Fagiuolo. — Il dizionario, che è più capriccioso di una bella signora, mette avanti al più aristocratico degli uccelli, il più plebeo dei legumi. Habent sua fata.... phaseoli. I fagiuolini verdi e tenerelli sono fra le verdure più salubri; i fagiuoli maturi sono spesso flatulenti ed anche indigesti, se poco cotti o se cotti in un'acqua cruda (Vedi Igiene della Cucina) che non possa cuocerli. In quest'ultimo caso basta mettere nella pentola un pizzico di carbonato di soda o un sacchetto di cenere. Pitagora proibiva ai suoi scolari il mangiar fagiuoli, forse perchè non fosse disturbato il severo silenzio della scuola da suoni inopportuni e forse per la stessa ragione il fagiuolo era già stato dichiarato impuro dai sacerdoti dell'antico Egitto. Noi non siamo tanto severi quanto Pitagora e i preti egiziani, ma raccomandiamo di mangiar solo i fagiuoli a buccia sottile e ben cotti. Ottimi sono quelli di Soissons, migliori ancora quelli di Trebisonda.
severo silenzio della scuola da suoni inopportuni e forse per la stessa ragione il fagiuolo era già stato dichiarato impuro dai sacerdoti dell'antico
Fico. — Perdoniamo volontieri a Dioscoride, che accusava i fichi freschi di nuocere allo stomaco e di produrre malattie della pelle e siamo inclinati a dar ragione a Pierius, che sulla fede d'un'antica moneta, voleva dimostrare che il nettare e l'ambrosia non fossero altra cosa che fichi. In Norvegia ho trovato popolare la tradizione che i Normanni scesero nel Sud dell'Europa in cerca del fico, di cui avevano udito decantare la bontà. Son troppo lunghi i versi maccheronici nei quali Castor Durante decanta tutte le virtù del fico, ma ve ne darò alcuni pochi come saggio di quanto scriveva questo autore del 1617.
a dar ragione a Pierius, che sulla fede d'un'antica moneta, voleva dimostrare che il nettare e l'ambrosia non fossero altra cosa che fichi. In
Limone. — Se alcuni non mangiassero i limoni, come se fossero mele o pesche, il limone dovrebbe essere messo fra le bevande e con molto più ragione che non il latte, perchè questo è proprio un vero alimento liquido, e il limone invece si consuma quasi unicamente sotto forma di limonata. Il succo acido che ci è dato dal limone è fra i più simpatici e chiuso com'è in una buccia tutto aroma e bellezza, è ben degno dell'albero divino che fiorisce dove sorride sempre il sole. Non possono mangiare impunemente i limoni che quelli che hanno denti dotati di duro smalto e che non si allegano per influenza di alcun succo acido o dell'aceto. In tutti gli altri il succo del limone intacca i denti e li guasta.
Limone. — Se alcuni non mangiassero i limoni, come se fossero mele o pesche, il limone dovrebbe essere messo fra le bevande e con molto più ragione
Melagrana. — Frutto bellissimo che coi suoi mille rubini splendidi e rubicondi sembra ridere al sole che l'ha fatto e alle labbra porporine dei fanciulli, che ne assaporano il succo fresco e gradevole. È frutto pochissimo nutriente, ma che rinfresca e sazia aggradevolmente la sete. Ebbe mille volte ragione il saggio re Salomone di confrontare le bellezze più recondite della donna amata alla melagrana e se volete spargere altra antica poesia su questo poetico frutto del mezzodì d'Europa cercate il libro di Bötticher- Der Baumcultus der Hellenen e a pag. 471 e seguenti troverete cose bellissime sulla storia mitologica del granato presso gli antichi Greci.
ragione il saggio re Salomone di confrontare le bellezze più recondite della donna amata alla melagrana e se volete spargere altra antica poesia su
Dovendo quest'opera servire per tutta l'Italia, cosi ho creduto in genere de' Pesci di acqua dolce di non attenermi soltanto a quei di Roma, i quali sono in picciol numero, e non molto stimati, bensì a quelli di tutta la nostra Penisola; come ho fatto lo stesso riguardo ad alcuni Pesci di mare, che noi non abbiamo in Italia, come il Salmone fresco, l'Aringa fresca, il Cabelio, o Baccalà fresco, la Viva, o Drago di mare, il Pesce persico etc., potendo benissimo succedere, che alcun cuoco, o altra persona provveduta di quest'opera vada ne' Paesi Esteri, e vegga Pesci a lui incogniti, e non mai mangiati, onde è bene che sappia come debbono essere apprestati, tanto secondo il costume del Paese, quanto per i diversi gusti delle persone. Della Folaga, e Anitra marina ne parlerò alla fine de' Pesci. In quanto ai Pesci di acqua dolce, questi verranno descritti nel Cap. III. dopo quelli di mare, dei quali in Roma siamo molto ben provveduti, e grazie sempre alle savie leggi emanate sù quest'oggetto tanto importante, ogni anno la pescagione va migliorando, potendosi dire, e con ragione, che Roma sia provveduta di Pesci al paro di qualunque Città marittima dell'Italia.
migliorando, potendosi dire, e con ragione, che Roma sia provveduta di Pesci al paro di qualunque Città marittima dell'Italia.
Rilievo di grasso, e di magro = Dopo che averete sventrata la Porcelletta, apritegli un pochino col coltello dalla parte del ventre l'osso della spina, e tirategli fuori il nervo, che verrà con facilità; quindi fatela cuocere in un corto Brodo, o in una Bresa, come lo Storione, e servitela con sopra un Ragù di grasso, o di magro, come alla Finansiera, Melè, d'Ostriche, di Gamberi, di Tartufi etc. Vedete questi Ragù nel Tom. IV., e in questo. La potete anche apprestare alla Santeminult, alla Tartara etc. Quando la Porcelletta è picciola si può preparare come la Spigola alla Dama Simona. Questo Pesce essendo raro, e di caro prezzo, (mentre in alcuni Paesi del Norde si vende quasi alla ragione di dieci paoli il palmo), non si disfà mai in pezzi, ma si serve sempre intero con un buon Ragù, o bella Guarnizione, o al corto Brodo sopra una salvietta; ciò che nobilita moltissimo qualunque mensa.
Pesce essendo raro, e di caro prezzo, (mentre in alcuni Paesi del Norde si vende quasi alla ragione di dieci paoli il palmo), non si disfà mai in
Si distinguono due specie di Triglie, cioè una detta di scoglio, che viene stimata la migliore, e una nostrale, la più grossa è ordinariamente più in pregio, si dell'una, che dell'altra specie. La carne di questo pescetto nudrisce molto, e ristora mirabilmente, si digerisce ancora con facilità, e si pretende, che arresti la diarea. Un celebre Medico Francese dice, che la Triglia conviene nella diarea, nella tosse, e nella maggior parte di quelle malattie provenienti d'acrimonie di umori; alcuni altri però vogliono, che l'uso frequente di questo pesce sia contrario alla castità; ma questa è una immaginazione, che non è fondata nè sulla ragione, nè sulla esperienza.
una immaginazione, che non è fondata nè sulla ragione, nè sulla esperienza.
Rilìevo di grasso, e di magro = Dopo che averete sventrata la Porcelletta, apritegli un pochino col coltello della parte del ventre l'osso della spina, e tirategli fuori il nervo, che verrà con facilità; quindi fatela cuocere in un corto Brodo, o in una Bresa, come lo Storione, e servitela con sopra un Ragù di grasso, o di magro, come alla Finanslera. Melè d'Oslriche, di Gamberi, di Tartufi ec. Vedete questi Ragù nel Tom. IV., ed in questo. La potete anche apprestare alla Senteminult, alla Tartara ec. Quanda la Porcdletta è picciola si può preparare come la Spigola alla Dama Simona. Questo Pesce essendo raro, e di caro prezzo, (mentre in alcuni Paesi del Nord si vende quasi alla ragione di dieci scudi il palmo), non si disfa mai in pezzi, ma si serve sempre intero con un buon Ragù, o bella Guarnizione, o al corto Brodo sopra una salvietta: ciò che nobilita moltissimo qualunque mensa.
Pesce essendo raro, e di caro prezzo, (mentre in alcuni Paesi del Nord si vende quasi alla ragione di dieci scudi il palmo), non si disfa mai in pezzi
Si distinguono due specie di Triglie, cioè una detta di scoglio, che viene stimata la migliore, e una nostrale, la più grossa è ordinariamente più in pregio, si dell'una, che dell'altra specie. La carne di questo pescetto nudrisce molto, e ristora mirabilmente, si di-gerisce ancora con facilità, e si pretende, che arresti la diarea. Un celebre Medico Francese dice, che la Triglia conviene nella diarea, nella tosse, e nella maggior parte di quelle malattie provenienti d'acrimonie di umori; alcuni altri però vogliono, che l'uso frequente di questo pesce sia contrario alla castità; ma questa è una immaginazione, che non è fondata nè sulla ragione, nè sulla esperienza.
una immaginazione, che non è fondata nè sulla ragione, nè sulla esperienza.
Trattandosi di paste asciutte, qui viene a proposito una osservazione, e cioè che queste minestre è bene cuocerle poco; ma badiamo, modus in rebus. Se le paste si sentono durettine, riescono più grate al gusto e si digeriscono meglio. Sembra questo un paradosso, ma pure è così, perchè la minestra troppo cotta, masticandosi poco, scende compatta a pesar sullo stamaco e vi fa palla, mentre se ha bisogno di essere triturata, la masticazione produce saliva e questa contiene un fermento detto ptialina che serve a convertire l'amido o la fecola in zucchero ed in destrina. L'azione fisiologica della saliva è poi importantissima giacchè oltre all'effetto di ammollire e di sciogliere i cibi, facilitandone l'inghiottimento, promuove per la sua natura alcalina la secrezione del succo gastrico allorchè i cibi scendono nello stomaco. Per questa ragione le bambinaie usano a fin di bene un atto schifoso come quello di fare i bocconi e masticare la pappa ai bambini.
natura alcalina la secrezione del succo gastrico allorchè i cibi scendono nello stomaco. Per questa ragione le bambinaie usano a fin di bene un atto
Gli antichi Romani lasciavano mangiare l'aglio all'infima gente, e Alfonso re di Castiglia tanto l'odiava da infliggere una punizione a chi fosse comparso a Corte col puzzo dell'aglio in bocca. Più saggi gli antichi Egizi lo adoravano in forma di nume, forse perchè ne avevano sperimentate le medicinali virtù; e infatti si vuole che l'aglio sia di qualche giovamento agl'isterici, che promuova la secrezione delle orine, rinforzi lo stomaco, aiuti la digestione e, essendo anche vermifugo, serva di preservativo contro le malattie epidemiche e pestilenziali. Però, ne' soffritti, state attenti che non si cuocia troppo, chè allora prende assai di cattivo. Ci sono molte persone, le quali, ignare della preparazione dei cibi, hanno in orrore l'aglio per la sola ragione che lo sentono puzzare nel fiato di chi lo ha mangiato crudo o mal preparato; quindi, quale condimento plebeo, lo bandiscono affatto dalla loro cucina; ma questa fìsima li priva di vivande igieniche e gustose, come la seguente minestra, la quale spesso mi accomoda lo stomaco quando l'ho disturbato.
per la sola ragione che lo sentono puzzare nel fiato di chi lo ha mangiato crudo o mal preparato; quindi, quale condimento plebeo, lo bandiscono
Una volta si diceva che la minestra era la biada dell'uomo; oggi i medici consigliano di mangiarne poca per non dilatare troppo lo stomaco e per lasciare la prevalenza al nutrimento carneo, il quale rinforza la fibra, mentre i farinacei, di cui le minestre ordinariamente si compongono, risolvendosi in tessuto adiposo, la rilassano. A questa teoria non contraddico; ma se mi fosse permessa un'osservazione, direi: Poca minestra a chi non trovandosi nella pienezza delle sue forze, nè in perfetta salute, ha bisogno di un trattamento speciale; poca minestra a coloro che avendo tendenza alla pinguedine ne vogliono rattener lo sviluppo; poca minestra, e leggiera, ne' pranzi di parata se i commensali devono far onore alle varie pietanze che le vengono appresso; ma all'infuori di questi casi una buona e generosa minestra per chi ha uno scarso desinare sarà sempre la benvenuta, e però fatele festa. Penetrato da questa ragione mi farò un dovere d'indicare tutte quelle minestre che via via l'esperienza mi verrà suggerendo.
. Penetrato da questa ragione mi farò un dovere d'indicare tutte quelle minestre che via via l'esperienza mi verrà suggerendo.
Molta gente mangia più con la fantasia che col palato e però guardatevi sempre dal nominare, almeno finchè non siano già mangiati e digeriti, que' cibi che sono in generale tenuti a vile per la sola ragione che costano poco o racchiudono in sè un'idea che può destar ripugnanza; ma che poi, ben cucinati o in qualche maniera manipolati, riescono buoni e gustosi. A questo proposito vi racconterò che trovandomi una volta ad un pranzo di gente famigliare ed amica, il nostro ospite, per farsi bello, all'arrosto, scherzando, uscì in questo detto: «Non potrete lagnarvi che io non vi abbia ben trattati quest'oggi; perfino tre qualità di arrosto: vitella di latte, pollo e coniglio.» Alla parola coniglio diversi dei commensali rizzarono il naso, altri rimasero come interdetti, ed uno di essi, intimo della famiglia, volgendo lo sguardo con orrore sul proprio piatto, rispose: «Guarda quel che ti è venuto in capo di darci a mangiare! almeno non lo avessi detto! mi hai fatto andar via l'appetito.»
' cibi che sono in generale tenuti a vile per la sola ragione che costano poco o racchiudono in sè un'idea che può destar ripugnanza; ma che poi, ben
La cucina italiana, che può rivaleggiare con la francese, e in qualche punto la supera, per la grande affluenza oggigiorno di forestieri in Italia che, si vuole, vi lascino da trecento milioni all'anno e, secondo calcoli approssimativi, con un crescendo eccezionale di altri duecento milioni in oro nell'anno santo 1900, va a perdere, a poco a poco, in questo miscuglio turbinoso di popoli viaggianti, il suo carattere particolare e questa modificazione nel vitto già è cominciata a manifestarsi più specialmente nelle grandi città e nei luoghi più battuti dai forestieri. Ebbi a persuadermene di recente a Pompei ove, entrato con un mio compagno di viaggio in un ristoratore in cui ci aveva preceduto una comitiva di tedeschi, uomini e donne, ci fu servito il medesimo trattamento di loro. Venuto poi il padrone a chiederci gentilmente se noi eravamo rimasti contenti, io mi permisi di fargli qualche osservazione sullo sbrodolìo nauseoso dei condimenti ed ei mi rispose: «Bisogna bene che la nostra cucina appaghi il gusto di questi signori forestieri, essendo quelli che ci danno il guadagno.» Forse per la stessa ragione, sento dire che la cucina bolognese ha subìto delle variazioni e non è più quella famosa di una volta.
forestieri, essendo quelli che ci danno il guadagno.» Forse per la stessa ragione, sento dire che la cucina bolognese ha subìto delle variazioni e non è più
Bologna è un gran castellazzo dove si fanno continue magnazze, diceva un tale che a quando a quando colà si recava a banchettare cogli amici. Nell'iperbole di questa sentenza c'è un fondo di vero, del quale, un filantropo che vagheggiasse di legare il suo nome a un'opera di beneficenza nuova in Italia, potrebbe giovarsi. Parlo di un Istituto culinario, ossia scuola di cucina a cui Bologna si presterebbe più di qualunque altra città pel suo grande consumo, per l'eccellenza dei cibi e pel modo di cucinarli. Nessuno apparentemente vuol dare importanza al mangiare, e la ragione è facile a comprendersi: ma poi, messa da parte l'ipocrisia, tutti si lagnano di un desinare cattivo o di una indigestione per cibi mal preparati. La nutrizione essendo il primo bisogno della vita, è cosa ragionevole l'occuparsene per soddisfarlo meno peggio che sia possibile.
grande consumo, per l'eccellenza dei cibi e pel modo di cucinarli. Nessuno apparentemente vuol dare importanza al mangiare, e la ragione è facile a
Si dice, e a ragione, che i fagiuoli sono la carne del povero, e infatti quando l'operaio, frugandosi in tasca, vede con occhio malinconico che non arriva a comprare un pezzo di carne bastante per fare una buona minestra alla famigliuola, trova nei fagiuoli un alimento sano, nutriente e di poca spesa. C'è di più; i fagiuoli restano molto in corpo, quetano per un pezzo gli stimoli della fame; ma…. anche qui c'è un ma, come ce ne sono tanti nelle cose del mondo, e già mi avete capito. Per ripararvi, in parte, scegliete fagiuoli di buccia fine o passateli; quelli dall'occhio hanno meno degli altri questo peccato.
Si dice, e a ragione, che i fagiuoli sono la carne del povero, e infatti quando l'operaio, frugandosi in tasca, vede con occhio malinconico che non
Così purgata da tutte le sozzure, si stende su un pannolino compatto, e si ricopre d'ogni lato di carbone all'altezza non minore di due dita, indi si chiude il pannolino con una cordicina. Si mette quest'involto su una caldaia ricoperta da uno strato di carbone e sopra vi si versa dell'acqua in ragione di gr. 160, per ogni 96 di carne. Si fa bollire per due ore, indi si leva dal fuoco la caldaia, si pulisce la carne dal carbone e si passa all'acqua fresca, la quale si ricambia, sinchè non rimanga più torbida. Mercè questa operazione, la carne riprenderà la sua durezza, la sua freschezza, il suo colore, e darà un brodo tanto buono, quanto quello ottenuto dalla carne fresca.
ragione di gr. 160, per ogni 96 di carne. Si fa bollire per due ore, indi si leva dal fuoco la caldaia, si pulisce la carne dal carbone e si passa all
Man mano che le snocciolate, immergete le albicocche in acqua fresca e fatele poi rinvenire (blanchir) nell'acqua bollente sino a che diventino tenere. Allora le togliete dal fuoco per immergerle nuovamente in acqua fresca. Chiarificate quindi tanto zucchero, quanto è il peso delle albicocche snocciolate e ponetelo, lo zucchero, al fuoco con acqua, in ragione di un quinto di litro per ogni mezzo chilo di zucchero. Quando lo zucchero s'attacca alla casseruola, cioè, quand'è cotto alla nappe, come dicono i francesi, vi porrete le albicocche e dopo due o tre ebollizioni, ritirerete la casseruola, versando il contenuto in una compostiera, nella quale dovrà riposare per ventiquattr'ore.
snocciolate e ponetelo, lo zucchero, al fuoco con acqua, in ragione di un quinto di litro per ogni mezzo chilo di zucchero. Quando lo zucchero s'attacca
Per una riunione della durata di circa quattro ore, preparate senza meschinità come senza spreco, in modo che alla fine i piatti appaiano sguarniti ma non assolutamente vuoti, ciò che fa sempre una pessima impressione: una media di circa dieci pezzi a testa fra « sandwiches », tartine, « bouchées », « petits-fours », « marrons-glacés » ecc. In quanto alle bibite si calcoli da mezzo litro a un terzo di litro a testa se si balla, quantità che può essere ridotta quando non si balli. A queste bibite si potrà unire del caffè ghiacciato, dei sorbetti o dei gelati, in ragione di una coppa a testa. È anche consigliabile avere sempre pronti della cioccolata o del « thè », dato che molte persone li preferiscono in ogni caso.
essere ridotta quando non si balli. A queste bibite si potrà unire del caffè ghiacciato, dei sorbetti o dei gelati, in ragione di una coppa a testa. È
Mescolate insieme la farina, lo zucchero, il sale, il lievito in polvere, unitevi il burro e intridete il tutto con il latte in cui avrete prima sbattuto l'uovo e lavorate fino ad ottenere una pasta morbida e soffice. Dividete questa pasta in sei pezzi lunghi e stretti e arrotolate con le mani sulla tavola ciascun pezzo, fino a ridurlo lungo e sottile; ungetelo allora col burro e tagliatelo in due parti e, cominciando dal mezzo, arrotolate le due parti insieme, unendo le punte in modo da formare una mezzaluna, o cornetto. Disponete quindi questi cornetti in una teglia unta e cospargeteli di nocciole sminuzzate. Cuocete per 15 o 20 minuti a forno ben caldo e, appena cotti, mentre sono ancora caldissimi, glassatene la superficie con zucchero a velo, in ragione di 50 grammi sciolti in un cucchiaio di acqua calda.
a velo, in ragione di 50 grammi sciolti in un cucchiaio di acqua calda.
TRE TORRI. — Voi potete affrettare la germinazione dei vostri semi tenendoli in infusione per 3 o 4 giorni in una soluzione al 2 per mille di acido ossalico. Ricordo di aver letto in una vecchia raccolta del Consigliere delle famiglie (ma, intendiamoci, la raccolta era stata fatta da altri, molti anni prima, perchè nel 1897 io non mi occupavo di economia domestica o di orticultura familiare per la semplicissima ragione che non ero nata ancora) che tenendo dei vecchi semi di lattuga in una soluzione debolissima di acido cloridrico, i semi riacquistavano le loro virtù germinative, non solo: ma una pianticella di lattuga appena nata da uno di quei semi, annaffiata ogni giorno con la stessa soluzione, cresceva così rigogliosa che in 8 giorni raggiungeva lo sviluppo che avrebbe avuto una pianta normale in varie settimane. Può darsi che questo «forzamento» della natura tolga, o modifichi, nelle piante, le loro caratteristiche di sapidità e di nutritività?
anni prima, perchè nel 1897 io non mi occupavo di economia domestica o di orticultura familiare per la semplicissima ragione che non ero nata ancora
I legumi dovrebbero entrare, nell'alimentazione quotidiana, in ragione di 300 grammi se allo stato fresco, e 100 grammi se sono secchi, anche perchè essi, coi loro residui cellulosici, favoriscono il peristalismo dell'intestino. Grazie ad essi le feci non s'induriscono; la massa dei rifiuti si conserva sufficientemente pastosa per venire facilmente espulsa, senza produrre pericolose lacerazioni all'intestino. Come già abbiamo accennato, un certo contenuto in cellulosa negli alimenti è indispensabile. Infatti l'uomo e gli animali, alimentati con cibi privi di cellulosa indigeribile, soffrono di ostruzione intestinale e, se non sono curati in tempo, vivono una vita acciaccosa, quando non soccombono rapidamente.
I legumi dovrebbero entrare, nell'alimentazione quotidiana, in ragione di 300 grammi se allo stato fresco, e 100 grammi se sono secchi, anche perchè
C'è per esempio un numero infinito di gente che, mentre mangia, beve in abbondanza, irrora con troppa acqua o con troppo vino i cibi secchi che immette nello stomaco; ora questa gente fa dello spreco di sicuro, poichè l'eccesso di liquido diluisce i succhi gastro-intestinali a tale punto da non arrivare a digerire per intero le sostanze alimentari ad essi sottoposte. Oltre a questi ci sarebbero ancora gli spreconi per impropria consociazione alimentare, perchè qualcuno sostiene, e forse a ragione, che i succhi digerenti, specie quelli dello stomaco, che hanno importanza prevalente per le sostanze a contenuto proteinico, sono assorbiti e quindi messi fuori di attività dalle sostanze ricche in cellulosa; se questo è vero, ciò significa che la comune carne, ammasso di protidi, è meglio digerita dal succo gastrico secreto e quindi meglio utilizzata ai fini dell'economia, quando essa entra nello stomaco da sola e su di essa convengono, s'accentrano tutte le potenze secrete digestive, che quando vi arriva invece accompagnata, come oggi in tutte le mense si suol fare, consociata col tradizionale contorno di verdura.
alimentare, perchè qualcuno sostiene, e forse a ragione, che i succhi digerenti, specie quelli dello stomaco, che hanno importanza prevalente per le
245. Del thè e modo di prepararlo. - Il thè proviene dalla China e dal Giappone; se ne raccolgono le foglie due volte all'anno, epperciò si hanno due qualità di thè, la prima detta thè verde e la seconda thè nero. Il thè in generale è a fogliette arruolate, di color verdastro nericcio, d'un odore gradevole come quello del fieno fresco misto a violetta. Il thè facilita la digestione, è calmante, facilita la traspirazione, è diuretico ma un po' restringente. Il thè forte non conviene usarlo, molto nè per gli stomachi deboli, nè per ragazzi poichè ammagrisce e produce vertigini e convulsioni. Il thè si prepara ponendolo in un vaso (téjère) di porcellana o di maiolica e versandogli sopra dell'acqua bollente in ragione di 10 grammi di buon thè per ogni tazza d'acqua ossia 15 grammi per ogni quinto d'un litro d'acqua; si lascia coperto per 6 minuti circa, si filtra ad un piccolo scolatoio di latta e si serve caldo con zucchero, latte, fior di latte come si è detto pel caffè.
thè si prepara ponendolo in un vaso (téjère) di porcellana o di maiolica e versandogli sopra dell'acqua bollente in ragione di 10 grammi di buon thè
20. Fagiuolini verdi in salamoia. — Rompete alle due estremità, levandogli il filo, 4 chilogrammi di fagiuolini, verdi, freschi, teneri ma non troppo, gettati nell'acqua bollente, fateli bollire per 5 minuti, sgocciolateli; posti in una terrina, copriteli d'acqua salata in ragione di un ettogramma di sale per un litro d'acqua e lasciateli per 24 ore; sgocciolati di nuovo, riponeteli in nuova salamoia fatta con 3 ettogrammi di sale e mezzo litro di aceto per ogni litro d'acqua; coperti, finiteli come si è detto sopra N. 17 pe'carciofi. Volendo usarli, sgocciolateli, lavateli e gettateli in tegame accanto al fuoco sino al punto dell'ebollizione, che da gialli diverranno verdi come se freschi; cangiate loro l'acqua finchè dissalati, quindi finite di cuocerli al loro punto.
, gettati nell'acqua bollente, fateli bollire per 5 minuti, sgocciolateli; posti in una terrina, copriteli d'acqua salata in ragione di un ettogramma
Staccatele, e prendendole una per volta nella mani, sfondate con garbo la crosta inferiore spingendola nell'interno per fare il vuoto adatto ad essere riempito di panna. Quando son vuotate tutte ponetele nuovamente in forno, tutte dal rovescio su una tortiera per un paio d'ore ancora. Quindi si pongono in una scatola chiusa per adoperarle al bisogno, ma fare attenzione di serbarle in posto secco e piuttosto caldo, come p. e., su uno scaffale in cucina. Esse si conservano all'infinito, e per questa ragione conviene farle quando vi sono dei bianchi d'uova da utilizzare.
cucina. Esse si conservano all'infinito, e per questa ragione conviene farle quando vi sono dei bianchi d'uova da utilizzare.
548. Ciriege allo spirito. Prendete ciriege mature e sanissime, che sieno dure al tatto (o duracini, o visciole, o marasche), tagliate loro la metà del gambo; foratele ad una ad una nella polpa con uno spillo, e ponetele in un vaso di vetro munito di tappo smerigliato. Allora versatevi sopra tanto spirito di vino di prima qualità, o acquavite, da ricoprire tutte le ciriege, le quali debbono rimanere perfettamente immerse, e zucchero in ragione di 150 gram. per ogni litro di spirito impiegato; aggiungete, in un sacchetto, alquanti chiodi di garofani, cannella in pezzi, un pizzico di coriandoli, un poco di macis e qualche grano di pepe; lasciate posare questo sacchetto sulle ciriege, chiudete bene il vaso col suo tappo, e dopo sei settimane o due mesi ritirate il detto sacchetto contenente gli aromi. Le ciriege così preparate si conservano per lunghissimo tempo. Si servono in piccol numero in un piattino con qualche cucchiaiata del loro liquore, e si richiude il vaso ogni volta, a fine di non farne evaporare lo spirito.
spirito di vino di prima qualità, o acquavite, da ricoprire tutte le ciriege, le quali debbono rimanere perfettamente immerse, e zucchero in ragione
618. Marmellata di pere. Si fa con ogni specie di pere zuccherose. Si mondano, si tagliano in quattro spicchi, se ne toglie via il torsolo, e si pongono in una calderuola con tant'acqua che basti a ricoprirle. Si fanno cuocere a fuoco gagliardo fino a che siansi rammollite, e quando si ritirano colla schiumarola, si pongono sullo staccio, si comprimono, e se ne riceve la polpa in un vaso di terra. Durante quest'operazione, si sarà messa nell'acqua in cui si sono cotte una quantità di zucchero in ragione di 6 ettogr. per ogni chilogr. di pere. Appena questo zucchero è disciolto ed alquanto schiumato, vi si aggiunge la polpa delle pere e si termina la cottura, che si protrae più o meno a lungo, secondo che si vuol dare più o meno consistenza alla marmellata.
'acqua in cui si sono cotte una quantità di zucchero in ragione di 6 ettogr. per ogni chilogr. di pere. Appena questo zucchero è disciolto ed alquanto
620. Marmellata di scorze d' arance. Prendete scorze ben sane e recentemente tolte a belle arance perfettamente mature; gettatele nell'acqua bollente; e quando cominceranno a rammollirsi, ritiratele, ponetele nell'acqua fredda, indi fatele sgocciolare, ponetele in un mortajo, pestatele; passate poi la pasta così ottenuta sur uno staccio, premetela con un mestolo e raccoglietene nuovamente la pasta così passata, che peserete. Prendete allora tanto zucchero in ragione di 3 ettogr. per ogni 2 ettogr. di pasta ottenuta dalle scorze d'arance; ponetele in una calderuola, chiarificatelo e fatelo cuocere a piccola perla. Aggiungete allora la pasta suddetta, stemperandola e rimestandola bene nello zucchero, e fate cuocere finchè la marmellata sia fatta; il che si conosce prendendone fra le dita una piccola porzione, la quale formerà un filo che non si deve rompere discostando le dita.
tanto zucchero in ragione di 3 ettogr. per ogni 2 ettogr. di pasta ottenuta dalle scorze d'arance; ponetele in una calderuola, chiarificatelo e fatelo
128. Del thè e modo di prepararlo. — Il thè proviene dalla China e dal Giappone; se ne raccolgono le foglie due volte all'anno, epperciò si hanno due qualità di thè, la prima detta thè verde e la seconda thè nero. Il thè in generale è a fogliette arrotolate, di color verdastro nericcio, di un odore gradevole come quelle del fieno fresco misto a violetta. Il thè facilita la digestione, è calmante, facilita la traspirazione, è diuretico ma un po' restringente. Il thè forte non conviene usarlo molto nè per gli stomachi deboli, nè per ragazzi poichè ammagrisce e produce vertigini e convulsioni. — Il thè si prepara ponendolo in un vaso (téjère) di porcellana o di maiolica e versandogli sopra dell'acqua bollente in ragione di 10 grammi di buon thè per ogni tazza d'acqua ossia 15 grammi per ogni quinto di un litro d'acqua; si lascia coperto per 6 minuti circa, si filtra ad un piccolo scolatoio di latta e si serve caldo con zucchero, latte, fior di latte come si è detto pel caffè.
. — Il thè si prepara ponendolo in un vaso (téjère) di porcellana o di maiolica e versandogli sopra dell'acqua bollente in ragione di 10 grammi di buon
Dopo una diecina di minuti aggiungete, sempre un po' alla volta, un dito d'acqua e una pizzicata di sale, e continuate a lavorare il semolino tra le palme, senza mai smettere, fino ad ottenerlo completamente sciolto e leggermente gonfiato. Non devono esserci grumi, ma deve risultare fluido come della rena grossolana. Questa operazione preliminare richiede almeno una mezz'ora, e, se bene eseguita, costituirà uno dei coefficienti per la riuscita della pietanza. Preparato il semolino prendete una grossa pentola. In talune città, dove l'elemento ebraico predomina, si trovano delle speciali pentole per preparare il cuscussù, dette appunto cuscussiere; e diciamo subito la ragione per la quale si richiede uno speciale utensile. Il semolino del cuscussù, infatti, non deve cuocere nell'acqua o nel brodo, ma in una pentola ermeticamente chiusa al di sopra dell'acqua o del brodo in ebollizione in modo che la cottura si faccia solo col vapore. Appunto per questo ci sono delle speciali pentole piuttosto alte, le quali nella parte superiore hanno una specie di colabrodo nel quale si mette il semolino, che poi si ricopre col coperchio della pignatta.
pentole per preparare il cuscussù, dette appunto cuscussiere; e diciamo subito la ragione per la quale si richiede uno speciale utensile. Il semolino del
Questa pietanza, di bella apparenza e di buon sapore, può venire eseguita specialmente in quelle famiglie piuttosto numerose, in cui resta spesso del bollito e non si sa come utilizzarlo. Tritate dunque il bollito avanzato, ed aggiungete un uguale peso di carne di salsiccia, che otterrete tritando insieme in parti uguali lardo fresco salato e carne magra di maiale. Aggiungete anche una grossa mollica di pane, tenuta in bagno e spremuta, un nonnulla d'aglio schiacciato, del prezzemolo trito, dei torli d'uovo, in ragione di tre torli per ogni chilo d'impasto, sale, pepe, e in ultimo le chiare montate in neve. Mescolate bene ogni cosa, ungete abbondantemente di burro una stampa da budino, versateci il composto e fate cuocere a bagno maria per circa un'ora fino a che la carne sia ben rassodata.
nonnulla d'aglio schiacciato, del prezzemolo trito, dei torli d'uovo, in ragione di tre torli per ogni chilo d'impasto, sale, pepe, e in ultimo le chiare
L'inceneramento di una data quantità di pasta e la valutazione ponderale delle sue ceneri può dare un'idea della portata della frode. Pasta alimentare che lasci ceneri oltre 1'1,5 % è da sospettarsi con tutta ragione falsificata con sostanze minerali, fra le quali è di preferenza adoperata dai frodatori la polvere sottilissima di ossa, come che costituita in buona parte di fosfato di calce, normalmente contenuto, ed in dose rilevante, nelle paste anche della miglior qualità. In caso di tal frode, la quantità delle ceneri lasciata dalla pasta esaminata sarà più che tripla della ordinaria, stantechè, per esercitare con tornaconto la falsificazione, si calcola occorra almeno il 5 % di polvere d'ossa. Queste ceneri inoltre saranno fortemente effervescenti coll'acido idroclorico, atteso il carbonato di calce contenuto abbondantemente nelle ossa.
alimentare che lasci ceneri oltre 1'1,5 % è da sospettarsi con tutta ragione falsificata con sostanze minerali, fra le quali è di preferenza adoperata dai
29. — Legumi erbacei od erbe mangerecce e loro conservazione. Il Regolamento di amministrazione e contabilità pei corpi (1885) al § 1422 dice: «Alle derrate componenti la razione-viveri saranno aggiunti erbaggi ed altri generi di condimento in ragione dell'importo di un centesimo per ogni razione o più, se così venga dal Ministero stabilito.» Conseguentemente la quantità dei legumi freschi concessa ordinariamente al soldato è assai limitata, mentre il bisogno di questi erbaggi nell'alimentazione militare è veramente imperioso, inquantochè, mentre servono a meraviglia per rendere più sapido, più gradito e più variato il modesto vitto della truppa, godono indiscutibilmente di una virtù antiscorbutica preziosissima, che proverrebbe loro, secondo il Fauvel ed altri osservatori, dall'abbondanza dei succhi complessi che contengono, intesi sotto il nome di acqua di vegetazione.
derrate componenti la razione-viveri saranno aggiunti erbaggi ed altri generi di condimento in ragione dell'importo di un centesimo per ogni razione o
Lasciando da parte per adesso la carne suina e quella di cavallo, che non sono ufficialmente ammesse finora nell'alimentazione del nostro soldato, e riferendoci più specialmente alle carni ovine, come quelle di sostituzione regolarmente accettate, noterò che i capitoli d'oneri più volte ricordati dicono: « Nei luoghi dove in alcuni giorni della settimana, per costante consuetudine locale, non si consuma nè carne di bue, nè carne di vacca, dovrà essere accettata dai corpi la carne di castrato o di montone, se di buona qualità, col 25 % in più della carne di bue. » Quest'ultima disposizione lodevolissima trova la sua ragione nel fatto che la carne di montone e castrato è più acquosa e più povera di principii nutritivi della carne di bue, come può vedersi nei paralleli analitici riportati alla lettera a) del 31.
lodevolissima trova la sua ragione nel fatto che la carne di montone e castrato è più acquosa e più povera di principii nutritivi della carne di bue
59. — Uso nell'esercito. Varietà, composizione e caratteri. Il cloruro di sodio, o sale da cucina comunemente detto, è adoprato nella alimentazione del nostro soldato in ragione di 20 grammi a razione, senza riguardo alla qualità che si adopra. Siccome poi la mancanza di sale è una delle privazioni più pericolose che l'uomo, ed il soldato in specie, possa sopportale (come fu provato in molte circostanze, per esempio, al tempo dell'assedio di Metz nel 1870, secondo riferisce il Morache) l'amministrazione della guerra ha saggiamente provveduto a che il nostro soldato, quando è in campagna sul piede di guerra, porti sempre nel suo zaino, in unione ai viveri di riserva, due razioni di sale da cucina di 25 grammi l'una: in tutto gr. 50 di sale di riserva.
del nostro soldato in ragione di 20 grammi a razione, senza riguardo alla qualità che si adopra. Siccome poi la mancanza di sale è una delle privazioni
Non ugual fortuna ebbe il gatto che pure contribuisce alla fabbricazione delle pelliccie rare, sebbene anch'egli delle trattorie sia un buon frequentatore, per quanto clandestino. La ragione della differenza deve stare nel diverso cibo di cui si nutrono queste bestie. Il coniglio è erbivoro e nelle città si nutre di innocenti foglie di cavolo, mentre il gatto è carnivoro e mangia i sorci, le lucertole e peggio. A meno di essere in una città assediata, è difficile ad uno stomaco ben educato vincere la ripugnanza per la carne di gatto. Il coniglio invece ha molti amatori e, benchè di carne un po' insipida e poco nutriente, è prediletto dalle borse modeste in grazia del suo buon mercato. Darò alcune formule per riservirne gli avanzi, che del resto sono suscettibili di molte trasformazioni come polpette, crocchette ecc.
frequentatore, per quanto clandestino. La ragione della differenza deve stare nel diverso cibo di cui si nutrono queste bestie. Il coniglio è erbivoro e nelle
Costui era un poeta siciliano al tempo di Alessandro Magno, nientemeno, ed alcuni frammenti di un suo poema ci furono conservati da Ateneo. In quel poema narra un viaggio, o finto o vero, da lui fatto in Grecia cercando e cantando i cibi migliori, specialmente i pesci, per cui i pedanti lo stimarono e lo dissero un ghiottone. Così gli stessi pedanti stimeranno l'Artusi e me, se questo libro avesse qualche fiato di vita; e Dio sa se mangiavamo poco e bevevamo meno ! Ma non temendo denti avvelenati, anzi forse appunto per questo, libero il volume anche per la ragione che avendo scritto in vita assai cose inutili ed insulse, voglio finire con un libro serio, o almeno capace di procurarmi qualche gratitudine dalle cuoche, quando sarò dove gli avanzi non si ricucinano più.
poco e bevevamo meno ! Ma non temendo denti avvelenati, anzi forse appunto per questo, libero il volume anche per la ragione che avendo scritto in vita
La famiglia delle salse è numerosa come le stelle del cielo e le arene del mare. Ho escluso qui, o quasi, quelle che si servono in salsiera per accompagnamento, parendomi che gli avanzi a quel modo non siano rifatti, ma solo canditi! Ho scelto invece quelle entro le quali gli avanzi possono essere immersi, per lo più a caldo, ed insaporiti. È necessario però, nel maggior numero dei casi, che l'avanzo si riscaldi, sì, ma non bolla, sotto pena di risecchire, specie le carni magre arrosto. La pratica vi suggerirà ed insegnerà quello che non possono fare le parole morte di un libro. Badate anche che se le salse sono numerose come una tribù, salvo tre o quattro tipi distinti, press'a poco hanno tutte un'aria di famiglia che le fa rassomigliare. E poi, almeno per una volta, la voce del popolo ebbe ragione quando sentenziò che la miglior salsa è l'appetito.
. E poi, almeno per una volta, la voce del popolo ebbe ragione quando sentenziò che la miglior salsa è l'appetito.
Verso la fine del secolo decimottavo molti nobili ingegni, sicuri che la ragione di molti mali si dovesse cercare in quella pietanza, iniziarono una vivace campagna perchè l'umanità scrollasse dalla groppa il basto di schiavitù. Furono scritti innumerevoli opuscoli e tomi di varia mole: le gazzette, diffusissime, recavano articoli di gente che aveva acquistato grande autorità nel campo delle scienze e delle lettere: ma tutto fu inutile contro l'assenteismo delle plebi anche perchè era, in quel tempo, diffusa la superstizione che i maccheroni fossero il controveleno di ogni morbo, la panacea universale. Un ultimo tentativo lo fece nella prima metà dell'ottocento, il grande Michele Scrofetta delle cui benemerenze è superfluo parlare, essendo note ai più: e tuttavia l'eminente scienziato non approdò a nulla di concreto.
Verso la fine del secolo decimottavo molti nobili ingegni, sicuri che la ragione di molti mali si dovesse cercare in quella pietanza, iniziarono una
«non si tratta, criticando le vivande contenute nel manifesto della cucina futurista, di parlare di «tecnica»: quelle vivande come il mio carneplastico che fu erroneamente creduto in opposizione alla pastasciutta, sono i primi esempî di tutta una serie che creeremo. Avremo perciò le vivande economiche e le vivande di lusso - le vivande da paragonare in meglio alla pastasciutta e le vivande da vincere in concorrenza le vecchie ghiottonerie. E, come tecnica, il ristorante futurista di Torino, batterà senza dubbio la scienza dei cuochi accademici. Ma, in ogni modo, è lo spirito rivoluzionario del manifesto che deve importare: la necessità cioè di modificare la cucina perchè modificato è il nostro generale sistema di vita, perchè, rompendo le abitudini, bisogna preparare il palato alle future alimentazioni. Se i cuochi accademici ci combattono per pura ragione di tecnica sono vinti: la loro opposizione di artigiani non può vincere la nostra forza di artisti. E le creazioni futuriste raggiungeranno perfezioni tecniche, mentre le vivande antiche, tecnicamente perfette, non si potranno rinnovare».
abitudini, bisogna preparare il palato alle future alimentazioni. Se i cuochi accademici ci combattono per pura ragione di tecnica sono vinti: la loro
Il lettore, o forse meglio l'amabile lettrice, desidererà conoscere, a fondo, le più recondite ragioni di simile tentativo, per dirla passatisticamente; o di simile realizzazione, per dirla futuristicamente. Il desiderio è legittimo; per quanto l'esaudimento di esso ci dia precisa la sensazione della responsabilità che ci accolliamo rispondendo. Risponderemo, ad ogni modo, scientificamente, esattamente, valendoci delle parole stesse del Capo dei Futuristi italiani: «Autopraticamente, noi futuristi trascuriamo l'esempio ed il mònito della tradizione per inventare ad ogni costo un nuovo, giudicato da tutti «pazzesco», ragione per cui, stabiliamo ora il nutrimento adatto ad una vita sempre più aerea e veloce».
, giudicato da tutti «pazzesco», ragione per cui, stabiliamo ora il nutrimento adatto ad una vita sempre più aerea e veloce».
I legumi secchi si custodiscono in granajo, meglio entro sacchi che non distesi sul pavimento. In campagna il modo migliore di conservazione dei legumi secchi consiste nel lasciare i piselli, le fave, le lenticchie e i fagiuoli nelle loro buccie disseccate per non sbucciarli o batterli che allorquando s'hanno da adoperare. In città, se si fa provvisione di fagiuoli secchi, bisogna sempre preferire quelli di miglior qualità bianchi e rossi. Questa preferenza è fondata su ciò che invecchiando i fagiuoli bianchi perdono quel lucido che li distingue nello stato di recente raccolta, ed è per tale ragione assai facile di riconoscere, a prima vista, la mescolanza dei vecchi fagiuoli con quelli dell'ultimo raccolto. Le specie di colore non presentano questo vantaggio; la differenza fra i vecchi e i nuovi è sì poco sensibile che agevolmente si cade in inganno.
ragione assai facile di riconoscere, a prima vista, la mescolanza dei vecchi fagiuoli con quelli dell'ultimo raccolto. Le specie di colore non
Una volta si diceva che la minestra era la biada dell'uomo; oggi i medici consigliano di mangiarne poca per non dilatare troppo lo stomaco e per lasciare la prevalenza al nutrimento carneo, il quale rinforza la fibra: mentre i farinacei, di cui le minestre ordinariamente si compongono, risolvendosi in tessuto adiposo, la rilassano. A questa teoria non contraddico; ma se mi fosse permessa un'osservazione direi: Poca minestra a chi non trovandosi nella pienezza delle sue forze, nè in perfetta salute, ha bisogno di un trattamento speciale; poca minestra a coloro che avendo tendenza alla pinguedine ne vogliono rattener lo sviluppo; poca minestra, e leggiera, ne' pranzi di parata se i commensali devono far onore alle varie pietanze che le vengono appresso; ma all'infuori di questi casi una buona e generosa minestra per chi ha uno scarso desinare sarà sempre la ben venuta, e però fatele festa. Penetrato da questa ragione mi farò un dovere d'indicare tutte quelle minestre che via via l'esperienza mi verrà suggerendo.
. Penetrato da questa ragione mi farò un dovere d'indicare tutte quelle minestre che via via l'esperienza mi verrà suggerendo.
Questo sformato, per ragione del grato odore e del sapore dolcigno de' finocchi, riesce uno de' più gentili. Levate ai finocchi le foglie più dure, tagliateli a piccoli spicchi e cuoceteli per due terzi nell'acqua salata; poi scolateli bene e metteteli a soffriggere con un pezzetto di burro. Conditeli con sale e quando avranno succhiato il burro, bagnateli con un poco di latte; allorchè avranno tirato anche questo aggiungete un po' di balsamella. Ritirateli dal fuoco e quando saranno diacci unitevi parmigiano grattato e, a seconda della quantità, tre o quattro uova frullate. Versate il composto in uno stampo liscio col buco in mezzo, regolandovi come per gli altri sformati, cuocetelo a bagno maria e servitelo caldo come piatto di tramesso o in compagnia di un cappone lessato. Potete anche servirlo ripieno di un manicaretto di rigaglie e animelle.
Questo sformato, per ragione del grato odore e del sapore dolcigno de' finocchi, riesce uno de' più gentili. Levate ai finocchi le foglie più dure
In que' paesi dove si vendono già pelati bisogna essere tondi bene per farsi mettere in mezzo. Se li vedete verdi o col brachiere, cioè col buzzo nero, girate largo; ma se qualche volta rimaneste ingannati, cucinateli come il piccione in umido N. 172, per la ragione che se li mettete allo spiedo, oltrechè aprirsi tutti durante la cottura, tramandano, molto più che fatti in umido, quel fetore della putrefazione, ossia della carne faisandée, come la chiamano i Francesi; puzzo intollerabile alle persone di buon gusto, ma che pur troppo non dispiace in qualche provincia d'Italia ove il gusto, per lunga consuetudine, si è depravato fors'anche a scapito della salute.
nero, girate largo; ma se qualche volta rimaneste ingannati, cucinateli come il piccione in umido N. 172, per la ragione che se li mettete allo spiedo
Non senza ragione le padrone di casa, anche quando dispongono d'una ben fornita lista o nota di vivande si sentono imbarazzate per la scelta delle medesime, segnatamente quando si tratti d'un gran pranzo, essendo molte le considerazioni da osservarsi. Non si devono p. e. far seguire una dopo l'altra delle pietanze uniformi, e non presentarsi una stessa carne la seconda volta, se prima non fosse stata diversamente preparata. Anche nelle mense giornaliere si prenda cura di non presentare o soltanto dei cibi pesanti o contrariamente quelli troppo leggeri, come anche di far prevalere nella scelta le considerazioni sullo stato di salute dei commensali. Una padrona di casa esperta saprà calcolare tempo e mezzi che esigono i preparativi, distribuendone saggiamente il lavoro.
Non senza ragione le padrone di casa, anche quando dispongono d'una ben fornita lista o nota di vivande si sentono imbarazzate per la scelta delle
15. La tartaruga. — Le tartarughe forniscono uno dei cibi più delicati e saporiti che si assomigliano con ragione alle vivande di pollo. Vi sono molte specie di tartarughe, una delle quali, la più squisita, la Testudo midas, raggiunge qualche volta la lunghezza di 2 metri e il peso di 300-350 chilogr. Essa abita nei mari della zona torrida e non esce dall'acqua se non per deporre nella sabbia ardente le sue uova che, salate o marinate come la carne, costituiscono un fiorente ramo di commercio e che cotte sode si mangiano nella famosa minestra o come guernizione dei ragoûts. Col guscio di questa testuggine i selvaggi costruiscono i più svariati oggetti. I pettini, le forcelle ecc. però derivano da una specie più piccola, dalla Chelonia imbricaia, che vive pure nella zona torrida ma la cui carne non si mangia.
15. La tartaruga. — Le tartarughe forniscono uno dei cibi più delicati e saporiti che si assomigliano con ragione alle vivande di pollo. Vi sono
[immagine e didascalia: Bombe] quella quantità di farina di segale che occorre per farne un pastone assai duro che lascierete lievitare ben coperto in luogo asciutto e rinchiuso. Quando la mattina il fermento si sarà più che raddoppiato di volume, salatelo e amalgamatevi dell'altra farina e dell'acqua, formando un composto piuttosto molle che lascierete nuovamente lievitare. Rimpastatelo la terza volta aggiungendovi della farina di frumento di prima qualità in ragione d'un terzo (in tutto), della farina di segale, più un pajo di cucchiai di semi di cornino ben puliti, lavoratelo lungamente sulla spianatoja, formatene dei grandi pani rotondi a guisa di palle, collocateli sulla lamiera unta e infarinata e, raddoppiati che siano anch'essi di volume, cuoceteli a forno caldo. Prima di sfornarli bagnateli con dell'acqua fredda.
prima qualità in ragione d'un terzo (in tutto), della farina di segale, più un pajo di cucchiai di semi di cornino ben puliti, lavoratelo lungamente
Da alcuni secoli si parlava in Europa di questi uccelli, ma ili essi poteva dirsi a ragione quello che cantato erasi della Fenice: « Che vi sia ognun lo dice, ove sia nessun lo sa ». Molti assicuravano di averne veduti, e per lo più erano cacciatori decrepiti, i quali tra i fasti della loro vita venatoria volevano registrare anche quello di avere incontrali nelle loro escursioni questi uccelli tanto decantati e desiderati; ma certo è che mai non ne era arrivato alcuno alle nostre cucine, ai nostri spiedi; e anche quelli che di buona fede asserivano di averli veduti, dicevano di averli scoperti solamente da lontano, e probabilmente pigliati avevano in iscambio di gallinacci le oche granajuole (che sono tutt'altro che oche) les outardes dei Francesi, rare bensì, ma pure non del tutto invisibili nei nostri paesi.
Da alcuni secoli si parlava in Europa di questi uccelli, ma ili essi poteva dirsi a ragione quello che cantato erasi della Fenice: « Che vi sia ognun