delle piante significa pure: Fecondità. I fichi primaticci sono chiamati fioroni, e sono i frutti, il cui germe era già sul ramo nell'autunno precedente. Maturano in Luglio e sono meno saporiti dei tardivi ed autunnali. Tranne un gran gelo, il fico dà un prodotto quasi sicuro. In Italia e negli altri paesi meridionali dà un frutto che è un vero sciroppo fisso e profumato. Per farlo essicare, scegliere le varietà precoci. L'essicamento al forno lo rende meno bello e meno saporito. Il fico frutto, contiene il 65 % d'aqua. Nell'Africa e nel Levante vi sono piante che danno fino a 300 kilog. di fichi. In China è chiamato cheu-dze, fresco à il colore dell'arancio, secco prende la forma rotonda e s'infila come da noi il rosario, si conserva dolcissimo e prezioso per i viaggi. I rami teneri del fico e le sue foglie staccate dalla pianta, come pure il gambo del frutto immaturo al luogo della rottura tramandano un sugo bianco lattiginoso che è alquanto corrosivo, e serve a cagliare il latte, e come rimedio volgare a guarire i porri sulla pelle. Il legno del fico è assai leggero e s'adopera per certe particolari industrie. Le foglie rigide e di un verde carico, sono adatte a pulire i vetri ed i cristalli. La decozione di dette foglie ridona il colore alle stoffe di lana, scolorate per lavature. Il Sicomoro sul quale è salito il piccolo Zaccheo, per vedere Gesù, è la varietà, fico moro, o fico d'Egitto e di Faraone. È altissimo, cresce a Rodi, nella Siria ed in Egitto dove è indigeno. Dà frutti dolciastri tre o quattro volte l'anno. Il Fico si mangia fresco ed essicato ed è sempre cibo nutriente, sano e pettorale. Sono celebri quelli di Calabria, Sicilia e Smirne. Si usa mangiarlo col prosciutto, col salame. Se ne fa ghiotta frittura, imboraggiandoli sbucciati, con ova e pane. Se ne fa perfino salame. La buccia è indigesta onde il proverbio: All'amico pela il fico e la persica al nemico. Frate Ambrogio da Cremona asseriva che perchè il fico sia meritevole da portarsi in tavola dev'essere perfetto, cioè deve avere il collo torto, l'abito stracciato e l'occhio lagrimoso. Per la colazione sceglieva quelli che la mattina per tempo trovava bucati dagli uccelli. Forse da lui quel proverbio: Il fico vuol avere collo da impiccato e camicia di furfante, che nel nostro dialetto suona così: El figh per vess bell el dev vess lung de coli e rott de pell. L'abuso anticamente si credeva non solo regalasse coliche, ma provocasse sudori e generasse pidocchi, rogna ed altre sordidezze. La Scuola Salernitana ne canta le lodi così: Scropha, tumor, glandes ficus cataplasmate cedunt, Iunge papaver ei, confracta foris trahit ossa. Tutti gli scrittori greci ebbero pure lodi per il fico. Era tradizione che fosse la passione di Ercole. Platone era sopranominato l'amante delle uve e dei fichi. Galeno che non mangiava frutto alcuno aveva delle tenerezze pel fico per l'uva, che chiamava meno inutili, e ne proclama le virtù tra le quali vocis splendorem facere, però soggiunge che fa venire la pancia obesa e cita ad esempio i custodi delle vigne, gli ortolani — onde forse l'altro proverbio: salvare la pancia per i fichi. Gli Ateniesi ne tenevano sacra la pianta che fu loro portata da Naxio Dionisio. Filippo, padre di Perseo in Asia cibò il suo esercito coi fichi e Plinio difatti racconta che in molti luoghi il fico teneva luogo di pane. In Sicilia fu portato da Titano Oxilon figlio di Osio. Dai Greci si mangiavano pure in insalata e il volgo li faceva essicare salati al sole. I Persiani ed i Greci erano ghiottissimi del fico secco. Lo cocevano colla maggiorana, l'issapo ed il pepe, e lo davano anche ai malati. Gli atleti si rinvigorivano coi fichi a prepararsi alla lotta. Si vuole che Mitridate a sicurezza del veleno che prendeva, mangiasse fichi secchi con ruta e sale quale antidoto. Se ne faceva pure un liquore vinoso che chiamavano Sycites o catorchites. Fu sotto il fico che furono trovati i due fondatori di Roma mentre erano allattati dalla lupa - che dal nome del fico, Ruminal, presero il nome di Romolo e Remo.
proverbio: Il fico vuol avere collo da impiccato e camicia di furfante, che nel nostro dialetto suona così: El figh per vess bell el dev vess lung de
16. Zuppa di pane colle ova. — Preparatela come sopra, ma al momento di servirla fate cuocere nel brodo un uovo affogato (in camicia), cioè scocciate entro un mestolino forato un ovo intero, badando di non romperlo, immergete il mestolino nel brodo bollente scuotendolo con garbo a ciò il bianco rapprendendosi un poco passi sopra al rosso, poi versate ogni cosa sul pane. Se volete rendere questa zuppa più saporita, fate soffriggere il pane nel burro. Non dimenticate sale e pepe.
16. Zuppa di pane colle ova. — Preparatela come sopra, ma al momento di servirla fate cuocere nel brodo un uovo affogato (in camicia), cioè scocciate
6. Uova fritte. — Riscaldate strutto od olio in una padella, quand'è bollente immergetevi un mestolino forato, scocciatevi un uovo, salatelo e scuotete il mestolino, badando che il tuorlo resti entro una camicia d'albume. Collocate le uova, di mano in mano, sopra un tagliere, e servitele subito con qualche verdura, preferendo gli spinaci.
scuotete il mestolino, badando che il tuorlo resti entro una camicia d'albume. Collocate le uova, di mano in mano, sopra un tagliere, e servitele subito con
Fig. — Spagn.: Heigo. Il Fico è albero a foglie caduche, che cresce spontaneo nel mezzodì d' Europa. Viene in tutti i terreni, desidera posizioni calde, soleggiate, asciutte, difese dai venti, teme sopratutto i balzi di temperatura. Si propaga per margotte, polloni, tallee. Non ama essere tagliato, perchè avendo tessuto a fibre rade, facilmente ne soffre per l'acqua che vi può penetrare, e quando è necessario bisogna ricoprire il taglio con mastice, catrame, ecc. Comincia a dar frutto il terzo anno. Se ne conoscono 62 varietà, tra le quali, alcune non mangiabili e velenose. Il nome di Fico, dal greco phyo, produrre, a cagione della sua fecondità, e nel linguaggio delle piante significa pure: Fecondità. I fichi primaticci sono chiamati fioroni, e sono i frutti il cui germe era già sul ramo nell'autunno precedente. Maturano in luglio, e sono meno saporiti dei tardivi ed autunnali. Tranne un gran gelo, il fico dà un prodotto quasi sicuro. In Italia e negli altri paesi meridionali, dà un frutto che è un vero sciroppo fisso e profumato. Per farlo essicare, scegliere le varietà precoci. L'essicamento al forno, lo rende meno bello e meno saporito. Il fico frutto, contiene il 65 per cento d' acqua. Nell'Africa e nel Levante vi sono piante che danno fino a 300 chilogrammi di fichi. In China è chiamato cheudze; fresco, à il colore dell'arancio; secco, prende la forma rotonda e s'infila, come da noi il rosario; si conserva dolcissimo e prezioso per i viaggi. I rami teneri del fico e le sue foglie staccate dalla pianta, come pure il gambo del frutto immaturo, al luogo della rottura tramandano un sugo bianco, lattiginoso, che è alquanto corrosivo, e serve a cagliare il latte, e come rimedio volgare a guarire i porri della pelle. Il legno del fico è assai leggero e s'adopera per certe particolari industrie. Le foglie rigide e di un verde carico, sono adatte a pulire i vetri ed i cristalli. La decozione di dette foglie, ridona il colore alle stoffe di lana, scolorate per arature. Il Sicomoro, sul quale è salito il piccolo Zaccheo per vedere Gesù, è la varietà fico moro, o fico d'Egitto e di Faraone. È altissimo, cresce a Rodi, nella Siria ed in Egitto, dove è indigeno. Dà frutti dolciastri, tre o quattro volte l'anno. Il Fico si mangia fresco ed essicato ed è sempre cibo nutriente, sano e pettorale. Sono celebri quelli di Calabria, Sicilia e Smirne. Si usa mangiarlo col prosciutto, col salame. Se ne fa ghiotta frittura, imboraggiandoli sbucciati, con ova e pane. Se ne fa perfino salame. La buccia è indigesta, onde il proverbio: All'amico pela il fico e la persica al nemico. Frate Ambrogio da Cremona asseriva che perchè il fico sia meritevole da portarsi in tavola, dev' essere perfetto, cioè deve avere il collo torto, l'abito stracciato e l'occhio lagrimoso. Per la colazione sceglieva quelli che la mattina per tempo trovava bucati dagli uccelli. Forse da lui quel proverbio: Il fico vuol avere collo da impiccato e camicia di furfante, che nel nostro dialetto suona cosi: El figh per vess bell, el dea vess lung de coll e rott de pell, perciò il Marino lo scrive col verso:
tempo trovava bucati dagli uccelli. Forse da lui quel proverbio: Il fico vuol avere collo da impiccato e camicia di furfante, che nel nostro dialetto
Conserva di grattaculi. — Prendete grattaculi maturi, metteteli al sole un paio di giorni ad appassire. Indi poneteli in fusione per un paio di giorni nel vino. Fateli bollire in caldaia nel medesino vino a che siano disfatti. Se abbisogna aggiungetevi vino. Ridotti in poltiglia passateli allo staccio doppio, intanto che sono caldi. Mettete altrettanto peso di zuccaro in un padelotto con un bicchier d' aqua per chilo di zuccaro, e fate bollire. Purgate lo zuccaro con un chiaro d'ova e e schiumate, e quando lo zuccaro è limpido e fila, unite la salsa, rimenate con spatula di legno, incorporate il tutto a foco — fatene evaporare bene l'umido della pasta e versatela in un vaso di terra conservandola chiusa in luogo asciutto. Se ammuffisce è segno che non è cotta abbastanza, rimettetela ancora nella pentola. Si allunga, per gli usi, con vino, aceto, limone, tanto a freddo, come a caldo. È squisitissima col lesso, coll'arrosto e colle ova, principalmente quelle in camicia. Nè voglio terminare senza suggerire alle signorine, che anche colle altre rose, in ispecie quella comune (Rosa gallica, rosa fragrans), la rosa d'orto, la rosa rossa, quella di maggio insomma, della quale gli speziali fanno un'infusione per uso esterno, nelle oftalmie principalmente, si fanno conserve e sciroppi. Ecco la ricetta. Prenda dunque la signorina, dei bottoncini di detta rosa, li separi dal gambo, li ammacchi con pestello di legno in mortaio di marmo, finchè li riduca in massa molle e allora vi aggiunga due volte il loro peso, di zuccaro fino, polverizzato, agitando e rimestando la massa onde formi un tutto omogeneo. Questa conserva à sapore dolce ed odore di rose, è rinfrescante ed è leggermente astringente. Se invece dei bottoni di rosa si volessero adoperare per comporta le foglie fresche o secche, in allora invece di impastarla con lo zuccaro, quale ò detto sopra, si userà lo zuccaro stesso cotto a manuscristi, evaporando poscia la massa a lento calore fino a consistenza di conserva. Avvertite che le rose allora vanno colte prima che si aprano del tutto. Nel medesimo modo si prepara la conserva d'assenzio, ecc.
squisitissima col lesso, coll'arrosto e colle ova, principalmente quelle in camicia. Nè voglio terminare senza suggerire alle signorine, che anche
Si prepara una salsa besciamella adoperando mezzo ettogrammo di burro, due cucchiaiate di farina e un bicchiere di latte. Quando la salsa è bene addensata vi si unisce fuori del fuoco un rosso d'uovo, una cuc chiaiata di parmigiano grattato, sale, pepe e un nonnulla di noce moscata. Intanto, in acqua salata e leggermente acidulata con qualche goccia di sugo di limone, si lessano — ma non troppo — dei carciofi a spicchi. Si sgocciolano, si immergono pochi alla volta nella salsa, si tirano su con una forchettina, si dispongono allineati, uno distante dall'altro, su un piatto grande o sulla tavola di marmo della cucina, e si lasciano raffreddare ben bene. Questa operazione va fatta almeno un'ora prima di friggere. Si staccano poi con garbo i pezzi di carciofi con la loro camicia di salsa rappresa, si passano nella farina, poi nell'uovo sbattuto e finalmente nel pane grattato e si friggono a padella molto calda, perchè essendo i carciofi già cotti, la frittura non deve avere altro ufficio che di riscaldare carciofo e salsa e far subito intorno una crosta croccante di protezione. Se friggeste invece a padella poco calda l'impanatura scoppierebbe e la salsa andrebbe tutta sciupata nella padella.
pezzi di carciofi con la loro camicia di salsa rappresa, si passano nella farina, poi nell'uovo sbattuto e finalmente nel pane grattato e si friggono
Rompete in una terrinetta un uovo intero e due rossi, sbatteteli con due cucchiaiate di zucchero in polvere e diluiteli con un bicchiere di latte tiepido aromatizzato con una corteccia di limone tenuta in infusione, o con un nonnulla di vainiglina. Il latte va versato sulle uova, una cucchiaiata alla volta mescolando con un cucchiaio di legno o con una frusta di ferro stagnato. Passate la crema a traverso un setaccino, levate con cura tutta la schiuma che si sarà formata e versate il composto in una stampa liscia imburrata e della capacità di mezzo litro. Mettete a cuocere la crema in un recipiente pieno di acqua caldissima — l'acqua deve arrivare a un dito dall'orlo della stampa — coprite con un coperchio, mettendo qualche pezzetto di carbone acceso sul coperchio stesso. Fate attenzione che l'acqua del bagnomaria, pure essendo per bollire, non bolla mai, altrimenti la crema si straccerebbe e rovinereste tutto. Al primo accenno di bollore, versate nell'acqua un po' d'acqua fredda, riportando così la temperatura del bagnomaria di qualche grado indietro. La crema dovrà cuocere per circa un'ora. Quando constaterete che si sarà rappresa, toglietela dal fuoco, lasciatela riposare una diecina di minuti, poi, dopo avere asciugato la stampa, rovesciatela su un piatto. Questa dose è per quattro o cinque persone. Se desiderate una cosa un pochino più complicata fate la crema al caramello. Il procedimento è identico, meno che invece di imburrare la stampa, vi si fa una camicia di zucchero caramellato, che poi fondendosi, forma una specie di salsa sul dolce, rendendolo più buono. L'operazione non presenta difficoltà. Mettete un paio di cucchiaiate di zucchero in un polsonetto, inumidite lo zucchero con un pochino d'acqua in modo che resti appena colante, e fate cuocere. Se in casa avete del cremor di tartaro mettetene una puntina di coltello, e sarete più sicuri che lo zucchero non granirà. Appena vedete che lo zucchero prende una leggera colorazione bionda toglietelo dal fuoco e versatelo nella stampa, che avrete tenuto in caldo vicino al fuoco. Girate sollecitamente la stampa in tutti i versi, così che lo zucchero caramellato possa velarne il fondo e le pareti, e lasciate che si freddi. Aggiungete poi la crema e procedete come si disse più innanzi. Lo zucchero caramellato deve essere appena biondo, e non bruciato. Alcuni hanno l'abitudine di velare la stampa con zucchero passato di cottura, che comunica uno sgradevole sapore amaro alla crema.
un pochino più complicata fate la crema al caramello. Il procedimento è identico, meno che invece di imburrare la stampa, vi si fa una camicia di
1° 16-20° centigr., che la rendono assolutamente impotabile, è compito assai più difficile. In casi di vera necessità possono tornare utili: 1° Dei vasi di terra porosa, od altri mezzi analoghi basati sopra il raffreddamento prodotto dalla evaporazione: tali le bottiglie rivestite di una camicia di tessuto di lana spesso e poroso, che venga bagnato di quando in quando; le borracce metalliche ricoperte di feltro da mantenersi umido, come quelle appunto adottate per il soldato americano.
vasi di terra porosa, od altri mezzi analoghi basati sopra il raffreddamento prodotto dalla evaporazione: tali le bottiglie rivestite di una camicia di
E per ultimo si badi che nella camera dell'ammalato vi sia una temperatura che non oltrepassi i 15 gradi Reaumur; che l'ambiente venga più volte ventilato durante la giornata; che la coperta del letto sia di lana leggiera, e finalmente che l'ammalato indossi una camicia di bucato calda, la quale cambierà ogni giorno. Quantunque questi precetti riflettano puramente l'igiene, è indispensabile tuttavia il rigoroso loro adempimento.
ventilato durante la giornata; che la coperta del letto sia di lana leggiera, e finalmente che l'ammalato indossi una camicia di bucato calda, la quale
Foggiate ad olive delle carote e delle patate cotte e marinate come d'uso; apparecchiate similmente cotti in insalata cavolfiori, broccoli, punte d'asparagi, piselli verdi (questi in minor quantità), piccoli girelli di carciofo e fagiuoletti verdi. Fate cuocere al bagnomaria l'albume di sei uova, tenendone però divisa la metà, in cui porrete un po' di cocciniglia, e cotto che sia rovesciatelo su una lastra di rame. Apparecchiate pure alcune acciughe pulite e diliscate, non che dei cetriuolini verdi. Mettete sul ghiaccio uno stampo a piramide scanalato avente l'anima mobile, e col pennello intinto di gelatina mezzo rappigliata, chiara, ma di buon gusto, copritelo d'una specie di camicia, e quando sia ben congelata applicatevi la decorazione, che disegnerete a piacimento con legumi, albume, e tuorlo d'uova, citriuolini verdi ed acciughe, il tutto bagnato di gelatina sciolta. Ultimata la decorazione rimettete al posto l'anima dello stampo e riempite il vuoto attorno con gelatina mezzo sciolta, che lascerete congelare interamente; allora versate dell'acqua calda nell'interno dell'anima e ritiratela tosto. Condite gli anzidetti ortaggi con magnonnese corretta di gelatina; riempite lo stampo, e gelato che sia versatelo sul piatto, oppure su uno zoccolo formato con burro.
intinto di gelatina mezzo rappigliata, chiara, ma di buon gusto, copritelo d'una specie di camicia, e quando sia ben congelata applicatevi la decorazione
Coscia, noce o dorso di capriuolo. Dopo levata la pellicola si sala e lardella la carne, e coperta di fette di lardo la si pone a stufare al forno sopra radici colla marinata Nro. I o Nro. II (pag. 31); poi si scoperchia la casserola e si toglie il lardo per far prender colore alla carne. Trinciata e riposta sul piatto nella primiera forma, si bagna con un po' del sugo colato e si guarnisce con ragoût Nro. II o III (pag. 184), o con purée di lenticchie e uova in camicia o bazzotte dimezzate, o con salmi (pag. 44) e crostine fritte (croûtons).
lenticchie e uova in camicia o bazzotte dimezzate, o con salmi (pag. 44) e crostine fritte (croûtons).
Steaks di vitello. Dalla coscia si taglian giù delle fette rotonde grosse un dito, preparandole a mo' di beefsteaks (pag. 210); si guarniscono di purée di patate, cipollette, uova in camicia ecc.
Uso beefsteaks. Il filetto staccato od il lombo d'un capriuolo o cervo stagionato e morbido, si taglia a fette grosse, preparandole come le bistecche (pag. 210), ed aggiunto al burro dell'estratto di carne stemperato si guarniscono le bistecche con patate, peperoni e uova in camicia.
(pag. 210), ed aggiunto al burro dell'estratto di carne stemperato si guarniscono le bistecche con patate, peperoni e uova in camicia.
Uso hachée. Si prepara la coratella come indica la pagina 45, aggiungendovi pure poco estratto di carne ed 1 tuorlo od un poco di fior di latte acidulo, guarnendola di tagliatelle, o tondini di pasta di patate, od uova in camicia.
acidulo, guarnendola di tagliatelle, o tondini di pasta di patate, od uova in camicia.
Con olio ed aglio. In ogni incavo del piatto per uova in camicia si mette un po' d'olio da tavola, un pezzettino di burro all'aglio e 3 chiocciole lesse e sgusciate; cosparse di briciole e gocciatovi sopra il grasso, si lasciano sobbollire al forno, indi si servono con cavoli in garbura.
Con olio ed aglio. In ogni incavo del piatto per uova in camicia si mette un po' d'olio da tavola, un pezzettino di burro all'aglio e 3 chiocciole
Si tramenano a schiuma 10 deca di burro e man mano vi s'aggiunge 1 tuorlo, 1 cucchiaio di farina ed un po' di panna finchè vi si abbiano amalgamato 6 tuorli, 6 cucchiai di farina e 4 decilitri di fior di latte; dopo di che vi si mescola ancora 1 cucchiaio di zucchero, un po' di sale e la neve di 3 chiare. Di quest'impasto si mettono 2 cucchiai colmi in ogni incavo d'uno stampo eguale a quello per le uova in camicia, nei quali si ha fatto scaldare del burro cotto, e tosto che i buffetti sono dorati di sotto, si capovolgono con una forchetta, e fritti che siano si pongono sopra un piatto nel forno, acciò restino caldi e non perdano d'aspetto. Ammassati sopra un vassaio e cosparsi di zucchero, si servono con una composta di ribes diluita; oppure si aggiungono alcuni cucchiai di rum mescolato ad uno sciroppo denso di zucchero, che poi si versa a chucchiaiate sopra i buffetti.
chiare. Di quest'impasto si mettono 2 cucchiai colmi in ogni incavo d'uno stampo eguale a quello per le uova in camicia, nei quali si ha fatto
Coch nero in camicia bianca. Si cuociono alquanto densi 14 deca di cioccolata liquefatta con 3 decilitri d'acqua, tramenandola da sola mentre si raffredda, indi assieme ad una miscela di 5 deca di burro, 8 tuorli e 14 deca di zucchero, e dopo avervi mescolato la neve di 4 chiare, si cuoce il coch a bagno-maria in uno stampo burrato. Quando è riversato ed un po'freddo, si versa al disopra una schiuma alla vaniglia (pag. 71), o tutt'ingiro della panna montata.
Coch nero in camicia bianca. Si cuociono alquanto densi 14 deca di cioccolata liquefatta con 3 decilitri d'acqua, tramenandola da sola mentre si
Versate. Si frullano bene 25 deca di farina, 4 tuorli, 2 deca di lievito e 4 decilitri di latte tiepido (o panna), mescolandovi insieme 5 deca di burro e la neve di 2 chiare; indi si lascia fermentare l'impasto in luogo caldo. Intanto si pone sul focolaio o sopra la brage uno stampo simile a quello per le uova in camicia, versando in ogni incavo un cucchiaino di burro fuso; bollente che questo sia, si mettono in ciascuna cavità 2 cucchiai di pasta lievitata, spalmandone la superficie, a mezzo d'una penna, col burro caldo, tosto che questa si mostri asciutta, poi la si volta con una forchetta. Levata una pastina già cotta dalla cavità, vi si versa tosto dell'altro burro nella medesima, e quando è fumante vi si mette una nuova porzione di pasta. Le pastine già cotte si pongono in serbo nel forno acciò non decadino; pronte che siano tutte, si ammassano sul piatto, spolverizzandole collo zucchero; si servono con visciole o prugne cotte od uva ribes in composta, oppure, unte col burro bollente, si avvolgono nello zucchero e cannella.
per le uova in camicia, versando in ogni incavo un cucchiaino di burro fuso; bollente che questo sia, si mettono in ciascuna cavità 2 cucchiai di
1. La gelatina (aspic). — La gelatina è un cibo molto sano, specie per i fanciulli, per i vecchi e per i convalescenti. Essa ha un ufficio ricostituente, ma si serve anche come contorno o come camicia di certi piatti freddi fini. La gelatina per guernizioni si fa rapprendere sul ghiaccio, in piccole formette apposite oppure in stampi rettangolari, lievemente spennellati d'olio finissimo, per poi tagliarla a piacimento, o per formarne una specie di muschio dorato, passandola dalla siringa col disco a tre fori. Le gelatine migliori sono quelle fatte senza colla di pesce ma esigono molta cura e alcune ore di tempo. Ho indicato parecchie ricette, affinchè possiate scegliere, a norma degl'ingredienti di cui disponete.
ricostituente, ma si serve anche come contorno o come camicia di certi piatti freddi fini. La gelatina per guernizioni si fa rapprendere sul ghiaccio, in
16. Uova fritte. — Riscaldate dello strutto o dell'olio in una padella, quand'è bollente, immergetevi un mestolino forato, schiacciatevi un uovo, salatelo e scuotete il mestolino, badando che il tuorlo resti entro una camicia d'albume. Collocate le uova, di mano in mano, sopra un tagliere, ritagliatele con un cerchiello di latta e servitele subito con qualche purée di verdure, preferendo gli spinaci.
, salatelo e scuotete il mestolino, badando che il tuorlo resti entro una camicia d'albume. Collocate le uova, di mano in mano, sopra un tagliere
Pestate quindi 425 gr. di vitello magro e 250 gr. di lardo, unitevi il filetto, un bicchierino di rhum, sale e pepe. Mettete il composto in uno stampo liscio, unto col burro, copritelo con fettoline di lardo e cuocetelo a bagnomaria circa ore 2 ½ Servitelo freddo e, se v'aggrada, con una camicia di gelatina come lo sformato di carne.
stampo liscio, unto col burro, copritelo con fettoline di lardo e cuocetelo a bagnomaria circa ore 2 ½ Servitelo freddo e, se v'aggrada, con una camicia di
43. Pasticcio di fegato di vitello N.° II. — Tagliate a fettoline 500 gr. di fegato di vitello e mettetelo in una cazzarola dove avrete fatto soffriggere un pezzo di burro, aggiungendovi anche due foglie d'alloro. Quando il fegato è asciutto, bagnatelo con della marsala e lasciatelo cuocere ancora un pochino, pestatelo quindi finamente nel mortajo, passatelo allo staccio, mettetelo in una catinella e continuate a dimenarlo, versandovi a goccia a goccia 100 gr. di burro fuso, sbattetelo quindi col fuscello finchè il composto diventa omogeneo e spugnoso, aggiungetevi alcuni cucchiai di buona gelatina sciolta e quasi fredda. Versatelo poi in uno stampo liscio bagnato coll'acqua e collocatelo sul ghiaccio. Riesce bene anche con una camicia di gelatina come al N.°41. Potete aumentare la quantità del burro e aggiungervi del sugo di limone.
gelatina sciolta e quasi fredda. Versatelo poi in uno stampo liscio bagnato coll'acqua e collocatelo sul ghiaccio. Riesce bene anche con una camicia di
Astaco nella gelatina. Preparate del buon aspic (vedi cap. 5), versatelo in uno stampo unto con olio di mandorle e nel quale avrete collocato, badando che vi si regga bene coi due manichi senza toccare il fondo, uno stampo più piccolo pieno di ghiaccio. Quando la gelatina è rappresa, formando una specie di camicia, estraete lo stampo più piccolo che avrete avuto la precauzione di ungere esternamente e introducete nel vano dei pezzi d'astaco misti con mayonnaise legata con della gelatina.
specie di camicia, estraete lo stampo più piccolo che avrete avuto la precauzione di ungere esternamente e introducete nel vano dei pezzi d'astaco
1. Gli uovoli, fonz cocch, fonz öv, bolé real ecc. (Amanita caesarea). — Questo fungo, forse fra tutti il più squisito, che gli antichi Romani chiamavano „ cibo degli dei " cresce nei boschi e nella zona della vite. Esso si sprigiona dal suolo sotto la forma d'un candido uovo, ma la volva, specie di camicia che lo ricopre, non tarda a lacerarsi e il bel micete s'innalza dritto sul suo gambo color crema, guernito all'apice da un elegante anello giallo rigato, spiegando un cappello rosso minio con le lamelle giallastre.
di camicia che lo ricopre, non tarda a lacerarsi e il bel micete s'innalza dritto sul suo gambo color crema, guernito all'apice da un elegante anello
Oppure: tuorli 6, albumi 4, burro gr. 100, cioccolata gr. 100, zucchero gr. 100, mandorle gr. 100; 2 albumi sbattuti a densa neve e amalgamati con 3 cucchiai di zucchero finissimo per la camicia, se mancasse la panna.
cucchiai di zucchero finissimo per la camicia, se mancasse la panna.
3. Moro in camicia (Budino di cioccolata guernito di panna montata). — Ingredienti: tuorli 6, albumi 5. burro gr. 70, cioccolata sciolta in un pochino d'acqua nel forno gr. 70, mandorle gr. 70, farina gr. 15, panna da montare un quartuccio.
3. Moro in camicia (Budino di cioccolata guernito di panna montata). — Ingredienti: tuorli 6, albumi 5. burro gr. 70, cioccolata sciolta in un
La gelatine pigliano bell'aspetto se si fanno di due colori, per esempio il nucleo rosso e la camicia gialla o viceversa. I cuochi sogliono mettere gli stampi nel ghiaccio ed empirli anche di ghiaccio, poi asciugatili in fretta vi versano il composto e continuano a farlo girare con destrezza finchè il fondo e poi le pareti ne restano intonacate. Volendo una camicia grossa potete ripetere quest'operazione che d'altronde non è molto facile ed esige una certa abilità. Otterrete con maggior piacere lo stesso scopo facendo rapprendere prima una qualità di gelatina in uno stampo piccolo e sformandola quindi in uno stampo più grande sul cui fondo avrete già ghiacciato un litro del composto di diverso colore riempiendo poi con questo anche il vano rimasto. Si prestano alle più graziose combinazioni le camicie di gelatina trasparente col nucleo di schiuma o di gelatina sbattuta alla russa.
La gelatine pigliano bell'aspetto se si fanno di due colori, per esempio il nucleo rosso e la camicia gialla o viceversa. I cuochi sogliono mettere
5. Dolce freddo di castagne. - Fate rammollire nel forno 2 tavolette di cioccolata e tagliatele a dadi. Cuocete un chilogr. di castagne nel forno badando che non facciano la crosta, mondatele e pestatele nel mortajo con un po' di panna. Allestite intanto una crema con 5 tuorli, 5 cucchiai di zucchero, un po' di vaniglina e mezzo litro di latte ; quando è preparato, unitevi le castagne e formate un composto omogeneo e liscio. Amalgamatevi poi 4 decilitri di panna che avrete bene montata, 25 gr. di colla di pesce sciolta in poco latte, collocate il composto sul ghiaccio e quando comincia a condensarsi unitevi i dadolini di cioccolata. Volendo raffinare questo dolce potete mettergli la camicia di gelatina di cioccolata (vedi maniera d'„ incamiciare " gli stampi, pag. 546) altrimenti la farete congelare così semplicemente in uno stampo liscio.
condensarsi unitevi i dadolini di cioccolata. Volendo raffinare questo dolce potete mettergli la camicia di gelatina di cioccolata (vedi maniera d
Spalmate quindi internamente la camicia di biscotto con della buona marmellata, riempitela con dei savojardi intinti nel rosolio di vaniglia, alternati con ogni sorta di frutta sciroppate, conservate nello spirito o col metodo Appert (vedi Cap. 36) e un po' di marmellata, mista con l' albume d'uovo sbattuto per legare il composto. Collocate la charlotte sul ghiaccio, cosi rovesciata, poi capovolgetela su di un piatto guernito con una salvietta e versatevi sopra una salsa di rhum o di cognac.
Spalmate quindi internamente la camicia di biscotto con della buona marmellata, riempitela con dei savojardi intinti nel rosolio di vaniglia
Procuratevi due stampi di eguale forma ma uno più piccolo dell'altro. Badate che il più piccolo abbia due sporgenze le quali si possano appoggiare sugli orli del grande. Riempite lo stampo più piccolo, che deve distare dalle pareti e dal fondo del più grande di 2 centim., col seguente composto, dopo avere avuto la precauzione di ungere gli stampi con del burro e di spolverizzarli di farina. S'intende che lo stampo piccolo va unto nella parte esterna. Cuocete quindi al forno questa specie di camicia di biscotto, sformatela estraendo prima di tutto lo stampo piccolo, poi rimettetela su questo stampo rovesciato e lasciatevela freddare perchè non si scomponga.
esterna. Cuocete quindi al forno questa specie di camicia di biscotto, sformatela estraendo prima di tutto lo stampo piccolo, poi rimettetela su questo
Questi dolci come pure i gelati messi nello stampo con un involucro di diverso colore, cioè, come si dice in termine di cucina, colla camicia, appartengono ad un'arte più raffinata di quanto domandano i semplici menus di famiglia. Potrete fare tuttavia con facilità dei budini gelati alternando in uno stampo da bomba delle fette regolari rotonde di biscotto (a tale scopo allestirete uno spongecake (vedi Cap. 29) in uno stampo alto o cilindrico, con un composto di gelato a vostro piacere preparato prima nella sorbettiera, aggiungendovi anche, se volete, qualche po' d'uva malaga bagnata nel rhum.
Questi dolci come pure i gelati messi nello stampo con un involucro di diverso colore, cioè, come si dice in termine di cucina, colla camicia
Uova in camicia. — Mettete a fuoco una casseruola con acqua. sale ed un mezzo bicchiere d'aceto; quando bolle lasciatevi cascar dentro sei uova, ritirandoli ad uno ad uno dopo due o tre bolli, e ritagliando il bianco all'ingiro per dargli forma regolare; stillati sopra un pannolino, disponeteli in un piatto cospargendoli di salsa agro-dolce oppure con salsa verde.
Uova in camicia. — Mettete a fuoco una casseruola con acqua. sale ed un mezzo bicchiere d'aceto; quando bolle lasciatevi cascar dentro sei uova