Prendete una quantità grande di Pomidoro, metteteli tagliati in pezzi, in una caldaia grande, o cazzarola rotonda, fateli bollire a fuoco allegro con qualche garofano, pepe schiacciato, e poco sale, movendoli di tempo, in tempo; allorchè principieranno ad asciugarsi passateli poco per volta per un setaccio di crino a forza di braccia, non dovendo reftare nel setaccio che i semi e le pelli. Pulite la caldaja, rimetteci di nuovo i pomidoro sopra un fuoco temperato, fateli bollire dolcemente, movendoli sempre con una cucchiaia di legno, finchè diverranno densi come una marmellata, ripassateli di nuovo per un setaccio più fino, votateli poscia in un vaso di terra, e lasciateli così fino al giorno susseguente. Quindi li rimetterete sul fuoco, li farete cuocere lentamente movendoli sempre per timore che non brucino nel fondo, che se ciò accade bisogna buttarli via, mentre prendono un odore, ed un sapore di bruciato assai disgradevole; replicate così per due o trè giorni, asciugandoli sempre sopra il fuoco, movendoli continuamente. Quando vedrete che sono ridotti come una pasta maneggievole lasciateli raffreddare, formatene allora tanti toteri o bastoncelli lunghi mezzo palmo, e groffì da poterli tenere in mano col pugno serrato; fateli asciugare maggiormente a un sole temperato, o alla stufa sopra fogli di carta, incartateli, e conservateli in luo go fresco, e asciutto. Bisogna osservare che non si disecchino soverchiamente. Quando volete adoperarli, stemperateli con un poco di brodo, quella quantità che vi bisogna, e servitevene in tutto ciò che volete fare al sugo, o culì di Pomidoro.
vedrete che sono ridotti come una pasta maneggievole lasciateli raffreddare, formatene allora tanti toteri o bastoncelli lunghi mezzo palmo, e groffì
Rilievo di grasso, e di magro = Dopo che averete sventrata la Porcelletta, apritegli un pochino col coltello dalla parte del ventre l'osso della spina, e tirategli fuori il nervo, che verrà con facilità; quindi fatela cuocere in un corto Brodo, o in una Bresa, come lo Storione, e servitela con sopra un Ragù di grasso, o di magro, come alla Finansiera, Melè, d'Ostriche, di Gamberi, di Tartufi etc. Vedete questi Ragù nel Tom. IV., e in questo. La potete anche apprestare alla Santeminult, alla Tartara etc. Quando la Porcelletta è picciola si può preparare come la Spigola alla Dama Simona. Questo Pesce essendo raro, e di caro prezzo, (mentre in alcuni Paesi del Norde si vende quasi alla ragione di dieci paoli il palmo), non si disfà mai in pezzi, ma si serve sempre intero con un buon Ragù, o bella Guarnizione, o al corto Brodo sopra una salvietta; ciò che nobilita moltissimo qualunque mensa.
Pesce essendo raro, e di caro prezzo, (mentre in alcuni Paesi del Norde si vende quasi alla ragione di dieci paoli il palmo), non si disfà mai in
Antrè di grasso, e di magro = Tagliate dei filetti di Pesce spada larghi un pollice e lunghi mezzo palmo; fateli marinare circa due ore con olio, o butirro squagliato, sale, pepe schiacciato, prugnoli, o tartufi, secondo la stagione, o ambedue secchi, petrosemolo, cipolletta, scalogne, una punta d'aglio, un pochino di basilico, il tutto trito fino. Un quarto d'ora prima di servire aggiustate questi filetti sopra un piatto d'argento, o in una cazzarola grande con tutta la loro marinada, che gli uni non siano sopra gli altri. Poneteli sopra un buon fuoco allegro; quando saranno cotti da una parte, voltateli dall'altra, mentre in un momento si cuociono; indi aggiustateli sopra il piatto, che dovete servire, mettete un poco di Culì di grasso, o di magro nella cazzarola della loro cottura, con un bicchiere di vino di Sciampagna, o altro vino bianco consumato due terzi; fate bollire per digrassare, e servite sopra i filetti con sugo di limone. Potete guarnire questi filetti di cipollette cotte, e crostini di pane fritti.
Antrè di grasso, e di magro = Tagliate dei filetti di Pesce spada larghi un pollice e lunghi mezzo palmo; fateli marinare circa due ore con olio, o
Antremè Rifreddo = Spogliate due grosse Anguille dalla loro pelle, sventratele, e disossatele, e tagliatele in filetti lunghi un palmo, e mezzo, e grossi un dito unite a questi filetti altri filetti di pesce, come di Ombrina, Corvo, Spada, Spigola, Scorfano, Cappone, Carpio, Luccio, Salamone, Trotta etc. nettati bene dalle pelli, e spine, e mescolate anche parte di questi pesci insieme. Ponete tutti questi filetti in una terrina, conditeli con sugo di limone, sale, spezie fine, erbe odorifere in polvere, tartufi tagliati in dadi, prugnoli secchi bene ammollati, code di gamberi, qualche pistacchio. Bagnate, e spremete bene una salvietta, o un pezzo di stamina, ungetela di butirro se non sarà giorno di vigilia. Stendeteci sopra i filetti suolo per suolo, tramezzandoli colli tartufi, code, pistacchi etc. che il tutto sia ben condito, specialmente di sugo di limone, e rilevato di gusto, involtate la salvietta a guisa di una grossa mortadella, legatela da capo e da piedi con spago, e quindi all'inforno con fettuccia larga di filo. Mettete questa Galantina in una pescioniera unta di butirro, o olio, con sotto, e all'intorno le dissosature, e pelli de' Pesci, ma non le pelli dell'Anguille, fette di cipolle, di carote, di panè, di radiche di petrosemolo, un mazzetto d'erbe diverse, e odorifere, quattro scalogne, due spicchi d'aglio, sale pepe sano, garofani: fate sudare con fuoco allegro sotto, e sopra; quando l'acqua che averà reso sarà consumata, senza essere niente attaccato, bagnate con una bottiglia di vino di Sciampagna, o altro vino bianco consumato per metà, e un poco di brodo bianco di pesce quanto resti coperta la Galantina, fate cuocere dolcemente circa un' ora, più, o meno secondo la grossezza della Galantina; quando sarà cotta tiratela fuori e fatela raffreddare; colate il fondo della cottura, digrassatelo, passatelo al setaccio, dategli un color d'oro con un poco di Sugo di magro, e formatene una Aspic ben condizionata, e rilevata con un filetto di aceto di dragoncello. Vedetela nel Tom. V. pag.6. Svoltate la Galantina dalla salvietta, e servitela o intera coll'Aspic suddetta, gelata, sminuzzata, e tremolante, o intera, o tagliata in fette in una cazzarola in Malbrè. Vedete i diversi Malbrè alla pag. 40.
Antremè Rifreddo = Spogliate due grosse Anguille dalla loro pelle, sventratele, e disossatele, e tagliatele in filetti lunghi un palmo, e mezzo, e
Antrè Rifreddo = Dirrizzate nel mezzo del piatto, che dovete servire, con bianco d'uovo ed il piatto caldo, sei crostini di mollica di pare lunghi poco meno di mezzo palmo, tagliati in guisa che formino un arboscello, e fritti nel butirro di bel colore. Abbiate tre Beccaccie cotte arrosto, e sugose, levategli i sei mezzi petti, e del resto formatene una Salsa al Salmì, bagnata con mezza bottiglia di vino di Spagna consumato per metà, e Aspic in luogo di Culì. Vedetela nel Tom., I. pag. 65., che sia legata una cosa giusta, e forte da potere gelare, passatela al setaccio, o alla stamina, e che sia di buon gusto; poneteci quindi i petti, e fate gelare sopra la neve. Nel momento di servire aggiustate i petti delle Beccaccie tagliati nel mezzo per lungo intorno all'arboscello de' crostini con tramezzo porzione della Salsa gelata, e sminuzzata; guarnite il bordo del piatto con mostacciotetti, o rotelle di Aspic al Fumè, e coprite so pra con altra Aspic al Fumè tremolante. Vedetela alla pag. 51. e servite subito.
poco meno di mezzo palmo, tagliati in guisa che formino un arboscello, e fritti nel butirro di bel colore. Abbiate tre Beccaccie cotte arrosto, e sugose
Antremè Rifreddo = Dissossate del tutto una bella culatta di manzo, e levategli circa un palmo di carne verso la punta, essendo questa parte assai più dura dell'altra; lardatela di grossi lardelli di lardo conditi con sale, spezie fine, ed erbe odorifere in polvere, quindi ponetela in una marmitta giusta alla sua grandezza con fette di lardo sotto e sopra, due fette di prosciutto, un grosso mazzetto d'erbe diverse e odorifere, due cipolle con otto garofani, due carote, una panè, sale, pepe schiacciato, mezza bottiglia di vino di Sciampagna, o altro vino bianco consumato un terzo; fate cuocere in prima dolcemente, e poscia aumentate il fuocd a misura, che la carne caccia fuori il suo sugo; dopo due ore levatela da! fuoco, osservando, che siavi poca Salsa, che non sia salata, e che non abbia preso colore. Quando sarà fredda, dirizzate il Pasticcio di pasta Brisè. Vedetela nel Tom, IV. pag. 225. poneteci nel fondo tre dita di lardo pesto nel mortaio, con qualche fegatino di pollo, e condito con sale, petrosemolo trito, una punta d'aglio, erbe odorifere in polvere, spezie fine, tartufi e prugnoli triti, midollo di manzo ben nettato e tagliato in fette. Questo apparecchio vi servirà per porre sotto a tutte le carni, che vorrete mettere in Pasticcio rifreddo; quindi aggiustateci sopra la carne, aggiungeteci il fondo della sua cottura passato al setaccio, e rifreddo, coprite con fette di lardo, pezzi di butirro, e fette di midollo di manzo, il tutto a proporzione, onde il Pasticcio sia ben nutrito; copritelo, decoratelo bene esternamente, indoratelo con uovo sbattuto, e fatelo cuocere ad un forno temperato circa quattro in cinque ore, e servitelo di bel colore, allorchè sarà del tutto rifreddo sopra una salvietta. Se volete servire questo Pasticcio caldo, quando sarà cotto scopritelo, levategli le fette di lardo, digrassatelo, e servitelo con quella Salsa, o Ragù che vorrete. Devesi osservare che tutti i Pasticci rifreddi debbono essere conditi di gusto più rilevato, che i caldi, e turargli il caminetto subito levati dal forno.
Antremè Rifreddo = Dissossate del tutto una bella culatta di manzo, e levategli circa un palmo di carne verso la punta, essendo questa parte assai
Antremè Rifreddo = Sventrate quattro Pernici, trussatele colle zampe nel corpo, fatele rinvenire sulle bracie di un fornello, lardatele con lardelli di lardo conditi con sale, e spezie fine. Fate una farsa alla Perigord con tre libbre di lardo, i fegati delle Pernici, ed una libbra di tartufi, il tutto pesto assai fino nel mortajo, e condito con sale, spezie fine, ed erbe odorifere in polvere. Stendete cinque fogli di carta da mezzo bajocco il foglio sopra la tavola della Pasticciera, incollateli uno sopra all'altro con un poco di pastella fatta con farina, poco di acqua, uova e sale, e lasciategli all'intorno circa otto dita di spazio senza colla, non dovendo essere incollati detti fogli, che fin dove giunge il ripieno; stendeteci nel mezzo in forma riquadrata la metà della farsa, aggiustateci sopra le quattro Pernici con una quantità di tartufi interi e mondati, condite sopra con sale, spezie fine, ed erbe odorifere in polvere, coprite con il resto della farsa, e fette di lardo; ripiegateci quindi sopra la carta foglio per foglio, a guisa di una papigliotta riquadrati; ma siccome non giungerà detta carta a coprire del tutto il Pasticcio supplite con altri fogli di carta, andando sempre incollando colla pastella suddetta. Questo Pasticcio, si fa ordinariamente con cinque fogli di carta sotto, e cinque mezzi sopra, incollati bene, cioè quelli di sopra come quelli di sotto tramezzandoli e vicenda, e riportando nell'ultimo tutto all'intorno delle striscie di carta larghe tre dita, bene incollate, e poste con qualche simmetria; fategli quindi un buco nella sommità, largo come la moneta di un paolo, formategli un caminetto di carta lungo più di mezzo palmo, bene incollato da piedi e all'intorno, che farete star diritto mediante uno stecchetto di legno, che gli infilarete dentro sino alla carne del Pasticcio; indi copritelo tutto all'intorno colla pastella suddetta; fatelo cuocere sopra una lastra di rame, ad un forno temperato cinque, o sei ore. Subito cotto levategli il caminetto, turategli il buco con una rotella di carta bene incollata, e che averete fatto prendere colore al forno con sopra un poco di pastella; e servitelo sopra una salvietta allorchè sarà del tutto rifreddo. Questi Pasticci si conservono lungamente, e sono ottimi per viaggio.
carta lungo più di mezzo palmo, bene incollato da piedi e all'intorno, che farete star diritto mediante uno stecchetto di legno, che gli infilarete
Antrè, o Rilievo = Se la Tartaruga è grande la potete servire per un Rilievo, e se è mezzana per un Antrè. Tagliate la testa alla Tartaruga subito presa, e fategli sortire tutto il sangue; indi apritegli col coltello le due conchiglie, staccatene tutta la carne, levategli il fegato, e l'intestino, spaccate questo per lungo, lavatelo, e tagliatelo in pezzi lunghi poco più di mezzo palmo: levate bene il fiele al fegato. Dividete la Tartaruga in quattro parti, levategli il grasso spuntategli i piedi, e la coda, e tagliatela in pezzi; lavate bene ogni cosa, ponete sopra il fuoco con acqua fredda, quando principia a bollire, tirate indietro; nettate i pezzi di Tartaruga dalla pelle, rilavate il tutto all'acqua fresca, e asciugate con un panno lino. Passate in una cazzarola sopra il fuoco con un pezzo di butirro, e una fetta di prosciutto, se sarà di grasso, petrosemolo e scalogne trito, metteteci quindi i pezzi della Tartaruga, e dell'intestino, condite con sale, e pepe schiacciato; fate consumare sopra un picciolo fuoco l'acqua che sortirà dalla carne; quindi bagnate con mezza, o una bottiglia di vino di Carcavello; fate bollire a gran fuoco, e consumare tutto il vino, sbruffateci allora un buon pizzico di farina, bagnate con buon brodo colorito di grasso, o di magro un mazzetto d'erbe diverse; fate cuocere, e consumare la Salsa al suo punto: poco prima della totale cottura aggiungeteci il fegato della tartaruga tagliato in grossi dadi. Prendete la conchiglia di sopra della Tartaruga, pulitela bene, dirizzate un dordino di pasta in quei vani della testa e zampe, acciò la Salsa non sorti fuori, fatelo cuocere all'aria del forno, o del fuoco levate il mazzetto, e prosciutto dal Ragù, versatelo nella conchiglia con parte della Salsa, aggiustandoci sopra il fegato, l'intestino, e qualche rosso d'uovo fresco duro, coprite il tutto con altra poca di Salsa, spolverizzate di mollica di pane grattata, aspergete con butirro squagliato; fate stufare al forno circa mezz'ora, o più secondo la grandezza della conchiglia, la quale devesi alquanto intenerire. Nel momento di servire aspergete sopra col resto della Salsa, e sugo di limone: aggiustate la conchiglia sopra il piatto con sotto un poco di pasta acciò resti ferma, e servite subito.
, spaccate questo per lungo, lavatelo, e tagliatelo in pezzi lunghi poco più di mezzo palmo: levate bene il fiele al fegato. Dividete la Tartaruga in
Prendete una quantità grande di Pomidoro, metteteli tagliati in pezzi, in una caldaia grande, o cazzarola rotonda, fateli bollire a fuoco allegro con qualche garofano, pepe schiacciato, e poco sale, movendoli di tempo in tempo; allorchè principieranno ad asciugarsi passateli poco per volta per un setaccio di crino a forza di braccia, non dovendo restare nel setaccio che i semi e le pelli. Pulite la caldaja, rimetteci di nuovo i pomidoro sopra un fuoco temperato, fateli bollire dolcemente, movendoli sempre con una cucchiaia di legno, finchè diverranno densi come una marmellata, ripassateli di nuovo per un setaccio più fino, votateli poscia in un vaso di terra, e lasciateli così fino al giorno susseguente. Quindi li rimetterete sul fuoco, li farete cuocere lentamente movendoli sempre per timore che non brucino nel fondo, che se ciò accade bisogna buttarli via, mentre prendono un odore, ed un sapore di bruciato assai disgradevole; replicate così per due o tre giorni, asciugandoli sempre sopra il fuoco, movendoli continuamente. Quando vedrete che sono ridotti come una pasta maneggievole lasciateli raffreddare, formatene allora tanti toteri o bastoncelli lunghi mezzo palmo, e grossì da poterli tenere in mano col pugno serrato; fateli asciugare maggiormente a un Sole temperato, o alla stufa sopra fogli di carta, incartateli, e conservateli in luo- go fresco, e asciutto. Bisogna osservare che non si disecchino soverchiamente. Quando volete adoperarli, stemperateli con un poco di brodo, quella quantità che vi bisogna, e servitevene in tutto ciò che volete fare al sugo, o culì di Pomidoro. In Napoli fanno disseccare la pasta di pomodoro dentro al forno sopra delle tavole, e poscia ne formano i toteri, o bastoncelli, e li vendono.
vedrete che sono ridotti come una pasta maneggievole lasciateli raffreddare, formatene allora tanti toteri o bastoncelli lunghi mezzo palmo, e grossì da
Mescolate della farina d'orzo, alla quale averete levato la semmola, con latte caldo, affinchè sia tiepido quando dovrete governare Polli, osservate che questo alimento non sia nè troppo denso, nè troppo sciolto, nè grumeloso, onde possa scorrere con facilità, versatelo dentro un ordegno di latta fatto a guisa d'imbuto, lungo circa due palmi, e che abbia mezzo palmo di diametro, con un manico di ferro d'appendere in alto, come un secchiello, e da piedi un cannello di piombo, con una molle di ferro, che alzandosi, chiudo, mediante un picciolo piombo il buco, ossia l'orifice del cannello per il quale passa il mangiare nella bocca del Pollo. Prendete colla mano sinistra il Pollo, apritegli il becco, introduceteci il cannello della Plomba, che oltrepassi un pochino la trachea, sollevate alquanto con la mano destra la molle della Plomba, sospesa in alto, e con quella mano che tenete il Pollo obbligato al cannello della Plomba, sentirete cosi il tatto delle dita quando il gozzo del volatile sarà pieno a sufficienza, chiudete allora subito il cannello calando la molle, e ponete il pollo nella gabbia già governato.
fatto a guisa d'imbuto, lungo circa due palmi, e che abbia mezzo palmo di diametro, con un manico di ferro d'appendere in alto, come un secchiello, e
Rilìevo di grasso, e di magro = Dopo che averete sventrata la Porcelletta, apritegli un pochino col coltello della parte del ventre l'osso della spina, e tirategli fuori il nervo, che verrà con facilità; quindi fatela cuocere in un corto Brodo, o in una Bresa, come lo Storione, e servitela con sopra un Ragù di grasso, o di magro, come alla Finanslera. Melè d'Oslriche, di Gamberi, di Tartufi ec. Vedete questi Ragù nel Tom. IV., ed in questo. La potete anche apprestare alla Senteminult, alla Tartara ec. Quanda la Porcdletta è picciola si può preparare come la Spigola alla Dama Simona. Questo Pesce essendo raro, e di caro prezzo, (mentre in alcuni Paesi del Nord si vende quasi alla ragione di dieci scudi il palmo), non si disfa mai in pezzi, ma si serve sempre intero con un buon Ragù, o bella Guarnizione, o al corto Brodo sopra una salvietta: ciò che nobilita moltissimo qualunque mensa.
Pesce essendo raro, e di caro prezzo, (mentre in alcuni Paesi del Nord si vende quasi alla ragione di dieci scudi il palmo), non si disfa mai in pezzi
Antrè di grasso, e di magro = Tagliate dei filetti di Pesce spada larghi un pollice, e lunghi mezzo palmo; fateli marinare circa due ore con olio, o butirro squagliato, sale, pepe schiacciato, prugnoli, o tartufi, secondo la stagione, o ambedue secchi, petrosemolo, cipolletta, scalogne, una puma d'aglio, un pochino di basilico, il tutto trito fino. Un quarto d'ora prima di servire aggiustate questi filetti sopra un piatto d'argento, o in una cazzarola grande con tutta la loro marinada, che gli uni non siano sopra gli altri. Poneteli sopra un buon fuoco allegro; quando saranno cotti da una parte, voltateli dall'altra, mentre in un momento si cuociono, indi aggiustateli sopra il piatto, che dovete servire, mettete un poco di Culì di grasso, o di magro nella cazzarola della loro cottura, con un bicchiere di vino di Sciampagna, o altro vino bianco consumato due terzi tate bollire per digrassare, e servite sopra ì filetti con sugo di limone Potete guarnire questi filetti di cipollette cotte, e crostini di pane fritti.
Antrè di grasso, e di magro = Tagliate dei filetti di Pesce spada larghi un pollice, e lunghi mezzo palmo; fateli marinare circa due ore con olio, o
Antrè Rifreddo = Dirrizzate nel mezzo del piatto, che dovete servire, con bianco d'uovo ed il piatto caldo, sei crostini di mollica di pare lunghi poco meno di mezzo palmo, tagliati in guisa che formino un arboscello, e fritti nel butirro di bel colore. Abbiate tre Beccaccie cotte arrosto, e sugose, levategli i sei mezzi petti, e del resto formatene una Salsa al Salmì, bagnata con mezza bottiglia di vino di Spagna consumato per metà, e Aspic in luogo di Culì. Vedetela nel Tom., I. pag. 71., che sia legata una cosa giusta, e forte da potere gelare, passatela al setaccio, o alla stamina, e che sia di buon gusto; poneteci quindi i petti, e fate gelare sopra la neve. Nel momento di servire aggiustate i petti delle Beccaccie tagliati nel mezzo per lungo intorno all'arboscello de' crostini con tramezzo porzione della Salsa gelata, e sminuzzata; guarnite il bordo del piatto con mostacciotetti, o rotelle di Aspic al Fumè, e coprite sopra con altra Aspic al Fumè tremolante. Vedetela alla pag. 58. e servite subito.
poco meno di mezzo palmo, tagliati in guisa che formino un arboscello, e fritti nel butirro di bel colore. Abbiate tre Beccaccie cotte arrosto, e sugose
Antremè Rifreddo = Dissossate del tutto una bella culatta di manzo, e levategli circa un palmo di carne verso la punta, essendo questa parte assai più dura dell'altra; lardatela di grossi lardelli di lardo conditi con sale, spezie fine, ed erbe odorifere in polvere, quindi ponetela in una marmitta giusta alla sua grandezza con fette di lardo sotto e sopra, due fette di prosciutto, un grosso mazzetto d'erbe diverse e odorifere, due cipolle con otto garofani, due carote, una panè, sale, pepe schiacciato, mezza bottiglia di vino di Sciampagna, o altro vino bianco consumato un terzo; fate cuocere in prima dolcemente, e poscia aumentate il fuoco a misura, che la carne caccia fuori il suo sugo; dopo due ore levatela dal fuoco, osservando, che siavi poca Salsa, che non sia salata, e che non abbia preso colore. Quando sarà fredda, dirizzate il Pasticcio di pasta Brisè. Vedetela nel Tom, IV, poneteci nel fondo tre dita di lardo pesto nel mortaio, con qualche fegatino di pollo, e condito con sale, petrosemolo trito, una punta d'aglio, erbe odorifere in polvere, spezie fine, tartufi e prugnoli triti, midollo di manzo ben nettato e tagliato in fette. Questo apparecchio vi servirà per porre sotto a tutte le carni, che vorrete mettere in Pasticcio rifreddo; quindi aggiustateci sopra la carne, aggiungeteci il fondo della sua cottura passato al setaccio, e rifreddo, coprite con fette di lardo, pezzi di butirro, e fette di midollo di manzo, il tutto a proporzione, onde il Pasticcio sia ben nutrito; copritelo, decoratelo bene esternamente, indoratelo con uovo sbattuto, e fatelo cuocere ad un forno temperato circa quattro in cinque ore, e servitelo di bel colore, allorchè sarà del tutto rifreddo sopra una salvietta. Se volete servire questo Pasticcio caldo, quando sarà cotto scopritelo, levategli le fette di lardo, digrassatelo, e servitelo con quella Salsa, o Ragù che vorrete. Devesi osservare che tutti i Pasticci rifreddi debbono essere conditi di gusto più rilevato, che i caldi, e turargli il caminetto subito levati dal forno.
Antremè Rifreddo = Dissossate del tutto una bella culatta di manzo, e levategli circa un palmo di carne verso la punta, essendo questa parte assai
Antremè Rifreddo = Sventrate quattro Pernici, trussatele colle zampe nel corpo, fatele rinvenire sulle bracie di un fornello, lardatele con lardelli di lardo conditi con sale, e spezie fine. Fate una farsa alla Perigord con tre libbre di lardo, i fegati delle Pernici, ed una libbra di tartufi, il tutto pesto assai fino nel mortajo, e condito con sale, spezie fine, ed erbe odorifere in polvere. Stendete cinque fogli di carta grande, detta Imperiale sopra la tavola della Pasticciera, incollateli uno sopra all'altro con un poco di pastella fatta con farina, poco di acqua, uova e sale, e lasciategli all'intorno circa otto dita di spazio senza colla, non dovendo essere incollati detti fogli, che fin dove giunge il ripieno; stendeteci nel mezzo in forma riquadrata la metà della farsa, aggiustateci sopra le quattro Pernici con una quantità di tartufi interi e mondati, condite sopra con sale, spezie fine, ed erbe odorifere in polvere, coprite con il resto della farsa, e fette di lardo; ripiegateci quindi sopra la carta foglio per foglio, a guisa di una papigliotta riquadrati; ma siccome non giungerà detta carta a coprire del tutto il Pasticcio supplite con altri fogli di carta, andando sempre incollando colla pastella suddetta. Questo Pasticcio, si fa ordinariamente con cinque fogli di carta sotto, e cinque mezzi sopra, incollati bene, cioè quelli di sopra con quelli di sotto tramezzandoli e vicenda, e riportando nell'ultimo tutto all'intorno delle striscie di carta larghe tre dita, bene incollate, e poste con qualche simmetria; fategli quindi un buco nella sommità, largo come la moneta di un paolo, formategli un caminetto di carta lungo più di mezzo palmo, bene incollato da piedi e all'intorno, che farete star diritto mediante uno stecchetto di legno, che gli infilarete dentro sino alla carne del Pasticcio; indi copritelo tutto all'intorno colla pastella suddetta; fatelo cuocere sopra una lastra di rame, ad un forno temperato cinque, o sei ore. Subito cotto levategli il caminetto, turategli il buco con una rotella di carta bene incollata, e che averete fatto prendere colore al forno con sopra un poco di pastella; e servitelo sopra una salvietta allorchè sarà del tutto rifreddo. Questi Pasticci si conservono lungamente, e sono ottimi per viaggio.
carta lungo più di mezzo palmo, bene incollato da piedi e all'intorno, che farete star diritto mediante uno stecchetto di legno, che gli infilarete
Antrè, o Rilievo = Se la Tartaruga è grande la potete servire per un Rilievo, e se è mezzana per un Antrè. Tagliate la testa alla Tartaruga subito presa, e fategli sortire tutto il sangue; indi apritegli col coltello le due conchiglie, staccatene tutta la carne, levategli il fegato, e l'intestino, spaccate questo per lungo, lavatelo, e tagliatelo in pezzi lunghi poco più di mezzo palmo: levate bene il fiele al fegato. Dividete la Tartaruga in quattro parti, levategli il grasso spuntategli i piedi, e la coda, e tagliatela in pezzi; lavate bene ogni cosa, ponete sopra il fuoco con acqua fredda, quando principia a bollire, tirate indietro; nettate i pezzi di Tartaruga dalla pelle, rilavate il tutto all'acqua fresca, e asciugate con un pannolino. Passate in una cazzarola sopra il fuoco con un pezzo di butirro, e una fetta di prosciutto, se sarà di grasso, petrosemolo e scalogne trito, metteteci quindi i pezzi della Tartaruga, e dell'intestino, condite con sale, e pepe schiacciato; fate consumare sopra un picciolo fuoco l'acqua che sortirà dalla carne; quindi bagnate con mezza, o una bottiglia di vino di Carcavello; fate bollire a gran fuoco, e consumare tutto il vino, sbruffateci allora un buon pizzico di farina, bagnate con buon brodo colorito di grasso, o di magro un mazzetto d'erbe diverse; fate cuocere, e consumare la Salsa al suo punto: poco prima della totale cottura aggiungeteci il fegato della Tartaruga tagliato in grossi dadi. Prendete la conchiglia di sopra della Tartaruga, pulitela bene, dirizzate un dordino di pasta in quei vani della testa e zampe, acciò la Salsa non sorti fuori, fatelo cuocere all'aria del forno, o del fuoco levate il mazzetto, e prosciutto dal Ragù, versatelo nella conchiglia con parte della Salsa, aggiustandoci sopra il fegato, l'intestino, e qualche rosso d'uovo fresco duro, coprite il tutto con altra poca di Salsa, spolverizzate di mollica di pane grattata, aspergete con butirro squagliato; fate stufare al forno circa mezz'ora, o più secondo la grandezza della conchiglia, la quale devesi alquanto intenerire. Nel momento di servire aspergete sopra col resto della Salsa, e sugo di limone: aggiustate la conchiglia sopra il piatto con sotto un poco di pasta acciò resti ferma, e servite subito.
, spaccate questo per lungo, lavatelo, e tagliatelo in pezzi lunghi poco più di mezzo palmo: levate bene il fiele al fegato. Dividete la Tartaruga in
Questi detti volgarmente Ossi di morti che si fanno in Perugina. Prendete una libbra di zucchero fino e asciutto, dodici bianchi d'uova fresche, una libbra di mandorle filettate ed asciugate alla stufa, un poco d'olio zuccheroso di cedrato, o di Portogallo; unite li bianchi d'uova al zucchero in un pozzonetto da credenza, e sopra un fuoco leggiero movete sempre con una cucchiaja di legno, finchè vedete che stringe, e si ammassa come una pasta, uniteci allora le mandorle, ed incorporate che sono, ponete la pasta sopra la tavola della pasticcieria spolverizzata di zucchero fino, e finchè è calda, formatene stinchetti lunghi mezzo palmo, o ciambellette o gattoncini, e tutto ciò che vi piacerà. Ponete sopra foglie di rame con carta sotto, e fate cuocere ad un forno temperatissimo, come le spume, e che siano di bel colore.
calda, formatene stinchetti lunghi mezzo palmo, o ciambellette o gattoncini, e tutto ciò che vi piacerà. Ponete sopra foglie di rame con carta sotto, e
Ora prendete un cannello lungo un palmo almeno, che serve di sfiatatoio, fategli un becco in cima a mo' di fischietto e un'intaccatura in fondo per infilarlo e legarlo nel collo della vescica e con questo apparecchio mettete il cappone al fuoco entro a una pentola di acqua tiepida e lasciatelo bollire per tre ore continue col cannello di fuori, ma badiamo bene, perchè qui sta il busillis: deve bollire in modo da veder solamente quelle piccole e rade bollicine che vengono a galla. Se il cannello gettasse grasso o altro liquido non ne fate caso e raccoglietelo in un tegamino. Cotto che sia il cappone lasciatelo diacciare nella sua acqua e servitelo il giorno appresso scartando il prosciutto che ha già perduto tutto il sapore. Entro al cappone troverete della gelatina ed altra ne potrete aggiungere se vorrete fargli un conveniente contorno e sarà allora un rifreddo da principe. Anche una pollastra ingrassata, se manca il cappone, si presta all'uopo.
Ora prendete un cannello lungo un palmo almeno, che serve di sfiatatoio, fategli un becco in cima a mo' di fischietto e un'intaccatura in fondo per
Il pesce a taglio di cui potete servirvi per questo piatto di ottimo gusto, può essere il tonno, l'ombrina, il dentice o il ragno, chiamato impropriamente bronzino lungo le coste dell'Adriatico. Qualunque sia prendetene un pezzo di circa grammi 600 che potrà bastare per cinque persone. Levategli le scaglie e, lavato ed asciugato, infarinatelo tutto e mettetelo a rosolare con poco olio. Levatelo asciutto, gettate via il poco olio rimasto e pulite la cazzaruola. Fate un battuto, tritato molto minuto, con mezza cipolla di mediocre grandezza, un pezzo di sedano bianco lungo un palmo e un buon pizzico di prezzemolo; mettetelo al fuoco con olio a sufficienza e conditelo con sale, pepe e un chiodo di garofano intero. Quando avrà preso colore fermatelo con molto sugo di pomodoro o conserva sciolta nell'acqua. Lasciatelo bollire un poco e poi collocateci il pesce per finirne la cottura, voltandolo spesso, ma vi prevengo di servirlo con molto del suo denso intinto onde vi sguazzi dentro.
la cazzaruola. Fate un battuto, tritato molto minuto, con mezza cipolla di mediocre grandezza, un pezzo di sedano bianco lungo un palmo e un buon
Prendete un pezzo tutto unito di tonno sott'olio del peso di grammi 150, mettetelo al fuoco con acqua bollente e fatelo bollire adagio per mezz'ora cambiandogli l'acqua ogni dieci minuti, cioè tre volte. Frattanto fate un battuto tritato fine con mezza cipollina di quelle indicate al N. 409, un quarto di spicchio d'aglio, due costole di sedano bianco lunghe un palmo ciascuna, un bel pezzo di carota e un pugno abbondante di prezzemolo. Ponetelo al fuoco con tre cucchiaiate d'olio e grammi 15 di burro e quando avrà preso colore fermatelo con due dita (di bicchiere) d'acqua e lasciatelo bollire un poco. Il tonno, diaccio che sia, tagliatelo a fette più sottili che potete e, preso un tegame, distendetelo nel medesimo a strati, intercalandolo con la salsa e grammi 15 di burro sparso a pezzetti. Fategli alzare il bollore al fuoco per liquefare il burro, strizzategli sopra mezzo limone e servitelo caldo. Potrà bastare per quattro persone come principio a una colazione di magro o come tramesso a un desinare di famiglia e non è piatto da disprezzarsi, perchè non aggrava nè anche molto lo stomaco.
quarto di spicchio d'aglio, due costole di sedano bianco lunghe un palmo ciascuna, un bel pezzo di carota e un pugno abbondante di prezzemolo. Ponetelo
Mettete i fagiuoli al fuoco con l'acqua suddetta unendovi le cotenne. Già saprete che i fagiuoli vanno messi ad acqua diaccia e se restano in secco vi si aggiunge acqua calda. Mentre bollono fate un battuto con un quarto di una grossa cipolla, due spicchi d'aglio, due pezzi di sedano lunghi un palmo e un buon pizzico di prezzemolo. Tritatelo fine, mettetelo al fuoco con l'olio soprindicato e quando avrà preso colore versate nel medesimo gli erbaggi tagliati all'ingrosso, prima i cavoli, poi la bietola e la patata tagliata a tocchetti. Conditeli con sale e pepe e poi aggiungete sugo di pomodoro o conserva, e se nel bollire restassero alquanto asciutti bagnateli con la broda dei fagiuoli. Quando questi saranno cotti gettatene una quarta parte, lasciati interi, fra gli erbaggi unendovi le cotenne; gli altri passateli dallo staccio e scioglieteli nella broda, versando anche questa nel vaso dove sono gli erbaggi. Mescolate, fate bollire ancora un poco e versate ogni cosa nella zuppiera ove avrete già collocato il pane tagliato a fette sottili e copritela per servirla dopo una ventina di minuti.
palmo e un buon pizzico di prezzemolo. Tritatelo fine, mettetelo al fuoco con l'olio soprindicato e quando avrà preso colore versate nel medesimo gli
Fate un battuto con due spicchi d'aglio, un pizzico di prezzemolo, qualche foglia di basilico, se vi piace il suo odore, una grossa carota e due pezzi di sedano bianco lunghi un palmo. Mettetelo al fuoco in una cazzaruola con olio, sale e pepe, aggiungendovi in pari tempo le tinche già sbuzzate e tagliate a pezzi, le teste comprese. Voltatele spesso onde non si attacchino al fondo, e quando saranno ben rosolate cominciate a bagnarle prima con sugo di pomodoro o conserva, poi con acqua versata a poco per volta in principio e in ultimo, in quantità tale da cuocere il riso, ma tenendovi piuttosto scarsi che abbondanti. Fate bollire finchè le tinche non sieno spappolate, e allora passate dallo staccio ogni cosa, in modo che non restino se non le lische e gli ossicini. Questo è il sugo che servirà per cuocere il riso, tirandolo asciutto e di giusta cottura. Per aggraziarlo potete aggiungere qualche pezzetto di funghi secchi e un pezzetto di burro e poi servirlo in tavola con parmigiano grattato per chi lo vuole.
pezzi di sedano bianco lunghi un palmo. Mettetelo al fuoco in una cazzaruola con olio, sale e pepe, aggiungendovi in pari tempo le tinche già sbuzzate e
Con un lungo ago da basto nel quale avrete infilato dello spago bastantemente forte, gli farete una puntura laterale alla metà circa della spina dorsale dirigendo la punta dell'ago sotto la parte superiore della coscia destra, e tirandolo in modo che ne sopravanzi sulla schiena un buon palmo; poi si fa entrare l'ago nella stessa coscia dove si restringe, passandolo orizzontalmente attraverso il corpo del pollo, alla medesima situazione della coscia sinistra, quindi tirando a sè l'ago suddetto, si passa nella parte superiore della stessa coscia, dirigendolo onde sorta dal dorso parallelamente al sito ove entrò prima. Si prendono allora le due estremità dello spago, e tirandole con forza bastante, si aggruppano comprendendovi ed assicurando con esse anche la pelle del collo distesa come sopra. Con questa legatura che serve anche pei capponi e pollastri, si ottiene di tenerli fissi in bella forma durante la loro cottura.
dorsale dirigendo la punta dell'ago sotto la parte superiore della coscia destra, e tirandolo in modo che ne sopravanzi sulla schiena un buon palmo; poi
Ammucchiate a fontana la farina sul tagliere, lasciandone un pugno da una parte; mettete nel centro quattro uova e circa tre o quattro cucchiai di acqua tiepida leggermente salata. Fate assorbire alle uova con una forchetta parte della farina, poi impastate con le mani, lavorando energicamente con il palmo e incorporando, se occorre, la farina che avete messo da parte. La pasta sarà pronta quando risulterà ben liscia e farà come delle bolle d'aria. Dividetela in due pezzi, mettete uno di questi pezzi sulla tavola infarinata e tiratela finissima col matterello, badando di dare alla sfoglia una forma rotonda. Procedete nello stesso modo anche per la seconda sfoglia fatta col mucchietto che avevate messo prima da parte. Lasciate asciugare ora le sfoglie qualche tempo, poi infarinatele e arrotolatele una indipendentemente dall'altra. Con un coltello affilato affettate questi rotoli allo spessore di circa un centimetro (o più sottile se è da fare in brodo). Finita l'operazione fate saltellare le tagliatelle tra le mani in modo che si aprano. Appoggiatele poi sofficemente su una tovaglia e lasciatele seccare almeno qualche ora. Cuocetele in abbondante acqua salata e toglietele dal fuoco quando, dopo aver ripreso il bollore, saranno venute a galla. È sempre bene assaggiarle per assicurarsi che la cottura vada bene. Potrete condire a piacere con burro fuso e parmigiano, ragù, salsa di pomidoro o di funghi o sugo d'arrosto.
il palmo e incorporando, se occorre, la farina che avete messo da parte. La pasta sarà pronta quando risulterà ben liscia e farà come delle bolle d
Fate scaldare bene l'olio insieme ad un pezzetto di scorza di arancia, una di limone ed una di mandarino, fin che sarà bollente, fatelo quindi raffreddare e levate le scorze. Intanto disponete la farina sulla spianatoia, versatevi sopra l'alcool e lavorate con il palmo delle mani, poi unitevi l'olio raffreddato e continuate a lavorare nel medesimo modo, aggiungetevi un pizzico di sale, le rimanenti scorze di arancio, di limone e mandarino grattugiate, la noce moscata. Impastate il tutto ammorbidendo con qualche goccia di acqua tiepida, fin che avrete ottenuto una pasta soda ed elastica che lascerete riposare per una mezz'ora circa. Poi, con una forchetta, fatene dei piccolissimi gnocchi, grandi quanto una mandorla e friggeteli in abbondante olio bollente. A parte fate scottare un momento le mandorle in acqua bollente così da poterle facilmente sbucciare, e, dopo averle asciugate con una salvietta, fatele tostare, e mescolatele ai gnocchetti fritti. Prendete ora una casseruola di rame, fatevi sciogliere il miele e quando sarà diventato biondo e quando, preso tra il pollice e l'indice della mano, formerà il filo, versatevi la miscela di mandorle e gnocchetti, girate rapidamente con un cucchiaio di legno fin che tutto il miele sarà stato assorbito e il composto si staccherà dalla casseruola. Allora versate subito il composto sul tavolo di marmo bagnato e con l'aiuto di un limone tagliato in due dategli la forma voluta, e guarnite con i pinoli. Volendo potrete spolverizzarlo di cannella e zucchero vanigliato.
raffreddare e levate le scorze. Intanto disponete la farina sulla spianatoia, versatevi sopra l'alcool e lavorate con il palmo delle mani, poi unitevi l
Si mettono i fagiuoli bianchi (circa 400 grammi) al fuoco in due litri di acqua e si fanno bollire. Si prepara intanto un battuto con un quarto di cipolla (piuttosto grossa), due spicchi d'aglio, due pezzi di sedano lunghi un palmo e un buon pizzico di prezzemolo. Si trita bene e si mette al fuoco in una casseruola con sufficiente olio a cui si potranno aggiungere grammi 30 di prosciutto grasso, ben battuto. Quando il soffritto avrà preso colore, si versano nella suddetta casseruola i seguenti erbaggi tagliati all'ingrosso: mezzo cavolo cappuccio o verzotto, eguale quantità e anche più di cavolo nero, un mazzo di bietola, una patata e l'odore del pepolino e della persia, erbe aromatiche che si usano in Toscana e che comunicano alla zuppa un gradito profumo. Si condisce tutto con sale e pepe e si aggiunge sugo di pomodoro o conserva; avvertendo che, se rimanessero asciutti, si può aggiungere brodo di fagiuoli. Quando questi saranno cotti, se ne getta una terza parte negli ortaggi e gli altri si passano allo staccio e si sciolgono nello stesso brodo, versando anche questo nella casseruola.
cipolla (piuttosto grossa), due spicchi d'aglio, due pezzi di sedano lunghi un palmo e un buon pizzico di prezzemolo. Si trita bene e si mette al fuoco
1. Scelta delle farine. Non si deve mai far macinare una grande quantità di frumento in una volta; perchè massime durante i forti calori della state, il grano si conserva sempre meglio della farina. Allorquando, per fare il pane in casa, si deve comperare la farina, bisogna sceglierla assai molle al tatto, lievemente tinta di un giallo chiaro, aderente al dito quando vi s'immerge, rimanendo come in pallottoline senza polverizzarsi immediatamente quando se ne comprime una data quantità nel palmo della mano; questi sono i caratteri della bella farina di frumento di prima qualità. Quella di seconda qualità è meno bianca, ed offre una tinta di giallo sporco, cadendo in polvere quando si comprime fra le dita. Nella farina di qualità affatto infima, si distingue una certa quantità come di puntini grigi. La farina di segale, più ancora di quella di frumento, dev'essere scelta quando è di recente macinata, il che si rileva dall'odore che le è proprio e che ricorda quello delle viole; invecchiando perde quell'odore. Nei paesi dove il frumento non è ad un prezzo tanto elevato, si fa il pane per le famiglie colla farina di frumento senza miscuglio; mail più sovente questo pane è fatto con un miscuglio di farine di frumento e di segale; le proporzioni ordinarie variano da un quarto ad un terzo di farina di segale. Ben lungi dal guastare il pane, una dose moderata di farina di segale ne migliora la qualità; lo fa men bianco e di un sapore più gradevole, senza fargli perdere nessuna delle sue proprietà nutritive. Soltanto non conviene, come ciò accade spesso, far macinare insieme il frumento colla segale: il pane di queste due farine lievita meglio ed è più buono allorquando, nell'impastarlo, vengono separatamente gramolate.
quando se ne comprime una data quantità nel palmo della mano; questi sono i caratteri della bella farina di frumento di prima qualità. Quella di
125. Ravioli d'erba alla toscana. Prendete una quantità di bietole, levate loro le grosse costole, lavatele, bollitele assai bene coll'acqua, e quando sono cotte gettatele in altra acqua fresca; spremetele, e con coltella o lunetta sopra un tagliere trinciatele sottilmente. Ponetele dipoi in un tegame, aggiungetevi quattro uova fresche, 50 gram. di parmigiano grattato, 75 gram. di ricotta o di latte cagliato, un poco di noce moscata grattata e sale; spargete quindi della farina sopra una tavola ben pulita, ponetevi a piccole porzioni detto impasto, e col palmo della mano voltolandole ne formerete altrettante pallottole della grossezza d'una noce, che avrete cura d'infarinare bene. Quando son tutti fatti, gettateli in una pignatta di brodo bollente, ma pochi alla volta. Osservate che vi sia molto fuoco acciò non cessi il bollore; ed allorchè son tutti venuti a galla, levateli con diligenza con mestoli di latta bucata. Quando siano ben scolati conditeli suolo per suolo come gli agnellotti (n. 119).
sale; spargete quindi della farina sopra una tavola ben pulita, ponetevi a piccole porzioni detto impasto, e col palmo della mano voltolandole ne
Nozioni sulle farine. Il frumento generalmente si conserva meglio della farina; quindi non se ne deve far macinare ogni volta che una quantità proporzionata al consumo d'un mese o poco più. Una buona farina di frumento dev'essere molle al tatto, d'un bianco leggermente giallognolo, aderente al dito quando vi s'immerge, e rimanere come in pallottoline senza polverizzarsi immediatamente se viene compressa in certa quantità nel palmo della mano. Quella di seconda qualità è meno bianca, e cade in polvere se si comprime fa le dita. È poi d'infima qualità quando ha color giallo sporco e vi si vedono come tanti puntini grigi. Nei paesi dove il frumento non costa troppo, le famiglie non si servono che di esso per fare il loro pane; ma più sovente questo vien fatto col mescolare insieme le farine di frumento e di segale, nella proporzione di un chilogr. od al massimo un chilogr. e mezzo di farina di segale per ogni 6 chilogr. di farina di frumento. Un tale miscuglio, se fa riescire più compatto e meno bianco il pane, lo rende anche di un sapore più gradevole per molte persone, e lo mantiene più lungamente fresco, senza fargli perdere nulla delle sue proprietà nutritive. Però la farina di segale vuol esser sempre di recente macinatura; il che si riconosce facilmente per l'odore che ha quasi analogo a quello della mammoletta: odore che perde invecchiando.
quando vi s'immerge, e rimanere come in pallottoline senza polverizzarsi immediatamente se viene compressa in certa quantità nel palmo della mano
Tritate minutamente sul tagliere un chilogr. di carne magra di manzo insieme a un poco di prezzemolo e 2 o 3 spicchi d'aglio, riducendola come una pasta; mettete questo battuto in un tegame, unitevi un pugno di pan grattato, altrettanto parmigiano pure grattato, poco pepe, sale necessario e tre uova; mescolate ed impastate bene il tutto, e formatene tante pallottole grosse poco meno d'un uovo, le quali, avvolte in pan grattato, schiaccierete col palmo della mano e farete rosolare da ambe le parti in padella con olio o strutto, rivoltandole diligentemente onde non abbiano a rompersi. Intanto a parte fate un soffritto di cipolla, sedano e due spicchi d'aglio, il tutto triturato, e olio; aggiungete al soffritto un po' di conserva stemperata in alcune cucchiajate di brodo, oppure del sugo di pomidoro; versatevi inoltre mezzo bicchiere d'aceto, ed in ultimo unitevi tre acciughe salate, disfatte prima in poc'olio caldo, ed un pizzico di capperi. Preparata così la salsa, versatela calda sulle focaccette, che avrete accomodate in un piatto, e servite.
palmo della mano e farete rosolare da ambe le parti in padella con olio o strutto, rivoltandole diligentemente onde non abbiano a rompersi. Intanto a
Tagliuzzate minutamente 4 ettogr. di carne magra di vitello ed altrettanta di majale; indi pestate questa carne nel mortajo, poca per volta, in modo da ridurla come una pasta. Preparate poscia un soffritto con un ettogr. di burro, poca cipolla, sedano, prezzemolo e alcuni funghi secchi, già rinvenuti in acqua calda, il tutto ben triturato, e quando questo soffritto avrà preso un bel colore, unitevi la carne battuta suddetta, salate convenientemente e mescolate bene con un mestolo, lasciando la casseruola sul fuoco ancora per pochi minuti. Dopo ciò, prendete il composto a cucchiajate, formatene grosse pallottole, e queste, compresse col palmo della mano, riducetele in forma di focaccette; le quali bagnerete in chiara d'uovo sbattuta, avvolgerete in pan grattato, e farete cuocere alla brace sopra una graticola di fil di ferro, avvertendo di adagiarvele delicatamente e di rivoltarle con cura per farle rosolare da ambe le parti. Finalmente accomodatele in un piatto, versatevi sopra del buon sugo di vitello o di manzo (num. 34 e 35), spargetevi alcuni tartufi sottilmente affettati, e ponete il piatto stesso sopra un leggiero fuoco di brace, onde far grogiolare per 15 o 20 minuti prima di servire in tavola.
, formatene grosse pallottole, e queste, compresse col palmo della mano, riducetele in forma di focaccette; le quali bagnerete in chiara d'uovo sbattuta
Disponete prima di tutto la farina sulla spianatoia, raccogliendovela come un piccolo mucchio. Praticate in mezzo a questo mucchio una conchetta, che i cuochi chiamano fontana, mettetevi quattro buoni pizzichi di sale, versatevi l'acqua per scioglierlo, rompetevi quindi le ova e rimestate le dette cose mediante una forchetta, prima con una piccola parte della farina, poi col resto che aggiungerete a poco a poco, finch'è tutta intrisa. Se il composto vi sembrasse troppo duro, spruzzatelo prudentemente con qualche goccia d'acqua (sono cose che solo la pratica può insegnarle); se v'apparisse invece un po' molliccio, rimediate con la farina, raccogliete bene gl'ingredienti con un coltello prima di mettervi le mani, poi immergetevele (ben lavate) con coraggio, maneggiando la pasta con forza in tutti i sensi e facendola passare con destrezza sotto il palmo finchè riesce liscia, elastica, omogenea.
lavate) con coraggio, maneggiando la pasta con forza in tutti i sensi e facendola passare con destrezza sotto il palmo finchè riesce liscia, elastica
Per una ventina di supplì occorrono circa 400 grammi di riso. Si cuoce il riso in un po' di sugo d'umido o, in mancanza di questo, in un sugo così detto finto. Badate che il riso non passi di cottura, levate la casseruola dal fuoco, mettete un pezzetto di burro, un po' di parmigiano grattato e un paio di uova intere, sbattute come per frittata. Mescolate con una forchetta, poi versate il riso in un piatto grande e lasciatelo freddare. Preparate intanto il ripieno, il quale può essere di molta o poca spesa, secondo l'opportunità. Può essere composto di regaglie di pollo, funghi secchi, pezzettini di prosciutto, dadini di provatura, e carne in umido tritata. Le regaglie si cuociono a parte con un po' di strutto, qualche odore, e alcune cucchiaiate di sugo; i funghi secchi si fanno rinvenire in acqua fresca, si lavano bene, si tritano e si cuociono con le regaglie, aggiungendo in ultimo la carne pesta, se, avendo fatto il sugo d'umido, vorrete destinare ai supplì una fetta o due della carne; altrimenti basteranno le regaglie e i funghi, ai quali è facoltativo aggiungere qualche pezzettino di prosciutto. Prendete una buona cucchiaiata di riso e mettetela sul palmo della mano sinistra; mettete nel centro del riso un po' del ripieno, aggiungendo uno o due dadini di provatura, che terrene tagliata e pronta lì vicino. Fate in modo di chiudere il ripieno nel riso, dando ad esso la forma di una grossa crocchetta, aiutandovi, per modellarla, con un po' di pane grattato, nel quale rotolerete poi la supplì affinchè il pane la ricopra perfettamente in ogni sua parte. Con lo stesso sistema fate tutte le altre e poi friggetele subito nell'olio o nello strutto, fino a che siano divenute bionde e croccanti. Mangiatele calde. L'impiego dei dadini di provatura è di prammatica, ed è anche simpatico, perchè aprendo la supplì si forma un lungo filo di provatura. È per questo che i romani le chiamano «supplì al telefono».
, ai quali è facoltativo aggiungere qualche pezzettino di prosciutto. Prendete una buona cucchiaiata di riso e mettetela sul palmo della mano sinistra
Quando la pasta sarà ben lievitata battetela leggermente col palmo della mano per sgonfiarla. Stendete su una parte della tavola di cucina un abbondante strato di farina; poi con la mano infarinata prendete dalla terrinetta dei pezzi di pasta della grossezza di un uovo e lasciateli cadere sulla farina. Mettete intanto sul fuoco una padella con abbondante olio. Con le mani infarinate prendete un pezzo di pasta alla volta, giratelo tra le dita tirandolo ed assottigliandolo in modo da farne un disco il più largo e il più sottile possibile, poi sollecitamente lasciatelo cadere nella padella, che deve essere caldissima. Dopo qualche istante voltate con garbo la pizzetta e nel centro di essa stendete con un cucchiaio una cucchiaiata del composto preparato, poi con la schiumarola da frittura mandate pian piano sulla pizzetta l'olio bollente, innaffiandola. Ciò servirà a facilitare il fondersi della mozzarella. Un altro poco, e togliete via dal fuoco la pizzetta, che dovrà essere bionda e croccante; lasciatela sgocciolare e tenetela in caldo. Ripetete l'operazione fino ad avere esaurito tutta la pasta. Siccome le pizzette cuociono prestissimo e siccome vanno mangiate molto calde sarà bene essere in due persone: una friggerà e l'altra aprirà ed assottiglierà la pasta adagiandola nella padella. Per non avere sorprese sarà anche bene dividere il composto in tanti mucchietti per quante saranno i pezzi di pasta. Così ogni pizzetta avrà la sua quantità esatta di condimento. Queste pizzette così confezionate sono gustosissime. È però necessario, ripetiamo, che siano mangiate caldissime.
Quando la pasta sarà ben lievitata battetela leggermente col palmo della mano per sgonfiarla. Stendete su una parte della tavola di cucina un
Calcolate uno o due tordi a persona. Dopo averli spiumati e fiammeggiati, mettete i tordi davanti a voi col dorso in alto e con un coltellino tagliente spaccate, con un taglio lungo, il dorso dall'alto in basso, come si fa per il pollo alla diavola. Il taglio deve limitarsi al solo dorso senza intaccare il petto dell'animale. Aprite leggermente il tordo, sventratelo, risciacquatelo e asciugatelo. Poi mettetelo di nuovo sulla tavola col petto in alto e con il palmo della mano schiacciatelo un poco senza tuttavia deformarlo. Condite i tordi con sale e pepe e poi ungeteli di burro liquefatto. Se credete dare alla pietanza un carattere di maggiore finezza, tritate minutamente un grosso tartufo nero e sul petto di ogni tordo seminate una forte pizzicata di questa granella di tartufo. Fatto questo, prendete dei quadratini di rete di maiale, grandi abbastanza da poterci avvoltolare il tordo, e in questa rete rinchiudete l'animale. Passate ancora sui tordi così preparati un pennello bagnato di burro liquefatto, e poi rotolate ogni tordo in mollica di pane grattata, facendola bene aderire con le mani o con una lama di coltello. Disponete i tordi così preparati su una gratella e fateli arrostire su della brace bene accesa per una diecina di minuti, ungendoli di quando in quando.
alto e con il palmo della mano schiacciatelo un poco senza tuttavia deformarlo. Condite i tordi con sale e pepe e poi ungeteli di burro liquefatto. Se
Generalmente il frumento si conserva meglio della farina quindi non se ne deve far macinare ogni volta che una quantità proporzionata al consumo d'un mese o poco più. La buona farina di frumento dev'essere molle al tatto, d'un bianco leggermente giallognolo, aderente al dito quando vi s'immerge, e rimanere come in pallottoline senza polverizzarsi immediatamente se viene compressa in certa quantità nel palmo della mano. Quella di seconda qualità è meno bianca, e cade in polvere se si comprime fra le dita. È d'infima qualità quando ha color giallo sporco, e vi si vedono come tanti puntini grigi. Nei paesi dove il frumento costa poco le famiglie non si servono che di esso per fare il loro pane; ma il più delle volte questo vien fatto col mescolare insieme le farine di frumento e di segale, nella proporzione di un chilo ed al massimo un chilo e mezzo di farina di segale per ogni 6 chili di farina di frumento. Un tale miscuglio, se fa riescire più compatto e meno bianco il pane, lo rende anche di un sapore più gradevole per molte persone, e lo mantiene per lungo tempo fresco, senza fargli perdere nulla delle sue proprietà nutritive. Però la farina di segale deve esser sempre di recente macinatura; e ciò si riconosce facilmente per l'odore che ha quasi analogo a quello della mammoletta; odore che perde invecchiando.
rimanere come in pallottoline senza polverizzarsi immediatamente se viene compressa in certa quantità nel palmo della mano. Quella di seconda qualità
Polverizzate la tavola di farina bianca come sopra e fatto un vano nel mezzo della quantità voluta, vi metterete 20 grammi per sorte di cedro confetto e d'uva sultana ben forbito, una noce di burro fuso e 25 grammi di zucchero in polvere; amalgamate bene ogni cosa, facendo passare la pasta con forza sotto il palmo della mano destra, indi con ambe le mani rotondatela, formatene una palla, che l'appoggerete su d'una lastra rotonda di ferro unta di burro, copritela con un lino e mettetela a lievitare nella stufa chiusa a 20 gradi circa di calore; questa pasta dev'essere un po' dura, acciò non s'allarghi di troppo cuocendo. Dopo 3 o 4 ore circa, a norma del calore della stufa, si conoscerà la sua perfetta lievitura quando cioè si sarà triplicato il suo volume, arrotondatasi la superficie e formatisi su di essa dei piccoli globi d'aria. Colla lama d'un coltello ben affilata, gli farete leggiermente un taglio in croce sulla superficie, indi quattro altri tagli ai fianchi, pennellatelo con un rosso d'uova sbattuto con 2 cucchiai da bocca d'acqua ed una presa di farina; fatelo cuocere al forno allegro; ingrossandosi, apronsi i tagli e prende un bel color biondo oscuro; dopo 25 minuti circa, tiratelo alla bocca del forno e battetene la superficie con due dita; se non cederà al tocco di queste, sarà cotto. Levatelo dalla lastra colla lama del coltello e ponetelo su d'un'altra a raffreddare.
forza sotto il palmo della mano destra, indi con ambe le mani rotondatela, formatene una palla, che l'appoggerete su d'una lastra rotonda di ferro unta di
Fatta la pasta lievitata come al n. 438, unitevi mezzo quintino circa di latte od acqua tiepidissima secondo la dose su descritta e sbattetela bene, secondo la regola. Polverizzate la tavola, rotolatevi sopra la pasta e tagliatene 15 pezzi circa di 60 grammi ciascuno; formate indi sotto la mano delle pallottole della forma d'uova, ponetele su d'una lastra unta di burro, polverizzata di farina, distanti 6 centimetri l'una dall'altra, col palmo della mano schiacciatele alquanto rendendole eguali fra loro dell'altezza d'un centimetro circa e fatele lievitare come si disse sopra del panettone. — Se poi vorreste fare dei bastoni, fatene 24 pezzi colla stessa pasta delle ciambelle, rotolateli sotto le mani in modo di formare dei bastoncini grossi mezzo centimetro circa, metteteli tutti in linea retta sulla lastra bisunta, distanti l'un dall'altro 4 centimetri, fateli lievitare secondo la regola suddetta, e poi pennellate tanto le ciambelle che i bastoni con 2 chiara d'uova sbattute con 2 cucchiai da bocca di acqua; polverizzateli bene col polverino dello zuccaro passato al velo e fateli cuocere a forno allegro Essi non devono essere troppo coloriti alla superficie; perciò, attenzione al forno, lasciandone le bocchette aperte superiori. Questi servono assai per dejeuner, pel caffè alla crema o colle bibite dolci. — Finalmente, colla stessa pasta delle ciambelle, allestirete varie pasticcerie, come coroncini, bastoncini, ecc., tagliando tanti pezzetti di 6 grammi ciascuno facendoli lievitare e pennellandoli come le ciambelle solo che li farete cuocere a forno moderato.
delle pallottole della forma d'uova, ponetele su d'una lastra unta di burro, polverizzata di farina, distanti 6 centimetri l'una dall'altra, col palmo
Era una delle vivande preferite da Ferdinando II, il Re Bomba, quello che si strizzava la cipolla cruda nel palmo della mano per sentirne meglio il sapore e l'odore. È una specie di insalata alla russa con avanzi di pesce, non consigliabile agli stomachi delicati. Ecco la formola che dà il Cavalcanti, contemporaneo del Re Bomba. Il Cavalcanti era anche Duca di Buonvicino, nientemeno, e gliene faccio i complimenti ; ma con tutto il suo ducato e chi sa che ducato era, scriveva di cucina mezzo in dialetto e mezzo in italiano, quindi correggo un poco la dizione e non la sostanza della sua ricetta. — « Farà inzuppare nell'aceto sei grandi biscotti, ma quelli del Real Sito di Portici, perchè sono li ottimi, li condirà con olio, sale e pepe ed alquanto di zucchero per togliere l'aspro dell'aceto ; porrà questi biscotti nel piatto delle caponate a forma di piramide; sopra similmente ci porrà pesce lessato, spinato e condito con sugo di limone ; sopra di questo ci porrà un trito di lattuga e scarola accomodata come li biscotti e finalmente sopra questa cupola d'insalata ci porrà simmetricamente dei filetti di acciughe salse, con dei profili di capperini in aceto, dei capperoni, dei filettini di peparoli in aceto, delle olive verdi in salamoia e nere senza il nocciolo ; all'intorno ci porrà delle mezze fette di Portogallo e limone e così la servirà ».
Era una delle vivande preferite da Ferdinando II, il Re Bomba, quello che si strizzava la cipolla cruda nel palmo della mano per sentirne meglio il
Scelta delle farine. In campagna, gli è quasi sempre necessario che il pane sia fatto in casa. Spesso pure la padrona di casa fa cuocere il pane già fatto colle farine del frumento raccolto sulla sua proprietà; allora ella conosce la qualità del grano, quella della farina, e quanto pane riesca da una data quantità di farina; può in conseguenza regolare le condizioni della confezionatura del pane. Non deve quindi mai far macinare una grande quantità di frumento in una volta, perchè, massime durante i forti calori della state, il grano si consuma sempre meglio della farina. Allorquando, per fare il pane in casa, si deve comperare la farina, bisogna sceglierla assai molle al tatto, lievemente tinta di un giallo chiaro, aderente al dito quando lo s'immerge, rimanendo come in pallottolina senza polverizzarsi immediatamente quando se ne comprime una data quantità nel palmo della mano. Questi sono i caratteri della bella farina di frumento di prima qualità. Quella di seconda è meno bianca, ed offre una tinta di giallo sporco, cadendo in polvere quando si comprime fra le dita. Nella farina di qualità affatto infima si distingue una certa quantità come di puntini grigi. La farina di segala, più ancora di quella di frumento, deve essere scelta quando è di recente macinata, il che si rileva dall'odore che le è proprio e che ricorda quello delle viole; se invecchia, quell'odore lo perde. Nei paesi dove il frumento non è ad un prezzo tanto elevato, si fa il pane per le famiglie colla farina di frumento senza miscuglio, ma il più sovente questo pane è fatto con miscuglio di farine di frumento e di segala; le proporzioni ordinarie variano da un quarto ad un terzo di farina di segala. Ben lungi del guastare il pane, una dose moderata di farina di segala ne migliora la qualità; lo fa meno bianco e di un sapore più gradevole, senza fargli perdere alcune delle sue proprietà nutritive. Soltanto non conviene, come ciò accade spesso, far macinare insieme il frumento colla segala; il pane di queste due farine lieva meglio ed è più buono allorquando, nell'impastarlo, vengono separatamente gramolate.
lo s'immerge, rimanendo come in pallottolina senza polverizzarsi immediatamente quando se ne comprime una data quantità nel palmo della mano. Questi
Modo di distendere e approntare la pasta. Ponete sopra una tavola da due libbre di farina; fatevi nel mezzo un cavo che in linguaggio culinario chiamasi fontana; entro a questo pongasi una libbra di burro, quattro uova intere, un poco di sale e un bicchiere d'acqua. Mescolate poco a poco la farina col burro e colle uova; poi raccogliete la pasta, e premetela col palmo delle mani, due volte se di estate, tre se nel verno, facendola a brani e poi rimpastandola di nuovo fino a che formi un tutto liscio e compatto. Se non è morbida a sufficienza, aggiungetevi un po' di liquido, sia d'acqua che di burro, in modo che la pasta sia ben legata sì ma molliccia. Nella state, s'ha da impastare con più lestezza, poichè il calore della stagione riscalda le mani siffattamente da guastare la pasta in guisa che non può più servire; essa non ha più legame di sorta, e si sminuzza frangendosi allorchè si vuole approntarne la pasticceria. Raccogliete la pasta in pallottole colla sinistra, intanto che colla destra impastate le altre porzioni, che quindi sovrapporrete le une alle altre a misura che sono in punto; e, allorchè tutte sono così unite, lasciate riposare la pasta per una o due ore, coprendola di un pannolino asperso di farina, onde impedire che si screpoli all'aria.
col burro e colle uova; poi raccogliete la pasta, e premetela col palmo delle mani, due volte se di estate, tre se nel verno, facendola a brani e poi
Focaccie. Ponete in un recipiente circa tre oncie di farina fina al più possibile e sei grammi di lievito di birra (feccia) diluita in alquanta acqua tiepida, in modo da formare una pasta molliccia; cuoprite questo lievito con un lino sparso di farina, poscia con una copertina, e collocatela presso il focolajo, lasciandolo così sino a che abbia raggiunto il doppio del suo volume ed anche più. Nel frattempo stendete sulla tavola circa sei once di farina, fate nel mezzo un cavo entro cui porrete sei oncie di burro fresco, un po' di sale, cinque uova intere e due cucchiaî di buon fiore di latte. Diluite il tutto amalgamandovi la farina . Impastate per bene tre o quattro volte col palmo della mano, come si fa per ogni altra pasta, poscia stendetela e ponetevi sopra il lievito; quando sia bene alzato, incorporatelo poco a poco alla pasta, aspergete di farina una salvietta che porrete dentro una casseruola, ponetevi sopra la pasta, cuopritela accuratamente, e lasciatela riposare per dodici ore, in sito moderatamente caldo d'inverno, e fresco alla state: se il caldo sia intenso, la temperatura, che in ogni tempo è conveniente, è di 15 gradi. Questa pasta dev'essere molle al tatto e delicatissima, ma tuttavia abbastanza solida per rimanersene sulla tavola senza troppo distendersi. Del resto avete sempre l'espediente delle uova per rammollirla, oppure un po' di farina per renderla più salda. Acconciate la pasta in forma di corona o di grossa palla sormontata da una palla più picciola, lasciate si riposi ancora per due o tre ore sotto la coperta; spalmate di burro un foglio grande di carta, sul quale porrete la focaccia, e ponetela tosto nel forno esposta a buon calore, onde lasciarla cuocere tre quarti d'ora, e piuttosto meno che più. Mezz'ora di cottura basta per le focaccine.
. Diluite il tutto amalgamandovi la farina . Impastate per bene tre o quattro volte col palmo della mano, come si fa per ogni altra pasta, poscia
Fate un battuto con due spicchi d'aglio, un pizzico di prezzemolo, qualche foglia di bassilico, se vi piace il suo odore, una grossa carota e due pezzi di sedano bianco lunghi un palmo. Mettetelo al fuoco in una cazzaruola con olio, sale e pepe, aggiungendovi in pari tempo le tinche già sbuzzate e tagliate a pezzi, le teste comprese. Voltatele spesso onde non si attacchino al fondo, e quando saranno ben rosolate cominciate a condirle prima con sugo di pomodoro o conserva, poi con acqua versata a poco per volta in principio e in ultimo, in quantità tale da cuocere il riso, ma tenendovi piuttosto scarsi che abbondanti. Fate bollire finchè le tinche non sieno spappolate, e allora passate dallo staccio ogni cosa, in modo che non restino se non le lische e li ossicini.
pezzi di sedano bianco lunghi un palmo. Mettetelo al fuoco in una cazzaruola con olio, sale e pepe, aggiungendovi in pari tempo le tinche già sbuzzate e
Si sbatte 1 uovo in 2 decilitri d'acqua fredda e poco sale e lo si mescola in una terrina insieme a circa 25 deca di farina, per farne un'impasto molle e delicato, che si manipola ancora per bene sulla tavola infarinata, arrotolandolo col palmo delle mani in guisa di salsiccia, dalla quale si taglian giù dei dischi. Ognuno di questi si spiana col matterello verso una parte per formarne una sfoglietta oblunga, che posta sulla mano sinistra si fornisce d'un cucchiaio pieno di farcito; ripiegata su questo la pasta e premuti insieme gli orli, le si dà la forma d'un raviolo molto gonfio. Quindi si comprime ancor meglio la pasta, ed acciò il ripieno non possa uscirne, se ne increspa l'orlo a minute pieghe, pigliandolo con due dita, stiracchiandolo alquanto e ripiegandolo poi, e così di seguito d'un lembo all'altro; in tal modo risulterranno delle piccole pieghe tutt'all'intorno. Così preparati i ravioli si cuociono in acqua bollente salata, poi si condiscono con briciole e burro.
molle e delicato, che si manipola ancora per bene sulla tavola infarinata, arrotolandolo col palmo delle mani in guisa di salsiccia, dalla quale si
Mettete 400 gr. di farina sulla spianatoja (dopo averla stacciata con 2 prese di sale e un cucchiaio di zucchero), fate la fontana, unitevi 130- 150 gr. di burro a fettoline e 6 uova intere, amalgamate tutto con de- strezza, lavorando fortemente il composto, battendolo bene col palmo della mano, stracciandolo a brandelli e continuandolo a ricomporre. Quando avrete ottenuto una bella pasta elastica, mettetela in una salvietta infarinata e lasciatela riposare alcune ore, per esempio, dalla sera alla mattina. Maneggiatela quindi nuovamente per ridurla poi in forma di bastoncelli che taglierete alla loro volta in tanti pezzetti come grosse noci. Intanto avrete messo al fuoco in un pajuolo dell'acqua fredda con un pochino di sale : quando essa comincia a far le bolle, gettatevi i buffetti che avrete tenuti pronti su un taglierino infarinato. Agitate un poco l'acqua con una schiumarola e, quando i buffetti, senz'aver bollito, vengono a galla, levateli e metteteli in una scodella piena d'acqua fredda. Trascorse 3-5- ore asciugateli bene e collocateli al forno sulla piastra unta e infarinata per cuocerli a discreto calore in 20-25 minuti. La durata della cottura varia secondo la qualità del forno. Prima di 20 minuti almeno non lo aprirete altrimenti i buffetti non riescirebbero.
gr. di burro a fettoline e 6 uova intere, amalgamate tutto con de- strezza, lavorando fortemente il composto, battendolo bene col palmo della mano
e il cuore di un majale e 3 chilogr. di pancetta. Tagliate il fegato a fette piuttosto grosse e immergetele a più riprese (lasciandole freddare ogni volta) nell'acqua bollente, finchè non appaiono più crude, restando però sempre morbide, poi pestatele finissime. Cuocete a lesso il cuore e la carne della pancetta finchè sono morbidi, unitevi la metà del grasso, pestato finamente e passate più volte il composto dalla macchina. Aggiungete a questa miscela l'altra metà del grasso tagliato a dadolini, 30 gr. di sale per ogni chilogr. di composto, più un battuto finissimo di timo e maggiorana, 5 gr. di pepe per ogni chilogr. e 5 gr. di spezie miste, insaccate ogni cosa nei budelli di maiale o di manzo, dopo aver rammollito la pasta con un po' di brodo semplice e badando che non vi stia troppo stretta. Fate le solite legature alla distanza d'un palmo e cuocete poi il salame mezz'ora a fuoco molto moderato nell'acqua, voltandolo con precauzione. Lasciatelo freddare nel suo liquido, involgetelo per un giorno in un pannolino, poi asciugatelo all'aria. Questi salami si mangiano freschi e si conservano nella stagione invernale anche un paio di settimane. Se v'aggrada mantenerli più a lungo, affumicateli 2-3 giorni. Per farli più fini potete aggiungervi alcuni tartufi cotti nel vino e tagliati a dadi, per farli più saporiti alcune acciughe pestate.
brodo semplice e badando che non vi stia troppo stretta. Fate le solite legature alla distanza d'un palmo e cuocete poi il salame mezz'ora a fuoco
Focaccie. — In un recipiente por devesi una data quantità di farina (due etti) e sei grammi di lievito di birra diluita in moltissima acqua tiepida, in modo che formar possa una pasta molliccia. Si copra questo lievito con uno strato di farina, e quindi con copertina, collocandolo presso il focolaio, onde possa raggiungere il doppio volume ed anche più. — Frattanto stender devesi sulla tavola tre etti di farina, formando nel mezzo un buco nel quale por devonsi tre etti di burro, un pò di sale, cinque uova intere, e due cucchiai di fior di latte. Si diluisca il tutto amalgamandovi la farina, ed impastando poi per quattro volte col palmo della mano, siccome usasi per ogni altra pasta, stendendola in seguito onde porvi sopra il lievito, che a poco a poco fa mestieri incorporare alla pasta. Dopo di che asperger devesi di farina una salvietta che si porrà in una casseruola ponendovi sopra la pasta, coprendola ermeticamente e lasciandola riposare per dodici ore, in luogo caldo d'inverno, e fresco nell'estate. — La pasta dev'essere molle al tatto e delicata alquanto, sebbene solida — adoperando nel caso di bisogno per rammolirla delle uova, e della farina per renderla salda. Diasi alla pasta la forma di corona, e la si lasci riposare per tre ore sotto la coperta. Frattanto si spalmi di burro un foglio grande di carta, il quale servir deve per mettere la focaccia nel forno, ed ivi lasciarla a buon colore per trenta minuti.
, ed impastando poi per quattro volte col palmo della mano, siccome usasi per ogni altra pasta, stendendola in seguito onde porvi sopra il lievito, che a
12. Parate una fesa di vitello levandogli tutta la pellesina e dalla parte più bella colla punta del coltello levategli nel mezzo tanta carne come un palmo della mano, indi inlardate di minuto lardo il labbro del buco, ove è stata levato il pezzo di essa. Prendete il pezzo di carne levato e formate una falsa a canef come al cap. 21 n. 1, fatta la detta falsa indorate il buco con uova sbattuto, ove avete levato la carne, ponete la detta falsa e guarnitelo con filoni di manzo imbianchito e creste pure imbianchite; prontate una cassarola con entro un letto composto di poco butirro, poco lardo, giambone, cipolle, sellero e carottole tagliale a fette, il tutto coperto di pezzetti di vitello, indi ponetegli disopra la falsa suddetta. fatelo gratinare un poco, bagnatelo con meta fondo e metà sugo in proporzione del vitello e ponetelo al forno a cuocere; cotto levate la fesa del vitello sgrassate la sostanza, ristringetela un poco se abbisogna e passatela al sedaccio e versatela sopra il vitello, che frattanto tenevate al caldo nella sua sgrassatura e servitelo con crostoni.
palmo della mano, indi inlardate di minuto lardo il labbro del buco, ove è stata levato il pezzo di essa. Prendete il pezzo di carne levato e formate
38. Prendete un pezzo di rete di majale ossia gradisella, ponetela nell'acqua tepida onde questa si distacchi e si possa facilmente distendere sopra una salvietta, tagliate tanti pezzi larghi circa un palmo di mano, tagliate il fegato in tante fettine, quanti sono i pezzi della rete, prendete un poco di fegato con della midolla, un poco grasso di manzo ed una rapatura di lardo, quale tutto unito tagliatelo minutamente; in seguitosi prenderà un poco di presemolo, una spiga di aglio, poco di fenocchio, il tutto unito e ben tritolato incorporatelo, unendovi poco formaggio, sale, pepe, noce moscata legate il tutto con un rosso d' uova, ed ogni fetta di fegato colla rete, mettetevi tanto del composto come una noce: involgeteli ben stretti nella rete, infarinateli e insteccateli a due a due con in mezzo una foglia di salvia: poneteli in una tortiera o plafon-sauté con butirro tostato, fateli cuocere a fuoco dolce, voltateli di mano in mano, spruzzandoli con poco di sale spolverizzato. Ridotti a perfetta cottura si danno in tavola.
una salvietta, tagliate tanti pezzi larghi circa un palmo di mano, tagliate il fegato in tante fettine, quanti sono i pezzi della rete, prendete un
6. a). Pigliate tre meloni non troppo maturi, tagliateli a fette alla grossezza d'un dito con assieme la sua scorza, indi metteteli in un vaso di terra e unitevi dell'aceto forte che venga sopra alli detti meloni, lasciateli per tre o quattro giorni, poi pigliate altro aceto forte, fatelo bollire e unitevi le dette fette di mellone, quando con uno stecco forandoli passa, allora levate e ponete sopra un'assa a colare indi mettete ancora sopra una salvietta distese una a una e asciugatele con un'altra salvietta sopra, e spremetegli col palmo della mano, abbiate pronto tanto zucchero quanto pesa le suddette fette di melone e il zucchero in polvere, con garofani e cannella intera, fate un suolo di zucchero, una delle suddette fette di melone e un poco delle suddette droghe, tanto sinché avete empito il vaso, e lasciatelo turato bene con vescica o carta pecora.
salvietta distese una a una e asciugatele con un'altra salvietta sopra, e spremetegli col palmo della mano, abbiate pronto tanto zucchero quanto pesa