Uva. — Frutto allegro, frutto dolce, frutto bello, frutto galantuomo, che è degno in tutto di essere il padre o la madre di quel santo liquore che è il vino. I forti generano i forti, disse un antico e prima di lui lo aveva proclamato ai quattro venti mamma natura. Così l'uva che è dolce senz'essere nauseante, che è saporita senz'essere stomachevole, che rinfresca e nutrisce, che dà alle nostre labbra tanti baci, quanti sono i molti acini dei suoi ricchi grappoli, e al palato tanti sapori, quante sono le mille varietà della vite, genera dalle sue viscere quel divino liquore che ebbe un Dio nell'Olimpo greco, ma che avrà un culto dagli uomini, finchè una zolla del nostro pianeta sarà calpestata da piede di creatura intelligente.
'essere nauseante, che è saporita senz'essere stomachevole, che rinfresca e nutrisce, che dà alle nostre labbra tanti baci, quanti sono i molti acini dei
Antremè = Quando averete stesa assai sottile la pasta di mandorle, copriteci il di dentro delle stampe da pasticcietti tonde, e profonde, ben pulite, e unte leggermente di butirro chiarificato e rifreddo; fatele cuocere, e levatele dalle stampe; quindi coprite anche il di fuori di dette stampe colla medesima pasta, e intagliatela a guisa di Cestini; tagliate a parte altrettanti piccioli manichi a guisa di conchiglia, e tanti coperchi a guisa di cuppola per quanti sono i Cestini; fate cuocere il tutto di bel colore; quindi attaccate i manichi d'ambe le parti con un poco di caramello, ponete dentro i Cestini la loro anima cotta dentro le stampe, e nel momento di servire riempiteli di una Crema gelata, come quella della Torta di fravole Tom. IV. pag. 269., o altra; o di un Sorbetto gelato di frutta, di cioccolata etc.
cuppola per quanti sono i Cestini; fate cuocere il tutto di bel colore; quindi attaccate i manichi d'ambe le parti con un poco di caramello, ponete
Antremè = Prendete circa otto manipoli di crescione, il più fresco che sia possibile, mettetelo, levategli i fusti, e lavatelo all'acqua fresca, pestatelo in un mortajo di marmo, premetene il sugo in un vaso, quanti ve ne bisogna per la Gelatina, aggiungeteci l'agro di cinque, o sei limoni, prima scorzati, che passerete per setaccio di seta, ed un pochino di zucchero in pane. Passatela più volte alla salvietta, come le altre Gelatine, finchè La vedrete venire chiara, e d'un colore persichino; uniteci quindi lo sciroppo di zucchero, e colla di pesce, versatela in una stampa, e fatela gelare sulla neve. Potete guarnire il contorno di questa Gelatina con foglie di crescione le più belle e uguali, che sceglierete. Questo segno servirà a far conoscere il composto della Gelatina.
, pestatelo in un mortajo di marmo, premetene il sugo in un vaso, quanti ve ne bisogna per la Gelatina, aggiungeteci l'agro di cinque, o sei limoni, prima
Antrè di grasso, e di magro = Tagliate un'Anguilla ben nettata in rocchi lunghi tre dita traversi, marinateli in una terrina con sale, pepe schiacciato, olio fino, sugo di limone, ed un poco di alloro in polvere, ovvero tante foglie di alloro tagliate a quadretti per quanti pezzi sono l'Anguilla; infilateli ad uno spiedino tramezzandoli colle foglie di alloro; stendete una striscia di carta larga un dito piegata a più doppj, e unta di olio, sopra uno spiedo grande, posateci sopra lo spiedino dell'Anguilla, legate da capo, e da piedi; fate cuocere ad un fuoco allegro, aspergendo coll'olio della marinata; poco prima della totale cottura, spolverizzate di mollica di pane grattato, o mostacciolo di Napoli spolverizzato grossolanamente; fate prendere un bel colore, e servite con sotto una Salsa chiara Piccante, o alla Scalogna, op pure Piccante legata sì di grasso, che di magro.
schiacciato, olio fino, sugo di limone, ed un poco di alloro in polvere, ovvero tante foglie di alloro tagliate a quadretti per quanti pezzi sono l'Anguilla
Potete fare un Pasticcio, riempito soltanto de' rimasugli di pesci de' brodi, o di mollica di pane tagliata in dadi e fritta, o grattata, decorarlo, dorarlo, e farlo cuocere di bel colore. Nel momento di servire scoprirlo, vuotarlo bene, e metterci un buon Ragù di pesce, come di Ruladine, Melè, di Chenef con un Culì di gamberi ec. Se non sapete dirizzare il Pasticcio, lo potete fare sopra una nella come è descritto nei Tom. IV. pag. 253. , con dentro il pesce che vorrete. In ordine a detti pesci, come ho detto all'Articolo de' Pasticci Rifreddi, alcuni dopo lardati li fanno imbianchire d'ambe le parti sopra il fuoco in una tiella con lardo rapato bollente, o butirro, o olio, e poi li mettono nel Pasticcio col condimento solito, ma ciò si prattica soltanto a fette di pesci grossi, e non a rulade, o ruladine di pesci piccioli. L'erbe trite, i tartufi in fette, i prugnoli, che si mettono nel condimento de' pesci, debbono essere in poca quanti tà, e poco passare sopra il fuoco. Finalmente bisogna regolarsi per le cotture de' Pasticci secondo la grossezza, e qualità de' pesci, imperocche non vi è nulla di più disgradevole, quanto un Pasticcio di pesce soverchiamente cotto, o poco cotto.
nel condimento de' pesci, debbono essere in poca quanti tà, e poco passare sopra il fuoco. Finalmente bisogna regolarsi per le cotture de' Pasticci
Antremè = Quando averete stesa assai sottile la pasta di mandorle, copriteci il di dentro delle stampe da pasticcietti tonde, e profonde, ben pulite, e unte leggermente di butirro chiarificato e rifreddo; fatele cuocere, e levatele dalle stampe; quindi coprite anche il di fuori di dette stampe colla medesima pasta, e intagliatela a guisa di Cestini; tagliate a parte altrettanti piccioli manichi a guisa di conchiglia, e tanti coperchi a guisa di cuppola per quanti sono i Cestini; fate cuocere il tutto di bel colore; quindi attaccate i manichi d'ambe le parti con un poco di caramello, ponete dentro i Cestini la loro anima cotta dentro le stampe, e nel momento di servire riempiteli di una Crema gelata, come quella della Torta di fravole Tom. IV. pag. 290., o altra; o di un Sorbetto gelato di frutta, di cioccolata ec.
cuppola per quanti sono i Cestini; fate cuocere il tutto di bel colore; quindi attaccate i manichi d'ambe le parti con un poco di caramello, ponete
Ho conosciuto un famoso mangiatore romagnuolo che, giunto una sera non aspettato fra una brigata di amici, mentre essa stava con bramosia per dar sotto a un pasticcio per dodici persone che faceva bella mostra di sè sulla tavola, esclamò: — Come! per tante persone un pasticcio che appena basterebbe per me? — Ebbene, gli fu risposto, se voi ve lo mangiate tutto, noi ve lo pagheremo. — Il brav'uomo non intese a sordo e messosi subito all'opra lo finì per intero. Allora tutti quelli della brigata a tale spettacolo strabiliando, dissero: — Costui per certo stanotte schianta! — Fortunatamente non fu nulla di serio; però il corpo gli si era gonfiato in modo che la pelle tirava come quella di un tamburo, smaniava, si scontorceva, nicchiava, nicchiava forte come se avesse da partorire; ma accorse un uomo armato di un matterello, e manovrandolo sul paziente a guisa di chi lavora la cioccolata, gli sgonfiò il ventre, nel quale chi sa poi quanti altri pasticci saranno entrati.
, gli sgonfiò il ventre, nel quale chi sa poi quanti altri pasticci saranno entrati.
Versate in sautè fondo 5 o 6 ramaiuoli di salsa vellutata, un po' di sostanza di vitello ristretta ed un po' di essenza di funghi, riducete il tutto sul foco al terzo del suo salume e poi legatela CHARLOTTE RUSSA CON PISTACCHI. (56) Rivestite di carta uno stampo da Charlotte. Preparati tanti savoiardi quanti ne possono andare per rivestire la Charlotte, e nel fondo, li formerete in spicchi, per formarne un rosone; quando li avrete bene aggiustati, che alla sponda dello stampo i savoiardi compaiano bene tutti dritti in piedi; vi preparate una glace reale bianca alla vaniglia colla quale vi mascherate da una sola parte metà dei savoiardi, e l'altra metà con glace verde ai pistacchi o rossa all'arancio; fatele asciugare su d'una lastra con carta quando la ghiaccia sia ascutta, disponete la charlotte incominciando dal fondo, dividendo i colori; collocate poscia i montanti, serrando gli uni contro gli altri, senza trascurare di alternare i colori. Un'ora prima di servire, incrostate lo stampo sul ghiaccio, e qualche minuto dopo riempite la charlotte con un preparato di bavarese ai pistacchi, legata al momento sul ghiaccio; coprite lo stampo con un tegame ricolmo di ghiaccio, e quando il preparato siasi consolidato, rovesciate il timballo su un fondo in pastigliaggio, ornato con una piccola bordura; collocate sulla sommità della charlotte una corona di piccole meringhe all'italiana non guarnite, e disponete nel centro un gruppo di gelatina dolce con un tritume di pistacchi framezzato alla gelatina parimenti trita. con 3 o 4 torli d'uova sciolti insieme ad altrettanti di crema doppia fresca.
savoiardi quanti ne possono andare per rivestire la Charlotte, e nel fondo, li formerete in spicchi, per formarne un rosone; quando li avrete bene
Approntate a mezza cottura delle animelle di vitella ben abragiate, fatele freddare, indi le tagliate traversalmente non molto sottili, date loro bella forma come meglio si prestano, fatevi una farcia di pollo o di vitello alla quale unirete un tritume di tartufi, prosciutto e parature delle animelle ed anche un poco del loro succo, stendete della pasta sfoglia alta un doppio soldo, e con uno stampo o taglia-pasta dividetela in tante pariglie quanti sono i pezzi dell'animelle, mettete sopra un pezzo di pasta uno di animella e un poco di farcia, ricoprendo con l'altro pezzo di pasta in modo eguale come farete di seguito, mettendoli su d'una placca imburrata e tenendoli di bella forma eguale; indorateli e passateli tosto al forno ad un calore giusto. Cotti che sono li glassate adagiandoli su d'una salvietta nel piatto di servizio presentandolo in tavola lestamente. Le cervella potete prepararle nello stesso modo.
quanti sono i pezzi dell'animelle, mettete sopra un pezzo di pasta uno di animella e un poco di farcia, ricoprendo con l'altro pezzo di pasta in modo
Preparate una purée di pollame cotto, ben aggustata con un po' di sostanza e della crema sciolta, poscia stendete della pasta sfogliata e su di essa tagliate, (mediante tagliapasta scanellato) tanti dischi per quanti pasticcini vi occorrono. CHARLOTTE DI PERE ALLA PALERMITANA. (58) Tagliate a quarti una dozzina di pere da cuocere, di buona qualità, toglietene le parti dure e la pelle, collocate i quarti in una casseruola con uno stecco di vainiglia, e di cannella, sugo di un limone, e la sua scorzetta del puro giallo, bagnatele con acqua, mettetevi del zucchero ed un bicchiere di vino bianco, fatele bollire, tenendole coperte, su fuoco moderato; quando si è ritirato quasi tutto il bagno, e che le pere sono quasi cotte, cospargetele con due cucchiaiate di marmellata d'albicocche, un po' di madera; aggiungetevi 300 grammi di uva di Smirne e scorze candite tagliate in piccoli dadi, fatele cuocere lentamente a fuoco temperato. Nel frattempo intonacate una forma a cupola con una pasta frolla, mascherate il fondo e le pareti con una marmellata di pomi ridotta; versatevi le pere di già fredde, ricoprite di pasta, e esponete la charlotta a forno moderato, ma ben preso; dopo tre quarti d'ora levatela dal forno, lasciatela riposare per 10 minuti, rovesciatela su un piatto, mascheratela con marmellata d'albicocche ridotta, cospargetene la superficie con pistacchi e mandorle tritate. Cospargete il fondo del piatto con marmellata d'albicocche al madera. Servite il rimanente in una salziera a parte. Dorateli, incideteli, e cuoceteli come di prammatica in un forno piuttosto caldo, e poi vuotateli; ed al momento d'inviarli in tavola, riempiteli con la suddetta purée.
tagliate, (mediante tagliapasta scanellato) tanti dischi per quanti pasticcini vi occorrono. CHARLOTTE DI PERE ALLA PALERMITANA. (58) Tagliate a
Fate ammollare nell'acqua tiepida della rete fresca di maiale, asciugatela poi sopra un panno e tagliatene in quadrati proporzionati per formare da involucro al contenuto. Dividete il pisto di filetti in tante parti per quanti ne avete di rete. Stendete questo ripieno in forma quadrilunga, nel mezzo del quale racchiuderete accuratamente una cucchiaiata del composto di piedi. Involgete ciascuna crepinetta con la sua rete, uguagliandola col coltello e mettetele man mano nel pane grattato fino e poscia fatele grigliare sulla carta unta d'olio e sulla bragia moderata. Dategli un quarto d'ora di cottura e quando sono di bel colore mettetele ben disposte in un piatto e versategli su qualche cucchiaiata di sostanza ristretta unita ad un po' di succo di limone.
involucro al contenuto. Dividete il pisto di filetti in tante parti per quanti ne avete di rete. Stendete questo ripieno in forma quadrilunga, nel
Sciogliete, mettendo in mezzo bicchiere di acqua per circa 24 ore, 25 grammi di gomma adrogante, indi passatela fortemente attraverso un pannolino; stendetela su una lastra pulita, e macinatela con qualche goccia di limone e un po' di zucchero fino passato allo staccio di seta, stemperatela bene ed aggiungete altro zucchero, e così di seguito finchè ne abbiate amalgamato 150 grammi, ottenendone una pasta elastica e consistente. Se vi piace azzurratela leggermente con un po' di bleu sciolto nell'acqua: aggiungete a poco a poco tre ettogrammi di amido fino in polvere, ed avrete così una pasta solida che chiuderete in un vaso e lascerete riposare per 24 ore. Il pastigliaggio riesce così più liscio, meno coriaceo e non si ritira divenendo secco. Se il pastigliaggio è destinato ad essere colorato, lo dividerete, non appena ultimato, in altrettante parti quanti sono i colori di cui abbisognate. Sebbene questa pasta non sia mangiabile, astenetevi dall'adoperare colori nocivi. Dato il colore, conservate la pasta in recipienti di vetro coperti ed in luogo fresco. Si prepara pure il pastigliaggio pestando in un mortaio la gomma rammollita e passata per renderla bianca; aggiungete o poco a poco lo zucchero, affine di avere una pasta compatta; allora amalgamatevi assieme il rimanente zucchero e l'amido lavorandolo colla mano. Giova osservare che prima d'adoperare il pastigliaggio converrà lavorarlo alcuni minuti sul marmo spolverizzato d'amido.
secco. Se il pastigliaggio è destinato ad essere colorato, lo dividerete, non appena ultimato, in altrettante parti quanti sono i colori di cui
Lavate, spellate le patate, tagliatele a spicchi e mettetele in sale in una teglia per circa due ore. Lavatele ancora, asciugatele e poichè sarebbero troppe per farle friggere tutte insieme in una sola volta, dividetene tanti mucchietti quanti credete che bastino perchè buttandole nell'olio bollente, galleggino. Prendetene un mucchietto, infarinatele, fatele saltare in uno staccio per togliere l'eccesso di farina e buttatele nella padella che nel frattempo avrete messo al fuoco con l'olio e lo spicchio di aglio, togliendo prima l'aglio che sarà divenuto rosso. Fate in modo che gli spicchi indorino da tutti i lati e quando sono ben gonfi toglieteli dall'olio con una schiumarola deponendoli su di un foglio assorbente. Ripetete questa operazione fino ad esaurimento dei mucchietti di patate, ricordando di infarinare solo al momento di buttare nell'olio perchè la farina non formi una crosta che poi si staccherebbe. Nell'ultima padellata aggiungete il prezzemolo perchè dissecchi e servitevene per guarnire il piatto.
troppe per farle friggere tutte insieme in una sola volta, dividetene tanti mucchietti quanti credete che bastino perchè buttandole nell'olio
19. Zuppa di ceci alla ventresca. — Prendete 1 chilogr. di bei ceci bianchi, nettateli, metteteli nella casseruola, versatevi sopra l'acqua tiepida della cottura di 1 chilogr. di spinaci lasciateli così 12 ore, sgocciolate via l'acqua degli spinaci, metteteli con 3 litri d' acqua, un po' di sale, 2 ettogr. di ventresca di maiale magra, alcune foglie di salvia, e 30 grammi di feccia o tartaro delle botti da vino, inviluppato entro un pezzetto di tela bianca, e fate bollire per due ore circa aggiungendo, se occorre, dell'acqua calda. Fate friggere in un tegame con 1 ettogr. di burro 3 cipolle, 8 porri ed un po' di sellero; quando saranno di color biondo unitevi 30 gr. di farina bianca e friggete ancora un po' tramenando quindi versate tutto questo sui ceci mescolando bene. Cotti teneri i ceci, serviteli spartendo la ventresca in tante fette quanti i convitati e ponendo a ciascun tondo la fetta.
questo sui ceci mescolando bene. Cotti teneri i ceci, serviteli spartendo la ventresca in tante fette quanti i convitati e ponendo a ciascun tondo la
50. Zuppa di pasta reale (petits chaux). — Mettete entro una casseruola mezzo bicchiere d'acqua, 50 grammi di burro ed un po' di sale, e quando bollirà mescolate 1 ettogramma di farina bianca setacciata; tramenate forte affinchè resti un impasto come una polenta molle, cotta adagio per 10 minuti, levatela dal fuoco ed aggiungete un uovo per volta, tramenando forte, tanti quanti bastino affinchè la polenta attacchisi appena alle dita. Avrete una siringa collo stampo di latta bucato tondo, empitela di pasta e premete bene lo stantufo della siringa facendo dei lunghi fili di maccheroni sulla tavola; rotolateli nella farina e tagliateli grossi come ceci; indi fateli cadere col coltello in un setaccio con farina e girateli tondi nel setaccio, che così avranno bella forma, poscia metetteli sopra una tegghia unta di burro che non si tocchino e fateli cuocere al forno di color dorato, ovvero mettendoli fuoco sotto e sopra. Cotti dorati croccanti metteteli in zuppiera con buon brodo caldo e serviteli. Si possono pure unire con ogni sorta di purée, tanto al grasso, che al magro.
, levatela dal fuoco ed aggiungete un uovo per volta, tramenando forte, tanti quanti bastino affinchè la polenta attacchisi appena alle dita. Avrete una
Mettete in una terrinetta tanti cucchiai di cannolicchietti per quanti pomodori avrete apprestati, e su questi cannolicchietti metterete un pò di sale e pepe e un trito composto di un pochino d'aglio, prezzemolo e mentuccia (fresca o secca non importa Mischiate bene e divideteli in parti eguali fra tutti i pomodori, collocandoli nella cavità, sgocciolate sulla pasta di ciascun pomodoro un pò d'olio, rimettete ad ognuno il suo coperchio, sgocciolate un pò d'olio anche su questo, poi passate bene a traverso un setaccino tutta l'acqua che avete estratta insieme alle semenze, dai pomodori, mettetela nella tortiera in modo che raggiunga almeno la metà del livello dei pomodori stessi e fate cuocere a forno forte per una mezz'ora.
Mettete in una terrinetta tanti cucchiai di cannolicchietti per quanti pomodori avrete apprestati, e su questi cannolicchietti metterete un pò di
Tartufi. I tartufi che si vogliono conservare per qualche tempo, debbono essere scelti sanissimi ed asciutti. Ecco come si procede. Provvedetevi d'una cassetta di legno con coperchio, e di sufficiente quantità di sabbia finissima e ben secca: cominciate collo stendere sul fondo della vostra cassetta uno strato di sabbia di tre o quattro centimetri di spessezza, e su questo disponete tanti tartufi quanti ve ne possono stare, tenendoli però discosti gli uni dagli altri, affinchè non si tocchino fra loro; poi copriteli con un altro strato di sabbia; accomodatevi altri tartufi come prima, e continuate così sino a che abbiate riempita totalmente la cassa, avvertendo di terminare l'operazione con uno strato di sabbia. Da ultimo sovrapponetevi il coperchio, inchiodatelo, ingessatene le commessure onde l'aria non possa penetrare nella cassetta, e questa collocate poi in luogo fresco e molto asciutto.
cassetta uno strato di sabbia di tre o quattro centimetri di spessezza, e su questo disponete tanti tartufi quanti ve ne possono stare, tenendoli però
Se la lista del povero si limita pur troppo, per forza, a uno scarsissimo numero di cibi, la gente del popolo, ancorchè non costretta a lottare col bisogno, è sempre misoneista in fatto di cucina. Il popolo ripudia, per principio, il piatto nuovo, la verdura che non conosce, la salsa che non ha mai sentito nominare: ligio alle poche vivande che sono in uso nella sua regione, esso ignora quanti salubri coefficienti la natura offrirebbe alla sua mensa, non solo, ma quali fonti d'economia troverebbe in certi elementi gastronomici a lui sconosciuti. Non è cosa agevole il lottare contro un pregiudizio, specie mediante un libro: una ragazza incolta che ha dovuto guadagnarsi sino dal''infanzia coi più umili mezzi il pane giornaliero, andando sposa non si prenderà certamente la cura di consultare un manualetto di cucina, per modesto che sia, prima di fare la spesa della giornata, chè, per quanto ci si studii di scrivere chiaro, certi termini della lingua, specie nelle provincie ove predominano i dialetti, riescono incomprensibili anche a una cuoca di professione.
sentito nominare: ligio alle poche vivande che sono in uso nella sua regione, esso ignora quanti salubri coefficienti la natura offrirebbe alla sua
un chilogr. di bei ceci bianchi, nettateli, metteteli nella casseruola, versatevi sopra l'acqua tiepida della cottura di un chilogr. di spinaci, lasciateli così 12 ore; sgocciolate via l'acqua degli spinaci, metteteli con 3 litri d'acqua, un po' di sale, 2 ettogr. di ventresca di maiale magra, alcune foglie di salvia, e 30 grammi di feccia o tartaro delle botti da vino, inviluppato entro un pezzetto di tela bianca, e fate bollire per due ore circa aggiungendo, se occorre, dell'acqua calda. Fate friggere in un tegame con un ettogr. di burro 3 cipolle, 8 porri e un po' di sedano; quando saranno di color biondo unitevi 30 grammi di farina bianca e friggete ancora un po' tramenando, quindi versate tutto questo sui ceci rimestando bene. Cotti teneri i ceci, serviteli spartendo la ventresca in tante fette quanti i convitati e ponendo in ciascun tondo una fetta.
teneri i ceci, serviteli spartendo la ventresca in tante fette quanti i convitati e ponendo in ciascun tondo una fetta.
I fegati di pollame pesano 100 gr., dovrete usare 150 gr. soli di fegato di vitello per arrivare al peso stabilito di gr. 250, quanti ne occorrono per la confezione della farcia, come è stato detto più sopra. Rimettete nella padella anche i dadi di lardo, e condite il tutto con 15 gr. di sale, una forte pizzicata di pepe e una punta di coltello di spezie. Aggiungete anche o dei funghi secchi tritati (già rinvenuti in acqua fredda) o meglio qualche pezzetto di fungo fresco, una mezza cipolla finemente tritata, un pezzettino di foglia di lauro e un pizzico di timo, mescolate, aggiungete un dito di marsala, coprite la padella e lasciate sobollire sull'angolo del fornello per cinque minuti. Rovesciate il tutto su una scolamaccheroni o su un passino, raccogliendo in una scodella il grasso che colerà e subito dopo, un po' alla volta, pestate carne, grasso e fegato, operando il più sollecitamente possibile, poichè l'operazione riesce assai più speditamente quando i vari elementi sono caldi. Quando il tutto sarà ridotto in una pasta fine, aggiungete 50 gr. di burro, due rossi d'uovo e poi, a cucchiaiate, il grasso tenuto in disparte. Perchè l'operazione riesca bene, è necessario di mescolare sempre con un cucchiaio di legno allo scopo di unire bene i vari ingredienti.
I fegati di pollame pesano 100 gr., dovrete usare 150 gr. soli di fegato di vitello per arrivare al peso stabilito di gr. 250, quanti ne occorrono
Si possono usare tutte le qualità di uccelli, da quelli detti di becco sottile fino ai tordi e ai beccaccini. Agli uccelli si spuntano le zampine e si tolgono gli occhi. I veri buongustai non li sventrano, che questa operazione suonerebbe come una vera e propria profanazione. È una questione tutta personale nella quale ognuno si regolerà come meglio crede. Nel bresciano e nel bergamasco si preparano anche tante fettine sottilissime di lombo di maiale per quanti sono gli uccelli, si arrotolano queste fettine racchiudendovi dentro una foglia di salvia, e si alternano allo spiede con gli uccelli. In altre regioni invece dei pezzi di maiale si mettono delle fettine di prosciutto, piuttosto abbondanti, alternandole con gli uccelli e con delle foglioline di salvia. Guarniti lo spiede o gli spiedi si fa un buon fuoco mettendo sotto gli uccelli la leccarda nella quale si sarà messo qualche fetta di lardo ritagliata in dadini, un pezzo di burro proporzionato al numero degli uccelli da arrostire e qualche foglia di salvia. Per quattro o cinque minuti si fa girare il girarrosto senza mettere alcun condimento sugli uccelli. Trascorsi questi 4 o 5 minuti, con un pennello o con un cucchiaio si incomincia a far cadere sugli uccelli il grasso della leccarda, che intanto si sarà sciolto, e si continua così ad ungere di quando in quando. Il tempo preciso di cottura dipende dalla vivacità del fuoco e anche dalla qualità degli uccelli, i quali dovranno risultare nè troppo cotti, nè troppo crudi e di un bel color d'oro all'esterno. A questo punto salate gli uccelli facendo piovere il sale dappertutto mentre lo spiede gira. Dopo la salatura lasciateli ancora pochi altri minuti, ma senza più ungerli, e avendo l'avvertenza di diminuire il fuoco. Intanto avrete preparato la polenta, in quantità proporzionata al numero delle persone e... dell'appetito. Anche la polenta necessita cure speciali dovendo risultare nè troppo dura, nè troppo molle. Riguardo alla polenta si usano diversi procedimenti riguardanti il modo di servirla. C'è infatti chi la riversa sull'asse di cucina spianandola all'altezza di un dito, la ricopre con un panno bagnato e dopo un po' la ritaglia in fette che vengono distribuite nei piatti. Su ogni fetta si fa un piccolo incavo col cucchiaio, ci si versa un poco di sugo della leccarda per terminare con gli uccellini, le cui zampette vengono infisse nella polenta. Altri invece — e questo ci sembra il sistema migliore anche perchè più sbrigativo e più elegante — nei riguardi della presentazione in tavola, usano il seguente sistema. Quando la polenta sarà arrivata a perfetta cottura, si prende una stampa da bordura ampia e non troppo frastagliata, si imburra abbondantemente e vi si versa dentro la polenta. Si batte la stampa affinchè non restino vuoti e poi si tiene la stampa a bagno maria, in caldo, fino al momento di andare in tavola. Giunta loia di servire si sforma la bordura nel mezzo del piatto, si contorna con gli uccellini e sulla polenta e nel vuoto della bordura si versa il sugo della leccarda. Questo è il procedimento esatto e caratteristico dello «spiede». Ed infatti in Alta Italia dalle cucine più povere a quelle più ricche è lo spiede che trionfa per questa preparazione. Da alcuni si usa talvolta cuocere gli uccellini anche in padella accompagnandoli ugualmente con la polenta e relativo sugo di cottura, ma il procedimento tradizionale è quello da noi ampiamente descritto.
maiale per quanti sono gli uccelli, si arrotolano queste fettine racchiudendovi dentro una foglia di salvia, e si alternano allo spiede con gli uccelli
Quanti sono i modi di preparare la zuppa di pesce ? Nessuno potrebbe dirlo con precisione, visto che ogni paese ha il suo metodo caratteristico. Generalmente questi metodi non differiscono che per alcuni particolari trascurabili, ma talvolta si hanno procedimenti affatto diversi che conducono, di conseguenza, a risultanze diverse. Le qualità di pesce che si possono adoperare per zuppa sono infinite; e bisogna tenere presente che quante più varietà si saranno usate, tanto più buona e profumata riuscirà la pietanza. Generalmente si adoperano: il merluzzo, il palombo, la spigola, l'ombrina, la dorata, l'occhiata, la murena, il gronco, il S. Pietro, il martino, lo scrofano, il cefalo, il cappone, la seppia, l'aragosta, ecc. Il pesce va nettato con ogni cura, lavato bene, e tagliato in pezzi piuttosto grossi. Le seppie si tagliano in liste, e le aragoste, si fanno, a seconda della grandezza, in quattro o sei pezzi. Mentre preparerete i pesci, potrete togliere loro le teste e le code che farete cuocere a parte in un po' di acqua; vi servirete così di questo brodo invece dell'acqua per bagnare poi la zuppa. Per sei persone occorreranno circa due chilogrammi di pesce. Scegliete una teglia di rame in cui il pesce possa cuocere comodamente in un solo strato, versateci mezzo bicchiere di olio e mettete sul fuoco. Intanto avrete pestato insieme mezzo spicchio d'aglio, tre alici, lavate e spinate, e un pezzetto di peperoncino e avrete sciolto il tutto con mezzo bicchiere di vino bianco. Quando l'olio sarà caldo gettatevi dentro il pesto sciolto nel vino, e fate cuocere a fuoco forte per qualche minuto. Aggiungete una buona cucchiaiata di salsa di pomodoro, [immagine: particolare decorativo] o quattro o cinque pomodori spellati e senza semi, e quindi versate nella teglia le seppie, che lascierete cuocere adagio adagio fino quasi a completa cottura. Se le seppie non avessero sufficiente bagno vi servirete del brodo preparato, o d'un po' d'acqua. Venti minuti prima di andare in tavola accomodate le altre qualità di pesce nella teglia, aggiungete il rimanente brodo o dell'acqua calda, e fate cuocere per un quarto d'ora, verificando se l'intingolo sta bene di sale. Avrete preparata una zuppiera con delle fette di pane abbrustolito. Disponetevi con garbo il pesce, bagnate col brodo, spargete sul pesce un po' di prezzemolo tritato, e aggiungete una trentina di belle vongole, ben lavate, e fatte aprire sul fuoco, in una padellina con un po' d'olio.
Quanti sono i modi di preparare la zuppa di pesce ? Nessuno potrebbe dirlo con precisione, visto che ogni paese ha il suo metodo caratteristico
Vengono anche detti «Uccellini di campagna». «Uccellini matti», ecc. Per sei persone prendete quattro ettogrammi di fettine di manzo. Il manzo dovrà essere di buona qualità, e il taglio da preferirsi «la pezza». Dividete le fettine in una ventina di striscie regolari, alte un po' più di due dita e lunghe dai sei agli otto centimetri, battetele leggermente per renderle sottili e sopra ognuna mettete una fettina di prosciutto grasso e magro, una foglia di salvia e un nonnulla di pepe, arrotolando poi ogni fettina su sè stessa in modo da avere dei piccoli salsicciotti. Preparate tante piccole fette di pane per quanti sono gli involtini, e un numero doppio di sottilissime fettine di lardo. Prendete uno spiede, infilzate una fetta di pane, un pezzettino di lardo, un involtino, un altro pezzettino di lardo, una fetta di pane, e via di seguito procedendo sempre con lo stesso ordine. Quando avrete infilzato ogni cosa, mettete a liquefare vicino al fuoco, in un tegamino, una cucchiaiata di strutto, e con un pennello ungete generosamente così la carne come il pane; spolverizzate con un po' di sale e un po' di pepe e mettete ad arrostire sopra un fuoco piuttosto gaio. Il sistema più semplice, per chi non possiede un girarrosto, è quello di disporre delle palettate di carbone bene acceso in fondo al camino, al di là dei fornelli. Il carbone va messo sopra un piccolo strato di cenere e diviso in due linee parallele con un piccolo spazio in mezzo, affinchè il grasso scolando non produca soverchio fumo. La spiede va messo sopra due ferri da stiro posati verticalmente, e girato di quando in quando con la mano. Siccome il fuoco tende facilmente ad indebolirsi, è bene tenerlo desto con qualche colpo di ventola, come pure è opportuno ungere di quando in quando l'arrosto. Il quale, per cuocere avrà bisogno di mezz'ora di tempo. Disponete gli uccellini coi loro crostini croccanti bene allineati in un piatto e mandateli in tavola così, o dopo aver sgocciolato su essi un pochino di burro fuso.
fette di pane per quanti sono gli involtini, e un numero doppio di sottilissime fettine di lardo. Prendete uno spiede, infilzate una fetta di pane, un
I tournedos sono delle bistecchine di filetto tagliate non nel mezzo del filetto stesso, ma alle estremità, in modo da presentare una larghezza di un pezzo d'argento di cinque lire di tipo antico. Lo spessore di queste bistecchine deve essere almeno di un dito, tanto meglio se le terrete spesse un paio di centimetri. Tagliate le bistecchine, delle quali se ne calcolano generalmente due a persona, ci si fa intorno, nel verso dello spessore, una legatura circolare con un pezzo di spago, in modo che cuocendo conservino la loro forma rotonda. Per ogni tournedos si prepara anche un crostino di pane rotondo, della stessa grandezza della carne, alto un centimetro e fritto nell'olio, nel burro o nello strutto. Si ricavano assai facilmente questi crostini adoperando uno di quei pani detti a cassetta, preferibilmente raffermo. Preparate anche tante rotelline di prosciutto crudo per quanti sono i tournedos e tante fettine di cervello (di maiale o di abbacchio) per quanti sono i pezzi da montare. Il cervello va prima messo a dissanguare qualche minuto in acqua fredda in una casseruolina. Si versa poi l'acqua, si sostituisce con altra acqua pulita, si mette la casseruolina sul fuoco e si porta fino all'ebollizione. Si fa bollire un minuto, dopo di che si passa di nuovo il cervello nell'acqua fredda, si estrae, si asciuga e si taglia in escaloppes le quali vanno poi infarinate e fritte. Al momento di preparare la pietanza mettete del burro in una teglietta, e a fuoco vivace cuocete i tournedos, che condirete con un po' di sale. Ricordate di tenere la carne piuttosto rosea nell'interno; quindi non spingete troppo la cottura. Quando avrete cotta tutta la carne, versate nella teglia un altro pezzetto di burro, un cucchiaio o due d'acqua e un bicchierino di marsala, e con un cucchiaio di legno staccate bene il fondo della cottura, così da avere una salsetta. Intingete alla svelta i crostini di pane in questa salsetta e allineateli sul piatto di servizio. Il quale piatto sarà preferibilmente di forma allungata in modo da permettere di disporre i crostini allineati due per due. Su ogni crostino appoggiate un tournedos, al quale avrete tolto lo spago, versate sulla carne la rimanente salsa, e su ogni tournedos mettete una fettina di prosciutto e una escaloppe di cervello.
crostini adoperando uno di quei pani detti a cassetta, preferibilmente raffermo. Preparate anche tante rotelline di prosciutto crudo per quanti sono i
Questo nome un po' stravagante viene dato in Roma a un piatto di carne molto appetitoso, che si trova comunemente in tutte le trattorie. Per sei persone prendete 500 grammi di fettine di vitello. Queste fettine debbono essere piuttosto sottili e non molto grandi. Regolatevi in modo da avere un paio di fettine a persona. Mettete le fettine sul tagliere e se non fossero abbastanza sottili spianatele leggermente. Avrete preparato delle foglie di salvia fresca e mezzo ettogrammo di prosciutto diviso in tante fettine per quanti sono i pezzi di carne. Su ogni bistecchina ponete una foglia di salvia e una fettina di prosciutto e per impedir loro di muoversi appuntateli sulla carne con uno stecchino: nè più nè meno di come fareste per appuntare con uno spillo due stoffe fra loro. Mettete al fuoco una teglia di rame con un po' meno di mezzo panino di burro, e quando il burro sarà liquefatto mettete a cuocere i saltimbocca, che condirete con poco sale — il prosciutto contribuisce in parte a dar sapore alla carne — e un pizzico di pepe. Conducete la cottura vivacemente e appena la carne avrà preso colore da una parte, voltatela dall'altra. In tutto non dovrà stare al fuoco che pochissimi minuti. Accomodate i saltimbocca in un piatto disponendoli in modo che la fetta di prosciutto rimanga di sopra; versate una cucchiaiata o due d'acqua nella teglia, staccando con un cucchiaio di legno la cottura della carne, aggiungete un altro pezzetto di burro e appena questo sarà liquefatto versate la salsetta sui saltimbocca e mangiateli subito. La carne va presentata in tavola senza togliere gli stecchini e può essere servita semplice e con un contorno di fagiolini al burro, piselli, carciofi, sparagi, patate, ecc. Alcuni trattori fanno i saltimbocca anche con la carne di manzo, ciò che è un errore; altri, ancor meno scrupolosi non esitano a servirsi addirittura del cavallo: forse pensando che trattandosi di salti... in bocca il cavallo è l'animale più adattato.
salvia fresca e mezzo ettogrammo di prosciutto diviso in tante fettine per quanti sono i pezzi di carne. Su ogni bistecchina ponete una foglia di salvia
È necessario rinunciare alla spalla e scegliere un bel coscetto o la parte della rognonata. L'abbacchio va privato delle ossa, o per lo meno, conviene togliergli tutte le ossa più grandi. E poi si taglia la carne in tanti pezzetti quadrati spessi circa un centimetro e della grandezza di una mezza carta da gioco, si condisce con sale e pepe e intanto si tagliano da uno sfilatino o meglio da un pane a cassetta raffermo tanti crostini per quanti sono i pezzi di abbacchio, più uno. Si prende poi uno spiede e s'incomincia con l'infilzare un crostino, una foglia di salvia, una fettolina di prosciutto, una foglia di salvia e un crostino. E così di seguito fino a completo esaurimento della carne. Allestito tutto lo spiede, si unge abbondantemente ogni cosa con olio o con burro o strutto liquefatto, e poi si mettono a cuocere i crostini per una ventina di minuti, girandoli ed ungendoli di quando in quando. Chi possiede il girarrosto semplificherà assai il suo lavoro; ma anche senza il girarrosto, potrà cavarsela ugualmente bene mettendo un po' di cenere sul camino, stendendo su questa della brace bene accesa e appoggiando lo spiede su due ferri da stiro messi diritti. Volendo ancora semplificare la cosa, invece di guarnire un lungo spiede coi crostini, potrete fare tanti spiedini di canna e cuocere i crostini al forno. Però in questo caso non otterrete un risultato così fine come cuocendo i crostini girati. Appena la carne sarà ben colorita e il pane sarà diventato croccante togliete i crostini dallo spiede e mandateli in tavola subito, poichè questa pietanza va mangiata appena fatta, senza attendere un solo minuto.
carta da gioco, si condisce con sale e pepe e intanto si tagliano da uno sfilatino o meglio da un pane a cassetta raffermo tanti crostini per quanti
Calcolate un filetto a persona. Dopo aver tolto il nervo ai filetti si battono leggermente con una larga lama di coltello bagnata d'acqua per dar loro bella forma e spianarli un pochino, ma non troppo. S'infarinano, si passano nell'uovo sbattuto, nel pane pesto finissimo e si friggono di bel colore nel burro, avvertendo di non prolungare troppo la cottura. Si saranno preparate intanto delle fettine di prosciutto per quanti sono i filetti, e della stessa forma di questi. Appena i filetti saranno cotti adagiate su ognuno una fetta di prosciutto e sul prosciutto disponete a leggera cupola una mezza cucchiaiata di parmigiano grattato. Allineate tutti i filetti in un piatto resistente al fuoco: di porcellana o di metallo argentato, mettete su ogni monticello di parmigiano qualche piccolissimo pezzetto di burro e infornate il piatto a fuoco fortissimo e per un tempo minimo, quanto è necessario perchè il parmigiano fonda. All'uscita dal forno decorate le due punte del filetto mettendo da una parte un mezzo cucchiaio di salsa di pomodoro densissima e dall'altra un uguale quantità di foglie di prezzemolo tritate. Fate servire sollecitamente. Se non avete il piatto resistente al forno infornate i filetti in una teglia, trasportandoli poi sul piatto di servizio.
nel burro, avvertendo di non prolungare troppo la cottura. Si saranno preparate intanto delle fettine di prosciutto per quanti sono i filetti, e
Del panettone, il famoso dolce specialità milanese, esistono numerose ricette, e ci è anche occorso di leggerne alcune, amenissime, a base di cremore e bicarbonato. Vi offriamo, secondo la nostra consuetudine, la ricetta milanese autentica, non nascondendovi che la lavorazione è piuttosto lunga e difficile e che condizione essenziale per la riuscita è di disporre di un forno a mattoni. Le dosi sono le seguenti: Farina kg. 1, lievito di pane gr. 500, burro gr. 250, zucchero gr. 250, sale gr. 9, gialli d'uovo n. 6, uova intiere n. 3, qualche cucchiaiata di uva sultana e cedro candito a dadi. Il panettone di Milano è tra le poche preparazioni nelle quali si impiega il lievito di pane. Il lievito dev'essere tenuto piuttosto forte, perchè la pasta, a causa delle uova, dello zucchero e del burro viene ad essere molto ingrassata. La preparazione del lievito ha un'importanza principale. Si prendono 100 grammi di pasta di pane, si aggiungono un paio di cucchiaiate di farina e di acqua tiepida tanto da ottenere una pasta un po' dura, se ne fa una pallottola sulla quale si tracciano due tagli in croce. Si mette una salviettina infarinata sul fondo di un recipiente, ci si pone sopra la palla di lievito, si copre e si lascia lievitare in un luogo tiepido per circa tre ore. Trascorso questo tempo si pesa il lievito e si rimpasta con una quantità di farina uguale al suo peso, aggiungendo naturalmente acqua tiepida in proporzione. Si lavora bene la pasta, se ne fa nuovamente una palla, si taglia in croce e si rimette a lievitare per altre tre ore, trascorse le quali si ripesa il lievito e si rimpasta con un uguale peso di farina, regolandosi come si è detto prima. Quando il lievito sarà cresciuto per la terza volta è pronto per essere adoperato per il panettone. Si fa la fontana con la farina già pesata (1 chilogrammo) e nel mezzo si mette il sale e 500 grammi del lievito preparato (se vi avanzerà del lievito lo terrete in serbo per altri usi). Sul lievito si versa il burro sciolto vicino al fuoco e s'incomincia ad impastare, aggiungendo i rossi d'uovo e le uova intere, poi lo zucchero sciolto in poca acqua tiepida. Se vedete che c'è bisogno di acqua aggiungetene poca alla volta. Lavorate energicamente la pasta a lungo, in modo che risulti piuttosto dura, lucida ed asciutta. Per ultimo si aggiunge l'uvetta e il cedro candito tagliato in piccoli dadi. Si lascia riposare la pasta per un'ora e poi si taglia in tanti pezzi per quanti panettoni si vogliono fare. Ogni pezzo si rotola con entrambe le mani e se ne fa una palla, che si dispone su carta unta e infarinata. Molti usano circondare il panettone con una striscia alta di carta unta affinchè possa crescere molto in altezza. Si mettono a lievitare i panettoni in luogo tiepido per circa 6 ore e quando essi saranno aumentati di volume e soffici al tatto, si fa su ognuno un leggerissimo taglio in croce e si passano in forno ben caldo. Man mano che prendono colore si portano alla bocca del forno e sollecitamente si sollevano con le dita i quattro angoli dove fu fatto il taglio, mettendo nel mezzo un pezzetto di burro. Si rimettono i panettoni in forno, si chiude, applicando sulla bocca del forno stesso uno strofinaccio bagnato, allo scopo di sviluppare nel forno un po' di vapore, che darà lucentezza al. panettone.
pasta per un'ora e poi si taglia in tanti pezzi per quanti panettoni si vogliono fare. Ogni pezzo si rotola con entrambe le mani e se ne fa una palla
Per fare le pinoccate preparate una quantità di pinoli proporzionata al numero delle pinoccate da farsi e procurate che i pinoli siano ben mondati ed asciutti. Sarà anzi bene passarli un po' in una stufa o in forno leggerissimo affinchè si spoglino di ogni traccia di umidità. Mettete poi in una casseruola 300 grammi di zucchero, inumiditelo con mezzo bicchiere d'acqua e ponetelo sul fuoco. Quando lo zucchero incomincia a bollire provatene la cottura e quando immergendo in esso uno stecchino e prendendo la goccia tra il pollice e l'indice constaterete, stringendo e allargando le dita, che si forma un filo, lo zucchero sarà cotto. Togliete allora la casseruola dal fuoco e con un cucchiaio di legno — che non sia stato mai usato per grassi o per sughi — incominciate a girare sulla parete interna della casseruola. Facendo così vedrete che man mano lo zucchero imbianchirà. A questo punto versateci i pinoli e qualche filettino di scorzetta d'arancio candita, regolandovi di mettere tanti pinoli quanti lo zucchero può assorbirne. Operate sollecitamente prima che lo zucchero si raffreddi, e versate questo composto in piccole parti su delle ostie che avrete preparato sul tavolo di cucina. Lasciate raffreddare e poi conservate le pinoccate in un vaso di vetro.
versateci i pinoli e qualche filettino di scorzetta d'arancio candita, regolandovi di mettere tanti pinoli quanti lo zucchero può assorbirne. Operate
Punch è parola derivante dall'indiano «panch», ossia cinque, per allusione ai cinque elementi che compongono questa bevanda: tè, zucchero, cannella, limone, rhum. Il punch è presentemente una bevanda nella quale entra un po' di tutto: rhum, alchermes, cognac, arac, cannella, garofani, coriandoli, limone, arancio, tè e chi più ne ha ne metta. C'è il punch forte dove predominano il rhum o l'arac, e il punch dolce in cui invece si abbonda in alchermes. Generalmente al punch si aggiunge del tè, e questa consuetudine ci pare apprezzabile, tenuto conto anche dell'origine della bevanda, in cui il tè figura tra gli elementi costitutivi. Per preparare il punch si mettono in una tazza di metallo o in una terrinetta tante cucchiaiate di rhum per quanti sono gli ospiti; s'inzucchera il rhum, secondo si desidera più o meno dolce, e si unisce la buccia sottilmente tagliata di un limone o di un arancio. Questa infusione si distribuisce poi nei bicchieri speciali, completando la bevanda con tè o acqua bollente. Molti amano dar fuoco al punch, nel qual caso si rende necessaria la tazza di metallo. Non volendo dar fuoco al punch si può preparare direttamente nei bicchieri, aggiungendo, secondo i casi, qualche pezzettino di cannella dell'alchermes, ecc.
quanti sono gli ospiti; s'inzucchera il rhum, secondo si desidera più o meno dolce, e si unisce la buccia sottilmente tagliata di un limone o di un
Ulive brune di Gaeta. — Ancora più semplice è la preparazione delle ulive brune. Occorre un recipiente piuttosto alto che largo, preferibilmente di terraglia. Mettete cinque chilogrammi di ulive brune in questo recipiente e ricopritele di acqua. La quantità di acqua occorrente sarà di circa 5 litri. Ad ogni modo tenete conto dell'acqua che mettete per ricordarne esattamente la quantità. Lasciate le ulive così, e dopo quattro giorni scolate l'acqua, e mettete nelle ulive tanti ettogrammi di sale, per quanti erano i litri dell'acqua. Supponendo di averne impiegati cinque litri occorreranno 500 grammi di sale. Mescolate bene e lasciate le ulive sotto sale per ventiquattro ore. Trascorse le ventiquattro ore, riversate sulle ulive la stessa quantità d'acqua che avevate messo in principio per ricoprirle. Portate il recipiente in dispensa e non vi occupate più delle vostre ulive per quaranta giorni. La parte oleosa delle ulive forma alla superficie dell'acqua una specie di velo che protegge le ulive e ne permette la completa «maturazione». Dopo i quaranta giorni le ulive sono pronte e si possono accomodare in barattoli ricoprendole di una salamoia fresca fatta come si è detto precedentemente per le ulive verdi.
'acqua, e mettete nelle ulive tanti ettogrammi di sale, per quanti erano i litri dell'acqua. Supponendo di averne impiegati cinque litri occorreranno 500
I tartufi che si vogliono conservare per qualche tempo devono essere sanissimi ed asciutti. Ecco come si procede. Provvedetevi d'una cassetta di legno con coperchio, e di sufficiente quantità di sabbia finissima e ben secca: cominciate collo stendere sul fondo della vostra cassetta uno strato di sabbia di tre o quattro centimetri di spessore, e su questo disponete tanti tartufi quanti ve ne possono stare, tenendoli però lontani gli uni dagli altri, perchè non si tocchino fra loro; poi copriteli con un altro strato di sabbia; accomodatevi altri tartufi come prima, e continuate così sino a che avete riempita totalmente la cassa, che si coprirà con uno strato di sabbia. Sovrapponetevi il coperchio, inchiodatelo, ingessatene le commessure onde l'aria non possa penetrare nella cassetta, e questa collocatela poi in luogo fresco e molto asciutto.
sabbia di tre o quattro centimetri di spessore, e su questo disponete tanti tartufi quanti ve ne possono stare, tenendoli però lontani gli uni dagli
di 11 di ossido sodico puro sciolti nella quantità di acqua sufficiente per formare il volume di un litro di liquido che viene colorato in bleu col tornasole. 10 cc. di tale soluzione sono neutralizzati esattamente da 4 cc. di soluzione alcalimetrica, ossia di acido solforico normale del Gay-Lussac. Una bottiglia di questo liquore accompagna sempre l'apparecchio, e ciò può risparmiarne la preparazione non facile per chicchessia. Per operare il saggio, mediante l'apposita pipetta (vedi fig. 36, 6) che porta segnata in x la capacità di 4 cc., si introduce nell'acetimetro questo volume di aceto da esaminare, il quale vi occuperà esattamente tutto lo spazio compreso almdisotto del segno circolare rappresentante lo 0 della graduazione. Ciò fatto si verserà sopra l'aceto, a grado a grado, del liquore acetimetrico inazzurrito dal tornasole, il quale arrossirà per effetto dell'acido acetico con cui si troverà a contatto. Continuando l'aggiunta del liquido reattivo, si verrà ad un punto che l'alcaalinità del medesimo avrà saturato tutta l'acidità dell'acido contenuto nell'aceto, e la mescolanza di rossa tenderà nuovamente a farsi azzurra, passando prima per il colore rosso-vinoso. Ottenuta dunque questa intonazione di colore, che accenna alla compiuta saturazione dell'acidità dell'aceto, si cesserà Fig. 36. Acetimetro Reveil - a Acetimetro - b Pipetta per misurare esattamente i 4 cc. di aceto da mettere sotto esperimento. di aggiungere il reattivo, si leggerà di quante gradazioni salì la miscela nell'acetimetro, ed il numero di esse indicherà la ricchezza in acido acetico dell'aceto esaminato, vale a dire quanti pesi di acido acetico saranno contenuti su 100 pesi di aceto. Così, per esempio, essendo la miscela montata per 8 divisioni nell'acetimetro, se ne dedurrà che l'aceto sottoposto alla prova contiene l'8 % in peso di acido acetico puro (monoidrato). Qualora si abbia a che fare con aceto troppo carico di materia colorante, sarà necessario, per apprezzar bene la reazione, di decolorarlo anticipatamente col mescolarlo a carbone animale puro per qualche tempo e filtrarlo successivamente.
salì la miscela nell'acetimetro, ed il numero di esse indicherà la ricchezza in acido acetico dell'aceto esaminato, vale a dire quanti pesi di acido
È una imitazione di imitazione. La vera zuppa di tartaruga, così cara agli Inglesi, si fa colle carni di tartaruga, la finta (mock) colla testina di vitello e questa cogli avanzi della testina. Già la tartaruga stessa fornisce carne insipida ed ha bisogno di condimenti energici, figurarsi poi le imitazioni! Ma se volete provare, fate così : Prendete avanzi di testina di vitello dove rimanga pelle e tagliate in piccoli dadi. Aggiungete prezzemolo, timo, basilico, cipolla, foglia d'alloro, funghi, prosciutto magro, chiodi di garofano e pepe di Caienna. Soffriggete non molto questi ingredienti nel burro e mettete il tutto in una casseruola dove avrete fatto arrossire nel burro alcune cucchiaiate di farina e aggiunto poi l'acqua o meglio il brodo occorrenti per la minestra che deve riuscire molto densa. Fate bollire e schiumate per un'ora, passate l'intinto per lo staccio, aggiungetegli un bicchiere di Marsala, o Madera, o altro vino bianco analogo e secco, estratto di carne Liebig od altro, e pallottoline o simili che si vendono coi nomi di zuppa reale, imperiale ecc. e finalmente un filo di sugo di limone. Prendete tante scodelle quanti sono i convitati, mettete in fondo a ciascuna un rosso d'uovo sodo, i pezzi della carne trita di testina e della zuppa, versate il brodo bollente e servite.
nomi di zuppa reale, imperiale ecc. e finalmente un filo di sugo di limone. Prendete tante scodelle quanti sono i convitati, mettete in fondo a ciascuna
Ah, quell'inverno passato a Genova lo gustai come uno spicchio di Paradiso terrestre e mi sembrò di ringiovanire ! La Biblioteca ed il mio appartamento erano un po' alti sul livello del mare. Contavo 300 scalini precisi ed io li salivo e li scendevo due volte al giorno (600 in salita e altrettanti in discesa, quanti sono?) disinvolto, fiero e dimentico de' miei settantun'anni. Aggiungete le salite e le discese di cui Genova non è avara e vedete se avevo ragione di vantarmi. Ed ero ringiovanito quando, prima dell'apertura dell'Ufficio andavo colla figliola a spendere o in Pescheria o nel Mercato degli ortaggi, comprando bestie od erbe a noi sconosciute e causa di disillusioni che a tavola ci facevano ridere di buon cuore. Infatti godevo la più serena pace. Ero occupato come desideravo, in mezzo ai libri e nella stanzetta lassù in alto, se c'era un raggio di sole, mi si posava sul tavolo. Finito l'orario d'Ufficio, scendevo per un vicoletto in faccia all'Università, quello appunto dove il Goldoni s'innamorò della sua Nicoletta, come ricorda un'epigrafe e, traversata via Prè, calavo al porto, bighellonando, osservando e fumando senza un pensiero al mondo. Gli impiegati erano brave persone che non avevano bisogno di stimoli per lavorare, uniti e d'accordo come una buona famiglia, e i Professori non stimavano la Biblioteca pubblica come res mancipi, nè il Bibliotecario un Davo da comandare loco servi. (Oh stelle ! Parlo come un chiarissimo!)
in discesa, quanti sono?) disinvolto, fiero e dimentico de' miei settantun'anni. Aggiungete le salite e le discese di cui Genova non è avara e vedete
Pane di lusso. Le persone ricche, le quali durante una parte dell'anno abitano in campagne lontane dai gran centri popolati, non possono procurarsi pane di lusso, e nemmeno qualche volta pane di buona qualità. Purchè si possa disporre in casa propria di un piccolo forno da pasticciere, è facile il far confezionare in casa propria ogni giorno pane così bianco e delicato come in qualunque città. Si disponga ammucchiandola sur una tavola certa quantità di farina della più bella qualità, per esempio, 3 chilogrammi, e nel mezzo si faccia un foro per introdurvi 60 grammi di lievito. Si stempera quindi coll'acqua tiepida, dandole presso a poco la consistenza, di una pasta da focaccie; si manipola bene aggiungendovi 60 grammi di fino sale diluito in un po' d'acqua tiepida. Si cuopre la pasta, tenendola in caldo perchè possa fermentarsi e lievare. Dopo averla lasciata in quello stato una o due ore, secondo la stagione, la s'impasta di nuovo, si copre, e si lascia riposare altre due ore. Nel frattempo si scalda il forno. Si divide quindi la pasta in tante parti quanti pani si vogliono, ai quali si dà la forma di biscotti o di ciambelle che si pongono poi entro il forno.
pasta in tante parti quanti pani si vogliono, ai quali si dà la forma di biscotti o di ciambelle che si pongono poi entro il forno.
Zuppe di pesci (alla Provenzale, alla Veneziana, alla Chioggiotta). Per ammannire questa zuppa bisogna servirsi di mezza libbra od anche tre quarti di libbra di buon pesce per ogni persona. Prendetene di varie sorti, come pesce cappone, argentino, granchiolini, aselli, sogliole, piccolissimi barelli, triglie, orate, rombo, astice, samaieri; più c'è varietà di pesci, e più la zuppa diventa migliore. Eviterete nonpertanto di adoperare pesce che sia troppo oleoso. Ponete in una casseruola tanti bicchieri d'acqua quanti avete convitati, un buon bicchiere d'olio di oliva, due cipolle di mezzana grandezza tagliate a fette, due bianchi di porro tritati, quattro spicchi d'aglio e prezzemolo tritato, un po' di scorza d'arancio e di limone, un cucchiajo da tavola di zafferano (più o meno secondo il gusto delle persone), due chiovi di garofano, due foglie di lauro, sale e pepe. Sopra questo apparecchio collocate i vostri pesci, che saranno in prima bene mondati, lavati e tagliati a pezzi. Rimescolate bene insieme, ponendo la casseruola sopra un fuoco ben ardente, e lasciate cuocere per ben mezz'ora, quindi servite in una zuppiera, prendendo fuori il pesce con un cucchiajo onde non mandarlo a pezzi.
sia troppo oleoso. Ponete in una casseruola tanti bicchieri d'acqua quanti avete convitati, un buon bicchiere d'olio di oliva, due cipolle di mezzana
Non dimentichiamo che la quistione più essenziale per l'operaio è di nutrirsi a buon mercato; tuttavia, anche tra i cibi di prezzo più tenue, si deve fare una intelligente scelta per quanto concerne la sostanza e digeribilità dei cibi — ed un buon consiglio ci crediamo in dovere di darlo, se non agli operai stessi che stimeranno troppo lusso il consultare un libro di cucina, almeno ai padroni e a quanti dell'operaio devono aver cura. Quanto più l'operaio si affatica a spese dei suoi muscoli (composti di sostanze albuminate) tanto più ha bisogno di ristorare le proprie perdite con alimenti ricchi di albumina. A questo scopo l'alimentazione più conveniente sarebbe mista, animale e vegetale. Posto però che l'operaio dovesse privarsi del frequente uso di alimenti animali, non soltanto di carne, ma pure di uova e latte, fra i vegetali almeno saranno da scegliere i cereali (frumento, segale, orzo, riso, granone) e legumi (piselli, fave, lenti). Ad ogni modo le minestre p. e. di lardo si rendano più sostanziose con formaggio, la minestra di patate invece con copioso latte. Molto nutritive sono le salsiccie di sangue, frittate, lardo, formaggi, ecc.
agli operai stessi che stimeranno troppo lusso il consultare un libro di cucina, almeno ai padroni e a quanti dell'operaio devono aver cura. Quanto più
Ho conosciuto un famoso mangiatore romagnolo che, giunto una sera non aspettato fra una brigata di amici mentre essa stava con bramosia per dar sotto a un pasticcio di dodici persone che faceva bella mostra di sè sulla tavola, esclamò: — Come! per tante persone un pasticcio che appena basterebbe per me? — Ebbene, gli fu risposto, se voi ve lo mangiate tutto, noi ve lo pagheremo. — Il brav'uomo non intese a sordo e messosi subito all'opera lo finì per intero. Allora tutti quelli della brigata a tale spettacolo strabiliando dissero: — Costui per certo stanotte stianta! — Fortunatamente non fu nulla di serio; però il corpo gli si era gonfiato in modo che la pelle tirava come quella di un tamburo, smaniava, si scontorceva, nicchiava, nicchiava forte come se avesse da partorire; ma accorse un uomo armato di un matterello, e manovrandolo sul paziente a guisa di chi lavora la cioccolata, gli sgonfiò il ventre, nel quale chi sa poi quanti altri pasticci saranno entrati.
sgonfiò il ventre, nel quale chi sa poi quanti altri pasticci saranno entrati.
Tirate ora prima col matterello liscio poi con quello rigato una sfoglia di pasta frolla grossa uno scudo e coprite con essa i maccheroni fino alla base, poi tiratene due striscie larghe due dita e colle medesime formanti una croce a traverso, rinforzate la copritura; cingetelo all'intorno con una fasciatura larga quanto gli orli del piatto e se avete gusto per gli ornamenti, fatene tanti quanti n'entrano nella pasta che vi rimane, non dimenticando di guarnirne la cima con un bel fiocco. Dorate l'intera superficie con rosso d'uovo, mandate il pasticcio in forno e, in mancanza di questo, cuocetelo in casa nel forno da campagna: infine imbanditelo caldo a chi sta col desiderio di farne una buona satolla.
fasciatura larga quanto gli orli del piatto e se avete gusto per gli ornamenti, fatene tanti quanti n'entrano nella pasta che vi rimane, non
di ferro o di rame, levate via il burro badando che il fondo resti unto, versatevi tanti cucchiai di pasta quanti ne occorrono per coprire quel fondo d'un sottile velo. Mettete al fuoco di carbone, scuotete la padella, e se la frittata non si stacca, sollevatene gli orli con la paletta e lasciatevi sgocciolare 2 cucchiaini di burro fuso. Quando la frittata è rossa da una parte, fatela prendere colore anche dall'altra, voltandola con un piatto o col voltafrittate: le cuoche abili compiono quest'operazione, con un colpo secco, gettando la frittata in aria e raccogliendola ancora entro la padella. Quando avete consumata tutta la pasta, riponete le frittate e al momento di servirvene tagliatele a sottili listarelle e mettetele nel brodo. Si prestano specialmente per le minestre di verdura, tanto di magro, come di grasso.
di ferro o di rame, levate via il burro badando che il fondo resti unto, versatevi tanti cucchiai di pasta quanti ne occorrono per coprire quel fondo
38. Prendete un pezzo di rete di majale ossia gradisella, ponetela nell'acqua tepida onde questa si distacchi e si possa facilmente distendere sopra una salvietta, tagliate tanti pezzi larghi circa un palmo di mano, tagliate il fegato in tante fettine, quanti sono i pezzi della rete, prendete un poco di fegato con della midolla, un poco grasso di manzo ed una rapatura di lardo, quale tutto unito tagliatelo minutamente; in seguitosi prenderà un poco di presemolo, una spiga di aglio, poco di fenocchio, il tutto unito e ben tritolato incorporatelo, unendovi poco formaggio, sale, pepe, noce moscata legate il tutto con un rosso d' uova, ed ogni fetta di fegato colla rete, mettetevi tanto del composto come una noce: involgeteli ben stretti nella rete, infarinateli e insteccateli a due a due con in mezzo una foglia di salvia: poneteli in una tortiera o plafon-sauté con butirro tostato, fateli cuocere a fuoco dolce, voltateli di mano in mano, spruzzandoli con poco di sale spolverizzato. Ridotti a perfetta cottura si danno in tavola.
una salvietta, tagliate tanti pezzi larghi circa un palmo di mano, tagliate il fegato in tante fettine, quanti sono i pezzi della rete, prendete un
Converrà allora ricordare che il riso non deve mai venir lavato; che, senza alterarne il sapore (e qualora si sia all'eccesso schizzinose) si potrà però strofinarlo in un tovagliolo pulito per toglierne la polvere; che la quantità giusta, per ogni persona, è di 2 cucchiai se si tratta di riso vialone, cioè di primissima qualità, e di 3 se di riso maratello od originario camolino; che il riso bisogna mondarlo, con occhi spalancati, dopo averlo steso nella tafferia o in un largo piatto (guai se un sassolino capitasse sotto i denti del marito!); che un'oretta prima del pranzo si deve fare il soffritto nella pignatta, cucinandovi, con tanti mezzi cucchiaini di burro quanti sono i commensali, poca cipolla e sedano triti (attente che questo po' di verdura non bruci!); che bisogna poi versare, dentro alla pignatta, prima le verdure, e il succo di pomodoro lessato e setacciato (oppure un po' di conserva sciolta nell'acqua) e. poscia il brodo (circa due ramaioli, o mestoli, per persona) al giusto salato; che soltanto quando il brodo è in pieno bollore, si può aggiungere il riso già mondato ; che la pignatta deve essere tenuta scoperchiata ; che il riso bisogna mescolarlo di tratto in tratto e lasciarlo bollire, senza interruzione alcuna, per 22-25 minuti, qualora sia vialone, e per 15-17 qualora non sia vialone; e ch'è da massaia molto esperta aggiungere alla minestra, prima di toglierla dal fuoco, parmigiano o reggiano grattugiato nella proporzione di circa un cucchiaino per persona.
soffritto nella pignatta, cucinandovi, con tanti mezzi cucchiaini di burro quanti sono i commensali, poca cipolla e sedano triti (attente che questo po
Si prepari un brodo magro, se si vuole anche con erbe fresche o già cotte; come si fa ordinariamente nelle famiglie, ma non vi si ponga a dirittura il butirro. Dieci minuti avanti di portare la zuppa in tavola, si gettino in una casseruola tanti cucchiaj colmi di farina, quanti sono i commensali, si stemperi la farina con un bicchiero all' incirca del detto brodo per ciascun cucchiajo della farina medesima; si condisca con sale e pepe a piacere, ed essendo la zuppa in piena bollitura, vi sì aggiunga circa un'oncia del migliore butirro fresco, egualmente per ciascun cucchiajo di farina; si agiti il tutto, si ritiri dal fuoco, si leghi con un rosso d'uovo, e si versi sopra fette di pane, che tanto migliore sarà quanto più conterrà, della crosta.
il butirro. Dieci minuti avanti di portare la zuppa in tavola, si gettino in una casseruola tanti cucchiaj colmi di farina, quanti sono i commensali